Negril, mare ed escursioni con info

Relax in Giamaica, mare bellissimo nella Bloody bay, visite alle YS falls, al Black river, messa gospell e Rick's cafè
Scritto da: Enrico 9
negril, mare ed escursioni con info
Partenza il: 03/12/2011
Ritorno il: 18/12/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
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Ancora lui, Cristoforo Colombo! Sì, fu proprio il famoso navigatore genovese che 2 anni dopo aver scoperto l’America mise piede su quest’isola, rendendola nota al mondo e dichiarandola la più bella mai vista. In Giamaica non mancano certo le lunghe spiagge, le montagne ed i rossi tramonti, cascate e piantagioni di canna da zucchero; aggiungiamo a questo anche tradizione, cultura e musica reggae, innaffiamo con un buon rum, ed ecco un ambiente a ritmo tropicale. Le stagioni sono invertite, quindi, ideale andare da dicembre ad aprile. Negril è stata riscoperta negli anni 70 dai “figli dei fiori”, e mantiene un aspetto tranquillo in un contesto ancora naturale, con 11 km di spiaggia con sabbia bianca e mare azzurro che degrada dolcemente. Non sarà un tour on the road, ma una vacanza relax presso il Riu Palace Tropical Bay, nella Bloody bay, così chiamata perché qui venivano uccise le balene, non disdegnando comunque alcune escursioni con la speranza che come lo è stato per noi, anche una sola indicazione possa essere utile a chi legge. Cominciamo male con la pur discreta Neos: ci comunicano che il ritorno è spostato di un giorno, dovremo pagare una modesta differenza per il giorno in più ed il viaggio di ritorno sarà più lungo perché farà sosta tecnica (?) in Messico; certo, coi charter non si può mai essere sicuri di nulla, i loro interessi sopra ogni cosa. Avendo raggiunto Malpensa in auto, ed aver fatto scalo tecnico a La romana (Rep. Dominicana) e considerando che da Montego bay per Negril occorre oltre un’ora di bus, il viaggio è durato per noi 24 ore ed è stato stressante. Buono l’impatto col Riu Palace, tranquillo 5 stelle che si rivelerà poi ottimo anche nella cucina, camere e servizi.

La mattina dopo approfittiamo di un mare fantastico per il primo lungo bagno, dopo aver visitato varie bancarelle posizionate sulla spiaggia ove si vendono molti prodotti locali, “fumo” e altro. Questa dell’erba diventa giorno dopo giorno una cosa alla quale fai l’abitudine, ti offrono in continuazione roba da fumare, vietato in Giamaica, ma tanti la comprano, anche se per la gente locale si chiude un occhio. La Bloody bay è una baia che si apre al termine della Seven miles ed è incastonata in un bel paesaggio naturale; folta la vegetazione, qui non usano gli ombrelloni, l’ombra è assicurata da palme ed alberi in genere; in continuazione sfrecciano moto d’acqua, meglio stare entro le boe posizionate. Possibilità di parasailing, vela, canoa e sci nautico. Alcuni maturi rasta si improvvisano cuochi, e ci offrono aragosta e birra per 20 dollari in una baracchetta: vi lascio immaginare l’igiene. Siamo vicini al Tropico del Cancro, il sole può dare fastidio, inizialmente protezione 30. Ci spiegano che durante tutto l’anno la Giamaica offre 12 ore di sole. In dicembre il sole tramonta alle 18; in Italia siamo 6 ore avanti. La valuta straniera più usata è il Dollaro, ma accettano l’Euro, comunque meglio la prima per via di piccole mance. I Giamaicani sono simpatici ma cercano sempre di venderti qualcosa. Passano venditori di sigarette (Marlboro 8 dollari), abitini o cappelli di paglia da loro manufatti, non si avvicinano agli sdrai, chi è interessato va verso di loro; simpatici nomadi musicisti intonano alcune canzoni accompagnandosi alla chitarra, le più gettonate “Banana boat” e “Woman no cry” del loro mito Bob Marley, amano soffermarsi davanti ad un gruppo di clienti della spiaggia e gradiscono la mancia che meritano. Dopo un giorno di riposo prima piccola uscita. Alle 14 partiamo in direzione Negril, piccolo paese, praticamente una rotonda, in cui si trova un mercatino ove poter acquistare prodotti in legno, camice tipo hawaiano, collanine, quadri ed altri oggetti: tutti ci chiedono di entrare nella loro baracca, si contratta sul prezzo (circa un 30% in meno), e ci si riempie di cianfrusaglie: la faccia intagliata di Bob Marley campeggia ovunque, gli oggetti in legno sono sicuramente più artistici in Africa, ma qui mi sembrano più cari. Poi ci soffermiamo in un piccolo centro commerciale ove si trovano anche altri tipi di prodotti, ottimo caffè ed ottimo rum. Alle 17 siamo al Rick’s cafè, un’istituzione in Giamaica, si dice che qui si veda il miglior tramonto dell’isola. Inoltre, da un’alta roccia alcuni giovani tuffatori si esibiscono da una notevole altezza dando spettacolo e ricevendo applausi, quindi vanno presso la numerosa folla per avere un adeguato compenso, vi si arriva anche dal mare. E’ stata una gita rilassante. In lontananza spunta anche un faro, ma di tramonti ne ho visti di più affascinanti, forse non siamo stati fortunatissimi, (mentre a Bloody bay dopo una breve pioggia e nuvole in cielo abbiamo assistito ad un tramonto meraviglioso rosso fuoco con sfumature di grigio) abbiamo visitato il negozio del caffè e ci siamo rinfrescati con una cola (circa 3 euro, resto in dollari giamaicani); cambio: un dollaro U.S.A. pari a 85 dollari dell’isola, per un euro 100 dollari giamaicani. Finalmente una terra dove l’acqua è potabile e di cui è ricca, frequentata per lo più da americani e canadesi che non si risparmiano gli alcolici. Alcuni residenti italiani che operano per tour operator ci raccontano che qui lo stipendio base è di 300 euro ma la vita è cara (la benzina costa oltre un euro al litro), ci dicono di evitare (se lo si crede) l’hotel Hedonism, frequentato da scambisti e gente strana, ma dove si può prenotare una cena con 100 dollari per vederne di tutti i colori. Il giamaicano non è certo ricco, ma è smisuratamente orgoglioso, inizialmente sospettoso, occorre “rompere il ghiaccio”, è tutto sommato un paese anglosassone, qui si parla inglese e non spagnolo, la gente non è latina, e la guida, non caotica, è a sinistra. Alle loro richieste voi pronuncerete spesso le parole “no thanks” e loro vi risponderanno “ Jamaica no problem” oppure “yes man”. Vi chiederanno di fare il saluto “pugno contro pugno” in segno di rispetto ogni volta che v’incontreranno. Per percorrere 8 km e ritorno con attesa che finisca la messa in paese il taxi chiede circa 20 dollari, quindi l’hotel ci organizza la visita alla chiesa con messa gospell per 14 euro a coppia. Le chiese a Negril sono varie, cattolica compresa, ma basta chiedere della Gospell Church, anche quella è ormai una visita quasi obbligata. I taxi autorizzati hanno la targa rossa, assenza di tassametro, quindi concordare in anticipo prezzo e valuta.

Si parte alle 9,30, apprendiamo in loco che la particolare funzione è iniziata alle 8 e terminerà alle 13, poi i partecipanti pranzeranno insieme; non si tratta infatti di una normale messa, ma di un modo di passare insieme una giornata, e durante la funzione stessa avvengono molte cose, molte persone si recano al microfono a parlare, anche con una certa enfasi, e trascinano i partecipanti. La parte che attrae maggiormente i turisti sono i canti gospell, davvero coinvolgenti, cantati da un paio di cantanti sorretti da un coro di una decina di donne in tailleur bianco con cappello rosso. Molte donne sono elegantissime con grandi cappelli, stessa cosa dicasi per gli uomini per lo più in camicia e cravatta viola. La chiesa non è molto grande, è costituita da una platea e da una balconata, all’ingresso scriverete nome e nazionalità su di un libro, e ad un certo punto l’officiante ringazierà i partecipanti leggendo la nazione di provenienza: applausi per tutti; da non perdere. Abbiamo fatto un giretto per Negril, ben poca cosa, qualche simpatica baracca che funge da negozio nei pressi della chiesa, caratteristico il “Barber shop”. Rientriamo in hotel; al tramonto molti clienti abbandonano la spiaggia, dalla sabbia escono i sandflies, moscerini il cui pizzicotto fa molto prurito, in loco consigliano l’olio Johnson o l’Off. Comunque il periodo peggiore è quello umido, diciamo la nostra estate, ora non sono fastidiosi. Il clima continua ad essere buono, circa 28 gradi, ogni tanto passa una gradita nuvola; il mare assume diverse colorazioni dal blù intenso al turchese, l’acqua è chiarissima; anche vicino alla riva, con la maschera si possono vedere pesci interessanti, soprattutto se si lasciano cadere in acqua pezzetti di pane o di banana, per il meglio occorre recarsi alla barriera corallina. Per chi interessa nella Bloody bay vi è una piccola spiaggetta riservata a nudisti. La sera non vi è molta offerta al di fuori dei resorts, se volete trovare musica reggae il locale più frequentato è Alfred’s, sulla spiaggia, anche ristorante tipico. Un’escursione sicuramente interessante è quella alle cascate di Ocho Rios, lungo la costa nord (passando per la casa di Bob Marley) ed alla laguna luminosa così chiamata perché illuminata al calar del sole da piccoli organismi. Noi non ce la siamo sentita di percorrere tanta strada, e abbiamo ripiegato sulla visita alle YS falls, la parte più selvaggia dell’isola. Quindi, dopo aver caricato macchina fotografica e videocamera (voltaggio 110, caricatore universale) di buon’ora siamo saliti in 5 sul pulmino con guida italiana. La prima fermata è stata alla casa e tomba di Peter Tosh, (cantante reggae ucciso l’11 Settembre 1987) entrata a pagamento, dove tuttora vivono suoi seguaci rasta. Per arrivarci si costeggia anche un tratto di mare. Quindi prendiamo la direzione delle YS Falls, entrata 15 dollari, di proprietà privata. Un trattore traina un vagoncino che attraverso campi con buoi ci porta fino ad una piscina naturale inclusa in un bel parco curato, da lì inizia la passeggiata risalendo un sentiero che affianca le 7 cascate in una lussureggiante vegetazione e la presenza di bellissimi fiori, alberi altissimi e liane che penzolano. Non aspettatevi di vedere le cascate di Iguazu, ma l’ambiente è rilassante e scenografico. A pagamento ci si può agganciare ad una teleferica e scendere dall’ultima cascata fino alla prima, o gratuitamente aggrapparsi ad una liana (corda) e lasciarsi cadere in acqua imitando Tarzan. Molti addetti sono pronti ad aiutare. Vi è anche un negozio con ottimi souvenir. Ripartiti dopo pochi km siamo giunti a una delle varie bancarelle che vendono frutta, frittelle e gamberi del Black river, per la verità piuttosto piccanti e qualcuno ne ha approfittato per uno spuntino. La possente venditrice si è lasciata fotografare gentilmente. Di nuovo in bus percorriamo alcuni km della Bamboo avenue, dove un tempo si riunivano gli schiavi per mangiare dopo il lavoro nei campi. Enormi bamboo si alzano ad arco formando una ombreggiante tettoia. In Italia questa strada è famoso per uno spot della Fiat. Finalmente giungiamo al Black river e partendo dalla foce lo si può risalire per 4 km su di un comodo traghetto e tra le sponde formate da mangrovie osserviamo fauna acquatica tra cui piccoli aironi bianchi. Tuttavia l’attrazione principale sono i coccodrilli americani, ormai abituati ai turisti, e che prendono cibo dalle mani dei traghettatori. Per i più temerari a pochi metri di distanza possibilità di fare il bagno. Alle 14 lasciamo il Black river, e pranziamo in un piccolo ristorante vicino al mare. Il ritorno ci mostra un’altra parte di questa selvaggia Giamaica.

Gli ultimi tre giorni scorrono facendo acquisti, colloquiando coi vari personaggi giamaicani, e usufruendo gratuitamente della canoa e soprattutto del piccolo catamarano, semplice da “guidare” e che consente di vedere la baia dall’oceano. Il ritorno con la Neos in overbooking, sicuramente una delusione, gente che aveva il biglietto di business è dovuta sedersi in economy, sosta di un’ora a Cancun relegati in una spoglia saletta, e ultime 10 ore di viaggio per la Malpensa. Da qualche parte avevo letto lo slogan “Il bello del viaggio è il viaggio”: in questo caso proprio no, il bello del viaggio è stata la meta, cioè la Giamaica, sicuramente più interessante della Repubblica Dominicana e con clima migliore rispetto al Messico, mentre una rilassante musica reggae ci accompagnava durante il giorno. Personalmente la consiglio. Per chiudere non si possono omettere due parole su Bob Marley, icona giamaicana e che ha attirato tanti giovani stranieri. Muore nel 1981 a 36 anni per malattia. Credeva nella difesa del “nero”, i capelli rasta sono la “Criniera del leone” raffigurato nella bandiera etiopica del Negus di cui Marley era grande ammiratore poiché primo “nero” ad essere incoronato re. Il vero rasta chiede la legalizzazione della mariuana (legalize it!), credendola naturalmente un dono di Dio, e non fuma droghe pesanti, non si ubriaca ed è vegetariano. Rasta deriva da Ras Tafani, appunto il nome del Negus. Ma ci sarebbe tanto altro da dire… fatevelo raccontare da chi vive in loco, e non date fiducia a chi si definisce “Rasta” senza esserlo fino in fondo… stranieri compresi, che del rasta prendono solo il “fumo” e poco altro. Sono autorizzato a darvi questa mail: jamaica@presstour.it a cui risponderà Fabio, che vive a Negril ed è corrispondente di tour operator italiani: a lui potrete chiedere qualunque cosa anche curiosità che le agenzie non possono sapere e che desiderate conoscere se volete intraprendere un viaggio in Giamaica. Oltre che su tpc foto dei viaggi sul nostro sito http://poneloya25.weebly.com



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