Napoli, storia della fine di un pregiudizio

“Vorrei tanto essere un turista, per vedere Napoli con i suoi occhi” è con questa frase detta dal tassista che mi portava in centro dall'aeroporto, che ebbe inizio la mia esperienza in terra Campana. Subito non capii, poi compresi.
Scritto da: youngtimer
napoli, storia della fine di un pregiudizio

Desideravo fare una vacanza che fosse piena di colori, di profumi, che mi riempisse il vuoto grigio lasciato dai due anni di Covid. Mentre ero perso a cercare un luogo ideale, mia moglie passa di fianco a me e, con molta leggerezza, mi suggerisce: “Se andassimo a Napoli?

Devo ammettere che, da uomo del nord, ero un po’ scettico su tale scelta, lei invece da donna, fu lungimirante.

Nonostante le mie perplessità sul luogo e le mie preoccupazioni, prenoto un volo su Easyjet, un mese prima della partenza, per assicurarmi un buon prezzo ed un hotel su Booking, possibilmente in centro. Hotel Napolit’amo mi sembra perfetto, delizioso hotel su via Toledo, così da poter godere, ad ogni spostamento, dell’uscita metro più bella d’Europa.

Inizia la mia ricerca tra guide cartacee e online, riviste, blogger e ufficio turistico di Napoli per organizzare al meglio questa mia settimana….cosa ne è venuto fuori? Leggete e giudicate.

Giorno 1, domenica

Arriviamo a Napoli di domenica pomeriggio. Mi trovo di fronte una città viva, rumorosa, caotica ma ordinata, una specie di caos calmo, con l’aria che profuma di cibo, totalmente diversa dal mio immaginario; stranamente mi sento sicuro, accolto, la gente qui ti saluta, ti sorride.

Percorriamo via Toledo, e rimango stupefatto dalla quantità di venditori di cibo, di una cosa fui subito certo, non avrei avuto nessuna difficoltà a capire dove mangiare, a Napoli è il cibo che viene da te!

Entriamo in Galleria Umberto I simile alla galleria di Milano, usciamo dal lato destro e ci troviamo di fronte al Teatro San Carlo, attraversiamo la piccola piazza con la fontana del Carciofo ed ecco la splendida, immensa Piazza Plebiscito. Vista mille volte in televisione e su riviste, ma solo calpestarne il suolo ti fa capire la sua grandezza.

Entriamo nella Chiesa di San Francesco di Paola che ricorda il Pantheon di Roma ed è considerata uno dei più importanti esempi di architettura neoclassica in Italia, uscendo dal suo porticato, godiamo della vista di Palazzo Reale.

Ci concediamo una passeggiatina lungomare, fino a Castel dell’Ovo, il castello più antico della città, uno degli elementi che spiccano maggiormente nel celebre panorama del golfo, giungiamo nel piccolo porticciolo restaurato del Borgo Marinari, pieno di bar, ristoranti, caffè che si affacciano sul mare, un gioiellino turistico.

La fame inizia a farsi sentire, ritorniamo sui nostri passi e giunti all’imbocco di via Toledo, da Piazza Plebiscito, ci fermiamo a mangiare da “Fiorenzano pizzaioli dal 1897”, ma la nostra scelta non ricade subito sulla pizza, ma su due piatti tipici della cucina napoletana, pasta patate e provola servita in un cestino di pizza ed una genovese; si tratta di Ziti conditi con un sostanzioso ragù in bianco, preparato con tantissima cipolla, che durante la lenta cottura si trasforma in una deliziosa purea, molto saporita e con una spiccata nota dolce.

Finiamo con un piatto di polpette con ragù napoletano.

Banale dire che è stato sublime assaggiare questi piatti, ricchi di sapori ma, a differenza di quello che uno può pensare, molto digeribili. Quanto è bello tuffarsi nella cultura del luogo, e in fatto di cibo, io da buona forchetta, mi immergo volentieri, perchè è da qui, dalla cucina, che capisci l’anima di un posto, e quest’anima, sta iniziando a far vacillare il mio pregiudizio.

Giorno 2, lunedì

Questa giornata la dedichiamo al centro storico di Napoli, da via Toledo, lasciando Piazza Plebiscito alle nostre spalle, ci dirigiamo verso piazza Carità e da lì proseguiamo verso Piazza Monteoliveto, dove si trova il Complesso Monumentale di Sant’Anna dei Longobardi; è una chiesa monumentale di Napoli, da non perdere, la sacrestia del Vasari e la cappella Piccolomini, due chicche che non ti aspetti.

Uscendo ci dirigiamo verso il famoso Monastero di Santa Chiara che si trova in Piazza del Gesù, dove si affaccia la Chiesa omonima, con la sua particolare facciata ricoperta da piccole piramidi. L’immagine del chiostro del Monastero è nella mente di tutti, con i pilastri, a pianta ottagonale, rivestiti da maioliche con festoni vegetali, collegati tra loro da sedili sui quali, con la stessa tecnica, sono rappresentate scene tratte dalla vita quotidiana dell’epoca.

Ma tutto il suo porticato è incantevole, come pure la Basilica, che ti riporta al 1300.

Lasciato Santa Chiara, proseguiamo verso Piazza San Domenico Maggiore, per giungere alla Cappella di San Severo, dove potrò ammirare una delle opere più suggestive e famose al mondo, il Cristo Velato.

Entrando, si capisce subito dov’è, per il capannello di gente in cerchio, che sembra professare un qualche rito magico, mi avvicino, cerco il mio spazio per poter scorgere l’opera, ed ecco di fronte a me, quest’uomo ricoperto da un velo trasparente, che sembra esalare l’ultimo respiro, ed io insieme con lui. Grazie Giuseppe Sanmartino per questo dono all’umanità.

Ma nella cappella non c’è solo il Cristo, altre opere tutt’attorno meritano rispetto, il Disinganno, con quella rete fatta di marmo, e la dolce Pudicizia. Una Cappella che da fuori non noteresti mai, dentro conserva emozioni. Un po’ come Napoli, che non devi guardare l’esterno, ma devi entrare nella sua anima per capirne a fondo la straordinaria grandezza.

Percorrendo la caratteristica, vivace, colorata, profumata, via dei Tribunali, scorgiamo il “complesso museale di Santa Maria delle anime del purgatorio ad arco”, saliamo le scale, e varcandone la soglia, cominciamo un vero e proprio viaggio nella cultura napoletana tra arte, fede, vita e morte.

Molto suggestiva, dettato anche dal sonoro che si diffonde nel sotterraneo, qui si trova il misterioso teschio, incoronato da un velo da sposa, chiamato Lucia, dove i novelli sposi, vengono a fare una preghiera ed una donazione, perché il loro matrimonio venga benedetto.

Dopo, questa presa di coscienza della morte, torniamo in mezzo alla vita, e giungiamo a San Gregorio Armeno, la via dei presepi. In fondo il Natale porta sempre allegria!!

Dopo due “vasche” in questa piccola via, andiamo a visitare la Napoli Sotterrata, guidati dalla spiegazione entusiasmante ed accattivante di una giovane guida, ci facciamo incantare dagli anni di storia di questa città.

Incredibile cosa si sia conservato nel sottosuolo di Napoli, è realmente una città sotto un’altra città.

Il nostro stomaco si fa sentire è ora di street-food, pizza fritta, d’inspiegabile leggerezza, che divoriamo, mentre osserviamo il murales del misterioso Bansky, che si trova proprio sul muro della pizzeria del Presidente, dove abbiamo acquistato il nostro delizioso manicaretto.

Cosa non può mancare, quando si visita Napoli? Naturalmente San Gennaro ed il suo tesoro, quindi proseguiamo lungo via Duomo, e ci addentriamo.

Si tratta di una delle più importanti e grandi chiese della città, fatta di sovrapposizione di più stili, che vanno dal gotico del trecento, fino al neogotico ottocentesco. L’entrata è gratuita, mentre per visitare il museo, con il suo tesoro, si paga un biglietto.

Si sente sempre parlare di questo tesoro, si conoscono le fattezze, ma averlo davanti è impressionante, di un’opulenza, copiosità, dovizia, senza paragoni.

Come ultimo regalo di questa giornata, mi concedo un’entrata al “Pio Monte della misericordia”, deliziosa pinacoteca, dove fra tutte vi è l’opera di Caravaggio “le 7 opere di misericordia”, ci si incanta sempre dinnanzi al grande maestro della luce.

Giorno 3, martedì

Questa mattina ci dirigiamo verso la stazione ferroviaria di Piazza Garibaldi, per prendere il treno che ci condurrà a Pompei è consigliabile prenotare online l’entrata, tramite ticketOne, così da evitare lunghe code e perdite di tempo.

I treni, come avrò modo di constatare nei giorni successivi, sono puntuali, puliti, con presenza costante di personale di bordo gentilissimi, altro che il nostro Milano/Torino; mi rendo conto per l’ennesima volta, di quanto i pregiudizi siano stupidi ed ingiustificati.

Uscendo dalla stazione di Pompei, veniamo subito accolti dal personale dell’ufficio turistico, dove acquistiamo la guida di Pompei con la mappa, che si rivelerà utilissima per la scoperta di questo sito unico al mondo.

Ci dirigiamo dritti verso la chiesa, che si scorge dalla stazione, e giunti nella sua piazza, svoltiamo a sinistra.

Percorriamo questo piccolo tratto di strada, ed eccoci all’entrata dei grandiosi Scavi.

Mappa alla mano, acqua nello zaino, siamo pronti!

Essendo un sito di 66 ettari, non è visitabile per intero in un solo giorno, ma seguendo le indicazioni del libricino acquistato e naturalmente scegliendo l’itinerario avanzato di 6 ore, si può vedere molto.

Camminando lungo le sue strade lastricate, osservando ai lati le dimore, è incredibile la sensazione di vita che suscita questa città morta. Mi sovviene un pensiero; “Ma dopo aver visto questo sito, come potrò trovare bello, affascinante, altri siti con reperti storici delle medesima epoca.?

Qui a Pompei hai visto tutto, hai vissuto, in prima persona, un’immersione nei primi anni dopo Cristo.

Rientriamo, stanchi ma soddisfatti, in quel di Napoli, e ci concediamo un “cuoppo di fritture” da Sofi in via Toledo.

Passeggio con il mio cartoccio di fritto in mano, il profumo suadente arriva prima della goduria, che ogni singolo pezzo, fa esplodere in bocca.

Assaporo lentamente, mentre attorno a me, urla di gente, che si trasforma in musica; odori che si trasformano in profumi.

Mi lascio trasportare, cullare, e penso: “È questa la gioia di vivere? Se non è questo, ci assomiglia parecchio!”

Giorno 4, mercoledì

Anche oggi, non stiamo a Napoli, ma torniamo in stazione, questa volta per raggiungere la Reggia di Caserta.

Anche quest’ingresso è stato prenotato tramite TicketOne da casa, come pure i biglietti del treno.

La Reggia di Caserta è un luogo straordinario per grandezza, complessità, bellezza. È uno tra i più grandiosi palazzi monumentali d’Europa e del mondo. Grazie ai Borbone, per averci lasciato questa meraviglia.

Alcuni numeri di questo complesso monumentale; la costruzione occupa una superficie di 47.000 metri quadrati, un’altezza che sfiora di 40 metri, e conta 1.200 vani illuminati da oltre 1.700 finestre.

Il genio di Vanvitelli qui si rivela, rendendola un’opera unica nel suo genere. Salendo l’imponente scalinata, si entra negli appartamenti, stanza dopo stanza, si rimane impressionati.

Ma a contribuire a rendere la Reggia di Caserta, un luogo unico al mondo, è sicuramente il Parco Reale, che si estende per circa 120 ettari e si sviluppa per una lunghezza di oltre 3 chilometri ,percorsi senza sforzo, costeggiando “la via d’acqua”; si è avvolti da così tanta bellezza che, non si percepisce, la fatica di questo percorso in salita.

Non fatevi mancare una visita alla Castelluccia, luogo di svago dei sovrani, ed al giardino Inglese.

Dopo essere arrivati in cima, ci concediamo una buona mozzarella di bufala, al ristorante “Daman”, situato all’interno del parco.

Ci ritroviamo all’interno di in uno splendido giardino, con vista su Caserta, musica jazz e soul ci fa compagnia durante il nostro pasto. Alberi di agrumi ci ombreggiano da una calda giornata, sembra un piccolo angolo di paradiso e dinnanzi a noi, il cibo proibito, un morso alla goduriosa sfera bianca, ed ecco che abbiamo commesso il peccato, si il peccato, di non poter provare questa delizia, quotidianamente nei nostri luoghi!

Anche alla Reggia, come per Pompei, concedetevi tutta la giornata. Ci sono posti che meritano tempo!

Giorno 5, giovedi

Questa giornata la dividiamo a metà, il mattino la dedichiamo alla città, visitando Palazzo Reale ed i quartieri spagnoli. Nel pomeriggio prendendo il treno in direzione Pietrarsa-S.Gregorio Armeno, per andare a vedere il Museo Nazionale Ferroviario.

Palazzo Reale, colpisce per i grandi saloni del piano nobile, che si raggiungono salendo lo scalone d’Onore, ornato di marmi colorati. Affreschi importanti decorano soffitti, arazzi della Reale Fabbrica di Napoli, sete che provengono dal vicino Belvedere di San Leucio, sete che si possono trovare al Quirinale, a Buckingham Palace, solo per citare alcuni luoghi di prestigio. Ricca è la collezione di pittura dell’ottocento. Insomma un palazzo da non perdere assolutamente!!

Nell’attesa che giunga l’orario, per prendere il nostro amato treno, ci intratteniamo passeggiando per i vicoli dei quartieri spagnoli. Colorati, caotici, odorosi di cibo, pieni di piccole botteghe, dove si vende la qualunque. Banchetti di frutta e verdura, di pesce, di carne; motorini che sfrecciano tra i passanti, nessun pericolo, solo folklore e gioia.

Mentre si gironzola in queste vie, è inevitabile giungere nella piazzetta dedicata a Maradona, con il murales a lui dedicato, e le immancabili bancarelle , dove si può trovare qualsiasi souvenir, sul calciatore.

È giunta l’ora di dirigersi verso la stazione, si parte verso Pietrarsa.

Si dice che uno dei compiti di un museo, sia quello di emozionare, sollecitare la fantasia e le antiche officine borboniche di Pietrarsa riescono perfettamente in questo intento.

Quando si giunge alla stazione si è già alla porta del museo, varcando la soglia del’ex reale opificio, ci si trova al centro di una scena imponente: una grande piazza si affaccia sul mare ed è impossibile non venire soggiogati da questo miracolo di luci e colori, che ha per quinte i corpi di fabbrica, antiche officine ora trasformate in museo e per fondale uno dei più bei paesaggi marini del mondo.

In questo luogo è nata la storia della ferrovia italiana; il 3 ottobre 1839 veniva inaugurata la prima strada ferrata d’Italia, che congiungeva Napoli a Portici in 11 minuti.

Si può vedere la ricostruzione del convoglio storico Bayard, e mentre si sosta di fronte, un allestimento multimediale, in realtà aumentata , consente una suggestiva immersione tridimensionale nell’epoca della prima tratta.

Padiglione dopo padiglione, si ripercorre la storia d’Italia, locomotive a vapore, carrozze e littorine, macchinari d’officina e modellini funzionanti, si torna bambini, e proprio come un’infante, mi incanto d’innanzi al trenino che corre lungo i binari di una ricostruzione di una piccola città, quanto avevo sognato, da bambino un plastico così meraviglioso, in cameretta.

Sarà per la mia passione per i motori, sarà che non avevo aspettative, sta di fatto che, è stato il Museo che mi ha dato più emozioni, in questo viaggio. Non perdete l’occasione di visitarlo, perché è qualcosa di inaspettato e straordinario.

Torniamo in città per la cena, e questa volta optiamo per “Trattoria da Nennella”, cucina tipica napoletana, in un ambiente ricco di colore e di bizzarrie, eccentrico e vivace.

Si ordina un primo, un secondo con contorno per un tot. €.13,00 a persona. Cosa vuoi di più mangi bene e paghi poco. Non per niente, necessita un po’ di pazienza per un tavolo, ma questa attesa viene ingannata con l’aiuto di un botteghino all’ingresso del ristorante, che ti allieta con aperitivi vari.

Giorno 6, venerdì

Per questa nostra ultima giornata a Napoli ci concediamo una visita al Maschio Angioino.

La visita guidata è stata splendida, accattivante, devo ammettere che le guide a Napoli sanno proprio incantare l’ascoltatore. Poi, terminato il piccolo tour, ci dirigiamo velocemente verso la Galleria Borbonica, a pochi metri da Piazza Plebiscito.

Si può scegliere tra 4 percorsi; standard, avventura, la via delle memorie e speleo light.

Noi optiamo per quello standard, che attraverso una scala realizzata nel ‘700, ci proietterà in ambienti a tratti rinascimentali, ammirando i ponti ed i muri realizzati dai Borbone. Si attraverseranno antiche cisterne scavate nel tufo, per giungere agli ambienti adattati per il ricovero bellico, durante la II Guerra Mondiale. Durante il percorso, faranno da cornice oggetti di vario genere, tra cui auto e moto d’epoca, perché utilizzata fino agli anni ’70 come deposito giudiziario.

I racconti affascinanti ed emozionanti, dei ragazzi dell’associazione, fanno da cornice perfetta in questo ambiente. Non si può non vedere questo luogo per due motivi: primo per il suo spaccato degli ultimi 500 anni della storia di Napoli, secondo, perché tutto questo si deve a dei straordinari ragazzi che, mossi dalla passione e senza nessun aiuto economico (ancora oggi, ricevono denaro solo dalle visite dei turisti) hanno creduto in questo progetto e sono riusciti a rendere gloria a chi ha vissuto il sottosuolo, realizzando magnifiche opere e raccontando le storie di chi è tornato a rivedere quei luoghi, vissuti durante il periodo bellico.

Torniamo alla luce, e dopo essere andati parecchi metri sotto terra, per compensare saliamo in alto e ci dirigiamo con la funicolare alla Certosa di San Martino e al Castel Sant’Elmo.

La Certosa di San Martino è semplicemente pazzesca, mi ritrovo a girare in questo complesso, enorme, inaspettato; si entra in stanze incantevoli, ricche, da lasciare senza fiato, non riesco a smettere di girare questo luogo, in assoluto uno dei maggiori complessi monumentali religiosi della città ed uno dei più riusciti esempi di architettura e arte barocca, nonché fulcro della pittura napoletana del ‘600. Per rendere l’idea, siamo in un complesso che conta cento sale, due chiese, un cortile, quattro cappelle, tre chiostri e giardini pensili. Devo aggiungere altro? Storditi dalla Certosa, ci incamminiamo verso Castel Sant’Elmo, una bella arrampicata, per poi giungere, affannati, sulla cima del castello e godere della magnifica vista su Napoli ed il suo golfo.

Piacevole sorpresa è stato trovare all’interno del complesso di Sant’Elmo, una pinacoteca del ‘900 napoletano. Qui sono esposte oltre 170 opere realizzate da artisti diversi, non solo napoletani, che partono dai primi del ‘900, passando dal futurismo degli anni venti-trenta, fino a giungere ai linguaggi sperimentali dei nostri tempi. Inaspettata e piacevole scoperta.

Di una cosa sono certo, questa città, riesce incredibilmente a stupirti, continuamente, non sai mai di preciso cosa ti aspetta e le aspettative vengono prontamente superate.

Ora per questa nostra ultima cena a Napoli dove andare se non all’antica pizzeria da Michele?

Prendiamo il nostro biglietto con il numero, attendendo pazientemente, come al banco dei freschi di un supermercato, il nostro turno. Entriamo, ordiniamo due margherite (qui sono presenti solo 4 tipi di pizza) due birre e via….morso dopo morso, gustiamo questo incanto di Napoli, prendendo coscienza che, con molta fatica, riusciremo ad apprezzare ancora una pizza che non sia stata fatta qui.

Molte cose ci sono ancora da vedere in questa splendida città, ma il nostro tempo è scaduto. Pieno di nostalgia per dover lasciare questi luoghi, con tanta gratitudine verso mia moglie , che mi ha permesso di godere di tante bellezze ed emozioni. Posso dichiarare, con infinito piacere la fine del mio stupido ed ingiustificato pregiudizio!

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