Naxos, il nostro viaggio in moto e il Meltemi
Ma andiamo con ordine. Ci imbarchiamo a Bari il 13 agosto e dopo circa 15 ore di navigazione sbarchiamo a Patrasso, città principale del Peloponneso e uno tra i principali scali turistici intermedi della Grecia ionica. La nostra prima destinazione è Atene, dove abbiamo prenotato dall’Italia una doppia in un albergo di livello medio in pieno centro.
Durante il tragitto sperimentiamo per la prima volta i picchi vertiginosi delle temperature greche, che ci fanno rimpiangere da subito la mitezza delle massime italiane, sia io che Andrea giureremmo infatti che in alcuni punti si siano superati largamente i 40°. In questo caso, a onor del vero, il Meltemi ci è venuto in soccorso, alleviando in parte il caldo reso ancora più insopportabile ai nostri sensi dal fatto che, viaggiando in moto, siamo equipaggiati di tutto punto.
Sulla strada per Atene non possiamo non preventivare una doverosa sosta per ammirare la spettacolare opera dello stretto di Corinto, inaugurato nel 1893 dopo ingarbugliate vicissitudini storiche, che, con i suoi 6343 metri di estensione e 23 di larghezza, collega la Grecia continentale al Peloponneso.
Ripreso il nostro viaggio, arriviamo nel pomeriggio ad Atene, e qui, causa la carenza di indicazioni chiare e la sfortuna di non trovare indigeni pratici di lingua inglese, fatichiamo non poco a trovare il nostro albergo che pur si trova a ridosso della centralissima Piazza Omonia.
Ritemprati e rinfrancati da qualche ora di riposo, decidiamo di trascorrere la serata nell’antico quartiere pedonale di Plaka. A Plaka i negozietti di souvenirs, i ristoranti tipici, le trattoriole, accomodate ovunque lungo le caratteristiche stradine strette lastricate, arrivano su fino a lambire la collina ai piedi dell’Acropoli, restando aperti fino a tarda ora.
Qui in un gradevole e tranquillo ristorantino turistico, con diversi tavolini sparsi al riparo di un pergolato, facciamo la nostra primissima conoscenza della deliziosa cucina greca, assaggiamo dell’ottima moussaka innaffiata con del vino bianco locale. Come entree prendiamo dell’insalata greca, ma questa sarà una piacevole costante dell’intero viaggio.
L’indomani mattina decidiamo di puntare la sveglia di buon ora: non possiamo lasciare Atene prima di avere visitato l’Acropoli.
Vi arriviamo verso le dieci, la temperatura è ancora gradevole, siamo fortunati è il giorno di ferragosto che coincide con non so quale festività religiosa locale, quindi l’accesso alle vestigia è libero, non ci sono code da fare se non quella obbligatoria per depositare gli zaini.
L’Acropoli è la parte più elevata della collina che sovrasta la città di Atene, non a caso da qui ci si rende conto della eccezionale estensione dell’abitato della capitale che si propaga a perdita d’occhio in un fittissimo dedalo di costruzioni bianche. Popolata fin dall’epoca neolitica, l’Acropoli si venne man mano a trasformare in area sacra con la progressiva costruzione di più templi. I Propilei, il Tempio di Athena Nike, l’Eretteo ed il Partenone. Quest’ultimo è dedicato alla dea protettrice della città, Atena Partenos (ossia Atena Vergine) e, andato distrutto quando la città fu conquistata dai persiani tra il 480 e il 479, fu ricostruito durante il governo di Pericle che lo affidò al genio artistico di Fidia.
Attualmente è ancora in fase di restauro, pur conservando assolutamente intatto il fascino della sua possenza e raffinatezza.
Ripartiamo da Atene in tarda mattinata, la nostra destinazione è Lavrio, porticciolo sull’estrema punta dell’Attica, da dove ci imbarcheremo per Naxos.
Imbocchiamo da Atene la strada del mare, proseguendo poi per chilometri e chilometri costeggiati da un paesaggio arido, sulla stessa direttrice dell’aeroporto.
Dopo circa un’ora di tragitto ci appare Lavrio, inattesa dietro una collina, ci dirigiamo subito al porto e non incontriamo difficoltà a trovare posto sulla nave veloce per imbarcare noi e la moto. Il tragitto che ci aspetta è di tre ore. Ma abbiamo ancora tempo prima di imbarcarci, sono le due passate, e decidiamo di andare in cerca di qualcuno di quei chioschetti tipici di cui tanto abbiamo sentito parlare per soddisfare i nostri stomaci che reclamano.
Non dobbiamo girare molto che ci troviamo di fronte a un localino che, data la gente in fila ad attendere per essere servita, deve essere parecchio rinomato a Lavrio, anzi, a guardare bene, propone una grande varietà di carni allo spiedo. Un buffo cameriere ci invita a sederci, lo seguiamo e ordiniamo due gyros pita e una bottiglia d’acqua, totale 4 euro, servizio compreso. Rimaniamo sbalorditi. In Italia 4 euro a momenti non bastano neppure per due caffè! Finito lo spuntino rimontiamo in sella e ci imbarchiamo per Naxos, l’imbarcazione è semideserta, i passeggeri sono per la maggioranza greci. L’arrivo a Naxos è previsto per le 18, siamo un po’ preoccupati, è il 15 di agosto e non abbiamo prenotato l’alloggio, una volta sbarcati ci affideremo alla nostra buona stella.
Eccoci a Naxos, dribbliamo i vari affittacamere del porto e ci dirigiamo dritti verso un ufficio del turismo consigliato dalla nostra guida. Un buco nell’acqua. Alla fine ci lasciamo convincere da un giovane intermediario che ci sembra particolarmente a modo. 60 euro a notte (compresa la pulizia giornaliera) uno studios in piena Chora e a 20 metri dalla spiaggia di Agios Georgios. Dato il periodo di alta stagione, la somma ci sembra ragionevole. Andiamo a vederlo e concludiamo la trattativa, resteremo 6 notti. È quasi sera, sistemiamo i bagagli e andiamo alla scoperta della Chora, città principale dell’isola e nostra base di stazionamento.
Riguadagnamo il centro percorrendo di buon passo un dedalo di viuzze lastricate che costeggiano un numero interminabile di casette bianche in pietra di forma cubica con imposte e porte tinteggiate di blu in caratteristico stile cicladico, tutte armonicamente affiancate e messe in fila a creare un suggestivo ed incantevole insieme.
Proseguendo fino al porto la nostra attenzione è catturata dalla “Portara”, impressionante monolite rettangolare che sorge sulla sommità di un isolotto collegato alla Chora da una stretta lingua di terra lambita dal mare.
Si tratta dei resti di quello che era il Tempio di Apollo (VI sec. A.C.) e che, con l’illuminazione notturna, si rivestono di sfumature di particolare fascino.
Lasciato il porto ci dirigiamo verso il quartiere Kastro, dove, la fortezza posta sulla sommità ci ricorda la dominazione delle Cicladi da parte dei veneziani nel 1207, in occasione della quale Naxos fu erta a quartier generale.
Rapidamente arriva l’ora di cena, qui in Grecia si mangia a qualsiasi ora, le cucine dei ristoranti restano aperte fin dopo l’una di notte. I Greci sono soliti sedersi a tavola non prima delle 22.30.
L’offerta è davvero varia, alla fine optiamo per un ristorantino alle spalle del porto in piena Chora dove Andrea proverà il pastitsio ed io un suvlaki di pollo. Tutto ottimo, anche se dopo tre giorni di cucina greca cominciamo ad essere un po’ nauseati della onnipresente ed abbondante cipolla! È il 16 agosto, prima di avventurarci nell’esplorazione dell’isola decidiamo di concederci una giornata di pieno relax e di sfruttare all’uopo la spiaggetta a 20 metri dalla nostra sistemazione, si tratta di quella di Agios Georgios. Ci sono una serie di stabilimenti balneari, molto frequentati da famigliole con bambini, un ombrellone con 2 lettini ci costa 7 euro per la giornata, c’è anche il servizio bar.
La spiaggia è sabbiosa, non particolarmente pulita, il mare è estremamente cristallino ed invitante anche se un po’ freddino.
È il 17 agosto, inizia il nostro tour on the road alla scoperta dell’entroterra, alla ricerca delle mete meno turistiche e della Grecia più incontaminata.
Inforcata la moto ci lasciamo alle spalle la Chora. Ci dirigiamo verso Agios Procopios e Agia Anna, proseguendo per un tratto di strada non asfaltata e parecchio polverosa. Poi una volta superato il piccolo aeroporto di Livadi, il paesaggio che incontriamo è tendenzialmente brullo, solo a tratti più verdeggiante, con molti recinti di pietra viva in cui stazionano piccole greggi di bestiame e qualche asino.
Proseguiamo ancora verso l’interno in direzione Sangri, dove ci fermiamo per visitare la chiesetta bizantina di Agios Nicolaos, risalente all’alto medioevo, i cui affreschi sono ancora in buono stato di conservazione.
Ci sono diverse chiesette bizantine nella zona, alcune spiccano nel loro biancore svettando su cime di colline brulle e numerosi nel paesaggio dell’entroterra sono anche i mulini a vento.
Inoltrandoci a sud della frazione di Ano Sangri ci dirigiamo verso il sito archeologico del Tempio di Demetra, che risale al VI sec. A.C e vale bene una sosta sulla nostra tabella di marcia.
Proseguiamo quindi verso Halkì passando per Filotì, ed ancora ci addentriamo fra le colline fino a raggiungere il villaggio di Danakos, che ha in serbo per noi il primo vero incontro con la Grecia più genuina.
Qui ci fermiamo per pranzo in una taberna minuscola, con 3 o 4 tavolini alloggiati sotto un delizioso pergolato di vigna, gestita da Kyrie Florakas e da sua figlia.
La lista dei cibi è davvero scarna e altrettanto lo è la padronanza della lingua inglese del nostro oste, ma io e Andrea, seduti al tavolino cigolante di questa locanda, riusciamo ad assaporare mai come prima l’atmosfera, i sapori e la generosità di questa affascinate terra. Una sensazione simile ci ricapiterà di avvertire ad Apirathos, il paese più antico e più caratteristico dell’isola. I suoi abitanti parlano un dialetto autoctono di derivazione cretese, peraltro con forme di gestualità assolutamente singolari e un anziano venditore di olive ce ne ha offerto un curioso esempio, svolgendo una rumorosa trattativa commerciale proprio a due passi da noi. Di Apirathos sono caratteristiche inoltre le stradine lastricate di pietra bianca che sarà piacevole percorrere in lungo e in largo, mettendo in conto, fra le altre cose, una visita al locale museo del folklore contadino.
Un pezzo di cuore lo abbiamo poi lasciato ad Apollonos, delizioso e minuscolo borghetto marinaro che sorge in prossimità di uno dei due Kouros presenti nell’isola. Quello di Apollonos è un’enorme statua monolitica incompiuta che raffigura il dio Dioniso e raggiunge l’altezza di 10 metri! Anzi, a voler essere proprio sinceri, una briciola del nostro cuore è rimasto in ogni collina, in ogni vallata, in ogni chiesetta, in ognuna delle splendide calette, su ognuna delle impervie strade bianche che i nostri occhi hanno avuto modo di scoprire nel corso del nostro bellissimo viaggio on the road di quest’estate.
E portiamo con noi il carezzevole ricordo di una terra splendida e, a suo modo, ancora selvaggia, della cordialità estrema della sua gente, sorprendente e spiazzante nella sua semplicità, del fascino delle suggestioni mitologiche che ancora oggi sopravvivono rendendo quest’isola affascinante e magnetica come poche altre e che ci sentiamo di consigliare, senz’altro, a tutti voi, amici di Turisti per caso.