Nei meandri della Son Doong Cave
NEI MEANDRI DELLA HANG SON DOONG
Sono le 21 del 5 agosto 2016; girando su facebook mi imbatto su un link di vanilla magazine in cui si parla di una grotta dalle proporzioni mastodontiche di cui non avevo mai sentito parlare. Indeciso su cosa fare nell’estate del 2017 e sempre alla ricerca di un’esperienza forte da vivere apro il link e leggo interessato tutte le caratteristiche: fu come un fulmine improvviso che colpì la mia immaginazione. Da lì proseguii cercando informazioni sui vari reportage della national geographic, video vari, notizie utili su come organizzare questo tipo di spedizione. Non semplicissime da trovare visto che la grotta risulta aperta alle persone “normali” dal 2013 e che sono stati solo sei gli italiani (me compreso) ad averla vista e uno solo (io) ad essere uscito quest’anno (19 Luglio 2017) dal Great Wall. L’unica agenzia autorizzata dal governo vietnamita a portare turisti all’interno della Son Doong Cave è la Oxalis questo perchè nel 2012 alcuni che si avventurarono al suo interno morirono il che ha spinto il governo vista anche la posizione a regolarizzare le visite a tutela sia del territorio che di chi ha intenzione di andarci. Gli spot per la prenotazione vengono aperti all’incirca tre volte l’anno e si può effettuare direttamente sul sito dell’Oxalis http://oxalis.com.vn/ (è l’unico modo per poter prenotare un posto nelle spedizioni che via via vengono organizzate… Non ce ne sono altri) intorno alle otto del mattino ora locale (quindi segue il fuso orario della città di Dong Hoi nella regione di Quảng Bình in Vietnam) che corrisponde alle due di notte ora italiana. Oltre a dover essere molto rapidi nella scelta del giorno per la prenotazione (nel mio caso gli spot si esaurirono nel giro di due ore) per l’avvenuta conferma occorre compilare un modulo in cui l’Oxalis si accerterà delle vostre passate esperienze, capacità fisiche, eventuali problemi fisici, grado di allenamento ecc.. in quanto la spedizione nella Son Doong Cave è molto impegnativa sia dal punto di vista fisico che mentale. Il modulo da compilare è in inglese ed occorre essere molto esaustivi nelle spiegazioni che si andranno a dare alle varie domande in quanto la Son Doong Cave non è una cosa da “turisti” ma un’avventura che va presa seriamente e che se non adeguatamente affrontata può portare alla rinuncia di chi decide di viverla. (foto modulo) Il costo della spedizione è all’incirca di tremila euro in cui sono compresi i 650 euro per l’ingresso all’interno del parco nazionale. Atterrato all’aeroporto di Dong Hoi direttamente da Hanoi la sensazione che si ha è di un posto ancora lontano dalla globalizzazione in cui la gente vive al di fuori del concetto capitalista in una povertà felice e non da favelas come uno vedendo le strutture potrebbe pensare. Se ci si organizza per dormire direttamente nelle strutture dell’agenzia Oxalis si può andare nella https://chaylapfarmstay.com/ un piccolo complesso alberghiero con stanze molto grandi e comode in cui la sera prima dell’inizio del tour si affronterà il Briefing con tutti i membri del gruppo con cui affronterete l’avventura e il capo spedizione (nel mio caso Deb una signora inglese di mezza età che fece parte del gruppo della British Cave Research Association che per primi esplorarono la Son Doong Cave). Ci sarà una spiegazione del tracciato che si affronterà giorno per giorno, delle difficoltà che si potranno incontrare, un check sull’attrezzatura di base personale (scarpe adeguate, crema solare, anti zanzare, antibiotici, antidolorifici, cambi per le varie giornate ecc..) e sarà anche un modo per conoscersi e stringere amicizia con gli altri. Essendo una cosa abbastanza recente ci si troverà con persone di varie nazionalità; nel mio caso un italiano, due americani, un canadese, un vietnamita, una tedesca, due cinesi, un arabo e una slovena. Il primo giorno si entra su strada con pulman nel parco nazionale di Phong Nha-Ke Bang e una volta scariato il materiale si inizia il trekking verso il primo step la grotta Hang En!
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Saranno dieci km di sali-scendi continui all’interno della foresta ed è qualcosa che mai ho visto in vita mia. Chiunque potrebbe pensare al costo per accedere al parco nazionale come eccessivo ma vi assicuro che camminare tra le piante, liane, alberi e palmeti della riserva vi fa sentire esattamente come se vi trovaste in pieno periodo cretaceo; una sensazione di spazio e natura totalmente incontaminati da milioni di anni in cui l’uomo mai ha osato mettere mano se non marginalmente e nel pieno rispetto del posto. Alcuni scorci sono di impareggiabile e selvaggia bellezza di cui difficilmente credo esistano eguali sul pianeta. Una visione paradisiaca e allo stesso tempo cruda nella natura nella sua forma più pura.
Sebbene non si incontreranno particolari difficoltà tecniche durante il percorso la vera insidia sarà il clima se deciderete di andarci da maggio ad agosto per il caldo umido asfissiante che vi sfibrerà nel fisico e nella mente togliendovi ogni singolo grammo di energia. Va quindi considerata la parte climatica come uno step da affrontare anche a livello alimentare avendo con se integratori di sali minerali oltre a un’ottima preparazione aerobica per resistere al meglio all’umidità del posto a tratti infernale. La grotta Hang En è per dimensione impressionante (potrebbe contenere tranquillamente tutta San Pietro); caratterizzata da una zona pianeggiante composta di sabbia e terriccio a cui si accede lateralmente passando all’interno di una caverna più piccola e davanti un laghetto di acqua naturale in cui ci si può rinfrescare dopo circa 5 ore di cammino e di guadi di fiumi ecc.. La parte frontale composta di pietre enormi e sassi su cui ci si può arrampicare per vederla dall’alto serve a darvi un’idea sommaria della fatica e difficoltà che si andranno ad affrontare nei giorni successivi.
Il pomeriggio poi poco prima del tramonto si può assistere a uno spettacolo simile a quella della famosa Deer Cave in Borneo dove i pipistrelli escono in massa dalla grotta per andare a caccia. Grazie all’eccellente lavoro fatto dai portantini dell’Oxalis troverete sempre il campo base montato prima ancora di arrivare e oltre a preoccuparsi della preparazione del cibo (tutto di ottimo livello) penseranno allo smontaggio e trasporto sia del campo base che delle attrezzature varie in modo da lasciare tutto intatto e incontaminato. Tutto ciò non va sottovalutato dato che ognuno di loro porterà sacchi tra i 40 e i 50 kg di peso i quali se non fosse solo per il peso rendono il tutto esponenzialmente più difficile visto poi il tragitto che andrete ad affrontare nei giorni seguenti. Il secondo giorno sarà il vero banco di prova per vedere quanto riuscirete a resistere fisicamente e mentalmente. Dopo l’uscita dalla grotta Hang En avrete un altro tratto di circa un’ora nella foresta con guadi un pò più profondi e impegnativi prima di arrivare all’entrata vera e propria della Son Doong Cave. Quest’ultima è stata segnata presumo per sicurezza con della vernice rossa perchè a vederla nessuno potrebbe mai immaginare le dimensioni mastodontiche che è in grado di raggiungere al suo interno. Va ricordato infatti che il parco nazionale di Phong Nha è stato esplorato solo per il 30% e spesso e volentieri (come nel caso della Son Doong) le grotte più imponenti sono state scoperta per pura casualità quindi le stesse guide inglesi che mi hanno accompagnato lungo il tragitto non escludono che possano esistere grotte ancora più grandi non ancora individuate. Come detto una volta arrivati all’entrata comincerà la fatica vera e propria: specie all’inizio vi cimenterete con 3 tratti di discesa su corda doppia lunghi all’incirca 4 metri l’uno più tutta una serie di sali scendi di progressione su roccia il tutto condito da un’umidità proibitiva per chi non è abituato e un caldo che non lascia scampo specie se ci si trova in movimento. La difficoltà non sarà soltanto fisica ma soprattutto mentale poichè a differenza del primo giorno qui non ci sono percorsi segnati ma progressione su roccia pura in cui dovrete mantenere i nervi saldi e la concentrazione sempre alta onde evitare di sbagliare un appoggio o mettere male un piede. Per quanto le guide possano essere presenti sarete comunque voi a dover camminare, a dovervi arrampicare e a dover scendere. Un tragitto che dall’inizio della giornata tenderà a concludersi dopo sei ore di cammino. Sei ore in cui non vi potrete concedere alcuna distrazione o disattenzione onde evitare conseguenze molto più serie.
Il secondo giorno sarà una vera e propria diga di sbarramento che servirà a chiarirvi (se non fosse stato sufficiente la brochure presente sul sito) che questo non è un tour turistico ma una spedizione vera e propria in cui chi non è fisicamente e mentalmente preparato può rischiare di farsi male e anche in maniera seria. Ovviamente l’assistenza sarà totale prendendo una polizza assicurativa specifica prima di partire e con telefoni satellitari sempre a portata di mano per qualsiasi emergenza. Arrivati al secondo campo base (a mio parere il più bello in assoluto) vi ritroverete sul lato la presenza di un fiume specie se andrete durante la stagione delle piogge altrimenti asciutto se partirete nella stagione estiva. Valutate anche la possibilità di sentire un pò di freddo la sera per l’umidità e l’acqua ravvicinata come ad esempio nel mio caso in cui pur partendo nella stagione secca siamo stati colpiti da un tifone il quale ha gonfiato la presenza di tutti i corsi d’acqua impedendoci di fatto nell’idea del tragitto originario il ritorno a ritroso e costringendoci (per nostra fortuna eh!) all’uscita dal Great Wall. Come sempre i portantini si preoccuperanno di approntare il campo base con le tende, il bagno, la cucina da campo ecc tutto nel pieno rispetto della natura.
Il terzo giorno ci si sveglia con un approccio completamente diverso: ormai è chiaro nelle mente di tutti i partecipanti guardandoci negli occhi che questo tipo di spedizione richiederà uno sforzo fisico e mentale importante il che presupporrà fin dal mattino una concentrazione particolare. Se nel primo giorno si partiva (come nel mio caso) con l’idea di fare una scampagnata fisicamente un pò dura, il terzo giorno si parte sapendo che sarà una sfida fisica e psicologica affrontabile e superabile ma da non prendere alla leggera. Si va in salita dal campo base per dirigersi alle famose doline della Son Doong. Le dimensioni sono fantascientifiche. Pensare che sotto terra (e aprendosi in alto verso il cielo) ci sia qualcosa di così imponente lascia assolutamente senza fiato. Anche la grandezza della Hang En seppur imponente impallidisce dinnanzi a quello che si può ammirare dinanzi alle doline che vi si pareranno davanti. La sfortuna vuole che la scarsità di luce all’interno dell’antro vi impedirà di riuscire a fare foto che rendano davvero giustizia alle dimensioni del posto se non verso l’apertura del famoso Garden of Edam. Per i professionisti della fotografia è previsto anche un tour fotografico in cui ci sarà un portantino messo a disposizione per il trasporto dell’attrezzatura e il posizionamento di fari a led nei punti nevralgici al fine di poter ottenere gli effetti migliori.
Anche nel terzo giorno oltre alla vastità del posto sarà la fatica a farla da padrone seppur ampiamente ripagata come nei giorni precedenti da quello che potrete vedere. La camera principale è talmente imponente da permettere a un 747 di volare al suo interno solo per darvi un’idea sommaria. Il Giardino di Edam non viene chiamato così a sproposito: sembra di trovarsi in paradiso specie perchè finalmente vi affaccerete direttamente alla luce e al verde (sulla cima della dolina) in tutta la sua incontaminata bellezza. Semmai esiste un giardino in paradiso sono certo che sia del tutto simile al Giardino di Edam. Il terzo campo base (l’ultimo) si trova in posizione più “tranquilla” davanti a una delle tante aperture verso la luce della Son Doong. Come sempre preparato in anticipo dai portantini che si muoveranno molto più rapidamente di voi per attrezzarlo prima del vostro arrivo. Il quarto e ultimo giorno è stato per certi versi il più duro e il più leggero. Come detto in precedenza l’arrivo di un tifone mentre ci trovavamo sottoterra ci ha impedito come nei piani originari di muoverci a ritroso dato l’aumento del livello dell’acqua dei vari fiumi interni non più guadabili e obbligandoci ad uscire direttamente dal Great Wall. Il Great Wall non è altro che una parete di 70-80 metri completamente liscia e priva di appigli divisa in tre step dall’organizzazione per permettere a tutti di salirla in scioltezza. Per arrivarci si dovrà navigare un fiume interno su dei kayak (uno dei piunti più belli di tutta la spedizione) e sono certo che mai vedrete al mondo nulla di così meraviglioso: un fiume che si snoda in un percorso relativamente stretto sormontati da antri alti circa 100-120 metri. Se Arthur Conan Doyle avesse visto la Son Doong sono certo che qui avrebbe ambientato il suo famoso “Il Mondo Perduto” o anche Jules Verne nel suo viaggio al centro della terra sarebbe rimasto letteralmente senza fiato. Un posto magico, immenso, preistorico che rende reale gli scenari più spinti dall’immaginazione: difficilissimo da descrivere se non pensando ai passaggi sotterranei del Signore degli Anelli è leggenda pure trovarsi al suo interno. Si può solo ammirarlo rimanendo senza fiato e pensando “non posso crederci”. Arrivati davanti al Grande Muro si salirà a turno salendo prima per 7 metri su una scala e poi legati da una fune di sicurezza tenuta in tiro da un portantino già salito allo step successivo ci si dovrà mettere in senso relativamente orizzontale puntando i piedi contro la parete e salendo usando la fune a cui aggrapparsi. Ora come consiglio è bene prepararsi a questo tipo di sforzo sia a livello fisico ma soprattutto a livello mentale poichè sebbene sarete sempre in sicurezza trovarsi quasi al buio completo con il vuoto dietro di voi e solo la forza delle braccia a tirarvi su non è semplice se non lo avete mai fatto. Ricordate che specie al secondo step la parete avrà un’inclinazione sui 75 gradi; sarà quindi fondamentale mantenere la posizione corretta onde evitare di salire (sbagliando) solo a forza di braccia. Ovvio che la sicurezza ci sarà, ma sarete comunque voi a dovervi arrampicare fino alla cima. Arrivati in cima si farà una pausa pranzo per recuperare le energie dovute allo sforzo; dopodichè si uscirà (da una parte finalmente dall’altra con dispiacere) dalla Son Doong per una camminata di circa un’ora e mezza nella foresta tra salite e discese in forte pendenza (avrete spesso cordoni in ferro a cui aggrapparvi). Duro sì ma nulla di paragonabile a quello che avrete passato nei giorni precedenti. Usciti dalla foresta arriverete direttamente su strada dove ci sarà il pullman dell’Oxalis ad aspettarvi per riportarvi nell’Hotel predisposto e incluso nel prezzo dall’organizzazione.
Conclusioni
Non ho mai visto né fatto nulla di così meraviglioso in tutta la mia vita, ma la bellezza che si può osservare nelle foto non va confusa con la fatica e lo stress a cui sarete sottoposti se deciderete di visitarla. Resta il fatto che chiunque abbia un pò di spirito di avventura e la forza o la voglia di allenarsi per preparare questo tipo di viaggio dovrebbe provarci anche solo per avere l’opportunità di di visitare uno dei posti ancora poco conosciuti sul pianeta (la Son Doong ha avuto più o meno gli stessi visitatori che sono saliti sulla vetta dell’Everest) e relativamente inesplorati.
Goodbye Vietnam… Goodbye Son Doong Cave!