Natale con gli elefanti
Dopo circa nove ore di volo, il Boeing 737-400 dell’Air Italy sul quale stiamo volando, atterra sulla pista del Moi International Airport. Fuori dall’aeroporto la prima cosa che mi colpisce sono i colori e i profumi di questo continente a me ancora sconosciuto: alcune donne chiacchierano allegramente all’ombra di piante cariche di fiori, piccoli uccelli volano sopra di noi e curiosi rischiò aspettano i turisti. A bordo di un pulmino dell’African Safari Club lasciamo il centro città situato su un isola circondata dal Tudor Creek e dal Kilindini Harbour. Percorrendo la strada costiera verso nord raggiungiamo il Paradise Beach Hotel, attraversiamo il lungo viale alberato e scendiamo davanti alla hall. Un fattorino ci prende i bagagli e, dopo il cocktail di benvenuto, ci porta alla nostra camera all’ultimo piano di uno dei quattro edifici che compongono il villaggio turistico. Il pomeriggio lo trascorriamo in spiaggia camminando sulla battigia, in cielo non ci sono nuvole e il sole brilla alto nel cielo. Il pezzo d’oceano che bagna le spiagge della grande baia è tranquillo e l’acqua è limpida e fresca. Attratti dalle bancarelle sotto le palme ci avviciniamo e veniamo praticamente obbligati a comprare qualcosa; tra collane di conchiglie, statue intagliate nel legno scuro e dipinte con colori naturali, braccialetti di pietre levigate e maschere particolari si ha solo l’imbarazzo della scelta. Così ritorniamo in camera con sacchetti di souvenir.
Svegliati dai raggi del sole scendiamo al ristorante e un’ottima colazione all’inglese allieta la nostra mattinata che trascorriamo in giro per la città per delle spese urgenti. Nel pomeriggio dopo esserci riposati per un paio d’ore in camera andiamo in piscina approfittando della momentanea tranquillità del parco. L’acqua ci sottrae per qualche attimo alla calura keniota: le temperature invernali, nella fascia costiera, oscillano infatti tra i 24 e i 38 °C. Qualche nuotata e ritorniamo in camera dove occupiamo il tempo rimasto prima della cena per leggere e fare i cruciverba in terrazzo. È proprio in questo momento che una piccola scimmietta, una delle tante che popolano i giardini dell’albergo, ci raggiunge incuriosita dalla nostra presenza. Gli diamo un pezzo di cracker che sgranocchia sulla balaustra della terrazza e dopo qualche minuto se ne ritorna tranquillamente sulle palme. Il sole essendo ormai prossimo alla linea che separa cielo e mare ci avvisa che il giorno sta volgendo al termine, quindi, cenato al ristorante, andiamo a dormire.
Dopo una colazione a base di frutta esotica decidiamo di passare la mattina in piscina. Decine di gatti che, come le scimmie, sono graditi ospiti dell’hotel si rincorrono giocando intorno a noi, poi, stanchi, si lasciano cadere sul soffice tappeto erboso. Rinfrescati andiamo a pranzare e trascorriamo il pomeriggio in camera scrivendo le cartoline a parenti e amici. Verso le quattro Ukulele, la simpatica scimmietta che abbiamo già conosciuto, ritorna a farci visita seguita poco alla volta da altre compagne. In poco più di mezzora ci ritroviamo il terrazzo invaso da una decina di scimmie. I maschi, innervositi dalla presenza di altri rivali, incominciano a digrignare i denti, e noi, impauriti, ci “barrichiamo” in camera chiudendo bene le porte scorrevoli. Verso sera andiamo in spiaggia e, attirati da un sottofondo musicale, raggiungiamo il giardino dell’albergo adiacente dove un coro gospel allieta i turisti con canti natalizi. La giornata si conclude con un meraviglioso cenone di Natale all’africana incorniciato da grandi torte di frutta e composizioni floreali.
In Kenya il Natale è molto diverso da quello a cui siamo abituati in Italia; l’unica cosa che ci rammenta che siamo sotto le feste sono i festoni colorati della reception che vediamo uscendo dall’hotel. Abbiamo deciso di trascorrere almeno una parte del Natale in un modo insolito. Ci facciamo portare dal nostro amico tassista nelle baraccopoli di Mombasa. La strada che percorriamo divide in due parti la periferia della città: alla nostra sinistra vediamo villaggi turistici, giardini verdeggianti e auto di lusso; alla nostra destra invece case di lamiera, bidoni per la raccolta dell’acqua piovana e strade dissestate. Partecipiamo alla messa insieme a decine di bambini a cui doniamo dei giochi e delle matite colorate augurandoci di allietare il loro Natale. La funzione è accompagnata da canti e balli tradizionali, la chiesetta è addobbata con palle colorate e in un angolo è stato allestito un piccolo presepe. Dopo pranzo restiamo in camera per rilassarci qualche ora, oggi il clima, se possibile, è ancora più caldo e umido. Cenato andiamo subito a letto perché domani dovremo alzarci molto presto, mi aspetta il mio primo safari.
Ore 05.10 Sveglia! Un pulmino dell’hotel ci porta alla pista sterrata dell’African Safari Club dalla quale partiamo con un piccolo Cessna da venti posti. Dopo una sosta per il rifornimento di carburante all’aeroporto di Mombasa ripartiamo verso l’entroterra keniota. Per mezz’ora sotto di noi vediamo solo la savana: un’immensa distesa brulla decorata da folti alberi e verdi cespugli. Poi finalmente avvistiamo il Crocodile Camp, accanto al quale scorre un impetuoso fiume color ocra. Ci sistemiamo nella tenda che sarà la nostra camera per una notte e, dopo aver “socializzato” con delle non troppo amichevoli scimmie, partiamo immediatamente per il primo safari nello Tsavo East National Park, una delle due parti in cui si divide lo Tsavo National Park. Il parco, istituito nel 1948, è il più grande parco del Kenya e uno dei più estesi dell’Africa con i suoi 21.812 km2. Nei due safari programmati per la giornata vediamo branchi di gazzelle, di impala e di zebre, alcuni dik-dik, un grosso ippopotamo con il solito uccellino sul dorso vicino al fiume Tsavo, un marabù appollaiato su un enorme baobab solitario e un nutrito gruppo di babbuini intenti a spulciarsi. Durante il ritorno al campo, verso le sette di sera, notiamo di sfuggita nell’ombra un magrissimo sciacallo correre in cerca di cibo. Dopo aver cenato in compagnia di una famiglia genovese e di un fastidioso sciame di moscerini ci ritiriamo nella tenda.
Quando usciamo dalla tenda con lo zaino in spalla è ancora l’alba, facciamo colazione guardando lo Tsavo scorrere sotto di noi e i coccodrilli sdraiati sulle sponde. Prendiamo il pulmino per il nostro ultimo safari dove vediamo branchi di zebre e impala, oltre a qualche giraffa brucare le foglie degli alberi, due leoni a caccia di antilopi e i meravigliosi elefanti, i Red Elephants. La colorazione della pelle di questi grandi mammiferi, come dice il depliant del parco, è dovuto alla terra che caratterizza questi luoghi e che loro usano per asciugarsi. Attorno a mezzogiorno, mentre aspettiamo di uscire dallo Tsavo East facciamo amicizia con alcuni bambini a cui diamo delle caramelle. Pranziamo come di programma al Sagala Lodge, un elegante e caratteristico albergo nel mezzo della savana e nel primo pomeriggio riprendiamo il viaggio per la costa sulla A109, la strada che collega la capitale Nairobi al principale porto del paese passando in mezzo al Parco Nazionale dello Tsavo. Dopo qualche ora di tragitto l’altro pulmino ha dei problemi al motore e per due volte siamo costretti a fermarci. Quando arriviamo al Paradise Beach Hotel sono quasi le dieci. Stanchi morti per il lungo ed estenuante viaggio di ritorno ci buttiamo immediatamente nel letto.
Ci concediamo qualche ora di meritato sonno e ci alziamo abbastanza tardi. Il tempo di una gradita colazione ristoratrice e diamo al nostro tassista Donald la libera scelta su cosa farci vedere di Mombasa. In città le impronte stilistiche nell’architettura degli edifici evidenziano le diverse dominazioni che si sono succedute. Il monumento principale è Fort Jesus, costruito dai portoghesi nel XVI secolo e per secoli il cuore della difesa costiera. Degni di nota sono inoltre le Mombasa Tusks, enormi zanne d’elefante che segnano l’entrata di Mombasa, il centro storico che ricorda i tempi in cui gli arabi esercitavano una forte influenza sulla città e alcuni templi indù che regalano anche una sfumatura orientale al contesto cittadino. Dopo pranzo ci concediamo un po’ di relax all’Haller Park, il più grande santuario degli animali di Mombasa ottenuto dalla bonificazione di una vecchia fabbrica di cemento nel 1971. Augurandoci di rivederci al più presto salutiamo Donald e rientriamo in albergo per un ultima nuotata in piscina prima del ritorno in Italia.