Negli States… La Merica, Sandy e noi

Viaggio a New York... e l’incontro con la tempesta perfetta
Scritto da: Summergift
negli states… la merica, sandy e noi
Partenza il: 27/10/2012
Ritorno il: 02/11/2012
Viaggiatori: 3
Spesa: 1000 €
Questa avventura è iniziata con la voglia di poter mordere un pezzo di quella che per noi italiani rimane ancora la meta ideale del viaggio della vita: New York City.

Quello che New York emana è profumo di speranza, di rinnovamento e di voglia di creare e crearsi una nuovo futuro.

Tutto è iniziato il 27 Ottobre dall’aeroporto di Fiumicino dove io e la mia allegra compagnia, mia sorella e il mio fidanzato, abbiamo volato con Alitalia in direzione Newark. Dall’aeroporto tramite un bus siamo arrivati molto vicini al nostro hotel situato a Times Square. Visto che il jet lag non si era fatto sentire abbiamo iniziato a girovagare nella celebre piazza in cui i manifesti pubblicitari sono i protagonisti assoluti. Times Square, infatti, è anche chiamata la ‘Great White Way’, la grande via bianca e proprio qui si può capire perché New York è la città che non dorme mai. Giungiamo fino al Rockefeller Center dove è stata già montata la pista di ghiaccio e si può pattinare.

La mattina seguente ci siamo diretti verso Battery Park dove con il traghetto abbiamo raggiunto la Statua della Libertà (Lady Liberty) ed Ellis Island. Prima di partire ho acquistato il City Pass (86 dollari), un insieme di biglietti che consentono di entrare nelle maggiori attrazioni della città senza fare file e con un notevole risparmio economico. La fila, comunque, per andare a vedere da vicino Lady Liberty è lunga ugualmente ma scorrevole. Giunti a Liberty Island, l’isolotto che ospita la ‘Lady’ e dopo aver fatto le foto di rito cerchiamo la fila per salire dentro la statua che riapriva quel giorno (28 ottobre) dopo svariati mesi di chiusura per restauro. Purtroppo, però, per accedere alla statua, corona e torcia compresi, bisognava prenotarsi da internet sul sito dedicato e visto che questa informazione ci era sfuggita dobbiamo rimandare la visita. Un buon motivo per tornare. La seconda tappa della giornata è Ellis Island. Nel frattempo, nuvoloni carichi di pioggia si intravedevano all’orizzonte ma visto il forte vento pensavamo ad una nuvola passeggera. Come ci sbagliavamo: era Sandy pronta a colpire! Comunque abbiamo avuto il tempo di visitare il simbolo della speranza ma anche delle lacrime e dei sogni infranti di quelle persone provenienti da tutto il mondo, Italia e soprattutto Sud Italia compresi. Erano proprio i migranti italiani a chiamare gli Stati Uniti la Merica come ad intravederne già nel nome il miraggio di una terra promessa e lontana. Il luogo è veramente toccante. I migranti venivano sottoposti a test cognitivi e di lingua, attualmente discutibili, e venivano classificati quasi fossero degli animali da smistare. Non tutti poi erano così fortunati da poter entrare in America. Alcune persone, dopo aver affrontato un viaggio che non è sicuramente quello di lusso odierno, venivano rimandate indietro perché non ritenute idonee o mentalmente sane. Tutto ciò è ben raccontato dalle istallazioni presenti nell’edificio e alla fine si può persino cercare, se lo si ha, il nome del proprio antenato giunto su questo isolotto in tempi passati. Recentemente è stato costruito un muro il Wall of Honor dove sono incisi migliaia di nomi e altri se ne possono aggiungere delle persone giunte in America.

Al ritorno dall’isola abbiamo fatto una lunga passeggiata nell’area storica di Manhattan, giungendo vicino al ‘toro’, opera di Arturo di Modica, e rappresentante i rialzi della borsa. Intanto il tempo peggiorava ma noi impavidi continuavamo a camminare. Siamo arrivati a piedi sul ponte di Brooklyn e lo abbiamo percorso fino a metà. A quel punto ci siamo resi conto che il maltempo stava non era per niente una nuvola passeggera e la conferma ci è stata data dalla chiusura anticipata della metropolitana alle sette del pomeriggio.

È qui che incomincia la seconda parte del nostro viaggio caratterizzata da acqua, vento, negozi chiusi, mezzi inesistenti e vestiti bagnati. Prima di riprendere la metro per tornare a Times Square abbiamo fatto in tempo a visitare da fuori il luogo dove sorgevano le Twin Tower, le torri gemelle. Già osservando lo skyline (il panorama) da Ellis Island ci eravamo accorti di un enorme spazio vuoto tra i grattacieli, un vuoto che sembrava strano e irreale. Solo quando ci siamo trovati davanti al buco lasciato li dove fino a pochi anni fa sorgevano i grattacieli gemelli abbiamo capito l’imponenza e la gravità dell’evento. L’impressione che ho avuto è stata proprio questa: comprendere e vivere come la vivono i cittadini americani quella tragedia fino ad allora vista e rivista in televisione e nelle immagini sul web.

Facciamo appena in tempo a ritornare in albergo e a mangiare un ‘sano’ hamburger che si mette a piovere. Il peggio però doveva ancora venire. I giorni seguenti la pioggia ci ha accompagnati tenendoci per mano. I musei ovviamente erano chiusi, le strade deserte ma noi non ci siamo fatti prendere dallo sconforto e siamo usciti ugualmente. Il giorno di Halloween ci sarebbe dovuta essere la tradizionale parata di carri ma anche questa, giustamente, era stata annullata. In quei giorni in cui la città era un po’ una città fantasma abbiamo visitato SoHo, Little Italy, China Town, NoHo e Nolita. Non siamo riusciti a cogliere lo spirito di questi quartieri perché non c’era gente per le strade e noi sembravamo dei viandanti del tempo. Siamo andati a vedere anche il Flat Iron, il primo grattacielo di NY costruito a forma di ferro da stiro. Anche l’Upper East Side non ha disdegnato una nostra visita. Le butique di alta moda e lo stile raffinato degli edifici delineavano solo in parte il lusso del quartiere. Le persone, chiuse nelle loro case, avrebbero aggiunto quel tocco in più che sicuramente coglieremo nel prossimo viaggio a NY.

Gli ultimi giorni di vacanza li abbiamo trascorsi a visitare tutto ciò che ci veniva offerto dal City Pass. Gli effetti dell’uragano Sandy, però, erano ancora ben visibili anche se non pioveva più. La metropolitana era completamente allagata e i bus non seguivano le solite rotte perché c’erano molti alberi caduti e disagi vari. Ciononostante siamo riusciti ad arrivare al Guggenheim Museum il capolavoro architettonico di Frank Lloyd Wright che attualmente ospita una bella mostra sulle opere in bianco e nero di Picasso. Questo museo è visitabile in poche ore e vi consiglio di procedere dall’alto verso il basso. Molto spesso ho avuto le vertigini e non so se questo era dovuto all’andamento a spirale del museo o ai i disegni quasi psichedelici di Picasso, provare per credere.

Quel giorno avremmo voluto visitare in bicicletta Central Park. Ovviamente era chiuso e lo abbiamo visto solo da fuori. Compriamo un hot dog in uno da uno dei tanti camioncini ambulanti e ci viziamo anche con un waffle alla nutella. Il pomeriggio lo trascorriamo tra Medison Ave e la 5° strada tra negozi vari. Andiamo anche nel mitico negozio della Apple, riaperto dopo 3 giorni di chiusura. Sempre in quell’area c’è il famoso negozio di giocattoli dove è stata girata la scena del pianoforte suonato con ‘ piedi’ nel film Mamma ho perso l’aereo.

Il penultimo giorno visitiamo il MoMa (The Museum of Modern Art). Il museo apre alle 10.30 e abbiamo il tempo di fare una lunga colazione da Starbuck dove la connessione è free e possiamo anche controllore mail e facebook. Del MoMa consiglio di visitare il 5 e il 4 piano dove ci sono dipinti di van Gogh, Picasso, Cèzanne, Dalì, Kahlo, Matisse, Monet, Lichetenstein, Pollock, Wharol ed altri.

L’ultimo giorno visitiamo il Metropolitan Museum of Art, dove si può fare un viaggio in tutta la storia dell’arte dagli egizi ad Andy Wharol e, essendo io un’aspirante antropologa, l’American Museum of Natura History. La sera, invece, verso le nove ci siamo diretti verso l’Empire State Building. Tutta la zona era completamente al buio perché, sempre a causa della tempesta perfetta, era saltata l’elettricità. Per terra i poliziotti avevano sistemato dei fumogeni rossi per fare un po di luce e il risultato era veramente spettrale. In compenso la vista di cui si gode dal 86° piano dell’Empire è scintillante e piena di luce. Sotto i nostri piedi la città con le sue mille luci e la sua inesauribile energia. Anche dalla parte bassa di Manhattan, completamente al buio, si poteva sentire pulsare il cuore di questa straordinaria città.

See you soon NY!

Serena Vaccaro

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