Nel Sud-est asiatico tra mare, templi e città
INTRO
Metà maggio. Il dado è tratto, la meta estiva anche: templi di Angkor + Bali. Itinerario insolito per viaggi brevi nel sud-est asiatico. Prenotiamo volo multitratta Emirates Venezia-Bangkok Kuala Lumpur-Venezia a 680€ pp (per persona). La soluzione con stop a KL ci viene a costare meno rispetto l’eventuale a/r da Bangkok; inoltre il modo più economico per trasferirsi da Siem Reap a Bali richiede il passaggio dalla capitale malese. Poco male, anzi, non ci siamo mai stati quindi ne approfitteremo per una visita.
Indice dei contenuti
DAY 0 – MER 09/08/17 e GIO 10/08/17
Quattro viaggiatori al via: Fabio e Claudia zaino in spalla, Giovanni e Chiara valigia in mano. Per raggiungere la prima meta, Siem Reap, l’itinerario è il seguente: Venezia – Dubai (6h) / Dubai – Bangkok (6h) / Bangkok – Siem Reap (1h scarsa con Bangkok Airways). Insomma, una passeggiata di salute. Partiti alle 15.30 ora italiana, arrivati alle 20 circa in Cambogia. Contare le ore di viaggio, tra un fuso e l’altro, è superfluo e un po’ complicato onestamente.
All’immigrazione cambogiana, organizzata come una catena di montaggio, paghiamo i 30 $ per il visto temporaneo (+2 $ di “multa” se non avete con voi una fototessera); recuperiamo le valigie/zaini e ci dirigiamo agli arrivi. Qui, scena fantastica che purtroppo non ho avuto la prontezza di riflessi di fotografare: bolgia mai vista di drivers che sventolano cartello indicante nome del turista da prelevare. Nonostante non avessi gli occhiali da vista, individuo quasi subito la scritta “FABIO”. Ok quello è il nostro uomo.
La mezz’oretta di tragitto in tuk-tuk, sotto una leggera pioggerella, ci offre subito uno spaccato della rurale vita cambogiana. Raggiungiamo il Central Indochine D’Angkor Hotel, un’onesta guesthouse in Makara Street. In fase check-in prenotiamo direttamente i tour per i 2 giorni seguenti che dedicheremo alla visita dei templi di Angkor. Decideremo in seguito cosa fare il terzo giorno. Optiamo per il Large Circuit il giorno 1 e per lo Small Circuit il giorno 2. I tour organizzati tramite hotel prevedono percorsi prestabiliti; se si preferisce scegliere di volta in volta a quale tempio andare, conviene contrattare con un tuk-tukkaro indipendentemente dall’hotel. I prezzi sono veramente esigui in entrambi i casi.
Dopo aver preso possesso delle camere ed esserci rinfrescati, usciamo in esplorazione. Ci sono 30°. L’umidità è al 100%. Sono le 10.30 di sera. Raggiungiamo a piedi in 10 minuti Pub Street, non c’è molta gente eppure il chiasso delle bar-mobile (definizione di: motorino che traina carro-roulotte contenente un bar) è assordante. Per avere una vista dall’alto della situazione, ceniamo al primo piano del Red Piano dove provo subito uno dei piatti tipici cambogiani, l’Amok di pesce (veramente ottimo). Girovaghiamo un po’ per Pub Street e le vie limitrofi poi rientriamo in hotel.
DAY 1 – VEN 11/08/17 – LARGE CIRCUIT ANGKOR
Alle 8, dopo una ricca colazione, usciamo dalla guesthouse dove ad attenderci appollaiato nell’amaca del suo tuk-tuk c’è il nostro amico Thy, uno dei due driver che ieri ci aveva prelevato in aeroporto. Sarà il nostro fedele autista per tutta la permanenza in Cambogia e grazie a lui vivremo un’esperienza davvero eccezionale. Prima di cominciare la visita, ci porta a comprare il ticket d’ingresso all’area dei templi. Il biglietto infatti va fatto in un edificio non propriamente a ridosso dell’area. Ci sono 3 opzioni: pass giornaliero, da 3 giorni oppure da 1 settimana. Noi scegliamo la seconda e paghiamo 62$ (pp). Siamo sfortunati nel senso che solo pochi mesi fa, lo stesso pass costava 40$. Leggermente inflazionato, ma pazienza … Il driver ci raccomanda di non perderlo perché senza non si entra, oppure si entra ma se si viene beccati si rischia una multa piuttosto salata (100$). Il pass è comprensivo di fotografia stampata sul momento.
Il Large Circuit è un percorso di 26 km che conduce ai templi più esterni rispetto ai principali e più visitati, Angkor Wat, Angkor Thom e Ta Phrom per intenderci. Visitiamo in ordine cronologico ed in senso orario: il Preah Khan, il Preah Neak Poan, il Ta Som, l’ East Mebone, il Pre Rup. Alcuni meglio degli altri, ma di fatto, tutti valgono la visita. Completato il circuito largo, si può estendere il tour giornaliero ad un altro templio, il Banteay Srei, che essendo un po’ fuori rotta (20 km dall’area principale, mezz’oretta in tuk-tuk), richiede un piccolo, superfluo, supplemento di prezzo. Noi ovviamente estendiamo il tour e lo visitiamo.
Terminiamo che sono le 14.30, il caldo e l’umidità di oggi sono opprimenti. Il driver ci porta in un ristorante cambogiano sulla via del ritorno dal Banteay Srei, il Rom Chang Angkor Restaurant. Finalmente si mangia. Dopo pranzo un po’ di relax sulle amache del ristorante. Aaaaaa che bello oziare sulle amache… top!!! Prima di ripartire in direzione hotel, il driver mi fa una breve lezione di scuola guida del tuk-tuk… ho un futuro!
Passiamo il resto del pomeriggio in hotel godendoci la piscina con bar, tra un cocktail a pochi dollari e l’altro. Per cena, troviamo un posto all’aperto nella zona nevralgica tra Pub Street ed il Night Market, dove cucinano diversi piatti asiatici, carne e pesce alla griglia. Inutile dirlo, prezzi bassissimi!!! La gente in giro è tantissima rispetto a ieri sera, sarà che siamo usciti prima. C’è vita a Siem Reap.
DAY 2 – SAB 12/08/17 – SMALL CIRCUIT ANGKOR
Il grande giorno. Sì, oggi si concretizza il motivo originario di questo viaggio in Cambogia: ammirare l’alba sorgere ad Angkor Wat, il tempio simbolo della nazione raffigurato anche al centro della bandiera; Angkor Wat, una fotografia vista un giorno per caso e rimasta scolpita nella testa; Angkor Wat, numero 1 per distacco nella classifica Lonely Planet delle 500 meraviglie al mondo. Insomma, potete capire la mia emozione consapevole di essere a pochi istanti dal realizzare questo piccolo sogno.
Il nostro driver ci attende puntuale alle 4.00 fuori dall’hotel. C’è ancora buio pesto. Il tuk-tuk sfreccia, insieme a molti altri, nelle tenebre lungo la strada che dalla città porta ai templi. Arrivati nell’area di sosta, seguiamo le altre persone che come noi sono venute prestissimo ad assistere allo spettacolo. Percorriamo il sentiero di legno che porta al tempio ed eccola lì nell’oscurità la sagoma di Angkor Wat. E’ un bene essere partiti così presto perché riusciamo ad accaparrarci un posto in prima fila di fronte al laghetto su cui si riflette Angkor. Solo qualche minuto più tardi e probabilmente avremmo avuto qualcuno davanti, e questo per chi è in cerca dello scatto perfetto non è buono. Io piazzo la mia gopro in modalità time-lapse e scatto fotografie a non finire con reflex ed iphone. Sono in pieno delirio da scatto. Ad ogni modo, riesco incredibilmente a fermarmi e a gustare il sorgere del sole parzialmente nascosto da alcune nuvolette che rendono il cielo e i riflessi sull’acqua ancora più generosi. Che emozione, che spettacolo. Vale assolutamente la fatica della levataccia. Suggerimento: quando dovrete scegliere se andare a sinistra o destra come postazione per osservare l’alba, andate a sinistra; è quello il lato migliore. Potrebbe sembrare un consiglio inutile ma nell’oscurità può sorgere il dubbio. Comunque, per semplicità, seguite la folla. Quasi tutti vanno a sinistra.
Verso le 6.30, scattate foto e video a sufficienza, anzi troppi, sostiamo per la colazione ai tavolini del chiosco a ridosso dove si fa una fatica immane a resistere all’assalto innocente dei bambini del villaggio che cercano di vendere una calamita o una cartolina ai turisti. Tutto rigorosamente a “One Dollar”. Questa componente della Cambogia, già sperimentata nella giornata di ieri durante le visite ai vari templi, è una di quelle che più mi ha colpito; triste se vogliamo ma d’altro canto inevitabile per un popolo che vive in condizioni lontane anni luce da quelle che viviamo noi. Quindi ci viene abbastanza naturale sorridere di fronte all’insistenza di questi bambini e per quanto impossibile comprare qualcosa da ognuno di loro, in alcune occasioni cediamo. Rifocillati, siamo pronti ad esplorare l’interno di Angkor Wat. Essendo ancora mattina presto, speravamo di soffrire meno l’umidità ma già alle 7 è veramente dura e il sudore scroscia. La visita richiede un paio d’ore a dir poco, ma anche all’interno Angkor Wat non ci delude.
Torniamo dal nostro driver che nel frattempo si è fatto una bella dormita sull’amaca del tuk-tuk, e proseguiamo lo Small Circuit dirigendoci verso Angkor Thom dove visitiamo il Bayon Temple ed il Baphuon. Anche per questi ci vogliono almeno un paio d’ore. Proseguiamo poi fermandoci rapidamente al Chau Say Tevoda Temple e al Thommanon, posti uno di fronte all’altro. A seguire il Ta Keo e poi un altro dei più famosi: il Ta Phrom, quello con gli alberi dalle mega radici intrecciate, reso celebre da Tomb Raider. Ci restano le forze solo per il tempio che chiude anche il piccolo circuito, ossia il Banteay Kdei dopodichè ci facciamo portare a mangiare perché stiamo svenendo. Non tanto per la fame ma per il caldo e l’umidità. Thy ci porta al “Temple View Restaurant”; lo invitiamo a pranzare con noi ma probabilmente si sente in imbarazzo e preferisce aspettarci. Qui assaggiamo altre specialità della cucina khmer; io per esempio mi prendo un Lok Lak Pork. A fine pranzo, consueto ozio sulle amache dove riusciamo a scambiare qualche parola in più con Thy anche grazie al suo amico del ristorante che parla inglese un po’ più di lui. Ci raccontano della Cambogia e delle condizioni sociali nel paese, allo stesso tempo sono curiosi di sapere com’è la vita in un posto così lontano ed irraggiungibile per loro come l’Italia. Parlare con queste persone ci fa davvero riflettere sulla disparità di condizioni dell’umanità. E’ stata una chiacchierata che ricordo con grande piacere.
Torniamo in hotel e dopo esserci accordati sul programma per la giornata seguente, salutiamo Thy. Come al solito, recuperiamo energie in piscina bevendo qualcosa immersi nell’acqua caldissima.
Stasera torniamo nella zona di ieri percorrendo un tratto lungo il fiume e attraversando i ponti di legno adornati di luminarie colorate. Ceniamo nel “ristorantino” che avevo adocchiato ieri perché proponeva il crocodile BBQ. Quest’anno non affronto insetti o simili, opto per un più salutare ed onesto coccodrillo alla griglia. Il gusto è particolare: di prim’acchito sembrerebbe pollo ma il retrogusto sa di pesce… più o meno. Insomma, non è la cosa più buona che abbia mai mangiato ma non fa nemmeno schifo dai. Coccodrillo e birra, what else?!
DAY 3 – DOM 13/08/17 – SIEM REAP e KOMPONG PHLUK
Il terzo giorno abbiamo intenzione di spenderlo facendo un’escursione ad uno dei vicini villaggi galleggianti sulle rive del lago Tonle Sap. Inizialmente pensavamo che fosse un’escursione da un giorno intero mentre Thy ci avvisa che mezza giornata è sufficiente. Così ci accordiamo affinché venga a prenderci alle 13 all’hotel. Ne approfittiamo per fare un giretto mattutino in città; noleggiamo una bicicletta ad 1$ pp e visitiamo i templi principali di Siem Reap: Wat Damrak, Wat Praeh e Wat Bo, tutti abitati da giovani studenti monaci buddhisti, che vivono e vanno a scuola in questi complessi.
Emozionante è la visita allo Psar Chas, the Old Market: superate le stalle più esterne dedite alla vendita di souvenir, vestiti ed accessori, addentrandoci ci ritroviamo all’improvviso nell’area food immersi in una selva di voci, odori e colori. Siamo gli unici occidentali quindi la nostra presenza non passa inosservata. Ricordo con piacere il sorriso e la timidezza della gente non appena si accorgeva che ero in procinto di scattargli una fotografia. Praticamente rimango rapito in questa sezione del mercato per una buona mezz’ora almeno, da solo, mentre i miei travel buddies giustamente stanchi di aspettarmi si aggirano per le altre bancarelle. Li ritrovo all’uscita. Riconsegniamo le biciclette e torniamo in hotel per un bagno ristoratore in piscina prima di partire con Thy alla volta del lago.
Alle 13 si parte per Kompong Phluk. Scegliamo questo villaggio galleggiante perché Chong Khneas non ci ispira a causa della recensione negativa della Lonely mentre Kompong Khleang ci viene sconsigliato da Thy perché troppo lontano. In effetti per arrivare a Kompong Phluk ci mettiamo un’ora e mezza, seppur guardando sulle cartine non si direbbe. Arrivati a destinazione, noleggiamo (come tutti i turisti presenti) una barca con barcaiolo alla non modica cifra (per gli standard cambogiani) di 20$ pp. C’è da dire però che il barcaiolo sarà a nostra disposizione per tutto il pomeriggio.
Partiamo su questa barca cambogiana gialla rossa e blu e percorriamo il fiume che sfocia nel lago Tonle Sap. Osservare queste palafitte o case galleggianti, che dir si voglia, la vita quotidiani dei loro abitanti e i bambini che giocano sorridenti e spensierati è ancora una volta uno spunto di riflessione davvero enorme per noi. Siamo senza parole. La barca percorre le anse del fiume attraversando tutto il villaggio, dopodichè giunge ad uno stop-point adibito a ristorante o a scalo per salire su una stretta canoa guidata a prua dalle donne del posto e attraversare una fitta foresta di mangrovie. Io e John paghiamo il supplemento (7$) e ovviamente saliamo, intrepidi ed incuranti della fauna che potremmo trovare mentre le ragazze optano per aspettarci allo stop-point. Lo scenario tra le mangrovie è da film, fortunatamente non avvistiamo serpenti, anaconde o simili, soltanto una scimmia… Terminata la gita, riprendiamo l’altra barca e sfociamo nel lago che si estende a perdita d’occhio. Dopo aver guidato il tuk-tuk, nessuno mi ferma più così il barcaiolo mi cede il timone (in realtà è un volante) lasciandomi scorrazzare per il lago. Super! L’idea era di rimanere in mezzo al lago fino al tramonto ma date le nuvole che sembrano non volersene andare, decidiamo di rientrare. Si ripercorre il tragitto in senso inverso quindi abbiamo modo di attraversare per la seconda volta il villaggio. Stavolta facciamo una sosta per visitare il tempio, questo ci dà l’occasione di addentrarci anche nella parte di villaggio non affacciata sul fiume. Ancora una volta, tanti bambini che giocano allegramente incuranti della nostra estranea presenza. La sensazione è quella di essere dietro una vetrina ad osservare le scene di un film o di un’altra epoca spazio temporale… non se rendo l’dea… Preferiamo non addentrarci a piedi nel cuore del villaggio perché ci sentiremmo di disturbare. Va già bene così. Tornati al molo, nonostante le nuvole, riusciamo ad ammirare un tramonto fantastico, arancione intenso, da cartolina. Inutile dire che anche qui le fotografie si sprecano. Recuperiamo il nostro driver, anzi lui recupera noi e ripartiamo per la città. Nel frattempo lungo la strada sterrata che giunge al molo, sono arrivati tantissimi locali ad ammirare il tramonto, seduti sugli argini della strada sopra le rive del fiume, cantando e grigliando in compagnia. C’è anche chi griglia carne di serpente a conferma di quelli che erano i miei sospetti.
Arriviamo in hotel e il driver prima di andar via ci invita domani a casa sua per fare colazione con la sua famiglia. Questo ci sembra fin da subito il modo migliore per spendere l’ultima mezza giornata in Cambogia quindi accettiamo contenti ed impazienti. Grande Thy.
Passiamo l’ultima serata cenando abbondantemente e con i soliti pochi dollari in un open restaurant al Night Market, comprando qualche souvenir e bevendo cocktail presso uno dei già citati bar-mobile, attirati da un giapponese in clamoroso stato di ebrezza.
DAY 4 – LUN 14/08/17 – SIEM REAP e KUALA LUMPUR
L’appuntamento con Thy è alle 8 fuori dall’hotel. Prima di portarci a casa sua, si ferma al volo in un mercatino al ciglio della strada per comprare frutta e verdura. Il driver mi fa scegliere quello che preferisco ma non avendo capito molto bene che menù avesse in mente per la colazione, gli faccio comprare a caso ananas, carote, rape e bananine. Arriviamo a casa del nostro driver. Un minuscolo appartamento in campagna con una stanza e mezza, dove vive con le due figlie piccole e la moglie. La casa, o per meglio dire la stanza, non è sua, è in affitto. I proprietari abitano nella casa di fronte che condivide la stessa aia con quella del nostro driver e di un altro inquilino che vive nell’altro appartamento attiguo. Ci troviamo insieme a tutta questa gente che ci accoglie calorosamente e ci prepara una colazione a base di pollo con tutta la frutta e verdura comprata prima al mercato, un pesce alla griglia gigante, pollo bollito e riso… il tutto accompagnato da un’infinità di lattine di birra. Niente male per essere le 8.30 di mattina. Passiamo una mattinata indimenticabile aiutando a cucinare, giocando con le bambine e cercando di comunicare il più possibile con queste persone che non parlano un gran che d’inglese ma con le quali in una maniera o nell’altra riusciamo ad intenderci. Avete presente Pechino Express? Ecco. In tarda mattinata, a malincuore, siamo costretti a salutare questa bella compagnia. Siamo commossi. Il nostro driver ci riporta alla guesthouse per recuperare i bagagli e fare il check out, dopodichè insieme ad un suo collega ci scortano all’aeroporto. Lo salutiamo e ringraziamo per averci portato in giro per 3 giorni e per averci fatto vivere un’esperienza così vera a casa sua. Lo invitiamo a venire a trovarci in Italia ma siamo consapevoli che purtroppo non sarà facile. Questa breve ma stupenda esperienza cambogiana volge già al termine. Premesso che tutto è relativo, 4 giorni si possono ritenere abbastanza per visitare i siti d’interesse di Siem Reap, ma non saranno mai abbastanza per stancarsi della Cambogia e della sua gente.
Alle 15 parte il nostro volo AirAsia per Kuala Lumpur, dove atterriamo alle 18 (2h di volo + 1h di fuso). Dal terminal 2 dell’aeroporto di KL, prendiamo il treno KLIA Ekspress per KL Sentral (55 ringgit) e poi la KJL line della metro fino alla fermata KLCC. Sbuchiamo proprio sotto le Petronas Tower, che attraversiamo (passando per il Suria Mall) per arrivare al nostro hotel, l’ Impiana KLCC scelto per la combinazione buon prezzo + infinity pool con vista Petronas. Assegnate le camere, non perdiamo tempo e andiamo subito in piscina per ammirare Kuala Lumpur by night.
Uscendo per andare a cena, una brutta sorpresa: le Petronas sono spente! Ma come? Torri mega lusso per poi spegnerle alle 22.30 di sera? Barboni! Delusi, ci incamminiamo lungo il footpath che proprio dal nostro hotel conduce nel quartiere di Bukit Bintang. Raggiungiamo Jalan Alor, la mecca del cibo da strada. Una via totalmente dedicata allo street food, con ristorantini per lo più d’influenza cinese, su ambo i lati. E’ in questa via multietnica frequentata soprattutto la sera sia da turisti che da locali, che si fondono le diverse culture che caratterizzano la Malesia.
DAY 5 – MAR 15/08/17 – KUALA LUMPUR
La mattina ci svegliamo di buon’ora (verso le 6) perché il programma è fitto. Prima tappa odierna le Batu Caves, raggiungibili in 15 minuti di metro da KL Sentral. Arriviamo al sito accompagnati da una leggera pioggerella e una fitta umidità. La statua dorata di Shiva è molto imponente e ci costringe a numerosi scatti. Ci incamminiamo sulla scalinata stando attenti a non essere attaccati dalle scimmie in cerca di cibo. Visitiamo la grotta principale e l’atmosfera indù è molto mistica devo dire. Sembra di essere in India o in un film di Indiana Jones.
Tornati in centro città, passeggiamo accanto all’edificio del sultano, Sultan Abdul Samad Building, e alla moschea, Masjid Jamek Sultan Abdul Samad, dei quali in realtà vediamo gran poco a causa dei lavori di ristrutturazione che rendono la zona di fatto inaccessibile. Ci spostiamo nell’attigua Merdeka Square e da qui raggiungiamo il vicino Central Market, un mercato abbastanza ampio sia esterno che interno soprattutto. Come mio solito, di fronte alla combo cibo+mercato non capisco più niente quindi acquistiamo ad una bancarella delle pagnocchine strane più altre cose indefinite da stuzzicare. Buone. Dal Central Market, arriviamo agilmente alla famosa e colorata Petailing Street ossia la China Town di KL. Mecca degli articoli contraffatti.
Visitate più o meno tutte le principali attrattive nel cuore di KL, facciamo ritorno nella zona delle Petronas per avvicinarci all’hotel dato che in serata ripartiamo. Ammiriamo le torri dal basso e anche non illuminate bisogna dire che sono veramente belle. Pranziamo da Nando’s (catena sudafricana di cibo portoghese) all’interno dell’immenso Suria Mall e poi con la pancia piena ci riposiamo un po’ nel vicinissimo KLCC Park. Stanchi ma indomiti, raggiungiamo la Menara KL Tower ma non saliamo perché l’osservatorio aperto in cima non era accessibile causa vento e pioggia (lieve) mentre l’osservatorio inferiore coperto richiedeva mezz’ora di coda.
Tornati in hotel, nonostante avessimo già fatto in mattinata il check out, il personale molto cortese ci concede di utilizzare l’infinity pool e gli spogliatoi per una doccia prima della ripartenza per l’aeroporto. Seguiamo lo stesso tragitto di ieri, cioè: metro da KLCC a KL Sentral e poi KLIA Ekspress fino al Terminal 2.
Arrivati al check-in per stivare i bagagli ecco la brutta sorpresa: partenza del nostro volo Air Asia per Bali spostata dalle 21.50 alle 4 di mattina. Non possiamo fare niente ed il personale Air Asia non è assolutamente di conforto. Ci danno un misero buono da pochi ringgit spendibile in tre o quattro ristoranti introvabili all’interno dell’aeroporto. Insomma, voto al servizio per il disservizio: 0. Sono numerosi i voli Air Asia posticipati, la situazione è abbastanza caotica e poco rassicurante … incrociamo le dita affinché non ci siano ritardi ulteriori. Approfitto dell’attesa per fare reclamo sul sito di Air Asia, reclamo che dopo qualche giorno verrà accolto dato che il ritardo è stato superiore alle 2h. Ci viene promesso un rimborso di circa 40/50€ a passeggero. Rimborso che però alla data in cui scrivo, fine settembre, ancora non si è visto.
DAY 6 – MER 16/08/17 – UBUD, BALI
Cazzeggiando nei modi più disparati e dormicchiando per terra in vero stile homeless, si fanno le 4 e decolliamo. Durata volo: 3h. Nessuna differenza di fuso tra KL e Bali. Atterriamo a Denpasar alle 7 di mattina quindi non c’è molta gente. Sbrighiamo abbastanza agilmente le formalità aeroportuali, immigrazione, recupero bagagli e preleviamo qualche rupia ad un ATM. Varchiamo la soglia degli arrivi ed ecco in prima fila il nostro driver mandato dall’hotel come accordato pre-partenza (il servizio pick-up dall’aeroporto ad Ubud costa circa 400.000 rupie). L’andamento lento e rilassato di Coman il driver, ci trasmette proprio la sensazione di essere a Bali. In effetti siamo a Bali, finalmente. Il tragitto dall’aeroporto all’ Om Ham Retreat, nostra sistemazione per le prime 3 notti sull’isola, è lungo e trafficato. Scopriamo subito che il traffico balinese è infernale. Intervalliamo le due ore abbondanti per raggiungere l’hotel, visitando la Merta Harum Luwak Plantation, uno dei tanti posti a Bali dove degustare thè e caffè balinesi, compreso il Luwak Coffee, da noi ribattezzato “caffè cagato”, considerato il più pregiato al mondo. Una ragazza balinese ci introduce alla piantagione spiegandoci le fasi di produzione del Luwak Coffee e mostrandoci gli animaletti cacatori. Dopodichè, ci accomodiamo per la piacevolissima degustazione. L’Om Ham è un tranquillo resort immerso nelle verdi risaie appena fuori dal centro di Ubud. Il paesaggio e la piscina con vista risaie sono incantevoli. La pecca è che il centro non è raggiungibile comodamente a piedi. Siamo abbastanza cotti dallo stress della nottata appena trascorsa quindi passiamo qualche oretta in piscina prima di partire in esplorazione. L’hotel mette a disposizione una navetta gratuita in 3 fasce orarie della giornata (11, 13 e 15 se non sbaglio). Becchiamo quella delle 15 che ci porta nel cuore artistico di Ubud. Percorriamo JL. Raya Ubud, una delle vie principali, dove visitiamo l’Ubud Palace e il bellissimo Pura Taman Saraswati con le sue acque coperte dai fiori di loto. Entriamo all’Ubud Market ma usciamo subito per non rischiare di perdere tutto il pomeriggio curiosando tra le mille bancarelle (ci sarà tempo per quello…). Proseguiamo seguendo l’itinerario del trekking di Campuhan che parte dal Pura Gunung Lebah e che è consigliato dalla Lonely. Il sentiero si snoda nel verde di una vallata fluviale sormontata da bellissime risaie e giungla tropicale. Si respira aria buona, s’incontrano negozietti d’arte e ci sono le altalene che dondolando sulla valle. Insomma, consigliato. Impieghiamo un paio di ore per completare i 7/8 km dell’itinerario; riemersi in JL. Raya Ubud, abbastanza stanchi per la camminata, ci fermiamo a mangiare al Tropical Ubud un ristorante con tavolini all’aperto all’inizio di JL. Monkey Forest. Sarebbe orario aperitivo ma non abbiamo pranzato quindi ceniamo (…o pranziamo ?!) direttamente. Io faccio una vera e propria scorpacciata di satay, i tipici spiedini indonesiani di pollo e/o manzo. Mentre mangiamo, un esercito di studenti vestiti a festa sfilano per strada in un corteo lunghissimo accompagnati da canti e rulli di tamburi: domani è la festa d’indipendenza e le celebrazioni sono già cominciate. Torniamo in hotel con un taxi per 100.000 IRP. I taxisti, più abusivi che non, si trovano molto facilmente. Spesso sono gli stessi negozianti che espongono il cartello “TAXI” e non appena un turista li assolda, sono prontissimi ad abbassare la serranda e trasformarsi in drivers.
DAY 7 – GIO 17/08/17 – UBUD, BALI
The Indipendence Day. Oggi a Bali e in tutta l’Indonesia si festeggia la giornata dell’indipendenza dagli olandesi proclamata nel 1945. Bandiere bianche e rosse di tutte le dimensioni sventolano lungo le strade, gli studenti sfilano nei cortili delle scuole o per le strade con le loro uniformi, nei villaggi si svolgono giochi all’aperto come ad esempio, il Panjet Pineng ossia la versione indonesiana del nostro albero della cuccagna. In questo clima speciale, la nostra giornata odierna prevede un’escursione full-day organizzata tramite l’hotel. Abbiamo un driver con minivan per tutta la giornata. Toccheremo alcuni dei siti turistici principali nella zona centrale di Bali. Prima visita alla suggestiva Goa Gajah o Elephant Cave (ingresso 15.000 IRP) una grotta costruita originariamente come luogo spirituale di meditazione e dalle influenze sia indù che buddiste. Seconda tappa al Gunung Kawi (15.000 IRP) antico tempio indù scolpito nella montagna raggiungibile seguendo un sentiero in discesa che attraversa negozietti di souvenir che poi lasciano spazio alla foresta pluviale e alle verdi risaie. Caratteristiche le capanne di legno in cui vive una piccola comunità custode di queste rovine. Davvero impressionante è la capacità delle donne balinesi di portare in equilibrio sul capo carichi di qualsiasi tipo e peso. Terza tappa: il Pura Tirta Empul (15.000 IRP). Anche qui, come nei precedenti, indossiamo il sarong che ci viene consegnato all’ingresso; in questo tempio i balinesi vengono a purificarsi nella vasca principale mediante il rito che prevede di recitare una preghiera e bagnarsi la testa sotto ognuna delle fontane. I balinesi pensano che questa sorgente sacra abbia poteri magici. Non sono pochi i turisti che si immergono nel rituale della purificazione alla stregua dei locali.
Proseguiamo a nord verso la zona del vulcano attivo Batur. Per visitarla bisogna pagare un biglietto d’ingresso di 35.000 IRP (pp). Raggiungiamo un punto panoramico dal quale ammiriamo il vulcano che svetta nel cielo azzurro ricco di nuvole bianche e sovrasta il lago sottostante.
Next stop, il tempio madre, uno dei più venerati di Bali: Besakih Temple. Prima di entrare, il nostro driver ci avvisa che verremo accompagnati da una guida gratuita prevista nel prezzo del biglietto (60.000 IRP) e che alla fine ci chiederà una mancia non dovuta. In effetti all’ingresso ci affidano un balinese che ci porta in giro per il tempio spiegandoci il tutto e facendoci sperimentare il rito della preghiera, con annessa richiesta d’offerta finale. Il tempio è molto bello e suggestivo per il susseguirsi di cortei religiosi di balinesi venuti a rendere omaggio in questa giornata così importante per loro. Terminata la visita guidata, il nostro amico ci chiede la mancia come da copione ma stavolta gentilmente decliniamo. Sinceramente non ho ben capito se la guida sia davvero obbligatoria o no, noi praticamente ce la siamo trovata senza fare in tempo a realizzare. Basta sapere che alla fine vi chiederà, senza insistere troppo, dei soldi e che potete benissimo rifiutare.
Per pranzo, l’amico driver ci porta in un ristorante self-service, Lereng Agung, con una vista mozzafiato sulla valle tropicale e le risaie sottostanti. Eccezionale il posto ed anche uno dei camerieri con il quale ci intratteniamo a ridere di gusto scambiandoci parole indonesiane ed italiane di indubbia utilità. Vero bomber!
L’ultima tappa del tour di oggi sono le Tegalang Rice Terraces. Nonostante la pioggerella che inizia a cadere rendendo il terreno più infangato e scivoloso, le ammiriamo dall’alto e poi scendiamo tra i terrazzamenti per andare dall’altro lato. L’area è gratuita, però ci sono un paio di punti scendendo tra i gradoni in cui vi possono chiedere delle donazioni.
Passiamo la serata passeggiando per Ubud Centre e cenando al Sambal Matah, ristorante asiatico in JL Gootama, una viuzza piena di opzioni per mangiare o bere qualcosa.
DAY 8 – VEN 18/08/17 – UBUD E SEMINYAK, BALI
Terzo e ultimo giorno con base Ubud. Siamo indecisi sul da farsi perché le cose da fare e vedere a Bali, sono infinite. Ci sarebbe piaciuto fare un’altra escursione per raggiungere le Jatiluwih Rice Terraces ed il Pura Ulun Danu Bratan, il tempio sul lago, ma alla fine scegliamo di rinunciare e rimanere in zona Ubud.
Visitiamo dapprima la Monkey Forest (ingresso 50.000 IRP), foresta tropicale abitata da una colonia di scimmie affamate. Qui Claudia affronta una vera e propria prova di coraggio data la sua leggera fobia per le scimmie. Impavida le affronta cedendo solo verso la fine della visita. Successivamente torniamo a visitare l’Ubud Market, visto velocemente il primo giorno. Molto suggestivo aggirarsi tra le tantissime bancarelle e stalle, osservando le scene di vita quotidiana balinese (ho un forte debole per i mercati…). Compriamo un’infinità di souvenir e ci spostiamo in cerca di un massaggio ristoratore che troviamo a pochi passi dalla via dove abbiamo cenato ieri sera. Massaggio balinese di un’oretta, toccasana per rigenerarsi. A questo punto affamati, andiamo in cerca dell’Ibu Oka 3 consigliato dal nostro driver di ieri; uno dei pochi posti, forse l’unico (?), ad Ubud dove provare il Babi Guling, maialino da latte tradizionale piatto balinese. Il ristorante è pieno zeppo di turisti cinesi; il porcellino è buono e molto economico. Mi ha ricordato un po’ il porceddu sardo.
Sono le 14 passate, quindi decidiamo di fare rotta verso Seminyak dove faremo base per i restanti 3 giorni. Iniziamo a contrattare con il primo taxista che incontriamo e ci accordiamo per 350.000 IRP a metà strada tra domanda e offerta delle due parti. Il prezzo include anche il passaggio all’Om Ham per il recupero bagagli. Il tragitto da Ubud a Seminyak è un inferno! Siamo bloccati nel traffico per tutto il percorso. L’autista è disperato ed ora capiamo il suo sguardo preoccupato quando gli avevamo detto qual era la nostra meta. Dopo più di 3 ore in auto, scendiamo nei pressi di Seminyak Square il mall dietro al quale c’è il nostro hotel: Kutaville, guesthouse onesta e gradevole in particolare per il fatto che le nostre abitazioni sono in prima linea a bordo piscina. Ne è valsa la pena spendere quei pochi euro in più di supplemento rispetto alle ville senza vista piscina che risultano un po’ più defilate. Tuffo d’ordinanza ed usciamo impazienti di vedere il mare. Passeggiamo al tramonto percorrendo Seminyak Beach verso Legian. Lungo la spiaggia modellata dalle onde, si susseguono beach club, bar e ristoranti. Particolarmente movimentato il Pacha Bali in cui proprio in quella serata si stavano esibendo alcuni deejays di fama internazionale. Ci fermiamo in uno dei tanti bar con morbide poltrone colorate, il The Sand, bevendo qualcosa in riva al mare.
Per cena numerose opzioni si possono trovare a JL. Kayu Aya, la via principale a Seminyak. Noi scegliamo il “Cafè Bali” che offre un po’ di tutto.
DAY 9 – SAB 19/08/17 – SEMINYAK, BALI
Ci rendiamo conto che per muoverci, dobbiamo per forza noleggiare uno scooter. A piedi siamo troppo limitati; in auto il traffico è un inferno e perderemmo tantissimo tempo. Due ruote is the only way! Troviamo un rent a due passi dal centro commerciale; senza troppe domande ci danno subito due Scoopy, scooter ufficiale dell’isola presumo dato che va per la maggiore. Ci chiedono soltanto per quanti giorni ci servono e dove alloggiamo. Nessuna richiesta di patente nazionale o internazionale né di passaporto. Noleggio per 2 giorni: 140.000 IRP a motorino.
Welcome to the jungle / E’ una giungla caazoooo (cit. A.M.) : in sella al nostro apparentemente usurato ma potentissimo Scoopy, sfrecciamo tra i tantissimi scooter adattandoci immediatamente e con entusiasmo allo stile di guida indonesiano. Folle, senza regole. Raggiungiamo Pantai Kuta, o Kuta Beach, dove passiamo la mattinata. Mentre gli altri si ustionano al sole, io non riesco a resistere al richiamo del surf. Le onde sono invitanti e provano tutti, chi sono io per non farlo? Surfo per un paio d’ore, la prima aiutato da maestro e la seconda in autonomia. I risultati non sono sicuramente eccezionali però che ebrezza quando riesci a metterti in piedi sulla tavola e a cavalcare l’onda seppur per pochi secondi. Due ore di surf, sono distrutto. Me ne accorgerò più tardi. Ne è valsa la pena. Dopo una bintang in spiaggia all’ombra delle palme, torniamo agli Scoopy’s per avviarci verso la prossima meta, apparentemente abbastanza vicina ma nel caos delle strade balinesi non si sa mai.
Una ventina di chilometri ci separano dal Tanah Lot Temple, uno dei più famosi e fotografati di Bali, situato sulla costa ovest poco sopra la zona di Canggu. Prima di raggiungerlo, sostiamo per pranzare a pomeriggio inoltrato al Cloud 9, un burger restaurant dall’atmosfera molto hippy in mezzo alle verdi risaie di Canggu. Arriviamo al tempio prima del tramonto ed ovviamente i turisti, in particolare cinesi, sono molto numerosi. La marea è ancora bassa (ma in crescendo) per cui riusciamo a camminare nella zona tranquillamente ammirandolo da tutte le angolature ed assistendo al tramonto da una scogliera con panorama mozzafiato a poche centinaia di metri. Una nota informativa: all’interno del tempio possono entrare solo i balinesi.
Rientrando verso l’hotel ci capita un piccolo inconveniente: fermi ad un semaforo un poliziotto richiama la nostra attenzione chiedendoci di accostare. L’agente ci rimproverava del fatto che eravamo fermi con le ruote del motorino sopra le strisce pedonali. Immaginando che stesse cercando solo un pretesto per multarci ed intascarsi una mazzetta comoda, abbiamo iniziato a protestare affermando che ok forse eravamo sulle strisce ma comunque eravamo fermi in attesa del verde. Il tutto contestualizzato al fatto che non c’è mezza regola nel codice stradale indonesiano, ci sembrava veramente ridicolo e ci ha fatto subito imbufalire. Allora l’agente caparbio ha cercato di colpirci dove sapeva che eravamo in fallo ossia chiedendoci la patente internazionale che ovviamente non avevamo. La discussione è andata avanti un paio di minuti e dopo averci chiesto la nostra nazionalità e averci pensato su un attimo, ci ha fatto segno di andare e ce la siamo cavata così. Insomma il succo è: 99% la patente internazionale non vi serve; 1% se beccate un poliziotto balinese veramente stronzo che ha bisogno di soldi, potreste dover sborsare qualcosa, non ho idea di quanto. Ad ogni modo, nonostante questa esperienza semi negativa, se tornassi indietro la patente internazionale non la farei lo stesso.
Anche questa sera la spendiamo in Jl. Kayu Aya cenando in un ristorante greco: Mykonos.
DAY 10 – DOM 20/08/17 – SEMINYAK, BALI
Stamattina partiamo di buon’ora per raggiungere un altro famoso tempio di Bali, il Pura Uluwatu situato all’estremità sud-occidentale della penisola di Bukit. La distanza dal nostro hotel è di circa 35 km. Sfrecciando con il nostro mitico Snoopy, alle 9 siamo già lì. Veramente scenografico anche questo tempio con le scogliere a picco sull’oceano abitate dalle scimmie. Ennesimo luogo ideale per fotografie memorabili.
Successivamente ci dirigiamo a Padang Padang Beach, una delle numerose spiaggette incastonate tra le scogliere della penisola. Lasciamo il motorino nel parcheggio (2.000 IRP) di fronte alla stretta scalinata che tra le rocce e qualche scimmia conduce alla spiaggia. Per entrare a Pantai Padang occorre pagare 10.000 IRP; la spiaggia è abbastanza affollata ma vivibile quindi direi che merita qualche ora di relax. Anche qui ci sono onde e spot per surfisti ma non a meno di 200 metri dalla riva dove l’acqua invece è calma. Impressionante è la velocità con cui il mare si ritira nel primo pomeriggio lasciando affiorare le rocce dall’acqua. I passaggi da bassa ad alta marea e viceversa sono molto repentini. Ci fermiamo fino a metà pomeriggio pranzando con pannocchie e chicken satay arrostiti in spiaggia.
Ritorniamo a cannone verso Seminyak con l’obiettivo di gustarci a pieno il tramonto in uno dei bar sulla spiaggia. I nostri Scoopy volano verso nord nel traffico impazzito di Bali, dove ad ogni semaforo verde qualsiasi motociclista è pronto a scatenare l’inferno in quello che sembra un unico immenso gran premio senza limite al numero di partecipanti. Beviamo un paio di cocktail ammirando il calar del sole che colora Seminyak Beach e le onde dell’oceano di un arancione eccezionale. Relax 100%. Ceniamo al KILN in JL. Petitenget e poi di nuovo Jl. Kayu Aya per un frozen yogurt.
DAY 11 – LUN 21/08/17 – SEMINYAK, BALI
Siamo già all’ultimo giorno di vacanza. Questi 6 giorni balinesi sono letteralmente volati come non mai. Sono sicuramente troppo pochi ed insufficienti per una visita completa o quasi dell’isola, possono bastare per vedere il minimo indispensabile. Bali è grande e il tempo per spostarsi da un punto all’altro non è mai poco.
Spendiamo l’ultima mattinata riposandoci a Seminyak Beach tra un tuffo e l’altro nelle onde agitate del mattino. Quanto è forte la corrente. Anche se abbiamo il primo volo alle 18.30, temendo ingorghi stradali ci dirigiamo verso l’aeroporto già nel primo pomeriggio. Troviamo un taxista nel piazzale del Seminyak Square e dopo una breve contrattazione ci accordiamo per 150.000 IRP. Lungo il tragitto, il taxista ci porta su suo consiglio all’Agung Bali, un enorme ingrosso di cibo, abiti e souvenir, a prezzi locali molto più bassi di quelli pagati nei siti turistici. Peccato che ormai avevamo già comprato una marea di roba, a saperlo prima…
Nonostante lo stop, il traffico scorre più liscio del previsto quindi siamo in aeroporto con largo anticipo. Siamo abbastanza tesi a causa dell’esperienza precedente avuta con il volo d’andata. Temo che possa ripetersi il ritardo e questo non è bello dato che abbiamo il volo Emirates da prendere a KL alle 2. Il presentimento era fondato: per fortuna il ritardo è “solo” di 2 ore stavolta così partiamo alle 20.30 anziché alle 18.30. Giunti a KL attorno alle 23.30 riusciamo correndo a fare tutto: recupero bagagli, controlli, immigrazione, sbagliare terminal (con AirAsia si arriva/parte dal terminal 2) e raggiungere quello corretto (Emirates parte/arriva al terminal 1).
Ce l’abbiamo fatta! Alle 2 siamo regolarmente a bordo del nostro A380 Emirates diretto a Dubai che decolla regolarm……. MACCHE’! Mancano alcuni passeggeri, decolleremo alle 4 … Abbiamo corso per niente…
Orkun (អរគុណ) Cambodia
Suksma Bali
“Travel is the only thing you pay that makes you richer”