Nel cuore di Cuba, da est a ovest
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Dopo l’incredibile esperienza dell’anno scorso, raccontata nel diario di viaggio Cuba e i 90 anni di Fidel in cui avevamo avuto visitato L’Avana, Viñales, Trinidad, Cienfuegos e Cayo Largo, abbiamo deciso di tornare a Cuba per visitarne il lato est, quello più selvaggio, fino a toccare nuovamente il centro di questo meraviglioso Paese. I giorni a nostra disposizione sono 22 e l’itinerario è: Santiago de Cuba (4 notti), Baracoa (5 notti), Cayo Saetia (mezza giornata), Guardalavaca (2 notti), Cayo Guillermo (3 notti), Santa Clara (2 notti), Trinidad (2 notti), Camagüey (2 notti) e infine Holguin (1 notte).
Questa volta non ci fermiamo a L’Avana (che comunque confermo essere la città più meravigliosamente ricca delle contraddizioni e del fascino cubano), ma atterriamo direttamente ad Holguin, con un volo diretto Blu Panorama con partenza da Milano Malpensa. Tutte mete nuove dunque, ad eccezione di Trinidad, in cui torniamo per una giornata e mezza in modo da poter fare quello che l’anno scorso non ci è riuscito: vedere le famose cascate della zona. Per quanto riguarda gli spostamenti ci affidiamo ai taxi particular, il modo più pratico e caratteristico di viaggiare a Cuba. Stavolta useremo solo taxi privati (molto costosi ma comodi, soprattutto per viaggi lunghi) perché i taxi collettivi, provati l’anno scorso, sono più lenti e decisamente più scomodi (nel mio diario Cuba e i 90 anni di Fidel c’è la cronaca del traumatico viaggio Viñales-Trinidad con un taxi collettivo!). I taxi privati non sono economicissimi, ma costano comunque meno di una macchina a noleggio e ti permettono di goderti il viaggio senza pensieri e spesso chiacchierando con l’autista. Il taxi dall’aeroporto di Holguin a Santiago de Cuba lo prenotiamo direttamente dall’Italia, grazie all’aiuto di Carlos, di Casa Carlos. Per tutti gli altri spostamenti invece cercheremo un mezzo al momento del bisogno, tanto a Cuba di taxi non ne mancano! Per quanto riguarda i pernottamenti alloggeremo esclusivamente in case particular, ad eccezione delle 3 notti a Cayo Guillermo, dove ci sono solo resort. Per chi non lo sapesse le case particular sono case private in cui vengono ricavate stanze indipendenti con bagno, più o meno carine e pulite a seconda del caso (secondo me è meglio prenotarle direttamente dall’Italia su uno dei vari siti che ne mostrano caratteristiche, foto e recensioni). Alloggiando nelle case particular c’è il vantaggio di spendere davvero pochissimo per gli standard di un europeo: i prezzi variano da 25 a 30 CUC a camera a notte, con colazione che può andare dai 3 ai 5 CUC a persona al giorno. Inoltre l’accoglienza ed il calore dei cubani non ha paragone con la freddezza riscontrata nelle strutture alberghiere.
Anche quest’anno scelgo le case particular dal sito Amorcuba.com, gestito dal gentilissimo e disponibilissimo Alejandro. A differenza dell’anno scorso, però, stavolta riscontro parecchi problemi a prenotare le case che mi piacciono perché sono già quasi tutte occupate! La ricerca si fa quindi più lunga e complessa del previsto (tra le altre cose sono pure incappata nel sito Gencuba, che consiglio di evitare come la peste in quanto il form per la verifica della disponibilità nelle case è totalmente fasullo, o comunque non funzionante, e si finisce per prenotare e pagare stanze non disponibili, riuscendo ad ottenere il riaccredito solo dopo diverse settimane e svariati solleciti). Alla fine fortunatamente riesco a trovare sistemazioni che mi soddisfano in ogni città e qui prenoto le seguenti case: – Santiago de Cuba, Casa Carlos (prenotata su Amorcuba…Carlos però ci ha dirottati sulla sua vicina, Casa Miriam) – Baracoa, Casa Ykira (prenotata scrivendo direttamente alla gentilissima Ykira il cui indirizzo email è indicato sulla Lonely Planet) – Guardalavaca, Casa Yakelin (prenotata su Amorcuba, trovata occupata e quindi sostituita con una casa di cui non cito il nome tanto ci ha fatto schifo!) – Santa Clara, Casa Javier y Katia (prenotata su Amorcuba) – Trinidad, Casa Mayra (prenotata su Amorcuba) – Camagüey, Casa Aleida (prenotata su Amorcuba, trovata occupata e quindi sostituita con l’altrettanto bella Casa Manolo) – Holguin, Casa Martha (prenotata su Amorcuba)
Per quanto riguarda le 3 notti a Cayo Guillermo scegliamo il Meliá Cayo Guillermo, prenotato direttamente dal sito Melia.com.
Venerdì 28 Luglio // Milano – Holguin – Santiago de Cuba
Il nostro volo Blu Panorama parte alle 9:00 del mattino da Milano Malpensa e in poco più di 10 ore ci porta ad Holguin, la nostra meta, per poi proseguire per L’Avana con il resto dei passeggeri. Il volo è lungo ma tutto sommato vivibile. Atterriamo alle 13:40 all’aeroporto di Holguin, minuscolo e molto caraibico. Ritiriamo i bagagli ed usciamo alla ricerca del nostro autista che ci porterà a Santiago de Cuba. Il viaggio dura poco più di due ore e risulta abbastanza stancante: sarà che siamo svegli da 17 ore! Attraversiamo la provincia di Holguin su una strada piuttosto stretta, piena di buche e popolata di carretti trainati da cavalli.
I paesaggi sono stupendi: attraversiamo campagne con casette sperse nel nulla e ogni tanto incontriamo qualche piccolo paese (di solito in corrispondenza di attraversamenti ferroviari) con un piccolo negozietto, a volte una farmacia o addirittura un piccolo paladar. Arrivati a Santiago de Cuba passiamo dal Meliá Santiago de Cuba, dove ci dovrebbe essere una Cadeca che chiude alle 19:30, ma quando arriviamo che sono appena passate le 17:00 la troviamo già chiusa! Dopo varie peripezie alla fine delle quali non riusciamo a cambiare/prelevare denaro da nessuna parte, concordiamo con il tassista un pagamento in euro e raggiungiamo finalmente la nostra casa particular: Casa Miriam. Dopo esserci rinfrescati usciamo per cambiare i soldi o prelevare qualcosa e poi cenare. Raggiungiamo il Parque Céspedes, la bellissima piazza su cui si affaccia la cattedrale di Santiago, il bellissimo Hotel Casa Granda, il famoso Ayuntamiento e la Casa Diego Velazquez. Peccato per la quantità assurda di jineteros, cubani che cercano di venderti in tutti i modi i loro servigi (giri turistici, consigli su luoghi da visitare, ristoranti o locali), che qui sono molto più tenaci che in qualsiasi altra parte di Cuba. C’è da dire però che se al primo giorno li rigetterete tutti con decisione, dal giorno dopo si ricorderanno di voi e non vi importuneranno più! Noi ovviamente veniamo subito agganciati da un ragazzo vestito molto bene, con collane e denti d’oro, che si offre di portarci al Balcon de Velazquez, una terrazza panoramica. Faccio resistenza e lo molliamo dicendogli “magari domani”…ovviamente è una balla e anche lui lo sa, ma la capisce e ci molla. Finalmente riusciamo a prelevare con una carta di credito (i bancomat proprio non li prende) e andiamo a cenare al ristorante El Holandes, su Calle Heredia, dove mangiamo pollo cordon bleu (non eccelso) arroz blanco (riso bianco) e camarones grillé (calamari grigliati). Dopo cena raggiungiamo casa stravolti, ci facciamo una bella fredda e ci addormentiamo alle 21:00…è già da 24 ore che siamo svegli!
Sabato 29 Luglio // Santiago de Cuba
Dormo beata e penso di essermi svegliata “tardi” (saranno almeno le 6:00 secondo la mia percezione) ma quando guardo la sveglia scopro che sono solo le 4:00! Maledetto jet lag! Facciamo colazione alle 8:00 in una terrazza bellissima e molto ventilata mangiando frittata, tè caldo, insalata di frutta composta da mango, ananas, anguria e platano (divina), succo di mango e pane buonissimo. Dopo colazione andiamo in Plaza De Dolores, piccola ma caratteristica e molto popolata. Noto subito che la popolazione di Santiago è molto diversa da quella della Cuba Ovest: qui c’è una prevalenza di haitiani, dominicani e jamaicani, tutti contraddistinti dalla pelle scurissima. Da qui prendiamo Calle José a Saco, piena di negozi cubani e quindi affollatissima, alla ricerca di una Cadeca. Qui succede una cosa fastidiosa ma tipica di Cuba: una signora ci dice di essere in fila per il cambio soldi e ci fa mettere dietro di lei. Attacca subito bottone proponendoci di cambiare lei stessa i nostri euro, poi quando rifiutiamo ci chiede altro che non capiamo. Quando capisce che non c’è storia si accende una sigaretta e ci dice di passare pure davanti a lei mentre si fuma una sigaretta. In realtà non ero in coda, cercava solo di fregarci cambiandoci i soldi per strada ad un tasso ovviamente svantaggiosissimo per noi. Che roba! Comunque superato questo tranello, entriamo nella Cadeca a cambiare i soldi, poi andiamo al Parque Céspedes. Entriamo nella Catedral de Nuestra Señora de la Asunción, dove è in corso il battesimo di decine di bambini! Dalla terrazza della chiesa di ammira tutta il Parque Céspedes, con l’Hotel Casa Granda, l’Ayuntamiento (dal cui balcone Fidel Castro fece il suo primo discorso da vincitore della Rivoluzione) e la Casa Diego Velazquez, considerata la casa più antica di Cuba. Qui paghiamo 7 CUC (2 CUC l’ingresso normale + 5 CUC l’ingresso con foto) e visitiamo questa stupenda abitazione storica in stile moresco contraddistinta da un porticato superiore chiuso da grate in legno che corrono lungo i tre lati del cortile interno, bellissimo e stracolmo di piante. Siamo appena entrati in una delle stanze quando ci raggiunge una simpatica vecchietta che si offre di farci da guida per 1 CUC. La signora ci mostra le ceramiche spagnole, i vasi tedeschi, il lavapiedi di Capodimonte e il lampadario di Murano, e poi i mobili spagnoli e il tavolone in legno massiccio del Nord America. Tutto stupendo! Terminata la visita usciamo e ci dirigiamo all’Ayuntamiento, dove chiedo di poter dare un’occhiata all’interno, ma senza successo: l’edificio è oggi un ufficio comunale, e i turisti proprio non ci possono entrare. Ci dirigiamo quindi al Balcon de Velazquez dove paghiamo 1 CUC per entrambi e ci affacciamo su un’assolatissima terrazza panoramica. Dopo una breve sosta ci spostiamo ancora più a sud, lungo Calle Corona, e raggiungiamo il Museo de la Lucha Clandestina. Visitiamo il museo, che fuori è una stupenda casa coloniale gialla con inferriate di legno alle finestre, ma dentro è molto piccolo, poco approfondito e soprattutto gelido a causa dell’aria condizionata altissima! Quando usciamo ci fermiamo nella piazzetta di fronte che, oltre ad essere abbellita con meravigliosi Flamboyán (alberi dai fiori rossi), ospita la casa in cui Fidel Castro ha vissuto dal 1931 al 1933. La casa è al numero 6, ma oggi è chiusa e abbandonata. Peccato! Da qui scendiamo verso la Scalinata di Padre Pico, molto caratteristica ma altrettanto trascurata (forse è bella proprio per questo?) che fa molto “America Latina”, poi percorriamo Calle Salcedo, che è un bello spaccato della vera Cuba, con case diroccate e scene di vita quotidiana. Giungiamo alla Torre dell’Orologio e quindi all’estremità nord del Parque Alameda, il quale, contrariamente alle mie aspettative, non è né un parco né un malecon (lungomare), ma una specie di grande banchina portuale da cui partono navi da crociera e traghetti vari, appena ingentilita da un piccolo parco giochi e da alcuni alberi. Qui però c’è una cosa che ci attira e ci diverte parecchio: la gigantesca scritta CUBA in acciaio verniciato di giallo sulla quale è possibile salire per fare foto molto carine!
Abbiamo fame, quindi ci dirigiamo verso il Club Nautico, dove però ci dicono che oggi non hanno né gas né acqua quindi non posso aprire il ristorante! Torniamo quindi alla Cerveceria Puerto del Rey, un locale gigantesco frequentato prevalentemente da cubani, dove prendiamo una birra e una Tukola, la Cola cubana. Il locale però non ci fa impazzire: è caotico, la musica è troppo alta e c’è decisamente troppa gente. Per tornare in centro prendiamo un bicitaxi, poi proseguiamo a piedi fino al Restaurante St. Pauli, dove mangiamo camarones grillé e arroz blanco. Il locale è particolare, con un tetto di plastica sul quale scorre costantemente acqua corrente per mantenere fresca la sala. Mangiamo discretamente bene, ma come sempre a Cuba è un’impresa titanica farsi mettere ad un tavolo che non sia colpito da 18 ventilatori in contemporanea! Usciamo e ci dirigiamo a Plaza de Marte, che visitiamo velocemente sotto un sole feroce, poi rincasiamo per evitare le ore più calde e ne approfittiamo per esplorare un po’ la casa e rilassarci sul terrazzino. Poco dopo purtroppo comincio a stare male: credo di aver preso un colpo di calore, mi gira la testa ed ho una nausea fortissima, che mi costringe a letto per tutta la serata.
Domenica 30 Luglio // Santiago de Cuba
Stamattina sto meglio, anche se stanotte le zanzare ci hanno massacrato. Facciamo colazione sulla terrazza, poi usciamo e andiamo in Calle José a Saco alla ricerca di un cappellino per evitare un’altra insolazione. Ci sono negozi di tutti i tipi, sia prettamente cubani che più internazionali, come Reebok e Adidas. Di fatto Santiago è molto diversa dalle altre città cubane viste finora: qui si respira una forte aria internazionale e, nonostante sia molto meno turistica de L’Avana, sembra girare molto più denaro. Con il nostro nuovo cappellino in testa ci dirigiamo al Parque Céspedes per cercare un taxi che faccia per noi questo giro: Fabbrica Bacardi, Cementerio de Santa Ifigenia, Plaza de la Revolución, Cuartel Moncada. Concordiamo 40 CUC con un tassista molto simpatico e partiamo alla volta della Fabbrica Bacardi, che si trova davanti alla stazione dei treni e non è visitabile se non da fuori. Ripartiamo poi per il Cementerio de Santa Ifigenia e arriviamo proprio durante la cerimonia per il cambio della guardia, che vediamo da lontano sotto l’ombra di alcuni alberi. Il sole è alto e caldissimo e con tutto questo cemento rischiamo veramente un’altra insolazione! Il cimitero è gigantesco, ma è sufficiente fermarsi ai primi 20 metri per viverne l’atmosfera solenne ed imponente e visitare i luoghi in cui riposano i personaggi più importanti della storia di Cuba: José Martí (bellissimo il mausoleo), Emilio Bacardi, il monumento ai caduti della rivoluzione e ovviamente il Lider Maximo Fidel Castro. La tomba di Fidel è una bellissima pietra decorata semplicemente da una targa con la scritta FIDEL. Per accedere alla tomba bisogna ovviamente fare una coda e attendere il proprio turno, dopodiché a due o tre alla volta ci si può avvicinare moltissimo alla tomba e porgere il proprio saluto al Lider Maximo. Per chi volesse si possono anche scattare foto. L’atmosfera è carica di solennità e l’esperienza per me è incredibilmente commovente.
Ci dirigiamo alla Plaza de la Revolución, deserta e assolatissima. Qui sventolano le bandiere di Cuba e del Movimento del 26 de Julio (simbolo della Rivoluzione) e dall’altra parte della strada vedo il famoso manifesto con il motto rivoluzionario “Rebelde ayer, hospitalaria hoy, Heroica siempre”. Santiago de Cuba trasuda orgoglio per la rivoluzione, e questo è forse l’aspetto più affascinante di questa città caotica e disordinata. Riprendiamo il taxi e raggiungiamo Cuartel Moncada, l’ex caserma che fu teatro del primo tentativo di Fidel di rovesciare il governo Batista. I colpi d’arma da fuoco che colpirono quel giorno l’edificio sono ancora ben visibili sulla facciata di quella che oggi è la sede del Museo del 26 de Julio. Il museo è bello ma l’aria è a dir poco glaciale, quindi resisto poco.
Per cena torniamo al ristorante El Holandes, dove mangiamo nel porticato esterno mentre osserviamo la gente che passa per strada con auto scassatissime e rumorosissime. L’inquinamento è alle stelle, i turisti sono pochi (si vedono esclusivamente in centro e nei luoghi più turistici) e gli abitanti sono chiassosi. Colpisce molto come qui, a differenza de L’Avana, siano tutti più ben vestiti e apparentemente più benestanti, anche se i jineteros sono mille volte più assillanti che in qualunque altro posto a Cuba. In generale Santiago appare una città dove tutto è esasperato e le sensazioni e le emozioni sono portate tutte un po’ all’estremo: non mi stupisce che proprio qui sia iniziata la Rivoluzione. Dopo pranzo torniamo a casa per evitare le ore più calde e ne approfittiamo per dormire un po’ aiutati dall’aria condizionata. Alle 18:00 usciamo e ci dirigiamo all’Hotel Casa Granda, dove ci godiamo un aperitivo sulla bellissima terrazza del Roof Garden. Da qui si vede tutto il Parque Céspedes su un lato e il quartiere sud della città sull’altro, con i suoi tetti di lamiera ed i muri scrostati che ricordano molto certe città del Sud America. Restiamo qui finché non fa buio, bevendo e mangiando a più riprese e spendendo la modica cifra di 14 CUC! E pensare che sarebbe anche un locale di lusso…Incredibile! Usciamo e percorriamo Calle Heredia che, contrariamente a quanto mi aspettavo, è deserta e silenziosa…persino la Casa de la Trova è chiusa! Che strano, noi ci aspettavamo una città piena di movimento e di musica, e invece!
Lunedì 31 Luglio // Santiago de Cuba
Oggi il cielo è coperto e c’è anche un po’ di foschia: speriamo che si rischiari! Alle 9:00 partiamo in taxi dal Parque Céspedes per raggiungere il molo da cui partono i traghetti per Cayo Granma. Arriviamo alle 9:30 ma a quanto pare il primo traghetto è alle 10:00…ci tocca aspettare! Tra un contrattempo e l’altro riusciamo a partire con la barca solo alle 11:00. Siamo gli unici turisti, anzi siamo gli unici e basta! Quando arriviamo sul Cayo scopriamo che per uscire dal molo bisogna passare dall’interno del Restaurante El Cayo e qui capiamo che non sono molti i turisti che arrivando sul Cayo vanno oltre quel ristorante! Noi comunque vogliamo visitare l’isoletta, quindi usciamo dal retro del locale e prendiamo la strada a sinistra, sterrata, che costeggia la riva. Il sole è cocente e dalla stradina sopraelevata vediamo le onde che si infrangono sulle rocce. Poi iniziano le case: una sequenza di capanne in legno più o meno ben tenute, più o meno colorate. Decine di persone stanno sedute sotto i piccoli portici delle loro abitazioni e ci osservano, ascoltano musica, parlano tra di loro od osservano i bambini che corrono in strada. Proseguiamo la nostra passeggiata tra alberi di platano e case fatiscenti fino alla fine della strada, poi torniamo al Restaurante El Cayo a mangiare. Prima però ci confrontiamo con il fatto che la porta da cui siamo usciti prima adesso è chiusa a chiave e che, anche chiamando a gran voce, nessuno ci sente! Decidiamo quindi di saltare giù da un muretto e finire in un piccolo giardinetto su cui affaccia la porta delle cucine! Entriamo come se nulla fosse in cucina e al cameriere, un po’ stranito di vederci lì, spieghiamo che abbiamo scavalcato perché la porta era chiusa e nessuno rispondeva! Solo a Cuba! Mangiamo sulla bella terrazza che affaccia sul mare, poi alle 13:00 prendiamo il traghetto per tornare indietro.
Aspettiamo il nostro tassista all’ombra di un albero, dove una signora ci chiede del sapone: per fortuna stavolta mi sono attrezzata portandomi in borsa saponette e roba varia da regalare! L’anno scorso infatti non sapevo che molti cubani sono soliti chiedere ai turisti prodotti per la pulizia del corpo, matite, penne e altri piccoli oggetti che da loro sono molto costosi: quest’anno, quindi, siamo partiti con un bel sacchettone pieno di cose da donare. Quando il taxi arriva prendiamo la strada per il Castillo de San Pedro de la Roca, conosciuto anche come Castillo del Morro. Il posto è più turistico di quanto pensassi, tanto che ci sono parecchie bancarelle di souvenir all’ingresso, ma il castello è davvero fenomenale! Non solo è bello il castello in sé, ma è incredibile anche il panorama che si vede dai vari terrazzamenti della fortezza: tutta la costa sud-est di Cuba, selvaggia e incontaminata, spazzata dalle onde violentissime di questo mare che ha mille gradazioni di blu… Incredibile! Esploriamo il castello dentro e fuori e vediamo anche un’iguana gigantesca stesa al sole su una roccia a picco sul mare… Meraviglia! All’interno c’è un piccolo ma interessante museo della pirateria, che continua anche al di fuori dove si susseguono cannoni e armamenti vari. Il sole però è davvero debilitante, e questa è l’ora più calda della giornata, quindi decidiamo di tornare alla nostra casa particular per riposarci.
Usciamo per le 18:30 e chiediamo alla nostra padrona di casa, la signora Miriam, se conosce un tassista che ci possa portare a Baracoa l’indomani. Non vogliamo un taxi collectivo a causa di brutte esperienze passate lo scorso anno, quindi prenotiamo un taxi tutto per noi a 120 CUC. Non è poco ma nemmeno troppo per essere un taxi riservato. Organizzato il viaggio di domani, decidiamo di rilassarci al Roof Garden dell’Hotel Casa Granda, dove stasera è in corso una gara di cocktail tra famosi barman. Peccato che non ne offrano agli spettatori! Beviamo qualcosa e ci mangiamo un buon sandwich al pollo. Sono le 21:00 quando usciamo pensando di passare alla Casa de la Trova prima di lasciare Santiago, ma anche stasera è chiusa! Non è destino.
Martedì 1 Agosto // Santiago de Cuba – Baracoa
Alle 9:00 puntuale arriva il nostro taxi: una bellissima Pontiac gialla 8 posti tutta per noi! Henry, il tassista, è molto simpatico e chiacchiera con noi: prima di fare il tassista era insegnante di educazione fisica ed ha vissuto e lavorato 2 anni in Venezuela. Ci racconta di come il Venezuela sia un Paese pericoloso, dove ti possono puntare una pistola alla testa in qualsiasi momento per rubarti i soldi, e di come invece Cuba sia sicura grazie al governo dei Castro ed ai controlli serrati della polizia. A Guantánamo ci fermiamo a prendere “suo cugino” (chissà se lo è davvero? I Cubani hanno questa abitudine di dire “mi primo” o “mi hermano” ma magari sono solo amici fraterni, non veri parenti!) che guiderà al ritorno perché La Farola (la strada che collega Guantánamo e Baracoa) è lunga e impegnativa in quanto tutta tornanti. Ci fermiamo in un punto panoramico sopra Guantanamo dove c’è una torretta sulla quale si può salire e ammirare la costa sud-est di Cuba. Purtroppo però né da qui né da nessun altro posto a Cuba si può vedere la famosa base navale USA di Guantánamo. Proseguiamo per la strada dissestata che passa tra foreste di palme e piccoli agglomerati urbani o semplici casette sparute di contadini. Gente sulla strada aspetta i camiones mentre cavalli, buoi e caprette brucano sul ciglio della strada. A Cayobabo c’è una specie di dogana tra le due province dove ci fermano e controllano i documenti del nostro tassista. Subito dopo inizia La Farola: una strada panoramica che risale i tornanti delle montagne cubane fino a giungere a Baracoa, cittadina selvaggia sconosciuta ai più (soprattutto a noi italiani) ma amatissima dai turisti tedeschi, come scopriremo di lì a poco. Il primo tratto de La Farola è tutto a tornanti. A metà strada ci fermiamo su una curva dove c’è un mirador da cui si può godere di una panorama spettacolare. Qui veniamo circondati da venditori di cucurucho, un dolce tipico di questa zona a base di cocco, zucchero di canna, noci e miele, il tutto racchiuso in una foglia di platano. Mi piacerebbe provarlo ma non ora: il caldo e i tornanti non hanno aiutato il mio stomaco già provato e di fame in questo momento proprio non ne ho! Nell’ultimo tratto la strada, se possibile, peggiora: le curve si fanno più ravvicinate e più impegnative, ma in compenso il paesaggio diventa ancora più bello! Qui vedo proprio quei paesaggi che mi aspetto pensando a Cuba: palme altissime che svettando su una vegetazione rigogliosa, capanne con tetti di paglia qua e là e soprattutto un cielo pazzesco che con il suo blu intenso fa contrasto con il verde saturo degli alberi… uno spettacolo che lascia senza parole!
Arriviamo a Baracoa che sono le 14:00. Ci abbiamo messo esattamente 5 ore. Per cercare la casa particular, Casa Ykira, il nostro tassista chiede ad un tizio che sembra “il pappone dei taxi” del paese: ovvero quello che acchiappa i turisti e li smista ai vari tassisti per poi prendersi una commissione. Il pappone si prodiga subito per trovarci la casa nel dedalo di sensi unici che è il centro di Baracoa, e quando la troviamo non faccio in tempo a scendere con entrambi i piedi dal taxi che il tizio mi sta già chiedendo quando ripartiamo e dove andiamo dopo Baracoa per cercare di venderci il viaggio! Lo molliamo dicendogli che poi lo cercheremo noi quando sarà il momento di lasciare Baracoa, tra 5 giorni, quindi entriamo nella nostra casa particular dove conosciamo la gentilissima signora Ykira e suo marito, che ci offrono un buonissimo succo di frutta fresca di benvenuto. La nostra camera è gigantesca e, anche se non è esattamente una camera d’albergo in quanto ad arredamento e comfort, ha un doppio letto matrimoniale! Per contro, il bagno è davvero minuscolo e popolato di strane creature: una sera troviamo addirittura una blatta gigantesca uscita da sotto il lavandino! Ma questo piccolo incidente non ha minimamente intaccato la bella esperienza in questa casa, in cui tornerei senza dubbio!
Ci diamo una rinfrescata e usciamo a vedere la città, che sembra una specie di far west con vie larghe su cui si affacciano casette singole con porticato, tutte tinteggiate in diversi colori pastello. Il centro pedonale è molto curato, pulito e restaurato di recente, forse dopo l’ultimo uragano, dell’ottobre 2016. La Catedral de Nuestra Señora de la Asunción nel Parque Independencia è particolarissima e molto colorata. All’interno si può ammirare la Cruz de la Parra, una croce in legno che, dicono, sarebbe stata piantata da Colombo vicino a Baracoa nel 1492. Parque Indipendencia invece fa molto “paesino di mare”: molte panchine e alberi con tanta ombra. Tutto molto curato e rilassato. Andiamo verso il Malecon e lo percorriamo per un breve tratto: il lungomare di Baracoa è spoglio e privo di particolari attrattive, ma il paesaggio selvaggio gli conferisce un aspetto davvero intrigante. Tornando verso casa incontriamo di nuovo il pappone dei taxi, che scopriamo chiamarsi Leo ed essere simpaticissimo! Ci propone varie escursioni nei dintorni di Baracoa e poi torniamo sull’argomento “viaggio per Guardalavaca”, nostra prossima meta. Leo parla molto bene l’italiano, anche se alle volte è necessaria qualche integrazione di spagnolo, e dopo quindici minuti di spiegazioni e contrattazioni concordiamo una gita al Parque Majayara a 15 CUC a persona, una gita alla Boca de Yumurì a 25 CUC a persona e il viaggio Baracoa-Guardalavaca con taxi privato dotato di aria condizionata (quando si contratta sui taxi bisogna essere molto pignoli sui dettagli!) a 120 CUC. Anche i prezzi delle escursioni si sono rivelati onesti: le agenzie del turismo fanno lo stesso prezzo, ma solo con gruppi più numerosi di 2 persone! Viaggiando da soli, invece, abbiamo più libertà di fare quello che ci pare.
La sera ceniamo a casa, come avevamo concordato con Ykira già ai tempi della prenotazione. Mangiamo sulla terrazza, che si raggiunge salendo al primo piano e poi inerpicandosi su una scaletta a chiocciola affacciata sul nulla, che chi soffre minimamente di vertigini non potrebbe mai salire! La notte è nera, le luci a Baracoa sono poche e il mare sullo sfondo si intuisce ma non si vede. Mangiamo zuppa di verdure, gamberetti in salsa di cocco, platano fritto, riso bianco e dei buonissimi pomodori tagliati sottili sottili. Qui a Baracoa pomodori e cetrioli sono in tutti i menù di tutti i ristoranti e sono davvero deliziosi! Non fatevi ingannare dal colore pallido dei pomodori: in realtà sono saporitissimi! Concludiamo la cena con un dolce al cioccolato fatto in casa, poi usciamo per fare una passeggiata segnandoci mentalmente i ristoranti che ci sembrano carini per poi provarli nei prossimi giorni. A fine passeggiata ci fermiamo a bere un mojito e una limonada nel bar dell’Hostal 1511, poi torniamo a casa.
Mercoledì 2 Agosto // Baracoa
Usciamo presto per comprare la tessera per le chiamate internazionali al punto Etecsa, che sta proprio davanti al Parque Indipendencia, e chiamiamo a casa utilizzando il telefono pubblico. Quindi ci dedichiamo alla scoperta della città, cominciando dal Castillo de Seboruco, una fortezza costruita su una collina che oggi ospita l’unico hotel “di lusso” di Baracoa e dalla cui terrazza si può vedere El Yunque, la montagna alta e piatta simbolo di Baracoa. Anzi, da qui si vede tutta l’estremità est di Baracoa con il quartiere più povero e la baia. Il cielo però è pieno di nuvoloni e sembra che debba diluviare da un momento all’altro: purtroppo questo tempo un po’ altalenante ma sempre piuttosto cupo ci accompagnerà per tutta la permanenza in questa città. Scendiamo e imbocchiamo delle vie piuttosto dissestate fino ad arrivare al Fuerte de la Punta, dove incontriamo un cubano che ci offre 2 scatole magiche cubane (2 scatole di legno intagliate con la bandiera di Cuba, “magiche” perché dotate di un sistema di apertura molto misterioso) in cambio di vestiti. Sul momento non ne abbiamo, quindi gli diamo appuntamento per le 14:00 davanti ad un hotel in modo da potergli portare qualche indumento.
Prendiamo un bici-taxi che per 2 CUC ci porta nei pressi del Museo Arqueologico La Cueva del Paraiso. Percorriamo una strada in salita per 5 minuti, arriviamo ad uno spiazzo con l’insegna in legno del museo, quindi entriamo in un cancello di legno e imbocchiamo un declivio con delle rocce sistemate a mo’ di scalinata e contornate da una vegetazione rigogliosissima e molto “amazzonica” di palme e altre piante esotiche. Arriviamo ad una sorta di reception “alla cubana”, cioè una baracca di legno in mezzo alle palme dove paghiamo 8 CUC (3 CUC + 5 per me che voglio fare foto), ascoltiamo la breve spiegazione del percorso e ci addentriamo da soli nel museo a cielo aperto. Il percorso prevede una grotta iniziale piuttosto ampia dove vediamo ciottoli, scheletri e altri reperti lasciati dai tainos (la popolazione indigena che abitava questi luoghi prima dell’arrivo degli spagnoli) ed un livello superiore raggiungibile attraverso una scala a chiocciola che porta verso l’esterno, su un percorso sopraelevato dal quale si scorge il mare. Una bella balconata di legno con tanto di scala a pioli appoggiata alla parete rocciosa rende il tutto molto scenografico. Usciamo dal museo, che ci è molto piaciuto anche se è evidente che si tratta in gran parte di una ricostruzione, e che di autentico ci sono solo i reperti e forse alcune grotte. Passeggiamo lungo la strada dell’andata, stavolta in discesa, e ci soffermiamo ad ammirare le diverse scritte di sostegno a Fidel e alla Rivoluzione che campeggiano sulle case più o meno malmesse della zona. Mai come ora sento così evidente il forte sentimento patriottico del popolo di questa parte di Paese nei confronti di Fidel e della Rivoluzione. Con il bici-taxi dell’andata ci eravamo dati appuntamento una mezz’ora dopo, ed eccoci qui tutti quanti puntuali!
Per il pranzo scegliamo il Restaurante La Musa dove ci servono come entrée un bel brodo bollente di verdure! Qui a Baracoa è la norma, e noi, all’inizio sconcertati dal fatto di mangiare brodo bollente con questo clima, cominciamo a coglierne il senso. Il brodo è buonissimo e pieno di verdure fresche e gustose. Anche il pollo ed i calamari enchilados sono ottimi, inoltre il locale è carino e sembra piuttosto nuovo: consigliato! Alle 14:00 ci incontriamo sul Malecon con il tizio delle scatole magiche e gli diamo gli indumenti promessi: sembra molto soddisfatto dello scambio. Per cena scegliamo il ristorante La Colina. Non si mangia divinamente, ma nemmeno male. In compenso, però, si beve la limonada più buona di tutta Baracoa, fatta con i lime, si mangia su una splendida terrazza vista mare e si gode di ottima musica! Mentre mangiamo pollo grillé e pescado grillé ascoltiamo un fantastico trio che suona musiche cubane. Che meraviglia!
Giovedì 3 Agosto // Baracoa
Oggi il tempo non è dei migliori, anzi, proprio mentre ci stiamo preparando per uscire comincia a diluviare. Per fortuna quando usciamo ha già smesso e partiamo alla volta della Boca de Yumurì assieme a Michael, un caro amico di Leo.
Prima tappa: Finca Guirito, ovvero una piantagione di cacao dove una simpatica signora ci spiega in spagnolo come i campesinos producano il cacao di Baracoa con metodi 100% naturali che richiedono 11 giorni di processo invece dei 3 ottenuti con metodi industriali. La spiegazione è molto articolata e davvero affascinante, anche se purtroppo non vediamo da vicino nessun albero. Altra sosta al Tunel de los Alemanes: una sorta di galleria-canyon composto da una gigantesca roccia adagiata al fianco della montagna a formare un tunnel sotto il quale passa la strada. Attraversarlo e vederlo da vicino è una cosa incredibile! Riprendiamo la macchina e arriviamo alla foce del Rio Yumurì, ovvero la Boca de Yumurì. Qui saliamo sul ponte e raggiungiamo a piedi un mirador da cui si vede il canyon che caratterizza proprio questo fiume…Bellissimo! Davanti al mirador c’è una casa dove alcune donne vendono souvenir. Ci chiedono di poter barattare qualcosa con dei vestiti, quindi decido per un barattolo intagliato a mano pieno di burro di cacao e ci diamo appuntamento con la più giovane per domattina alle 8:30 davanti alla nostra casa particular per lo scambio. A pochi passi da lì Michael ci indica un albero le cui foglie sono costellate da decine di Polymita, una specie coloratissima di chiocciole che ha rischiato di scomparire da Cuba a causa dei turisti che ne collezionavano i gusci colorati. Scendiamo quindi sotto il ponte, fino alla riva del fiume, dove prendiamo una delle numerose barche a remi, guidata da un baffuto signore. Remando per circa 400 metri nel canyon si arriva ad un’isoletta chiamata Isola delle Mandorle (perché qui crescono alberi di mandorle) e ci facciamo un bagno in una piscina naturale ricavata in un tratto molto lento di fiume. Finito il bagno riprendiamo la barca e ripercorriamo il bellissimo canyon. Il panorama è davvero incredibilmente selvaggio.
Per pranzo ci fermiamo al Restaurante El Playito. Il posto è stupendo e popolato di animali (maiali, cani e galline) che circolano liberamente tra i tavoli! Il bagno è un’esperienza da ricordare: una capanna di legno nel mezzo del cortiletto sul retro, un water senza sciacquone, un rubinetto che si smonta da solo quando lo giri per aprire l’acqua ed i maiali che ti girano intorno! Sulla strada del ritorno ci fermiamo a Playa Maguana, una spiaggia molto particolare ricca di palme, ma comunque non eccelsa. Il mare è piuttosto mosso e gli unici che osano fare il bagno sono cubani. Torniamo a Baracoa e ci facciamo lasciare in piazza dove compro un cucurucho per 1 CUC: buonissimo! Ci fermiamo fuori dalla Casa de la Trova per ascoltare un po’ di musica dal vivo, poi andiamo a cena al Buen Sabor, un ristorante molto formale (il cameriere mi versa l’acqua manco fosse champagne!) dove il cibo non è davvero niente di che. Si salva solo per l’entrée: una zuppa di pesce davvero squisita! Dopo cena torniamo alla Casa de la Trova: fuori ci sono parecchie sedie e c’è allestito una specie di palco con degli strumenti. Ci sediamo e poco dopo scopriamo che stasera si esibisce uno dei chitarristi più famosi di Cuba: Pancho! C’è persino la tv a riprendere! Infatti in pochissimo tempo la strada si riempie di gente. La musica tradizionale cubana viene suonata con un amore e un senso del ritmo incredibilmente coinvolgenti! Davvero la serata più bella di questa vacanza!
Venerdì 4 Agosto // Baracoa
Sveglia alle 6:30 con una brutta sorpresa: manca l’acqua corrente! Facciamo presente la cosa ad Ykira, che si scusa e ci apre i serbatoi che tengono sul tetto, riempiti appositamente per affrontare i momenti in cui l’acqua della rete idrica viene sospesa, cosa che a Baracoa accade piuttosto frequentemente. La mattina è ventilata e noi facciamo colazione sulla terrazza con qualche difficoltà: tovaglie, tovaglioli e altre cose piuttosto leggere volano ovunque! Alle 8:30 ci troviamo fuori casa con la ragazza di ieri e le diamo le cose promesse: vestiti, sapone, una crema, una matita per sua figlia.
Oggi il programma è: gita al Parco Naturale Majayara con sosta alla Playa Blanca ed escursione lungo il Balcon Arqueologico con bagno nella Cueva de Agua. Alle 9:00 arriva il taxi (lo stesso di ieri) con la guida di oggi: Victor. Raggiungiamo in taxi lo stadio, che dà proprio sul mare, poi proseguiamo a piedi sulla spiaggia per circa 2 Km fino al Rio Miel. Qui una volta c’era un ponte sospeso in legno per permetteva di attraversare il fiume e raggiungere il paesino Boca de Miel sull’altra sponda. Purtroppo però l’uragano dell’ottobre 2016 ha spazzato via il ponte, quindi l’unico modo per raggiungere il paese è prendere la barchetta a remi che per 0,50 CUC ti porta su un pericolante molo in legno dall’altra parte del Rio. Molo è un parolone: si tratta di alcune decine di pali piantati nel fondo paludoso del fiume su cui sono state inchiodate alcune assi tutte belle storte e pure bucate! Probabilmente il lavoro è stato fatto di fretta e da un ubriaco, perché le assi sono tutte storte, piene di fessure e talmente lunghe tra un traverso e l’altro che flettono da paura quando raggiungi il centro! Percorso con successo il molo arriviamo ad uno spiazzo dove, girando a sinistra e proseguendo per 200 m, si arriva al bivio dove c’è un baracchino dello stato in cui si paga l’ingresso al Parque Majayara: 3 CUC a persona. Proseguiamo nel paesino attraversando la finca della famiglia Fuentes (talmente famosa che viene citata come guida locale anche dalla Lonely Planet), e ci fermiamo a casa di Junior Fuentes (il figlio del sig. Fuentes citato dalla guida), un trentacinquenne molto simpatico e gentile che ci offre un caffè fatto al naturale con un filtro in tessuto! Qui Fuentes e la sua famiglia ci spiegano di non poterci offrire della frutta come da loro abitudine perché purtroppo l’uragano di ottobre ha spazzato via gran parte delle loro piantagioni e stanno piantando nuovi nuovi alberi proprio in questi mesi. Dopo alcuni minuti riprendiamo il cammino, con Victor e Junior Fuentes che ci accompagnano attraverso una natura meravigliosa. Nonostante l’uragano abbia decimato le palme, la vegetazione è rigogliosa ed è una meraviglia da guardare. Camminiamo su una terra rossissima fino al bivio dove dei cartelli in legno indicano le varie direzioni. Qui Victor si divide da noi per andare a prendere dei cocchi che berremo al nostro ritorno, mente noi proseguiamo solo con Junior. Camminiamo per alcuni chilometri, prima costeggiando la Finca Fuentes, poi nella vegetazione più selvaggia, dove Junior ci fa provare l’anon, un frutto stranissimo che dentro sembra con una fava di cacao ma ha un sapore a metà tra il litchi e il lime! Proseguiamo fino ad imbatterci in una parete di roccia a cui è attaccata una scala pioli di ferro…Bè, dobbiamo salirci sopra!!! Ma non è la scala il vero problema: la cosa che mi inquieta è che dopo la scala ci si deve arrampicare sulla roccia scavata a mo’ di salini alti 50-60 cm aggrappandosi a dei corrimano in legno! All’inizio penso di mollare, ma poi mi faccio coraggio e salgo…che esperienza incredibile!!! Mai avrei pensato di poter fare una cosa del genere! Arrivo in cima senza problemi anche se molto lentamente e sono incredibilmente soddisfatta della mia impresa!
Ora inizia il Balcon Arqueologico: una serie di grotte scavate dal mare milioni di anni fa e usate dai tainos per vivere. Nel percorso si alternano “sale” ampie e alte anche 2,5 metri a piccole fessure tra le rocce di meno di un metro di lato in cui bisogna letteralmente strisciare per passare! Incastrati nella roccia ci sono fossili di conchiglie e coralli…Una cosa incredibile! Qui gli archeologi hanno preso reperti oggi esposti alla Cueva del Paraiso ed è un’emozione incredibile poter vedere i luoghi autentici di quella vita. Alcuni passaggi sono difficili ma il panorama sul mare è stupendo e l’esperienza è senza dubbio la più incredibile della mia vita, non solo per le meraviglie che possiamo vedere ma soprattutto per l’incredibile bontà e ingenuità con cui i cubani ti portano in questi luoghi stupendi e tutto sommato abbastanza pericolosi come se per loro fosse una passeggiata nel centro pedonale! Dopo un meraviglioso percorso di circa 20-30 minuti si scende nuovamente da una scala ricavata nella roccia con corrimani in legno e alberi a cui tenersi, impegnativa ma meno ripida della salita! Da qui parte la camminata per la Cueva de Agua, che passa da una meravigliosa foresta di palme e che si raggiunge nell’ultimo tratto tramite un sentiero di pietra sopraelevato costruito dagli indios! Bellissimo, ma veramente difficile da percorrere! Superato il sentiero e un piccolo canyon si arriva alla Cueva De Agua: uno spettacolo da non credere! Io pensavo che l’acqua fosse accessibile a livello del terreno, invece dobbiamo scendere sulle rocce scivolose per quasi 10 m prima di entrare nella piscina naturale! Ci togliamo vestiti (e qui ci accorgiamo che sono zuppi di sudore!) e scarpe e scendiamo lungo la roccia fino ad arrivare all’acqua, talmente limpida che ci si accorge che c’è solo quando ci si immerge un piede! L’acqua non è solo limpida ma anche ghiacciatissima e semi-salata perché arriva metà dal mare e metà dalla montagna. Inoltre il buio qui sotto è totale e Junior ci illumina con la torcia dall’alto per non lasciarci nella completa oscurità. La piscina non è grandissima, si tocca ovunque e può ospitare a occhio e croce massimo 4 persone, ma proprio per questo risulta così affascinante: si ha la sensazione di trovarsi in un luogo per pochi fortunati, una vera perla! Questa è senza dubbio una delle esperienza più incredibili della mia vita.
Dopo una ventina di minuti arrivano altre due turiste e noi gli lasciamo il posto, ci vestiamo e riprendiamo il cammino al contrario per circa 45 minuti. Passiamo davanti alla Playa Blanca, ma Junior ci dice che a quest’ora il mare è molto mosso e non riusciremmo a farci il bagno, quindi con rammarico non ci fermiamo. Giungiamo alla casa dei suoi genitori, dove ci sediamo su delle comode poltrone di legno nel cortile mentre Victor ci apre due cocchi. Il latte di cocco è manna dal cielo dopo questa sudata! Riprendiamo quindi il cammino e torniamo al bivio, dove ci fermiamo al ristorante a mangiare qualcosa. Dopo circa un’ora e mezza siamo pronti per ripartire: salutiamo Junior e ci incamminiamo con Victor per raggiungere il molo pericolante ed attraversare nuovamente il fiume in barca. Arrivati sull’altro lato del fiume riprendiamo il cammino sulla spiaggia e la percorriamo ritroso camminando fino allo stadio dove prendiamo un bici-taxi per tornare a casa. Che gita meravigliosa! Dopo un bel riposo usciamo e incontriamo Leo al solito angolo della piazza, con Michael. Concordiamo una nuova gita per domani, poi gli chiediamo un consiglio sulla cena e lui ci suggerisce La Colonial, un locale carino dove mangiamo zuppa, pollo e granchio.
Sabato 5 Agosto // Baracoa
Per oggi è prevista una gita in jeep a El Yunque con bagno nella cascata, il tutto organizzato da Leo. La jeep Willys azzurra che ci attende fuori casa è una figata incredibile! È un mezzo militare russo del dopoguerra e io viaggio dietro, sulla panca…si sballotta un sacco, soprattutto dopo l’ingresso al parco (dove si pagano 8 CUC a persona) ma l’esperienza è davvero unica! Lungo la strada ci fermiamo in un punto panoramico da cui si vede la cima di El Yunque contornata da palme: che scenario pazzesco! Dopo 30 minuti di sballottamenti, il guado di una pozza d’acqua e paesaggi stupendi, ci fermiamo a caricare un ragazzo giovane, gentilissimo ma molto taciturno, che ci farà da guida. Poco dopo arriviamo in uno spiazzo nella vegetazione: da qui proseguiamo a piedi prima in un percorso tra alberi esotici, poi costeggiando un fiume meraviglioso, incredibilmente pulito e costellato di pietre e sassi tondeggianti. Ad un certo punto, una sorpresa: per arrivare alla cascata dobbiamo guadare il fiume a piedi, con l’acqua che arriva alla vita! Questa è Cuba! Per fortuna la nostra guida ci trasporta zaino e Nikon dell’altra parte e noi lo seguiamo molto lentamente e non senza difficoltà! Dopo il guado si sale per altri 200 m tra le rocce fino alla piscina naturale con cascata, meravigliosa anche se un po’ affollata. Facciamo un bagno, poi decidiamo di spostarci più giù, dove avevamo guadato il fiume, in modo da poterci rilassare in solitudine. Verso le 11:15 decidiamo di tornare indietro.
Sulla via del ritorno vediamo dei cubani che stanno preparando un maiale da cuocere allo spiedo: uno di loro getta secchiate di acqua bollente sulla bestia mentre un altro gli leva le setole con una specie di sciabola! Solo a Cuba! Riprendiamo la Willys e torniamo in città per l’ora di pranzo. Mangiamo di nuovo al ristorante La Musa, poi ci riposiamo in camera per evitare le ore più calde. La sera usciamo alla ricerca di un ristorante e percorriamo il Malecon, dove veniamo attratti da una casa appena tinteggiata di un bel blu acceso e con un murale stupendo raffigurante Camilo Cienfuegos. Lì accanto notiamo il ristorante La Cueva del Indio, con due tizi seduti fuori (che poi scopriremo essere cameriere e cuoco) che cazzeggiano! Il posto sembra carino, nuovo, e con terrazza proprio sul mare, quindi decidiamo di dargli una possibilità. La scelta si rivela azzeccatissima: loro sono simpatici e gentilissimi, il cibo è buono (faccio pure il bis di pescado!), c’è un bel venticello fresco, bella musica cubana proveniente dal locale a fianco e una vista sul mare fantastica! Per me la migliore cena a Baracoa! Dopo cena andiamo in piazza per gettare un ultimo sguardo alla bellissima Baracoa, che ci ha rubato il cuore.
Domenica 6 Agosto // Baracoa – Cayo Saetia – Guardalavaca
Oggi si parte per Guardalavaca. Ci svegliamo presto mentre fuori c’è il diluvio universale: è da stanotte che imperversa un forte temporale! Per il taxi siamo già d’accordo con Leo: ci manderà un ragazzo di sua fiducia. L’idea è quella di passare dal Parque Nacional Alejandro de Humboldt, attraversato da una strada che per un lungo tratto risulta sterrata e dissestata, ma che rappresenta un’alternativa decisamente più rapida alla strada che, attraverso la Farola, ripassa da Guantánamo. Alle 7:30 partiamo. Da Baracoa a Moa la strada sterrata ed è una buca unica, ma dopo Moa (riconoscibile per la puzza tremenda di zolfo che permea l’aria) migliora. Stiamo viaggiando finalmente su una strada asfaltata quando su una curva prendiamo una chiazza d’olio e facciamo uno spaventoso testacoda per poi scivolare in retro fuori strada, fino ad arenarci sul margine della curva, nell’erba alta. Tutto è sembrato durare tantissimo, come se ci muovessimo a rallentatore, eppure deve essersi trattato di pochi istanti. Scendiamo dalla macchina un po’ sotto choc e si accorgiamo che la macchina non poggia tutte e 4 le ruote a terra: un piccolo fossato fa sì che l’auto abbia una ruota per aria. Inoltre si sente puzza di benzina e il paraurti davanti si è quasi staccato. Le macchine che passano di qui e che potrebbero aiutarci sono pochissime, essendo domenica. Fortunatamente poco dopo passa un taxi con a bordo dei turisti che, vedendoci in difficoltà, si fermano e ci aiutano a spingere l’auto fuori dal fosso e a metterla dritta a bordo strada. Purtroppo quando proviamo ad avviare l’auto ci accorgiamo che non parte, e poco dopo scopriamo il perché: un sasso ha tranciato di netto il tubicino del carburante! Ecco spiegata la puzza di benzina! Con dei pezzi di fortuna (un tubicino di plastica staccato dalla bici di uno dei turisti) colleghiamo i capi del tubo strappato e ripartiamo, anche se non sappiamo per quanto! L’idea originaria era quella di fermarci lungo la strada a Cayo Saetía (un cayo di proprietà dell’esercito, un tempo riserva di caccia di Fidel e oggi parco zoologico protetto) per vedere la spiaggia e fare il safari. Decidiamo quindi con il tassista che, dopo averci portato sul Cayo, andrà a cercare un meccanico aperto. Arriviamo all’ingresso di Cayo Saetía (collegato alla terraferma da un ponticello) presentiamo i passaporti alla gentilissima guardia forestale, quindi percorriamo un primo tratto dove, con estrema sorpresa, passiamo davanti ad un gigantesco dromedario che si riposa placidamente in piedi sulla strada! Arrivati ad un bivio, però, la macchina si ferma di nuovo! Ahimè, il tubicino d’emergenza si è sciolto dopo più di un’ora di viaggio, e noi siamo di nuovo a piedi, e per di più in mezzo ad un cayo semi-deserto! Passiamo 30 minuti a cercare di capire cosa potremmo usare per sostituire il tubo, quando la fortuna ci assiste ancora una volta: una guardia forestale passa di lì, ci vede in panne e tira fuori magicamente un tubo perfetto per noi! Ripartiamo e arriviamo al centro del cayo, dove paghiamo 10 CUC a testa e ci godiamo un cocktail di benvenuto, incluso nell’ingresso. Il posto è davvero pazzesco: siamo lontanissimi dal primo centro abitato, su una spiaggia meravigliosa, con un molo ed un ristorante costruito proprio sulla sabbia. Partiamo subito per il safari: per 9 CUC la jeep ci fa fare un giro di 1 ora, percorrendo tutto il cayo e facendo parecchi fuoristrada alla ricerca di animali. L’esperienza è incredibile ed emozionantissima: la jeep è un mezzo militare incredibile, capace di arrampicarsi sui declivi e di percorrere strade dissestate con pendenze incredibili! Gli animali sono pochi, ma vivono in libertà, e questo è positivo. Vediamo antilopi, struzzi, zebre e un’iguana gigantesca. Finito il safari ripartiamo lasciando con rammarico questo stupendo cayo.
Dopo un’ora e mezza di strada siamo a Guardalavaca, ma i contrattempi non sono finiti! Casa Yakelin non ha la nostra prenotazione ed è al completo, quindi ripieghiamo sui palazzoni che stanno proprio dietro i grandi resort di Guardalavaca. Per stanchezza accettiamo la prima casa libera che troviamo, la casa particular El Coral: un appartamento al piano terra sporco e buio, che fa letteralmente venire i brividi! Paghiamo anticipatamente per 2 notti, poi il proprietario se ne va lasciandoci l’intero appartamento libero. Mentre ceniamo al Restaurante Miremar (dove mangiamo discretamente bene sotto un bungalow di paglia con vista sulla scogliera e sulle spiagge sottostanti) decidiamo che Guardalavaca non è partita bene, che la casa ci fa proprio orrore e che è meglio partire già domani per Cayo Guillermo, un viaggio che Google stima essere di ben 8 ore. Troviamo un tassista abbastanza inesperto, dotato di una Oldsmobile lilla (purtroppo non saprei dire che modello) storicissima con interni in tessuto fiorato stile divano della nonna, per di più rivestiti in plastica! Lui pensa di poterci portare lì in 6 ore (convinto lui…) e ci chiede 250 CUC… trattiamo e scendiamo a 220 CUC, così concordiamo la partenza per l’indomani mattina alle 7:00 del mattino. Il viaggio che ci aspetta sarà lungo!
Lunedì 7 Agosto // Guardalavaca – Cayo Guillermo
Alle 7:00 del mattino siamo già sul taxi. I sedili della Oldsmobile sono comodissimi, la macchina è ventilata ma non troppo e si viaggia davvero bene! Alla fine il viaggio dura la bellezza di 9 ore, alla faccia del povero tassista che sosteneva ce ne volessero solo 6! Facciamo solo tre soste tecniche in tutto il viaggio, da massimo 5 minuti, per andare in bagno, fare benzina e prendere da bere. La parte più bella del viaggio è ovviamente l’ultima, quando si imbocca un terrapieno lunghissimo che collega Cayo Coco e poi Cayo Guillermo alla terraferma! La strada è a due corsie, e intorno c’è solo mare a perdita d’occhio, costellato ogni tanto da gruppi numerosissimi di fenicotteri rosa…uno spettacolo unico! Arrivando a Cayo Guillermo con un giorno di anticipo sulla prenotazione rischiamo di non trovare posto nel nostro resort, cosa che infatti succede: quando arriviamo al Melià Cayo Guillermo ci dicono di essere già al completo, e nel frattempo il nostro taxi se n’è ovviamente andato! Siamo quindi costretti a cercare un’altra sistemazione. Troviamo posto solo al Sercotel, un resort discretamente brutto: sembra piuttosto vecchiotto, la piscina è minuscola ed è sorvolata da decine di gabbiani che sporcano le sdraio (e probabilmente anche l’acqua) ed il cappuccino al bar è servito nei bicchieri di plastica (orrore!). Si salvano solo il pollo allo spiedo della cena, la camera (tutto sommato molto carina, ben arredata e con una vista stupenda) e la spiaggia, dotata di un bellissimo pontile rosso con un piccolo ma accogliente gazebo alla fine!
Martedì 8 Agosto // Cayo Guillermo
La prima parte della mattina la trascorriamo sotto il gazebo in fondo al pontile, dove regna una pace incredibile. Il mare è di un azzurro meraviglioso, il sole splende e l’unico rumore che si sente è quello delle onde che si infrangono contro il pali di legno che sostengono la struttura. Che spettacolo! Purtroppo alle 10:30 dobbiamo già andarcene per fare il cambio di hotel. Prendiamo i bagagli, cerchiamo un taxi e andiamo al Meliá Cayo Guillermo a fare il check-in. La camera sarà disponibile solo alle 16:00 ma nel frattempo possiamo usufruire di tutti i servizi del resort. Il resort è proprio stupendo: la piscina, pur non essendo grandissima, è molto bella e dotata di tutti i comfort (compreso il bar in acqua!), gli spazi comuni sono curatissimi e tirati a lucido, e soprattutto la zona antistante la spiaggia è di una bellezza incredibile: decine di palme, un sontuoso gazebo per i matrimoni e una bellissima passerella in legno che porta fino alla spiaggia. La prima giornata la trascorriamo mangiando e riposandoci per poterci riprendere dalla stanchezza accumulata nei giorni passati.
Mercoledì 9 Agosto // Cayo Guillermo
Oggi andiamo a vedere la famosissima Playa Pilar, considerata una delle spiagge più belle di tutta Cuba. Bè, che delusione! I lettini sono sistemati sotto dei gazebi lontani dalla battigia, con la conseguenza che, stando in acqua, è impossibile tenere d’occhio le proprie cose. Inoltre la spiaggia è piccola e affollata e, come se non bastasse, le stanno costruendo un eco-mostro proprio sopra, sulla scogliera che affaccia sul mare. C’è da dire però che il mare è incredibilmente pulito e azzurro e che la spiaggia è popolata da granchietti bianchi molto carini grandi all’incirca come un porcellino d’india! A mezzogiorno decidiamo di tornare in hotel a mangiare e riposarci al fresco. Alle 17:00 inizia una bella tempesta tropicale, con fulmini pazzeschi, vento forte e pioggia torrenziale. Io adoro i temporali, quindi ci godiamo lo spettacolo seduti sui gradini della hall, coperti dal telo male: la temperatura è calata di parecchio e rimarrà fresca per tutta la sera.
Giovedì 10 Agosto // Cayo Guillermo
Anche questa giornata trascorre all’insegna del relax e del cibo. Torniamo a Playa Pilar, che stavolta è molto meno affollata. L’acqua è ancora più bella di ieri: meravigliosamente limpida e piena di pesci! Sarà merito di una forte corrente, che tiene pulita l’acqua ma in compenso ti trascina per decine di metri in pochi istanti se ti lasci andare! Avendo visto Cayo Largo concludiamo però che Cayo Guillermo non è minimamente paragonabile al primo in quanto a bellezza sia della spiaggia che del mare.
Venerdì 11 Agosto // Cayo Guillermo – Santa Clara
Ultima mattinata al resort, poi alle 13:00 arriva il nostro taxi, trovato dal fantastico Maikel (il facchino del resort), senza il quale avremmo speso molto di più! Infatti i prezzi dei taxi esposti in reception sono alquanto folli! Superato Cayo Coco il nostro tassista si ferma a prendere dei dolcetti al cocco (come delle mini-crostate ripiene) da un vecchietto che li vende a bordo strada. Ne prende quattro e ce ne offre due: che gentile!!! Il terzo se lo mangia lui, mentre il quarto finisce sul cruscotto, dove piglierà il sole per 4 ore! Ovviamente devo specificare che questi dolci vengono venduti senza alcun tipo di carta, sacchetto o tovagliolo, quindi viva l’igiene! Ma va così: dopo massimo due giorni a Cuba per forza di cose ti fai gli anticorpi!
Dopo 4 ore di viaggio arriviamo a Santa Clara, dove fatichiamo non poco per trovare la nostra casa particular a causa del labirinto di sensi unici con cui è organizzata la viabilità. Casa Javier y Katia è molto carina e lui è di una simpatia travolgente! Le camere affacciano su un corridoio semi-aperto, pieno di piante e molto carino. La camera è piccola e piuttosto spoglia, senza finestre sull’esterno, con un materasso massacrante ed un condizionatore semi-scassato e rumorosissimo che butta aria calda sul corridoio esterno…ma per due notti ce la faremo andar bene! Sistemate le valigie usciamo subito e andiamo al Parque Vidal, l’unico parco di tutta Cuba che assomiglia vagamente ad un vero parco! Non c’è propriamente l’erba, ma è grande e ci sono molti alberi. Qui si respira un’atmosfera rilassata, lontana da jineteros, ma vicina ai cubani. Impagabile. Sulla piazza si affacciano edifici stupendi in stile classicheggiante, ad eccezione dell’Hotel Santa Clara Libre che invece non c’entra un cavolo! Il parco è molto frequentato, soprattutto da vecchietti, che stanno seduti sulle numerose panchine, e da genitori con bambini. In particolare i bambini sono attirati qui dalla vera attrazione della città: un carretto trainato da un caprone con il quale un signore molto anziano fa fare il giro della piazza! Per cena scegliamo il Restaurante La Casona Jover, consigliato dalla Lonely Planet. Il locale è molto bello, ma il cibo sa solo d’aglio ed il cestino del pane è pieno di pane raffermo che brulica di insettini minuscoli, tipo moschini, che subito si mettono a camminare per tutta la tavola. Che schifo! Avanziamo quasi tutto e chiediamo il conto, rifiutando l’offerta del cameriere di ordinare un dolce, cosa che lo offende talmente tanto che quando ce ne andiamo salutando cortesemente non ci risponde nemmeno!
Sabato 12 Agosto // Santa Clara
Andiamo al Parque Vidal, dove troviamo un taxi che per 6 CUC ci porterà al Conjunto Escultoreo de Che Guevara. Prima che arrivino i pullman di turisti riusciamo a vedere con calma la parte frontale del monumento, davvero imponente ed emozionante. Il complesso è più grande di quanto possa sembrare all’inizio: non c’è solo la statua del “Che”, ma anche una serie di bassorilievi con stralci di discorsi incisi nella pietra in un insieme molto articolato. Per entrare nelle sale interne, accessibili dal retro, è necessario lasciare borse e macchine fotografiche in un deposito: non è consentito portare nulla all’interno. Al deposito acquistiamo per 2 CUC due garofani rossi che, come da consuetudine, potremo lasciare nel punto in cui sono conservate le spoglie del Che. Il semibuio, il silenzio e l’atmosfera quasi religiosa che si respira in questo luogo fanno capire quanto sia SACRO per i cubani il comandante argentino. Tutto ciò è veramente emozionante. Dopo il memoriale visitiamo il piccolo e gelido museo limitrofo, poi riprendiamo il taxi e ci facciamo portare al Boulevard, che percorriamo a piedi finché non diventa Calle Indipendencia, e in 10 minuti siamo al Museo a la toma del Tren Blindado. Si tratta di un museo all’aperto, composto da una serie di vagoni del treno aperti che contengono all’interno foto, spiegazioni testuali e reperti relativi all’azione capitanata da Che Guevara e che segnò la vittoria dei rivoluzionari contro il governo Batista. Da qui, camminando per circa 1 Km verso la periferia, si arriva ad un edificio governativo fuori dal quale si può vedere la Estatua Che y Niño, una bella statua a grandezza naturale del comandante Che Guevara con in braccio un bambino, simbolo del futuro di Cuba. Prendiamo un bici-taxi, che per 2 CUC ci riporta al Parque Vidal, dove un vecchietto mi lascia l’ultimo numero del giornale Granma, interamente dedicato al 91esimo anniversario della nascita di Fidel Castro. Anche a Santa Clara, come a Santiago, l’affetto per Fidel Castro è molto forte, anche se ovviamente qui in particolare il vero eroe è e rimarrà per sempre Ernesto Che Guevara!
Per pranzo finiamo per puro caso (o meglio, inaspettatamente consigliati da un ragazzo in bici-taxi) al Restaurante Guevara, che si rivela contro ogni aspettativa un bellissimo locale con terrazza, musica dal vivo e soprattutto dell’ottimo cibo! Che dritta!! Il pomeriggio ci riposiamo in casa, perché fuori fa davvero un caldo assurdo, poi ceniamo nella nostra casa particular e usciamo dopo cena per una breve passeggiata in centro. La serata è piacevolmente fresca e noi stiamo qui finché non ci viene sonno. Domani si parte per Trinidad!
Domenica 13 Agosto // Santa Clara – Trinidad
Alle 9:00 arriva il nostro taxi, trovato la sera prima al Parque Vidal, e dopo due ore abbondanti di viaggio arriviamo a Trinidad. Casa Mayra sta proprio in centro, davanti al famoso campanile del Convento de San Francisco de Asís e Mayra è una signora gentilissima che ci accoglie con la più buona limonada che io abbia mai bevuto! Peccato che al momento del conto scopriremo che l’atto di gentilezza aveva il suo prezzo, e che Mayra non si è fatta scrupoli ad addebitarci la limonata di benvenuto! La camera affaccia su un delizioso giardinetto esterno, ed è dotata di un letto gigantesco e molto comodo. Per contro il bagno è talmente piccolo e spoglio che non si sa dove appoggiare la roba, inoltre non ci sono comodini né frigorifero.
Orientarci per Trinidad è facilissimo per il semplice fatto che siamo già stati qui l’anno scorso. Trinidad è infatti l’unica meta che ripetiamo quest’anno. Ci dirigiamo a colpo sicuro al ristorante Giroud J&J, che è rimasto più o meno com’era, a parte il fatto che ora ha i condizionatori al posto dei ventilatori. Dopo pranzo fa troppo caldo, quindi ci tappiamo in camera con l’aria condizionata, poi alle 16:15 usciamo e andiamo a visitare il Convento de San Francisco de Asís, oggi sede del Museo Nacional de la Lucha Contra Bandidos. Non abbiamo molto tempo perché alle 17:00 chiude, quindi più che alle sale del museo ci dedichiamo alla visita del campanile, dal quale si gode di una vista meravigliosa di Trinidad! Bellissimo vedere la città attraverso gli oblò ovali colorati di senape del campanile… Usciti dal museo passeggiamo a zonzo per la città arrivando fino alla Iglesia de S. Ana, poi torniamo indietro e ci fermiamo all’Iberostar Grand Hotel, dove entriamo a comprare delle internet card. Qui però vige una regola strana: si può acquistare una card per ogni consumazione al bar, quindi prendiamo qualcosa da bere, acquistiamo le card e torniamo in Plaza Mayor, dove ci fermiamo davanti alla Casa de la Música per utilizzarle. Non abbiamo molta fame, quindi ci fermiamo per un semplice sandwich ed una limonata al bar Don Barrell. Alle 21:00 andiamo in Plaza Mayor, ma è affollatissima e non c’è posto per sedersi sulla gradinata che (novità) è stata chiusa e riservata ad una serata a pagamento alla Casa de la Música. Domani ci aspetta una giornata impegnativa, quindi ce ne andiamo a nanna.
Lunedì 14 Agosto // Trinidad
Sveglia alle 7:30 e colazione, buona ma molto povera rispetto a quella delle altre case particular. Alle 9:00 scendiamo all’angolo tra Calle Rosario e Calle Gutiérrez dove si fermano tutti i taxi in attesa di clienti. Cerchiamo un taxi per raggiungere il Parque El Cubano e ne troviamo uno a 27 CUC. La macchina è una vecchia Lada che puzza di carburante in una maniera imbarazzante. In mezz’ora siamo all’ingresso del parco, paghiamo 10 CUC a testa all’ingresso e iniziamo il percorso attraversando un piccolo ponte su un fiume. Il percorso è piacevole e fresco, ma decisamente meno tropicale di quelli affrontati a Baracoa. Se devo proprio essere sincera, per quanto bello, il Parque El Cubano non ha molto da invidiare ai parchi che si possono trovare in montagna da noi, mentre la natura a Baracoa… quella si che è un mondo a parte! Comunque la passeggiata è piacevole, e ci sono anche un paio di punti degni di nota tra cui la parete completamente ricoperta da nidi di vespe, segnalata da cartelli che intimano il silenzio assoluto per ovvi motivi di sicurezza. Arrivati alla cascata rimaniamo un po’ delusi: è affollatissima! Decidiamo quindi di non tuffarci in acqua ma di limitarci ad ammirare la cascata (che è davvero molto bella) dal punto panoramico più in alto.
Riprendiamo il sentiero e torniamo all’ingresso, dove ci fermiamo per un pranzo veloce al ristorante Los Almendros: non malvagio ma abbastanza insignificante. Mentre aspettiamo il nostro taxi per tornare in città mi metto alla ricerca di un tassista che ci possa portare a Camagüey l’indomani. Alla fine ne troviamo uno che ci porterà con una Lada per 120 CUC. Alle 17:00 andiamo in centro per cercare la Cadeca, ma la troviamo già chiusa nonostante l’orario ufficiale preveda l’apertura fino alle 20:00! Purtroppo a Cuba succede abbastanza spesso: quando hanno finito il contante del giorno per i cambi chiudono bottega e chi si è visto si è visto. Andiamo quindi verso l’Iberostar Grand Hotel, dove prendiamo una birra, un jugo de piña e due internet card. La sera ceniamo a La Redacción, un locale stupendo costruito in un’ex redazione, che già avevamo avuto il piacere di sperimentare l’anno scorso. Un cameriere molto gentile mi consiglia il pescado al forno (buonissimo), poi un brownie con gelato al cioccolato. Plaza Mayor stasera è troppo affollata per i nostri gusti, quindi ci fermiamo nella piazzetta davanti casa dove un trio sta cantando canzoni tradizionali cubane. La piazzetta è semi-buia, ci sono pochissime persone ma tutte molto partecipi (applaudono e seguono con grande interesse) e non si sente nient’altro che i tre musicisti, cosa che crea davvero una bella atmosfera e rende il tutto molto intimo. Meraviglioso!
Martedì 15 Agosto // Trinidad – Camagüey
Il viaggio per Camagüey purtroppo è tragico: la macchina puzza fortemente di carburante, in più non ci sono i pannelli interni delle portiere né tantomeno le maniglie e, come se non bastasse dopo un’ora di viaggio dobbiamo fare una sosta di 20 minuti dal meccanico perchè il motore si è surriscaldato! Mai più Lada! Quando arriviamo a Camagüey la signora della particular prenotata cinque mesi fa ci dice che non ha camere libere e ci dirotta sulla sorella: si tratta di Casa Manolo in Calle Rita. Se non altro la camera è pulitissima e il condizionatore è moderno! Lasciamo i bagagli e usciamo. Percorriamo un pezzetto di Boulevard, solito accrocchio di negozi cubani, e ci fermiamo a mangiare un sandwich al Bodegon El Cayetano dove mangiamo discretamente, beviamo una buonissima limonada e ci colleghiamo al wi-fi. Proseguiamo verso Plaza del Gallo, poi prendiamo Calle de los Cine (contraddistinta da numerose sale di proiezione e tutta decorata a tema cinema) e arriviamo a Plaza de los Trabajadores, dove vediamo la bella Casa Natal de Ignacio Agramonte ed il caratteristico Hotel S. Cecilia. Quindi ci dirigiamo al Grand Hotel, dove entriamo per bere qualcosa sulla terrazza, che dà una bella panoramica sulla città. Purtroppo questo rooftop bar non è minimamente paragonabile alla terrazza dell’Hotel Casa Granda di Santiago de Cuba! Quello era super lusso, questo sembra tirato in piedi un po’ a caso. Decidiamo di cenare in Plaza del Carmen, al ristorante El Paso, consigliato dalla Lonely Planet. La piazza è fuori dal centro città e si presenta all’improvviso proprio quando ormai sei convinto di esserti perso e di averla superata! Plaza del Carmen è molto suggestiva ma veramente minuscola e inaspettatamente deserta. Entriamo nel ristorante che sono circa le 19:00 e ci siamo solo noi! Trascorriamo comunque una splendida ora e mezza mangiando una zuppa di pollo squisita, dei tostones con tonno e riso con pollo. Provo anche un dolce stranissimo ma squisito, di cui non ricordo il nome ma che faceva tipo “pan potato”, fatto con cocco, guayaba e altri due frutti tropicali che non ricordo, il tutto tritato, ricompattato e coperto di miele. Buonissimo! Il ritorno a casa è particolare, dato che la piazza è parecchio fuori dal centro e che le strade non sono illuminate! Qui si affacciano solo case mezze diroccate, in giro non c’è un’anima, e soprattutto siamo gli unici turisti nel giro di chilometri. Eppure non ci succede nulla. Questa è Cuba! Camagüey è una città introversa, ed il bello va cercato nelle finestre spalancate delle case, che se ci guardi dentro scopri dei mondi incredibili, negli occhi dei numerosissimi cani che entrano ed escono dalle case e camminano placidamente per strada e nei muri scrostati di qualche abitazione che diresti abbandonata e invece ci abita una famiglia intera. Questa è la Cuba reale, così lontana dai resort di lusso che le persone che frequentano solo quelli non potranno mai vederla, né capirla, né amarla. Camagüey non è bella, ma è reale e questo ci basta a giustificare il nostro essere qui.
Mercoledì 16 Agosto // Camagüey
Usciamo e percorriamo come sempre il Boulevard fino a Plaza del Gallo, poi proseguiamo fino al Parque Agramonte, dove saliamo sul campanile della chiesa: la vista è molto carina, ma le scale per salire sono assurde: scalini in cemento grezzo e come corrimano i tondini di ferro che si usano per armare il cemento… aiuto! Scendiamo e vediamo la Casa de la Diversidad, che al momento è chiusa, quindi proseguiamo fino a Plaza de San Juan de Dios, una piazza in stile messicano molto carina, ma francamente un po’ deludente rispetto alle aspettative. Non c’è molto da fare qui: la chiesa non è degna di nota, il museo è chiuso per ristrutturazione e gli altri edifici non sono visitabili. Rimangono solo quattro sparute bancarelle di souvenir e due ristoranti. Non facciamo in tempo a sederci su un gradino per riposare che veniamo avvicinati da un ragazzo giovane ed una donna anziana che chiedono elemosina. Entrambi sono molto tenaci e ci chiedono insistentemente denaro o vestiti. Il loro approccio aggressivo, così inusuale a Cuba, non mi piace quindi cerchiamo di ignorarli per quanto ci sia possibile. Quando non ne possiamo più ci allontaniamo e raggiungiamo a piedi Plaza del Carmen, già vista ieri sera. Di giorno colpiscono i colori pastello della piazza e della chiesa (splendida) e le belle statue di bronzo che animano la piazza. Per pranzo torniamo in Plaza San Juan de Dios e ci fermiamo al ristorante La Campana di Toledo. Il menù però non mi convince: si possono ordinare soltanto menù completi a 12 CUC. Nessun piatto singolo disponibile. Trovo tutto ciò assurdo dato che si tratta di un format molto turistico (e fastidioso) in una città che di turisti ne vede ben pochi! Comunque prendo il menù che comprende pollo asado e verdure, ma quando mi arriva il piatto noto che il pollo è totalmente crudo, quindi finiamo per discutere con il personale del ristorante. Pessimo!
Stanchi e accaldati ci rifiugiamo nella nostra casa particular dove ci riposiamo per tutto il pomeriggio. Alle 17:00 inizia un temporale fortissimo, che rinfresca l’aria, quindi usciamo a cercare un taxi per domani: destinazione Holguin. Concordiamo il viaggio con un tassista per 80 CUC, poi andiamo a berci qualcosa del Bodegon El Cayetano. Alle 19:00 ci spostiamo alla Meson del Principe per la cena. Finalmente un locale carino, con un servizio discreto e cibo mangiabile. Con il conto ci portano addirittura un souvenir: un piccolo barile di terracotta dipinto a mano. Carino! Unico neo della serata, una brutta scena vista al bancone: un uomo europeo di 65-70 anni che stringeva e sbaciucchiava una ragazza cubana di nemmeno 20 anni in abiti succinti…Che tristezza. Usciti dal ristorante torniamo a casa sotto una pioggerellina leggera ma insistente.
Giovedì 17 Agosto // Camagüey – Holguin
Il tassista con cui avevamo concordato il viaggio ieri è stato sostituito da un altro molto antipatico che cerca di fregarci 10 CUC sostenendo che la sua tariffa sia di 90 CUC, ma noi non ci facciamo fregare: o ci porta per 80 CUC come concordato ieri con il suo amico o può anche andarsene. Cede e partiamo per Holguin dove pernotteremo presso Casa Martha, nel quartiere Vista Alegre. Le due padrone di casa, mamma e figlia, non mi piacciono molto: sono piuttosto rozze, chiassose e parlano uno spagnolo con un accento difficile da capire, se possibile anche peggiore di quello sentito a Cienfuegos l’anno scorso! La casa è abbastanza fatiscente e per raggiungere la nostra camera bisogna salire una doppia scala a chiocciola esterna talmente stretta che il nostro bagaglio ci passa appena. La stanza è grande, ma abbastanza inquietante: il bagno è incrostato e decisamente poco pulito, le lenzuola sono sporchissime (tanto che persino io, che da questo punto di vista non sono schizzinosa, ho schifo a dormirci) e dietro alla testiera del letto c’è una finestra senza vetro da cui entra un vento incredibile! Demoralizzati usciamo per andare a mangiare in centro. Ci fermiamo al Salon 1720 dove mangiamo tutto sommato bene ma assistiamo ad una scena disgustosa: due uomini europei anziani di circa 70-75 anni stanno seduti ad un tavolo tenendo per mano rispettivamente una ragazzina di 18-20 anni ed un ragazzino della stessa età. Non ho parole per descrivere il disgusto provato. Del resto questa parte di Cuba è famosa proprio per questo tipo di turismo, ed io devo prendere atto di questa cosa. Trascorriamo il pomeriggio vagando a zonzo per questa bruttissima cittadina tirando l’ora di cena. Troviamo del tutto casualmente (sulla Lonely Planet non era nemmeno presente) una sede di La Bodeguita del Medio (famosissima quella de L’Avana), e sapendo che si tratta di un posto di qualità ci fermiamo. Il locale è bello ed il servizio ottimo, ma il cibo non è all’altezza della sede de L’Avana. Comunque passiamo una piacevole serata con musica dal vivo e una bella atmosfera! Grazie a questa serata faccio un po’ pace con Holguin, che comunque non mi è piaciuta sotto nessun aspetto.
Venerdì 18 Agosto // Holguin – Milano
È arrivato il momento di lasciare Cuba, per la seconda volta. Il viaggio nell’est è stato emozionante ma altrettanto impegnativo, ed i giorni più belli sono stati senza dubbio quelli trascorsi a Santiago de Cuba, Cayo Saetía, Baracoa e Cayo Guillermo. Essendo la parte meno turistica di Cuba tutto è stato più difficile: i taxi costano di più rispetto alla parte ovest del Paese, le persone sono complessivamente meno ospitali ed il cibo è decisamente meno vario e appetitoso. Ciononostante abbiamo visto dei posti incredibili, che porteremo per sempre nel nostro cuore: Baracoa sopra tutti. Qui abbiamo visto e fatto cose incredibili, e penso che mai più mi sentirò così a stretto contatto con una natura così primordiale. Questo comunque è il momento di lasciare Cuba nei nostri ricordi e di guardare avanti, alla prossima meta. Forse un giorno, se saremo fortunati e ne avremo la possibilità, torneremo a L’Avana, Viñales, Cayo Saetía e Baracoa, ma prima ci saranno tanti altri posti…