Nel Continente Vero

Tra i parchi della Tanzania e il mare di Zanzibar
Scritto da: Peppone72
nel continente vero
Partenza il: 04/07/2010
Ritorno il: 26/07/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
Il mal d’Africa esiste. E dopo il Madagascar, due anni fa, quest’anno c’ha preso e come! La scelta per il nostro viaggio è stata dettata dalla nostalgia di quei colori, di quei profumi, di quei luoghi e di quella gente magnifica. A tutto questo volevamo aggiungere i safari e la scelta è stata la Tanzania. Inoltre sarebbe stato il nostro viaggio di nozze, e pur non volendo cambiare nulla del nostro modo di viaggiare “zaino in spalla” il budget un po’ più elevato del solito ci avrebbe permesso di optare per una destinazione sicuramente non economica. Fermati i biglietti (520 € con Egyptair) si parte il 4 Luglio e si torna il 26. Purtroppo il periodo non era l’ideal per il mare e l’ipotesi di dedicare qualche giorno all’isola di Mafia è stata abbandonata. Zanzibar è sembrata comunque una meta dove poter passare tutto il periodo previsto per rilassarsi su belle spiagge. La scelta dell’agenzia per i Safari, dopo aver chiesto diversi preventivi, è caduta sull’Hartebeest che si è dimostrata puntuale e precisa nelle risposte e nell’aiuto alla programmazione degli 8 giorni/ 7 notti che avevamo deciso di dedicargli. Tutti i principali parchi e il Lago Natron, 2 notti in Lodge e il resto in Campsite per 1450 $ a testa. A Zanzibar prenotiamo solo le prime due notti al Sunset Bungalow sulla spiaggia di Kendwa. Facciamo la profilassi antimalarica con il Lariam e tutti i vaccini consigliati e siamo pronti. Di certo in attesa della partenza non ci annoieremo.

4 Luglio

Se il tipo di viaggio è lo stesso di sempre le sensazioni con cui ci sediamo sul nostro volo sono sicuramente uniche. Ci appoggiamo su quei sedili dopo un periodo incredibilmente intenso, tra casa nuova e matrimonio, e nella testa ancora abbiamo tutte le immagini, le risate, i balli e le emozioni incredibili del giorno prima…con tre settimane di avventura ad aspettarci…

5 Luglio – Dar es Salaam

Alle 6 circa atterriamo a Dar es Salaam. Siamo di nuovo in Africa. Un taxi, per 25 $ ci porta in città nell’intenso traffico mattutino con i dalla dalla (i pulmini locali) pieni all’inverosimile che portano le persone al lavoro. Cerchiamo prima stanza al Jamboo Inn senza successo mentre al Safari Inn troviamo una doppia, onesta ma non di più, a 20 $. La stanchezza si fa sentire e prima di uscire un pisolino ci sta tutto. Recuperate un po’ di energie nella hall facciamo la conoscenza del tassista dell’albergo che si offre di scortarci nel giro tra biglietteria dei bus e cambio dei soldi. L’ufficio in piazza fa un cambio di 1.440 scellini locali (sh) per 1 $ e 1.400 per i dollari prima del 2000. Noi di $ vecchi ne abbiamo un po’ e preferiamo liberarcene intanto che vengono accettati, avevamo letto che in alcuni posti non erano proprio utilizzabili o cambiati a tassi estremamente svantaggiosi ed in effetti nel resto del Paese è così. Per il bus per raggiungere Arusha il girono dopo il nostro accompagnatore spinge per la compagnia Abdul (avrà avuto la sua quota) ma noi insistiamo per la Dar Express che avevamo letto essere tra le più affidabili. Prendiamo i biglietti per il giorno dopo, partenza alle 9, per 25.000 sh a testa. Proseguiamo da soli per la città, tra vie affollate di macchine e persone, e se pur non ha nulla di particolarmente bello ci regala uno spaccato di vita vissuta di qui. Pranziamo con della frutta presa nelle bancarelle lungo il corso e torniamo in camera per una altro riposino. Per la sera scegliamo lo Chef’s Pride ma appena in strada ci rendiamo conto che girare di notte non è proprio agevole. Buio quasi completo e pochissimi turisti. Per fortuna la nostra meta è dietro il secondo angolo che giriamo, a prendere la strada giusta sarebbe stato a pochi metri dall’albergo, e la scelta non poteva essere delle migliori. Sicuramente il locale più carino visto tra quelli incontrati durante il giorno e, anche se non servono alcolici, la nostra prima cena, a pollo e succo di frutta (25.000 sh), è proprio buona.

6 Luglio – Verso Arusha

Alla reception ci troviamo un tassista diverso rispetto a quello con cui ci eravamo accordati il giorno prima, ma il prezzo della corsa è quello (15.000 sh) quindi andiamo. Il percorso fino alla fermata degli autobus è veramente breve (quindi il prezzo della corsa sicuramente esagerato) tanto che arriviamo molto in anticipo e ci tocca aspettare quasi un ora. Alle 9 comunque siamo sul nostro pulman che sembra discretamente comodo pronti ad attraversare gran parte del Paese. Destinazione Arusha. Usciti dalla città percorriamo strade in ottimo stato con intorno scenari molto diversi tra loro da zone più aride (poche in verità) a rigogliosissime piantagioni principalmente di palme, mais e caffè. Ci fermiamo per il pranzo ad un locale sulla strada, con diversi altri bus parcheggiati, dove al cibo del fast food preferiamo della frutta alle bancarelle tutte intorno il parcheggio. Dopo un oretta di sosta si riparte. Un po’ si sta affacciati ai finestrini, un po’ si legge, un po’ si dorme…e intanto si fa notte. Quelle che dovevano essere 8/9 ore di viaggio in realtà saranno quasi 12. Arriviamo ad Arusha intorno alle 10 di sera e per fortuna appena scesi dal pulman c’e’ il nostro autista col cartello con i nostri nomi. E’ William e passeremo i prossimi otto giorni insieme. Ci porta all’ufficio dell’Hartebeest dove conosciamo Lazarus. E’ il boss dell’agenzia e con noi è disponibile e alla mano. Ci presenta i particolari del safari che inizieremo il giorno dopo e ci informa che anche se abbiamo pagato per un safari in gruppo saremo soli perché l’altra coppia ha avuto problemi, forse ci raggiungeranno al Serengeti (in realtà non ci raggiungeranno mai). Saldiamo l’intero importo (avevamo inviato un anticipo dall’Italia) e sempre William ci porta al Jacaranda (60$ la doppia). Ceniamo nel bel ristorantino dell’albergo (22 $) e andiamo in stanza. Sicuramente troppo caro per quello che offre è comunque una sistemazione più che discreta. E poi l’emozione è notevole…che domani si entra nel vivo del viaggio.

7 Luglio – Tarangire

La colazione è con uova, frutta e toast con la marmellata (come praticante tutte quelle a seguire da qui ai prossimi 20 giorni!) e con un po’ di ritardo arriva William. Carichiamo gli zaini sulla Land Rover ripassiamo velocemente in ufficio, carichiamo il cuoco Said e, si parte! Prima tappa al supermercato per l’acqua (e la birra) quindi verso il Tarangire. L’ingresso è a un paio d’ore da Arusha. Sulla strada lasciamo Saidi che con un altro mezzo andrà prima al nostro campeggio, noi dopo poco arriviamo all’ingresso del parco. Consumiamo qui il nostro lunch box e armati di macchinetta fotografica e una grande emozione ci piazziamo sopra il tetto apribile della jeep. I primi incontri sono con le zebre. E a poterle vedere così vicine, attraversarci la strada e fissarci dal ciglio del sentiero sembriamo due bambini portati per la prima volta allo zoo…solo che qui ad essere liberi sono loro mentre noi non possiamo muoverci dalla jeep. La sensazione che dà questo posto è essere ospiti nel loro habitat con la possibilità di ammirarli fare la loro vita in libertà a pochi metri da noi…cercando di disturbare il meno possibile. Il giro, prosegue per sentieri a volte impervi, con incontri con molti gnu e antilopi. La nostro guida ci spiega che qui, e in tutta la Tanzania, gli animali sono liberi di muoversi anche oltre i limiti dei parchi (in realtà non c’e’ alcun recinto o simili) quindi trovarseli di fianco alla jeep non è così scontato e questo fa apprezzare ancor di più ogni “incontro”. Il primo elefante è un’altra emozione molto forte, è una mamma col piccolo, e l’impressione è di essere dentro un documentario. Ne incontreremo poi molti altri bere, spargersi di sabbia e giocare nel letto del fiume. Ovviamente scattiamo foto a qualunque animale ci passi nelle vicinanze…nei giorni successivi diventeremo un po’ più selettivi. Dopo quasi 4 ore siamo all’uscita, pienamente soddisfatti del nostro primo safari. Torniamo vero il campeggio mentre fa sera e arrivati scopriamo con piacere che le successive due notti non saranno in tenda ma in una stanza, spartana ma onesta, in una struttura dentro un villaggio ai margini del Parco Manyara (meta del giorno dopo). Chiediamo se è possibile fare una passeggiata prima di mangiare ma ci sconsigliano di uscire da soli col buoi, quindi dopo la doccia ci rilassiamo con un po’ di lettura. A cena Saidi ci prepara un’ottima zuppa e carne. Mangiamo anche con William con cui facciamo due chiacchiere anche dopo cena e lo scopriamo molto simpatico mentre l’impressione iniziale era quella di un signore piuttosto serio e un po’ musone. Ci racconta del suo lavoro, è una guida da quasi 20 anni, della sua famiglia e della vita in genere nel suo Paese di cui si lamenta un po’ perché troppo cara. Ci salutiamo e ci diamo appuntamento per la mattina successiva alle 9.

8 Luglio – Lake Manyara

Dopo colazione in pochi minuti arriviamo all’ingresso del Lake Manyara Park. Come prima di entrare in ogni parco William va a sbrigare le pratiche per l’ingresso mentre noi giriamo intorno alla jeep. C’è una scolaresca in gita e i bambini, festanti, mettono sempre allegria. Il parco è molto più rigoglioso del Tarangire, in alcuni passaggi si è praticamente immersi nella vegetazione e l’impatto è bellissimo. La nostra guida cerca di scorgere movimenti e percepire rumori che possano indicare la presenza di animali. Anche noi cerchiamo di scorgerne tra i rami. Dopo qualche avvistamento facciamo fermare la jeep perché tra gli alberi vediamo un elefante mangiare. Gli siamo a pochi metri e dopo un po’ lui sembra vederci sottolineando la nostra presenza con un gran movimento delle orecchie. Continuiamo a scattargli foto anche mentre si avvicina al ciglio della strada e l’incontro si fa molto ravvicinato. Non contento però prosegue la sua strada verso di noi e a questo punto William ci invita a fare totale silenzio. In effetti anche il clik della macchietta lo fa girare verso di noi e quando ci passa a neanche mezzo metro di distanza ci rendiamo conto che non gli sarebbe tanto difficile ribaltaci con una spallata. In quei pochi secondi, che sono sembrati lunghissimi, la tensione e la grande emozione si sono unite facendo interrompere anche il nostro cuore insieme al respiro. Riprendiamo le regolari funzioni vitali quando, superatici, si addentra nella giungla dalla parte opposta della strada. Resterà una delle emozioni più forti del viaggio! Il percorso prosegue tra questa vegetazione a tratti incredibile, con gli occhi sempre ben aperti in attesa di incontrare “qualcuno”, e già l’attesa e la ricerca è molto emozionante. La sosta successiva, dove si può anche scendere, è alla pozza degli ippopotami, dove una decina di questi grossi e pigri animali si rotolano nel fango circondati da centinaia di cormorani. Troveremo poi altri elefanti che bevono nel fiumicciatolo sotto il ponte che stiamo attraversando, grossi varani crogiolarsi al sole e abbiamo la possibilità di fare un breve giretto a piedi (intorno alla jeep) mentre uno gnù solitario ci osserverà un po’ infastidito. Dopo il pranzo, in uno spiazzale con il bello scenario del lago di fronte a noi, finiamo il giro, con William che ci fa assaggiare i frutti del baobab e dei babbuini che tranquilli ci precedono sulla strada non curanti della nostra presenza. Si torna in paese nel primo pomeriggio e c’e’ ancora il tempo di fare un piccolo tour del Paese organizzato da una associazione che chiede un offerta e che ci permette di vedere in maniera più approfondita la vita di quella comunità che ruota attorno all’agricoltura e alla piccola manifattura (anche se il liquore alla banana è imbevibile!). A cena il cuoco inizia a mostrarsi non un mostro di fantasia, l’immancabile zuppa, carne e uova. La sera però riusciamo ad avere anche un po’ di “vita mondana”, c’e’ la semifinale dei mondiali e William è un appassionato di calcio. Ci porta con lui in un bar del Paese con tanto di “maxi schermo” (un grosso telo su cui si proiettano le immagini non proprio nitide) ma dove riusciamo a vedere il match sorseggiando birra locale, unici bianchi tra centinaia di persone del posto.

9 Luglio – Ngoro Ngoro

La sveglia oggi è prima del solito in quanto la meta del giorno è il cratere di Ngorongoro ed è un lungo viaggio. Prima della partenza, mentre William è alla ricerca di una scheda telefonica per noi, cogliamo diversi bei momenti di vita del villaggio, dalle donne con coloratissimi vestiti ai bambini che giocano in strada. La strada è buona ed in prossimità dell’ingresso del parco si inizia a salire parecchio. La sommità del cratere è a 2.600 m e la vista da lassù toglie il fiato. La discesa è altrettanto impervia, si scende molto per arrivare all’interno del vulcano spento più grande del mondo. Una volta sotto ci accolgono mandrie numerosissime di gnù e zebre che correndo per l’arida savana, che caratterizza questo ambiente, alzano un gran polverone. Il posto è veramente unico al mondo, con le pareti del vulcano che lo delimitano tutt’intorno, con una vegetazione bassa che permette la visuale quasi per tutta l’estensione del cratere e popolato da un incredibile quantità di animali . Si incontrano ippopotami, iene in lontananza e verso l’estremità opposta da dove eravamo entrati scorgiamo diverse jeep ferme. Ci avviciniamo e finalmente arriva il momento che credo ognuno aspetti in un viaggio come questo. I leoni! A pochi metri da noi c’e’ un gruppo di sette leoni beatamente spaparanzati, che, assolutamente non curanti della nostra presenza , si girano, si stirano, si leccano. Sembrano così innocui, oltre che bellissimi, che se non fosse per le dimensioni le differenze con i gatti che abbiamo lasciato a casa si direbbero veramente poche. Sono 5 femmine e 2 maschi, un giovane leone e il capo branco con la sua splendida criniera. Vederlo alzarsi passeggiare tra il gruppo e sedersi fiero al centro è uno spettacolo bellissimo. Noi come quelli sulle altre jeep siamo completamente catturati e non saprei dire quanto tempo siamo rimasti ad ammirarli e fotografarli..ma è stato parecchio! La pausa pranzo è in una radura ai margini di un laghetto dove una bella colonia di ippopotami non si concede molto. Anzi alcuni spariscono sott’acqua per poi riemergere piuttosto vicini a noi tanto che William ci suggerisce di non avvicinarci troppo che questi animaloni, apparentemente così tranquilli, sono i più pericolosi in termini di attacchi all’uomo. Ripartiti costeggiamo l’unica parte con alberi da fusto del parco, si vedono giraffe ed elefanti, purtroppo del rinoceronte nessuna traccia e questo è uno dei pochissimi posti rimasti dove questo animale è ancora presente. Sarà l’unico big five che non vedremo. Ormai si è fatta l’ora di andare, alle 17 il parco chiude, e ci avviamo per l’impervia salita verso il nostro Lodge. Avevamo letto che il NgoroNgoro WildLife Lodge era eccezionale per la posizione ma meno per lo stato dell’albergo. In realtà da fuori l’impressione non è affatto male e anche entrati nella hall l’albergo si mostra nuovissimo, tutto in legno e con una terrazza sul cratere la cui vista toglie il fiato. Esprimiamo il nostro stupore a William che ci conferma che è stato ristrutturato pochi mesi prima, una bella fortuna. Ci salutiamo e diamo appuntamento per il giorno dopo. Anche la camera è bellissima, con una parete, quella verso il cratere, completamente di vetro e l’aperitivo sulle poltroncine con questa visuale è eccezionale. La cena a buffet, varia e decisamente niente male, non fa che aumentare la contentezza per aver scelto questo come uno dei due lodge.

10 Luglio – Serengeti

Al mattino, come ci aveva anticipato William, il cratere è completamente coperto dalla foschia. Dopo una bella colazione ripartiamo tra la nebbia e prima di iniziare la discesa dal cratere un giovane bufalo, che ci troviamo in mezzo alla strada, ci tiene a darci un saluto. Dopo qualche ora siamo di nuovo in un ambiente arido e pianeggiante e prima di arrivare all’ingresso del Serengeti ci fermiamo in prossimità di un villaggio Masai. Ci viene incontro uno di loro che in uno stentato inglese ci propone un giro (per 50 $) e sfruttiamo la possibilità di entrare a contatto con questa popolazione solitamente molto chiusa. Danzano per noi, con i loro altissimi salti, ci mostrano le loro usanze, le loro case e (momento più bello della visita) la scuola. Una classe di una ventina di bambini di diverse età, che ci salutano in coro, a cui un maestro insegna la geografia, lo swuaili e tutto ciò che può aiutarli a inserirsi nel mondo in maniera meno isolata di come sono soliti vivere queste popolazioni. Salutiamo e ripartiamo verso il parco più famoso della Tanzania, e forse del mondo. Un grande cartello indica l’inizio del parco, anche se poi né a destra né a sinistra c’e’ alcun tipo di altra recinzione o demarcazione. Però gli animali sembrano sapere che oltre quel cartello è il loro regno, e non appena dentro ci danno il benvenuto un gruppo di simpatiche giraffe che ci guardano incuriosite. Il giro prosegue in direzione del campeggio, in una savana intorno a noi sconfinata e bellissima che da un senso di selvaggio che credo in pochi altri posti si possa provare. Intanto cerchiamo scrutando tra le rocce, l’erba e i rari alberi. Il campeggio altro non è che una spianata con delle tende montate (per noi troviamo un buon posto sotto l’unico albero), una parte dedicata a cucine e zona ristorazione e ovviamente i bagni. Intorno nessuna protezione o recinto, stiamo in mezzo al parco, né più né meno degli altri animali. Dopo pranzo, nel caldo che aumenta, ci si riposa un po’ e verso le 4 si parte di nuovo per il safari. La vita qui è veramente molto presente e varia. Si incontrano animali di tutti i tipi, tra cui, grandi protagonisti, i leoni. Si incontrano praticamente ad ogni uscita e quelli di oggi, una coppia che poltrisce con il sole che tramonta dietro di loro sotto un albero basso e solitario nella savana, sembrano usciti dalla più classica delle cartoline dall’Africa. Bellissimo. Anche la via del ritorno, nella luce arancio del sole che scende, ha un grande fascino. Verso le 7 siamo di nuovo al campeggio. La cena non si differenzia un gran che dalle precedenti. E prima di andare in tenda facciamo tesoro dei suggerimenti di Wiliam che disegna un semi cerchio di fronte l’ingresso dell’igloo dicendoci che notte tempo è assolutamente sconsigliato uscire per andare in bagno ed in caso di necessità impellente conviene farla davanti la tenda! In effetti pensare ad un incontro notturno con qualche bufalo farebbe passare lo stimolo anche dopo aver bevuto una cisterna d’acqua! La notte passa tranquilla con giusto qualche “richiamo” della savana a poca distanza da noi.

11 Luglio – Serengeti (Seronera)

La giornata inizia prestissimo. Alle 5.30 suona la sveglia ma tanta è l’emozione e la voglia di tornare tra quelle meraviglie che siamo svegli come fosse mezzogiorno. Alle 5.45 siamo a fare colazione con un caffè veloce e qualche biscotto dopodiché subito “in marcia”. Anche le altre jeep si muovono con noi ma noi non seguiamo il percorso della maggior parte di loro. Dopo breve ci troviamo circondati solo da erba alta e qualche collinetta di sassi…scrutando l’orizzonte. La nostra guida sembra sapere il fatto suo e sembra vedere cose a noi impossibili da percepire. E così, dopo un oretta e mezzo di “ricerche” una brusca frenata ci anticipa che la scelta del percorso non è stata errata. A poco da noi, solitario su un sasso per avere una posizione rialzata, vantaggiosa per la caccia, c’e’ uno splendido esemplare di ghepardo. E’ bellissimo, con la sua struttura esile ed elegante. William trova il modo di avvicinarsi moltissimo e prima che, leggermente infastidito, si allontani lo possiamo ammirare a pochi metri di distanza. Il safari prosegue tra elefanti che, come in film di Walt Disney, si trasferiscono in grossi branchi da una zona all’altra del parco, attraversandoci la strada numerosissimi e non curanti della nostra presenza, simpatiche giraffe che ci scrutano incuriosite e leoni…il cui incontro dà sempre un emozione particolare. Si torna verso le 11 per il pranzo, ci si riposa nelle ore calde e si riparte nel pomeriggio fino al tramonto. A cena si parla di quanto visto durante il giorno e delle incredibili sensazioni che questo posto sa regalare.

12 Luglio – Serengeti (Seronera)

Un altro giorno dedicato interamente alla regione del Seronera, qui al Serengedi, che si svolge con gli stessi ritmi. Safari il mattino presto e il pomeriggio ed ogni uscita è accompagnata da un grande entusiasmo e una gran voglia di tornare e stare più possibile in mezzo a questo mondo selvaggio. Gli incontri più emozionanti della giornata sono un leone che consuma il suo pasto, in un cespuglio al lato del sentiero, e per quanto cruda è una scena di rara intensità che non pensavamo poter vedere mai ed un leopardo che, ultimo incontro della giornata, riposava su un ramo pochi metri sopra di noi. E’ animale difficile da incontrare e ancora più raro, a sentire William, è vederlo scendere dall’albero tanto che ci chiede di inviargli le foto di quel momento una volta a casa. La bellezza di quello spettacolo è difficile da descrivere, certo è che sono momenti che da soli possono valere un viaggio. C’e’ chi ci diceva prima di partire che 8 giorni di safari potevano essere troppi, che una volta visti gli animali iniziano ad essere tutti uguali…mbè, noi probabilmente ci stiamo pentendo di non averne previsti il doppio di giorni in posti come questo!

13 Luglio – Serengeti (Lobo Area)

E’ il giorno di trasferimento nella parte nord del parco, la Lobo area. Durante il trasferimento, che è un safari a tutti gli effetti e che infatti passiamo interamente sul tetto, ci fermiamo alla Hippo pool. Si può scendere dalla jeep ed avvicinarsi quasi a toccare l’acqua. La cosa è comunque da fare con molta attenzione perché, ci fa notare la nostra guida, dopo il nostro avvicinamento alla piscina sono arrivati ben 9 coccodrilli e uno in particolare enorme. E alla sua domanda se sapessimo il perché, la risposta e che “vorrebbero averci per pranzo”! Con molta cautela, quindi, stiamo ad ammirare la colonia di diverse decine di questi grandi mammiferi che sonnecchiano, si rotolano, giocano, si scontrano e sbadigliano mostrando le loro incredibili fauci nell’immagine più classica dei documentari sugli ippopotami ma che non speravamo di riuscire a scattare, e così da vicino, con la nostra macchinetta. Le foto sono veramente belle e molto contenti ci avviamo verso il lodge che ci ospiterà per la notte. E’ il Wildlife Lobo Lodge, è costruito interamente nella roccia di una montagna, inserendosi incredibilmente bene nel paesaggio di questa zona, ed è bellissimo. La macchina purtroppo ha un problema al serbatoio (per fortuna ne ha due!) e se si riuscirà a risolvere potremmo fare un ulteriore breve giro altrimenti ci si incontrerà con la guida il giorno dopo. Anche la stanza è assolutamente al livello della reception, tutta in legno e curatissima e con una vista splendida sulla valle sotto di noi. William non si sente e presumiamo che per la giornata non si uscirà di nuovo. Ci rilassiamo allora sfruttando al massimo il bellissimo posto dove ci troviamo a dormire. La cena, sempre a buffet non è male…e intanto i babbuini passeggiano nella vetrata sopra la nostra testa..

14 Luglio – Serengeti (Lobo Area) – Lago Natron

Per colazione scendiamo troppo tardi (o troppo presto) cmq siamo soli e gentilmente il personale dell’albergo prepara qualcosa al volo solo per noi. La macchina non si vede e allora ci facciamo un giro del lodge andando a fotografare il parco sotto di noi dai belvedere (stupendo quello col bar). Ripartiti con la nostra jeep, aggiustata dall’ottimo William, percorriamo la parte più a nord del parco tanto che si può comodamente vedere il confine col Kenia (il Masai mara) poco distante da noi. Delle tracce di leone sono l’ultimo segno dello splendido spettacolo di cui abbiamo potuto godere nei giorni passati qui. Tanta è stata la bellezza che già ci prende la nostalgia di tutti quegli animali e proviamo a chiedere se fosse possibile modificare il programma e rimanere un altro giorno. Fatti i conti, però, il cambio programma verrebbe più di 300 $…e se pur con un po’ di tristezza (e anche qualche lacrima) decidiamo di continuare col programma previsto. Dopo poco siamo al limite del parco e una simpatica scimmiotta è l’ultimo animale a salutarci prima di uscire dal Serengeti. Inizia il viaggio verso il lago Natron. Da subito si incontrano grandi mandrie di bovini che a volte ci sbarrano letteralmente la strada. Sono condotte da masai che si mostrano decisamente poco amichevoli e ancor meno propensi a farsi fotografare, tanto che c’e’ ci mostra il coltello quando proviamo a puntargli l’obbiettivo. Queste mandrie, dalla cui numerosità si misura l’importanza del proprietario e del villaggio che le possiede, sono condotte da masai spesso molto giovani (alcuni bambini di si e no 10 anni), e saranno la costante di questo lungo viaggio. Le strade, a volerle chiamare così, variano da tratti sterrati che tagliano enormi distese di vegetazione a veri e proprio fondi di fiume dove anche a passo d’uomo con un Land Rover non si ha la certezza di riuscire ad avanzare. William ci tranquillizza che ha percorso questa strada più volte e ci conferma che è l’unica per raggiungere il Natron (e successivamente tornare ad Arusha) dal nord del Serengedi. La durezza del percorso e la fatica per il continuo sballottamento è comunque alleviato dallo scenario che ci circonda. Il paesaggio è spesso aspro, secco, ed ha un gran fascino. I soli incontri sono con le mandrie e i loro piccoli masai che, quando li incrociamo, ci corrono incontro urlando e mostrando lo stupore nel vederci come fosse una cosa assolutamente inusuale per loro. I pochissimi villaggi che vediamo sono per lo più agglomerati di poche capanne in luoghi cosi isolati e inospitali che ci si domanda come delle persone ci possano sopravvivere. La pausa pranzo, al primo villaggio degno di questo nome, arriva benedetta. Il fondo schiena trova un po’ di riposo e gli stomaci tranquillità. Anche qui riuscire a cogliere qualche momento di vita del villaggio è veramente difficile, la macchina fotografica è vista a dir poco male. Intanto la jeep sembra avere una gomma a terra ma quello che non manca mai in un villaggio qui è un meccanico. In effetti c’e’ una grande officina dove portiamo il Land Rover e la sostituzione della gomma comporta più di un ora di lavoro. Noi la passiamo passeggiando e cercando di cogliere più possibile momenti di vita del villaggio tra persone che passeggiano, fanno la spesa o vanno al lavoro e bambini che tornano da scuola. Sistemata la macchina riprendiamo il nostro impervio cammino. Il paesaggio si fa più montuoso e le strade, se possibile, ancora peggiori. Arrivati ad una scuola ci fermiamo e mentre noi facciamo amicizia con dei bambini che ci sono corsi incontro sorridenti, William e Saidi caricano sulla jeep un pesantissimo sacco di carbone che, dicono, sarà utilizzato per la cena. L’ultima sosta è su una vallata rocciosa quando ormai si vede da lontano il lago Natron. Un pastore masai ci viene incontro, con tanto di lancia e coltello. Vuole solo un po’ d’acqua, chissà da quanto tempo è qui col suo gregge in questa calura incredibile! Facciamo diverse foto allo spettacolare paesaggio e, ormai guidando “a vista”, ci avviamo verso la nostra meta. La terra intorno è vulcanica e si fa sempre più scura. Dagli ultimi villaggi che incontriamo i masai ci vengono incontro per venderci le tegole di sale del lago (che si dicono avere effetti benefici) e, dopo praticamente una giornata di viaggio, verso le 5 siamo al campeggio. Giusto il tempo di montare la tenda che la guida del posto ci invita a partire per la cascata (gita prevista in giornata). Un po’ titubanti per la stanchezza raccogliamo comunque le forze e le nostre cose e, indossati i costumi, partiamo. Con pochi minuti di macchina si arriva al punto di partenza, una distesa di terra grigia attraversata da un fiumiciattolo. La salita prima abbastanza tranquilla, con il ruscello che scorre piuttosto forte sotto di noi, si fa poi più impegnativa. Si attraversa spesso il fiume e si affrontano passaggi ripidi e scivolosi. Dopo aver raggiunto la piccola cascata, ancora qualche passaggio tra le rapide e si arriva alla cascata vera e propria. Ha una bella portata e una discreta altezza, è un bel posto. E ovviamente non si può visitare una cascata senza “provarla”! Rimaniamo in costume, nuotiamo per pochi metri e ci facciamo una bella doccia! Tanto più che per quel pochissimo che avevamo visto in campeggio è sicuramente meglio farcela qui che li la doccia! Scattiamo le foto di rito e affrontiamo la discesa che sta facendo buio. Torniamo al campeggio che ormai è notte e dopo poco è pronta la cena. L’argomento principale, tra le risate, è ovviamente la giornata appena passata ricordando il pezzo di mondo che abbiamo avuto la fortuna di attraversare…su quelle strade assurde!

15 Luglio – Lago Natron

La mattina è prevista una escursione al lago, la guida è la stessa di ieri. Con le prime luci del giorno tutto assume ha un aspetto molto affascinante: il piccolo paese con le pochissime persone fuori le case, la macelleria , il pub, il vecchio masai che cammina solitario con il sole che gli sorge alle spalle. Alla domanda della guida esprimiamo il desiderio di passare a visitare la scuola prima di andare verso il lago. Ad accoglierci nonostante sia così presto troviamo moltissimi tra ragazzi e bambini che ci guardano e si affacciano timidamente dalle classi. Mentre la guida va a chiamare il responsabile i bambini ci invitano a entrare nelle aule e ci regalano molti sorrisi. Il preside ci saluta cordialmente, ci mostra la “sala professori”, il magazzino con le scarse scorte di cibo e ci spiega dell’importanza di quei posti in paesi così poveri dove i ragazzi ricevono insegnamenti, dalla teoria alla pratica, e possono provare a migliorare il loro futuro. Gli lasciamo un’offerta e salutiamo gli studenti che ci ringraziano molto educatamente. Ci dirigiamo di nuovo verso il lago tra un boschetto di alberi piuttosto spogli. La presenza del vulcano, uno dei più grandi al mondo ancora attivi, non aiuta questo posto ad essere rigoglioso ma allo stesso tempo è motivo di interesse e porta qui sia geologi che turisti. Durante il percorso, tra alti cespugli di erba, vediamo in lontananza un gruppo di zebre ed arrivati in prossimità del lago lo spettacolo è notevole. L’acqua del lago si è ritirata per la stagione secca, lasciando una vasta distesa di sabbia nera con riflessi argentei ed ammirarla dalle collinette intorno con i piccoli baobab fioriti è uno spettacolo. Ed in lontananza le famose colonie di fenicotteri rosa. Proviamo ad avvicinarci ma avanzare nel fondo del lago in secca non è agevole, la sabbia è bagnata e appiccicosa e se non con scarpe chiuse camminarci è quasi impossibile. I miei sandali mi aiutano ad arrivare ad una distanza da dove i fenicotteri sono ben visibili e poco prima di andare ci regalano anche uno spettacolare spostamento in volo tutti insieme che riusciamo a fotografare. William ci aspetta con la jeep alla fine del percorso, paghiamo la nostra guida regalandogli qualche maglietta e, lasciandoci l’imponente vulcano alle spalle, ripartiamo per il viaggio verso Arusha. Si capisce subito che il percorso non sarà più agevole di come sia stato per arrivare qui. Ma ormai c’abbiamo fatto il callo! E infatti le ore per le strade sterrate, tra i masai, qualche animale solitario e polveroni enormi che impediscono a volte la vista fuori dai finestrini, passano in fretta. Quando arriviamo di nuovo su una strada “normale”, asfaltata, quasi ci sorprendiamo, non pensavamo ne avremmo incontrate ancora! Ci fermiamo a un baretto per il pranzo e prima di ripartire la nostra guida si rende conto che un supporto della ruota è andato. Per quanto posso essere resistenti anche il Land Rover ha subito il percorso! La tappa da un meccanico è obbligata, per fortuna i meccanici non mancano di sicuro, e inganniamo l’attesa di un paio d’ore riprendendo i contatti col mondo, erano 3 giorni che i telefoni non prendevano e di messaggi a cui rispondere ne abbiamo parecchi. Arriviamo ad Arusha che ancora il sole è alto. Pensare a quante cose abbiamo visto, da quando siamo partiti da qui, sembra di essere stati via un mese! Passiamo da Lazarus all’ufficio del tour operator per confermare che tutto è andato bene e ci facciamo consigliare un buon posto dove stare la notte. Ci indicano l’Arusha Inn e William gentilmente ci accompagna fino in albergo. Diamo le strameritate mance a lui e a Saidi, sui 10 $ al giorno, sembra che questo sia il loro unico guadagno per il lavoro svolto in quanto per i tour l’ufficio paga loro solo le spese. Ci mettiamo anche d’accordo per l’appuntamento per andare all’aeroporto la mattina successiva. La camera (15 $) è spartana ma pulita e dopo una bella doccia ci facciamo un giro per Arusha più che altro alla ricerca di un punto internet da cui riprendiamo i contatti col mondo. A cena seguiamo le indicazione della Lonely, la strada è tutt’altro che rassicurante, con pochissime luci o completamente al buio, ma quando stavamo per desistere troviamo questo simpatico posto consigliato dalla guida, col barbecue e i tavoli per strada, dove mangiamo dell’ottima carne spendendo pochissimo. E sempre nel buio quasi completo, con la nostra torcia, torniamo in albergo.

16 Luglio – Zanzibar

A colazione facciamo conoscenza con due ragazzi che stanno partendo per i loro giorni di safari. Ci chiedono informazioni e noi gli diamo qualche consiglio che contraccambiano con qualche dritta su Zanzibar, da dove vengono e nostra prossima tappa. Gli suggeriamo anche di provare l’Hartebeest con la quale noi ci siamo trovati molto bene. Rivivere, anche brevemente, tutte le sensazioni appena passate è bellissimo….e li invidiamo anche un po’. Ma a quanto ci dicono quello che ci aspetta non dovrebbe essere male. L’appuntamento con William è per le 12 e sfruttiamo la mattinata per un giro della cittadina. In realtà niente di che ed in più si è assillati dai venditori di tour e safari. Torniamo in albergo a prendere le nostre cose e usciti troviamo William fuori l’albergo. Nel tragitto gli ripetiamo che è stato una guida fantastica e che vorremmo tenerci in contatto con lui. Scambiati i reciproci indirizzi mail gli regaliamo le scarpe di Ste, che accetta molto volentieri, e ci salutiamo affettuosamente. Grande William! Il mini aeroporto è piuttosto pieno, comunque in breve sbrighiamo le pratiche di check in e imbarco e si parte. Zanzibar arriviamo!

Il volo è brevissimo e confortevole e a Zanzibar ci attende un tempo un po’ nuvoloso ma un bel caldo. Fuori l’aeroporto troviamo il taxi prenotato dall’Italia per il Sunset Bungalow, nella spiaggia di Kendwa, destinazione che abbiamo scelto come nostra prima tappa. Il nostro bungalow (90 € a notte) è sulla spiaggia, in una gran bella posizione. Dentro è confortevole, con un bel megalettone, anche se non rifinito e curato come ci si potrebbe aspettare per quei prezzi, ma scopriremo che qui è questo lo standard…certo a pensare ai prezzi del Madagascar non si direbbe che sia lo stesso Continente (in realtà neanche lo stesso pianeta!). Ovviamente in men che non si dica siamo in spiaggia! E’ un bello spiaggione spazioso con un bel mare azzurro difronte (e quando uscirà il sole sarà ancora meglio) e con un bel bar alle spalle. Insomma tutto quello che può servire per il nostro scopo, cioè…totale relax!! I famosi beach boys ci iniziano subito a proporre una infinità di tour e di gite, parlano tutti un italiano perfetto e noi ci scherziamo, una volta fingendoci spagnoli, una volta chiedendo sconti assurdi cmq loro stanno al gioco e in breve si crea con alcuni un buon rapporto di simpatia. Testiamo l’acqua, è fresca ma piacevole, peccato che fuori i raggi di sole non abbondino. Partiamo per una passeggiata alla scoperta di questa parte di costa dell’isola. Ci dirigiamo verso la punta più a nord di Zanzibar dove sono i mega resort. La spiaggia è bella, spaziosa con delle rocce alla sua estremità in cui l’azione del mare ha creato delle piccole grotte dove ci ripariamo durante i brevi ma intensi scrosci di pioggia. Continuiamo a essere più o meno circondati da beach boys, tutti propongono le stesse cose, ma nessuno risulta pesante o fastidioso. Passati sotto il pontile del primo resort facciamo un altro bel pezzo fino a che non inizia di nuovo a piovere, quindi torniamo indietro, sotto l’acqua. Il tempo variabile sarà una costante da questa parte di Zanzibar. Tornati alla “nostra” spiaggia è già pomeriggio, ci godiamo le ultime ore di sole e con il beach boys più simpatico, Amos, ci mettiamo d’accordo per farci portare il giorno dopo sulla spiaggia di Matemwe, dall’altra parte dell’isola per 30 $. Intanto si avvicina un momento che qui scopriremo unico…il tramonto. Da questo lato dell’isola è veramente meraviglioso. Il sole si congeda proprio di fronte a noi con una luce che va dal giallo all’arancio acceso illuminando stupendamente le vele delle barche che ci passano davanti nella loro via verso casa. A cena proviamo il locale che ci ha indicato il tassista arrivando qui. Sono qualche centinaio di metri di stradina sterrata nel buio pressoché totale (ma la fedele torcia ci aiuta). Il locale è simpatico così come i camerieri e per 18 $ ci facciamo una bella bistecca con contorno e birra ghiacciata. La vacanza al mare è iniziata.

17 Luglio – Matemwe

Amos è sulla spiaggia ad aspettarci dopo la colazione e alle 10 siamo sul macchinone per percorrere l’oretta di strada fino a Matemwe. Ci lasciano nella parte più a nord della spiaggia e ci diamo appuntamento per il pomeriggio. Oltre a goderci la giornata di mare vogliamo vedere se c’e’ qualche posto carino dove magari dormire qualche giorno. Il primo che vediamo è il gruppetto di bungalow gestiti dal simpatico Abdul. Vicino alla spiaggia ma non affacciati sul mare. E’ molto spartano e non così economico. Vedremo altro. La spiaggia invece si presenta molto bene. Bianca, lunghissima e con un mare celeste da favola. Iniziamo a camminare e la cosa che ci accompagnerà per tutta la giornata sono le donne che, armate di rete, fanno avanti e indietro in acqua per prendere le alghe con cui, essiccate, si producono cosmetici. Facciamo sosta anche in altri resort (piccoli e più grandi), ma nessuno ci convince e prendiamo la decisione di non venire qui a dormire. Ci fermiamo ogni tanto, ci facciamo foto e tuffi e prendiamo il sole che da questo lato, a differenza della parte occidentale, non da tregua. Non c’e’ una nuvola, ma neanche un ombra sotto cui ripararsi, quindi il solo refrigerio lo da l’acqua…finche è possibile bagnarsi! Dal primo pomeriggio, infatti, la marea arretra talmente che l’acqua arriva alle caviglie fino alla barriera corallina e farsi il bagno è impossibile. Però i riflessi delle donne e delle bambine che camminano in questa grande pozza di acqua salata con le alghe in mano regala foto molto belle. Altra piccola stranezza è la presenza di molte biciclette (e anche un carretto trainato da un mulo!) che fanno avanti e indietro su questa lunga spiaggia facilitate dalla sabbia cosi fine che bagnata diventa molto dura. Verso le quattro è ora di riprendere la via del ritorno. La macchina è li ad aspettarci dove ci aveva lasciati, probabilmente non si è mossa tutto il giorno. Tornati a Kendwa c’e’ il tempo per un altro po’ di mare…e un bel bagno al tramonto. Prima di tornare in camera facciamo amicizia con Girasole (lo zanzibariano di Napoli, a sua detta), personaggio del posto all’apparenza poco affidabile ma che si rivelerà invece molto simpatico e conoscitore di tutti i simpatici pettegolezzi del posto. La gita in barca per il giorno dopo però la prendiamo sempre con Amos. Per 40 $ ci porterà a fare snorkeling dietro la punta nord dell’isola (di fronte l’isoletta privata di Mpemba) ed in una spiaggia li davanti. Oggi a cena rimaniamo sulla spiaggia e la scelta del ristorante non è molto complicata. Ci sono 3 locali e sicuramente li proveremo tutti. Iniziamo da quello più “naturale”, con alcuni tavolini messi sulla sabbia sotto un grosso patio circolare ed altri direttamente sulla spiaggia illuminati da una candela. Scegliamo uno tra questi ultimi, è molto bello e il rumore del mare a pochi metri da noi è sempre una splendida colonna sonora per una cena. Ci serve una cameriera che probabilmente è al suo primo giorno di lavoro. Non capisce praticamente niente in inglese e non si capacita che possiamo prendere una bottiglia di vino in due (continuando a ripetere, gesticolando, “due bicchieri?”…”no, una bottiglia, grazie!”). La bistecca è buona e tra brindisi e autoscatti (anche con la cameriera!) è una bellissima cena. Facciamo le poche decine di metri al buio per tornare al bar della nostra spiaggia e finiamo la sera con un bel cocktail sui comodi divanetti.

18 Luglio – Kendwa

Oggi scade la nostra prenotazione qui e siamo assolutamente d’accordo sul prolungare il soggiorno. Il nostro bungalow purtroppo è occupato ma ne troviamo uno altrettanto carino nella zona del giardino, sopra la spiaggia. L’imbarcazione che ci aspetta in spiaggia per la gita è di quelle a vela con il baldacchino a poppa dove ci sistemiamo con molti altri ragazzi. Il tempo non promette niente di buono. Dopo la sosta nella zona dei resort per caricare le scorte per il pranzo e (per il piacere delle ragazze) il resto dell’equipaggio si punta verso la nostra destinazione che raggiungiamo dopo un paio d’ore di navigazione. Di fronte questa bella isoletta, dove purtroppo non si può andare, ci sono diverse imbarcazioni e molta gente in acqua munita di maschera e pinne. Mi butto solo io, il freddo in effetti si fa sentire, e sinceramente il fondale non merita la sopportazione della temperatura dell’acqua per più di una mezz’oretta. Molti la pensano come me e dopo poco risiamo tutti sulla barca. Raggiungiamo la spiaggia davanti a noi e subito si inizia la preparazione del pranzo che per alcuni sembra l’obiettivo principale della giornata! Messi tipo mensa aziendale ad ogni passaggio viene data una porzione abbastanza misera di patate, pesce e spiedini…facciamo 3 – 4 passate e una volta allontanata la fame proviamo a fare un giretto della zona. La spiaggia è lunga e col sole pensiamo sarebbe anche molto bella. Purtroppo le nubi nere sopra di noi ci permetto solo qualche scatto, anzi dopo poco iniziano le prime gocce e tutta la compagnia è costretta a risalire in barca. Il viaggio di ritorno, ancora più lento dell’andata considerando le condizioni del mare, è allietato dall’incontro con alcuni delfini. Finalmente tornati in spiaggia ci proponiamo di evitare gite per i giorni a seguire, che non sembra sia la miglior cosa da fare qui, e goderci in pieno relax i nostri giorni di mare. E visto che per rilassarsi qui non sembra mancare niente fermiamo una bella stanza per i due giorni a seguire nella palazzina al limite del giardino dal cui balcone si vede il mare. A cena proviamo il ristorante del nostro albergo. L’ambiente è carino, un po’ più ricercato del ristorante di ieri e la cena, a base di carne, per 25 € non è eccezionale ma neanche male. Il cocktail di saluto alla giornata è d’obbligo e soddisfatti ce ne andiamo a letto.

19 e 20 Luglio – Kendwa

Come stabilito giorni di relax totale! Spiaggia, bagno, foto, ombrellone, amaca, bar….e si rinizia…proprio quello che ci voleva! Ormai anche i beach boys hanno capito che tour o gite non ci interessano e con quelli che si fermano chiacchieriamo piacevolmente del più e del meno. A cena andiamo un giorno al terzo dei 3 ristoranti sulla spiaggia (probabilmente il peggiore dei 3) e torniamo a quello con la sabbia sotto i piedi (che invece è quello che ci piace di più). Il 20 c’e’ anche la festa della luna piena, con tanto di biglietti di ingresso e buttafuori….noi preferiamo due chiacchiere al bar con Amos, che ci parla della sua vita in questa parte così lontana di mondo. Il giorno dopo partiremo, quindi ci scambiamo i telefoni che dovendo tornare qui ci rivolgeremmo probabilmente sempre a lui, è un bravo ragazzo…e come guida non è niente male.

21 Luglio – Stone Town

Siamo diretti a Stone Town, la parte antica di Zanzibar town, la capitale dell’isola. Per 10.000 sh un taxi bus ci porta in città e ci fa anche fare il giro in cerca di un albergo che abbia disponibilità di posti. Nei primi non abbiamo fortuna, troviamo una stanza al Coco de mer a 40 $, decisamente cara per quello che offre. La posizione però è centrale, e usciti dall’hotel possiamo partire subito alla scoperta di questa città ricca di storia. Il sole picchia e l’ombra dei vialetti dà sollievo dal caldo del lungomare, dove si trovano i palazzi più grandi segnalati dalla guida. L’interno della cittadella vecchia, tra l’altro, ha un gran fascino, coi suoi balconi, le grandi porte rinforzate con spuntoni d’oro, i banchetti per strada dove i giovani seminaristi fanno colazione e i bambini in grembiule mentre tornano da scuola o che giocano a pallone per strada. Scattiamo molte foto, facciamo uno spuntino sugli scalini di una piazzetta con frittelle untissime e gironzoliamo perdendoci qua e là tra i vicoli pieni di bancarelle. Verso sera incontriamo una delle tante guide improvvisate che si propongono di portarci in giro e che solitamente evitiamo. Questa però ci fa simpatia, è un ragazzo detto il “Rasta” (per ovvie ragioni) con cui giriamo un’oretta in cui ci mostra i migliori posti per prendere una birra, un aperitivo o cenare. La piazzetta all’aperto sul lungomare dove stanno montando una marea di stand che fra poco ci dice saranno pieni di gente ci sembra un posto molto caratteristico. Per l’aperitivo, ovviamente al tramonto, ci consiglia un baretto sulla spiaggia (dove lavora la ragazza, giustamente un tornaconto ci doveva essere) dove ci facciamo una birretta con affianco a noi i ragazzi che fanno capoeira e salti mortali sulla spiaggia. Dopo un riposino in albergo per cena ci dirigiamo nel posto mostratoci dal Rasta sul lungomare e lo troviamo in effetti pieno di gente e con le bancarelle che “sfornano” pesce e carne alla griglia a volontà. Ne proviamo 3 e tutti con soddisfazione, consumando gli ottimi spiedini sulle panchine li intorno. Dopo l’immancabile dolcetto ci facciamo un’altra passeggiata e torniamo in stanza. Stone town ci è piaciuta!

22 Luglio – Paje

La destinazione di oggi è il sud, e precisamente la spiaggia di Paje. Abbiamo scelto questa meta tra le varie spiagge del sud/est perché, leggendo la guida, ci sembrava il giusto mezzo tra la ricerca di spazi il più impossibile incontaminati evitando però l’eccessivo isolamento di Jambiani più a sud. Il bus (10.000 sh) una volta arrivati ci accompagna anche a cercare un alloggio. Le guesthose sulla spiaggia sono carine, ma purtroppo quasi tutte piene. Troviamo alla fine una bellissima stanza all’Arabian night che, dopo una piccola contrattazione, ci danno per 110 $. Per le ultime notti volevamo qualcosa un po’ più da “viaggio di nozze”…e questo sembra proprio adatto. Con il piccolo ponticello in legno siamo subito in spiaggia che si presenta spaziosissima e lunga a perdita d’occhio, con un mare azzurro a cui però le nuvole, che vanno e vengono, non permettono ancora di “esprimersi” al meglio. Iniziamo a passeggiare in direzione sud, le guesthose, ben inserite nell’ambiente naturale, si fanno sempre più rare finchè alla nostra destra è presente solo una fittissima vegetazione che a tratti ha le fattezze di una vera e propria foresta. Ci fermiamo spesso per le foto, per contrattare la gita (il famoso safari blu) a 50 € in 2 con un beach boy per il giorno dopo, e a farci bagni, in un mare che, finalmente illuminato dai raggi del sole, diventa di un magnifici colori dal bianco al blu. Qui non c’e’ neanche il problema della marea, infatti quando si abbassa le onde percorrono varie decine di metri sulla spiaggia ma l’altezza dell’acqua in prossimità della riva resta sempre sufficientemente alta per tuffarsi. Ed è proprio mentre stiamo per entrare in acqua per un bagno che però succede una cosa che non ci era mai capitata. Costretti a lasciare lo zaino piuttosto distante dall’acqua a causa delle onde, mentre stiamo entrando, con la coda dell’occhio vedo un ragazzo del posto, vestito con tanto di scarpe da ginnastica, uscire dagli alberi e dirigersi velocemente verso il nostro zaino. La speranza che passi dritto e che non sia quello il suo obiettivo purtroppo svanisce nel momento in cui lo vedo impugnarlo e iniziare a correre tra la vegetazione. In uno scatto, dettato da rabbia e dispiacere, mi metto istintivamente all’inseguimento del ladro, scalzo e in costume. Il timore è che superato il primo blocco di frasche prospiciente la spiaggia possa essere già sparito, ma invece, entrato nella piccola foresta (e preso il primo ramo in faccia) eccolo li, davanti a me, che corre con il nostro zaino in mano. Inizio a urlargli dietro di fermarsi, di restituirci lo zaino e mentre urlo sto correndogli dietro più forte che posso. Penso che mi possa seminare da un momento all’altro, che alla curva successiva possa non vederlo più ma invece è sempre li davanti a me, anzi mi sembra che la distanza si riduca pure. L’unico mio pensiero è che se mi fermassi starei chissà quanto a pentirmi e a dirmi che forse ce l’avrei potuta fare a correre ancora e poi a tutte quelle corse a villa Panphili va dato un senso! Quindi anche se ho il cuore in gola non mollo, anzi accelero quando vedo lui più in affanno di me, sempre continuando ad urlare. Dopo non so quanti minuti, ma un tempo che a me è sembrato sufficiente per fare una maratona, arrivatogli a qualche metro, lo vedo frugare con la mano libera nello zaino, tirare fuori qualcosa e lanciare lo zaino aperto. L’idea di continuare a corrergli dietro mi passa un attimo per la testa, ma la vegetazione sempre più fitta, la stanchezza e la soddisfazione di aver recuperato almeno qualcosa mi fanno fermare…a un passo dall’infarto! Mi riprendo subito quando, avvicinandomi allo zaino, vedo sbucare la tracolla della Nikon. L’oggetto più prezioso li dentro è salvo! E con lei la guida con i nostri appunti, i cellulari, le chiavi…e i libri! Ecco perchè sembrava appesantito nella corsa, questi due tomi che ci portiamo dietro faranno 5 kg! Grazie Steig Larsson! Il bottino del ladro si è ridotto alla nostra compatta Canon che è comunque un peccato aver perso ma è anche una perdita accettabile considerando quel che è successo. Il mio pensiero va immediatamente a Ste che deve essere non poco in pensiero e mi avvio sulla strada del ritorno ovviamente non trovando quella fatta per arrivare li. Cercando un varco verso il mare mi ritrovo davanti a un castelletto adibito a guetshuose con alcuni ragazzi, uno dei quali, sentita la storia, sale in moto e parte alla ricerca del ladro. Io mi fiondo in spiaggia, esco molto distante da dove avevo iniziato l’inseguimento, ma dopo poco per fortuna vedo Ste che mi viene incontro, in lacrime ma sollevata nel rivedermi. Ci raccontiamo quei minuti, io con la corsa matta e lei con la perlustrazione e le urla nel chiamarmi tra gli alberi prossimi alla spiaggia, dove ha trovato anche il cappello del ladro, armata di bastone prima e bottiglia poi. Torniamo al castelletto dove lo staff ci fa appoggiare in attesa della polizia che dicono di aver chiamato. Dopo un oretta buona invece della polizia arrivano un paio di persone del posto che con fare da boss del luogo (probabilmente lo sono) ci chiedono se vogliamo essere accompagnati alla stazione di polizia per la denuncia. Decliniamo l’invito, ci sembra una ulteriore perdita di tempo e poi abbiamo solo voglia di tornare alla nostra spiaggia e al nostro viaggio. Io brandisco fiero lo zainetto recuperato mentre la tensione lascia spazio alle risate e alla soddisfazione di avere ancora la nostra macchina “buona” con cui rifare tutte le foto fatte con l’altra nella mattinata (quelle fino al giorno prima per fortuna erano scaricate sul PC!). Abbiamo ancora tempo per altri bagni, ammirare le evoluzioni di spericolati kite surfer e una lunga passeggiata sull’altro lato della spiaggia. Il tramonto, meno spettacolare che dall’altro lato, è allietato dalla strana presenza di alcune mucche che brucano l’erba sopra la spiaggia affianco la nostra camera. A cena siamo al ristorantino sulla spiaggia affianco la nostra struttura dove, di fronte una buona bistecca, commentiamo l’incredibile giornata.

23 Luglio – Paje

L’appuntamento col ragazzo di ieri è fuori il nostro albergo. Ma dopo una lunga attesa in cui non si vede nessuno e dopo aver scartato l’onerosa offerta per lo stesso tour da parte del tour operator li davanti, ci accingiamo a tornare in spiaggia quando arriva finalmente il furgoncino. Oltre a noi c’e’ un’altra coppia di italiani e una signora inglese. Percorriamo diversi km prima di infilarci in una zona verdeggiante e sbucare su una costa rocciosa. L’organizzatore dice che siamo in attesa della nostra barca e nel mentre cerca di procacciare, non senza difficoltà, il pesce per il pranzo dai pescatori locali. Quando la barca arriva, una classica barca a vela in legno, l’inglese si inquieta perchè sostiene che quello che sta per iniziare non è il safari blu mentre il beach boy sostiene che lo sia. A prescindere che esista una definizione corretta e univoca di “safari blu” a noi la situazione e la barca piace e lasciando i due litigare saliamo sul “nostro” veliero. L’andata è “a motore” e si percorre, molto lentamente, un bellissimo tratto di mare blu incontrando spesso isolotti e pescatori che salutano simpaticamente. La prima sosta è su un isoletta che sarebbe meglio definire un montarozzetto di sabbia in messo al mare che tra l’altro, dal primo pomeriggio con l’alta marea viene completamente sommerso. La situazione non sarebbe male, peccato che tale mucchietto di sabbia sia pieno di gente che, non proprio nello spirito del posto secondo noi, schiamazza rumorosamente…e gioca a racchettoni! Neanche a dirlo sono tutti italiani. Noi, dopo un bel tuffo, e uno spuntino a ananas e cocco ci mettiamo a prendere il sole…finchè un onda praticamente ci sommerge. Siamo gli ultimi a lasciare l’isoletta riuscendo a rubare qualche scatto da soli in questo posto che comunque non è male. Per il pranzo sbarchiamo in una bella spiaggetta li davanti e ci sistemiamo in un bel posticino, su delle panche con tavoli di legno coperti da foglie di palma di fronte al bel mare azzurro. Il pranzo è buono e abbondante e dalla coppia italiana abbiamo la conferma della giusta scelta della spiaggia di Paje, loro sono a Jambiani in un resort un po’ sfigato e senza la possibilità di fare il bagno con la bassa marea, quindi ogni giorno si fanno 5 km a piedi fino a Paje per fare mare. Il pomeriggio spereremmo di passarlo tranquilli in spiaggia ma dopo neanche un’ora ci iniziano a chiamare per tornare. Riusciamo a tergiversare un po’, ci facciamo l’ultimo bagno e le ultime foto…e per ultimi risaliamo in barca. La tappa successiva è alla piscina naturale delle mangrovie il cui ingresso non è facilitato dalle onde, e sinceramente non è un gran che, sarebbe stato meglio stare una mezzora di più in spiaggia. Quindi si prende la via del ritorno. E quando la speranza quasi non c’era più finalmente spieghiamo le vele! Anzi la vela,. Si perchè queste imbarcazioni, costruite dai proprietari con legni non certo da cantiere ma molto “rimediati” sono attrezzate con una singola vela che, ci spiegano, è tanto più grande quanto più può spendere il comandante. E se in secondo momento arrivano altre finanze ci si compra un altro pezzo e si cuce alla vela esistente. La nostra vela, cucita con decine di pezzi, è bella grande e la barca fila sulle onde che è una bellezza. E’ molto affascinante navigare così. Tornati al punto da dove eravamo partiti ammainiamo le vele e sbarchiamo. Nel pulmino verso casa i commenti alla gita sono positivi, peccato solo la troppa fretta e le troppe persone. A cena torniamo al ristorantino di ieri, in effetti non c’e’ molta alternativa, per fortuna il posto è molto carino e si mangia bene. E’ la nostra cena di saluto al mare, domani si torna verso Stone Town, e brindare come si deve ci sembra il minimo.

24 Luglio

Le foto all’alba vanno fatte almeno una volta in un viaggio e questa è l’ultima occasione. Quindi la sveglia è puntata alle 6 anche se prima delle 6.40, assonnatissimo, non riesco ad alzarmi. Per fortuna il quasi rompermi un dito sulla soglia della porta di camera mi aiuta a svegliarmi! Il sole è già sorto ma la luce è molto bella e le foto ai pescatori che stanno uscendo con le barche, le persone in bici sulla spiaggia e le donne dai vestiti coloratissimi con i loro cesti in testa sono una giusta ricompensa per l’alzataccia. L’appuntamento col Mini bus che ci portò qui e che ci dovrebbe riportare a Stone Town è dopo la colazione ma alle 10.30 ancora non si vede nessuno. L’abbiamo anche pagato in anticipo quindi un po’ di preoccupazione c’e’. Decidiamo di rilassarci in spiaggia, se non altro sfrutteremo questo posto fino all’ultimo. Fino a che non ci viene a chiamare il ragazzo della recepito accompagnato dal tassista. Il taxibus è arrivato è ora di andare. A Stone Town ci facciamo portare al Malindi guesthouse (45 $ per una doppia) e per il resto della giornata passeggiamo, ormai già un po’ esperti, tornando nei posti che ci erano piaciuti di più, girando per negozietti per qualche acquisto e facendo visita al coloratissimo mercato. Per l’aperitivo e la cena siamo sempre alla piazzetta del lungomare, con i ragazzi del posto che, mentre cala il sole, si lanciano in acqua dal ciglio facendo incredibili evoluzioni in aria.

25 Luglio

E’ il girono della partenza, per la precisione il volo per Roma è alle 6.15 di notte quindi in realtà domani, ma la giornata deve essere necessariamente dedicata agli spostamenti. Dopo colazione e dopo un altro giretto per le sue belle viette salutiamo questa città e questa isola e con un volo di un’oretta circa siamo a Dar es Salaam. Raggiungiamo la zona centrale per cercare un hotel dove stare, se pur per poche ore. Dopo un po’ di tentativi falliti ci aiutano un tassista con un ragazzo che conosciamo a cena i quali, dopo diversi tentativi, ci trovano un posto in un albergo sulla strada per l’aeroporto, dove finalmente troviamo una camera dove possiamo farci una bella doccia calda. Le ore di sonno sono giusto una manciata, alle 4.30 abbiamo appuntamento col tassista della sera prima che, come scendiamo, ancora assonnati, troviamo già fuori l’albergo. Ancora nel pieno della notte arriviamo in aeroporto e con le prime luci dell’alba salutiamo questo meraviglioso Paese, che c’ha dato ancora di più, se possibile, di quello che potevamo sperare e che, insieme alla voglia di tornare, non farà che aumentare il nostro mal d’africa.



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