Namibia, quando la realtà supera la fantasia.
Era da anni che con l’amico Dino si progettava un viaggio per festeggiare la pensione e giunto il momento la scelta del luogo non è stata facile. Entrambi appassionati di fotografia ma io più naturalistica mentre lui più ritrattistica, lui più Asia oriented, io più Africa. Alla fine si preferisce la Namibia, Nazione che, stando alla descrizione, dovrebbe accontentare entrambi. Optiamo per un viaggio un po’ avventuroso e scegliamo un self drive, lodge e campi tenda fissi. Una lunga ricerca ci ha portato a scegliere un’Agenzia in loco gestita da italiani, abbiamo raccolto molteplici conferme a loro favore e di fatto fin dai primi contatti si dimostrano essere gentili, preparati, disponibili e nota non da poco, indipendentemente dal mio buon inglese ed ottimo tedesco, parlano italiano. Affiniamo il programma con molteplici e-mail e dialoghi su Skype, il viaggio è programmato per Settembre – Ottobre, inizio dell’Autunno da noi e fine dell’Inverno da loro. Il periodo è il migliore per visitare la Namibia, minor numero di turisti, temperature con minor sbalzo termico, la stagione delle piogge è ancora lontana e nelle poche pozze d’acqua rimaste la fauna si dovrebbe radunare per dissetarsi. Definiamo un tour in senso anti orario, il sole mentre si giuda è sempre alle ns spalle e meno auto nella stessa direzione (sassi !!!).
Senza ombra di dubbio segnalo: Granelli di Sabbia Web Tour Operator, Windhoek- Namibia, web:www.namibia-travel.it.
Se può interessare: voli per due a/r, Mxp – Monaco € 197 Lufthansa, Monaco- Wdh € 1.812 Airberlin. Abbiamo noleggiato sempre incluso nel pacchetto- viaggio una Nissan X-trail, su questo punto tornerò più avanti per una nota importante, ventuno giorni di noleggio, assicurazione all inclusive, extra assicurato parabrezza e pneumatici, aggiunto seconda ruota di scorta, chilometraggio illimitato. Percorso 5.811 Km dei quali 1.252 asfaltati, insabbiato una sola volta nel letto del fiume Ugab.
Area e pernottamenti: Windhoek- Pension Moni, Otjozondjupa- Waterberg Plateau Resort, Etosha- Onguma Bush Camp- Halali- Okaukuejo, Kamanjab- Rustig Toko Lodge, Kaokoland- Omaruga Camp, Sesfontain- Fort Sesfontain, Damaraland- Grootberg Lodge- Camp Xaragu ( quest’ultimo da evitare assolutamente come riportato più avanti), Brandberg- White Lady Lodge, Swakopmund- Sam’s Giardino, Namib- Sossusvlei Desert Camp, Aus-Klein Aus Vista, Fish River canyon- Canyon Roadhouse, Kalahari- Anib Lodge.
Assicurazione personale completa inclusa nel pacchetto- viaggio con Worldwide Travel Insurance. L’organizzazione di Alessandro ed Emanuele è perfetta, inviano prima della partenza un eccellente dettagliato programma, suggerimenti di ogni tipo e senza poi contare sulla borsa sorpresa (special travel bag) consegnata all’arrivo contenente l’inimmaginabile …. Dalla torcia per minatori al burro cacao, cartine, guida agli animali, guide alle etnie locali, mini dizionario in nove lingue, recapiti emergenza, scheda gruppo sanguigno, scheda telefonica locale ( utilissima ), adattatore elettrico ( utilissimo) ecc. Ecc. Non da poco poi la reperibilità 24 ore/ giorno con operatore italiano. Suggerisco comunque di procurarsi una Namibia Road Map prima della partenza per familiarizzare con il percorso del programma, ottima la freytag&berndt 1:1 200 000 (www.freytagberndt.com). IMPORTANTE richiedete con l’auto anche il Garmin Nuvi GPS, nonostante la Namibia sia veramente ottimamente segnalata (averne in Italia!) in molte occasioni può essere utile.
Per fotografi e non: attenzione alla polvere, ovunque dovunque e sempre !! Portate con voi una bomboletta air spray, dotatevi di filtri obiettivi neutri, zaino o custodia sempre ben chiusi. Ho utilizzato due corpi Nikon D80, con un Nikkor 18-200 ed un Sigma 150-500 ho sempre avuto la focale giusta per ogni situazione, cavalletto e monopiede indispensabili. Scattato 1.752 foto in ventuno giorni, selezionate poi con Photoshop 766.
Abbigliamento, consiglio: non portate tanti cambi, con 10 Kg di bagaglio imbarcato siete tranquilli, sapone da bucato e ogni sera in cinque minuti sotto la doccia e i capi il mattino sono già asciutti. Bagaglio a mano 6 Kg ( materiale fotografico incluso ).
SI PARTE !!!!!
1°, 23/09- Dopo un viaggio di dieci ore (Monaco – Windhoek e senza contare la sosta a Monaco di sei ore) passato in pratica insonne atterriamo all’International, la valigia di Dino arriva subito, la mia al cardiopalma … ultima (cominciamo bene !). Ci riceve Emanuele, saluti baci e abbracci e poi via a cambiare € in USN e ritirare la Nissan. Controllo alle gomme, segni sulla carrozzeria, si firma e si parte … guida sulla carreggiata sx, posto giuda sulla dx e cambio sulla sinistra, ci vuole un po’ di pazienza e di attenzione ma poi ci si abitua. I primi 40 Km verso Windhoek sono indimenticabili, la prima volta in Africa, dieci ore insonni e sono in piedi da 24 ore, guida sulla sx, savana ai bordi della strada con tanto di babbuini. Raggiungiamo la città, un buon cappuccio con torta di mele e tante, tante spiegazioni da parte di Emanuele, dettagli importanti per il tour, ci raggiunge Alessandro, un saluto, un abbraccio e raggiungiamo la pensione Moni. Nel pomeriggio visita alla capitale, direi molto occidentalizzata con note di forte colore africano, il centro è carino, vi sono contraddizioni interessanti e degne di essere fotografate. Abbiamo un primo incontro con le donne Himba, un gruppo, con tanto di bambini, gironzolano a seno nudo e ricoperte di argilla rossastra impastata con la vaselina, capelli compresi, tra le vie del centro in cerca di turisti gonzi e noi da gonzi paghiamo 20 USN per fotografarle (sarà la prima ed ultima volta ). Ci rechiamo in un Super Market per approvvigionamenti vari, acqua, frutta, marmellata, fette biscottate e biscotti. Cena al Gran Canyon Spur sulla Indepenence Ave, ottimo !!! A letto alle 21.30. All’improvviso un urlo irrompe, è Dino! Un gatto con la coda monca zompa sul letto, lo invitiamo ad uscire gentilmente, è lo stesso gatto che nel pomeriggio era inseguito nel giardino da due manguste.
2°, 24/09 – Lasciamo Windhoek per il Waterberg Plateau prendendo la B1, ci fermiamo al mercatino del legno di Okahandja e poi via su rettilinei infiniti con sali e scendi incredibili, distese di acacie con un’infinità di termitai ti accompagnano dal nulla verso il nulla. In una delle varie soste per fotografare perdo il mio cappellino Think Pink, compagno fidato da tanti anni, pazienza! Si devia sulla C22 e poi sullo sterrato della D 2512, incontriamo ai bordi strada facoceri, mucche e impala. Il Waterberg Plateau Park è stupendo, ti si presenta davanti imponente e maestoso con le sue rocce rossastre di arenaria incise a canne d’organo; parco nazionale dal 1972 è una riserva di 40.000 ettari che ospita più di venticinque specie di animali e oltre 200 di uccelli. Raggiungiamo il Resort, carino e accogliente. Nel pomeriggio saliamo per un sentiero tortuoso fotografando delle procavie che fanno capolino curiose e raggiungiamo la cima (200 mt/slm) che è poi un immenso altopiano (largo +/- 12 km) con alti alberi e pianure erbose. La visuale della savana sottostante è meravigliosa e mette soggezione, l’Africa ai tuoi piedi, avresti mai detto ?! Si scende e Dino rompe gli scarponcini e la mia Nikon fa i capricci con i sensori, siamo nervosi. Riprendiamo il buon umore e fotografiamo un tramonto molto bello notando nel prato davanti alle casette sia manguste, che erte sulle zampe anteriori ti scrutano attente a ogni tua mossa, che Dik- Dik dolci e timorosi. Si cena alle 19.30, ottima cucina, formaggi di capra, riso, insalate freschissime ecc. Ecc e Orice ed Eland alla brace, 20€ con ottima birra e dessert. Dal buio tutt’intorno che più buio non esiste sbuca un gatto lince, ci guarda e scompare verso una notte di caccia. Il cielo stellato è stupendo, non c’è la luna, ci invitano a chiudere porte e finestre per il pericolo invasione dei babbuini, un ultimo Antico Toscano e a letto presto.
3°, 25/09- Riprendiamo la B1 fermandoci a Otjwarongo, visitiamo la cittadina immersa nelle attività mattutine, molto foto, aspetti di vita quotidiana africana in un piccolo centro, tutto è frenetico ma lento se paragonato alle ns città, in una strada notiamo un gruppo di donne chiassose, lì due afrikaner distribuiscono del lavoro femminile, canovacci da ricamo da rivendere poi una volta ricamati a turisti ignari dello sfruttamento insito. Terminata la distribuzione tutte si allontanano con i figlioletti dormienti nel foulard sulla schiena, noi compriamo ancora dell’acqua e biscotti ( l’acqua è più cara della birra ), facciamo benzina e ripartiamo verso Otavi, il rettilineo più rettilineo è durato 22 Km poi una dolce curva, facoceri e Dik-Dik sempre ai bordi della strada. Ci rechiamo a visitare l’Hoba Meteorite, 25 km a ovest di Grootfontein sulla C42 e poi sulla D2859, masso spaziale di forma cubica composto dall’82% di ferro di peso di circa 54.000Kg, si ipotizza caduto sulla terra ca. 80.000 anni fa. Visitiamo poi l’Otjokoto Lake verso Tsumeb ma non entriamo, siamo stanchi, un gruppo di bambini attrae la ns attenzione, tante foto che ricompensiamo con acqua e biscotti. Saliamo verso l’Etosha e deviamo sulla C38, è quasi il tramonto ed i colori intorno a noi si tingono di rosso per poi virare verso il bruno, ai bordi della strada acacie e sterpaglia gialla delineano i rettilinei, l’Africa ci sta inghiottendo ed un leggero senso d’angoscia invade il ns cuore. Raggiungiamo il Lodge Onguma Bush Camp al tramonto ormai terminato, siamo a 6 Km dal Von Lindequist Gate e lungo lo sterrato abbiamo un’anteprima di ciò che l’Etosha ci riserva, Zebre, Gnu, Giraffe, Kudu e Dik-Dik ovunque. Il Camp è meraviglioso, sopra la pozza d’acqua attigua, appollaiato sull’acacia, un gufo reale è immobile come il buio intorno, la cena è superba, ritorniamo alla pozza in tempo per vedere il gufo scivolare silenziosamente verso il buio. Ancora una birra ed un Antico Toscano intorno al fuoco tra strani rumori dal nero notturno e dialoghi tedeschi di epoche andate e poi a letto.
4°, 26/09- Descrivere l’Etosha è impossibile e non ci provo nemmeno, è un santuario della fauna africana con i suoi 22.270 Kmq, ha una pianura salina ( PAN ) di 4.730 Kmq, abbiamo dedicato due giorni all’Etosha ma se potessi tornare indietro ne farei tre. Bisogna visitarlo con calma, vedere e rivedere le pozze senza fretta, gli animali si muovono in continuazione, mattino presto o sera si recano all’acqua ma in questa stagione secca si possono vedere in pratica a ogni ora salvo in quelle più calde. Ci sono 340 specie di uccelli e 144 di mammiferi. Sveglia alle 5.30, alle sei siamo già all’ingresso, sbrigate le formalità con firme ecc. Acquistiamo il permesso per due giorni ed entriamo nel parco. Ci dobbiamo attenere alle regole, non scendere mai dall’auto (solo nelle aree indicate, toilette ecc.) e porre attenzione perché prima del tramonto o si è fuori dal parco o si è nei Lodge ( i Rangers vigilano ). Ogni sera si programma nei dettagli il giorno successivo cosi ieri sera abbiamo programmato quali pozze visitare per poi raggiungere prima del tramonto Halali, il lodge all’interno del parco. Molto utile la Road Map of Etosha National Park fornita da Alex/Emanuele. Per rendere più facile le riprese fotografiche ci disponiamo uno sui sedili posteriori e uno alla guida, così ci si può spostare a sx e dx dai finestrini con più rapidità e senza ostacolarci. Siamo esterrefatti, le strade sterrate sono sassose e polverose, intorno agli arbusti e acacie sono bianchi e sembrano innevati, spiccano ai bordi le sterpaglie gialle e grossi cumoli di sterco che non possono essere che di elefanti, il paesaggio è indescrivibile, i primi gruppi di Springbok ci fanno trasalire, poi Zebre e Giraffe. Ci dirigiamo verso le pozze programmate, prima Tsumcor poi Klein Namutoni, segue Chudop, Kalkheuwei, Okerfontein, Sprinbokfontain, Batia, Goas e in fine Nuamses. E’ incredibile, non è possibile descrivere ciò che abbiamo visto e come lo abbiamo visto, è inimmaginabile. Elefanti, Leoni, Giraffe, Kudu, Avvoltoi, Gnu, Eland, Impala, Sciacalli, Zebre e centinaia di Springbok. Ogni pozza è una sorpresa, la poca acqua attrae una moltitudine di animali ed è come assistere a una lenta processione ove il diritto di precedenza è dettato da un arcano istinto sconosciuto a noi umani. Il tutto a pochi metri dall’auto e in un silenzio ancestrale; all’improvviso senza nessuna ragione apparente tutto si scuote, un gruppo d’Impala fugge spiccando salti al rallentatore, un gruppo di Zebre si avvicina alla pozza e con un nitrire nervoso e scalci nel vuoto poi iniziano ad abbeverarsi, ritorna la calma e tu rimani li in beota ammirazione. Arrivano due Elefanti e tutti si fanno nuovamente da parte, la Natura impone rispetto al più forte, il maschio lo si riconosce per l’eccitazione evidente, giocano, si fanno le coccole, è magnifico ! si buttano in acqua e si rotolano quasi nel fango senza abbandonare mai il contatto fisico. Con un colore grigio elefante bagnato si allontanano con passo cadenzato. Siamo veramente scossi da questo primo incontro ravvicinato è come essere saliti sull’Arca di Noè pagando un biglietto, la confusione in auto è al massimo, l’adrenalina è palpabile e ben configurabile in un gesto … Dino conscio che la buccia della banana è biodegradabile la getta all’esterno … ma il finestrino è chiuso !!!! Raggiungiamo l’Halali Lodge, carino ma nulla di eccezionale. Alla reception ci segnalano la pozza d’acqua con tanto di appostamento e pongono l’accento all’arrivo degli animali dalle 19.00. Ci sistemiamo nella camera e poi data l’ora ci rechiamo subito alla pozza. Sono le 18.45, con scetticismo attendiamo …. Ma non è possibile! Alle 18.58 appare dal nulla Rhino con figlio, incredibile..900Kg di puntualità Svizzera. Tante foto a 1.000 ISO e poi ottima cena ma siamo stanchi e quindi a letto presto (dopo il solito mezzo Antico Toscano).
5°, 27/09- Sveglia alle 5.30, è freddo ma l’adrenalina sale e ci riscalda. Si parte per le altre pozze, guido io, Dino sul sedile posteriore, si programma di raggiungere l’Okaukuejo Lodge prima del tramonto. Si opta subito per il Rhino Drive e nel percorso incontriamo veramente un esemplare maschio (penso) solitario, tante foto ovviamente, è bellissimo. Le pozze in sequenza … Rietfontein, Salvadora, Saueda, Homob, Aus, Olifantsbad, Gemsbokvlakte e Newbrownii. Tra una pozza e un’altra savana, savana e savana, colori slavati ed imbiancati si imprimono nella mente e nel cuore e tutto sembra fermo nel tempo del tempo, branchi di Zebre, Sringbok e Kudu attraversano con indifferenza le strade sterrate, migrazioni su sentieri arcaici verso il liquido prezioso indispensabile alla vita, ogni tanto un collo di Giraffa spunta dall’acacia, sopra una di queste un Avvoltoio ci guarda con indifferenza. Alla prima pozza la sorpresa tanto attesa, un gruppo di cinque Leoni sonnecchia a 25 metri dalla pozza ove a decine Orici, Spingbok, Giraffe, Eland, Kudu, Facoceri & C si stanno abbeverando in apparente tranquillità. L’attenzione spasmodica è palpabile, l’aria è ancora tersa e il sole basso all’orizzonte, noi siamo solo a 10 metri dai leoni, è una scena felliniana; in religioso silenzio scattiamo decine di foto, i Leoni sono tranquilli e ogni tanto spalancano le fauci anche per ricordarci di non scendere dall’auto. Sono due le femmine un poco più distanti e una all’improvviso ha uno scatto e corre sollevando un nugolo di polvere verso la pozza …. Un fuggi – fuggi istantaneo tra gli animali … pensiamo ad un attacco ma non è così … è mattina e solitamente i Leoni non cacciano se non al tramonto. Infatti, lo scatto cessa dopo pochi metri e la Leonessa rientra scodinzolando verso l’ombra dell’acacia . Forse ha voluto solo ricordare che se vuole può … forse ha voluto sottolineare a noi ed agli altri animali che è solo per sua gentile concessione che è possibile ammirare in tranquillità questo incredibile scenario. La calma ritorna intorno alla pozza e con lei anche tutti gli animali allontanatisi con terrore. Il caldo si fa sentire, ci muoviamo verso Olifantsbad, troviamo una pozza molto ricca di animali, è una miscela incredibile di fauna, è un’insalata mista di natura selvaggia; di tutto e di più s’incrocia ai ns occhi, si sormontano nell’obiettivo della Nikon vari Orici, Springbok, Giraffe, Eland,Kudu, Struzzi, Impala, Zebre, Gnu, Dik-Dik, Antilopi Roana in una tale sequenza che spesso distogli l’occhio dal mirino per accertarti che tutto sia vero e non un fotomontaggio. Il Sigma 500 inquadra da lontano una baruffa tra due Zebre, sembrano litigare seriamente, s’inseguono sempre tentando di mordersi e scalciando, raggiungono la pozza, una grande nuvola di polvere si alza, un po’ di scompiglio nell’insalata mista di natura selvaggia, si scatta a ripetizione utilizzando l’altro corpo della Nikon con un 200 mm dato la maggior vicinanza, tutto poi si calma come se nulla fosse successo, in Africa ritorna il silenzio. Solo dopo visionando le foto mi accorgo di aver scattato una sequenza interessante ove le Zebre in elevazione sulle zampe posteriori hanno la bocca spalancata nel tentativo di mordersi, bellissime! Dei barriti attraggono la ns attenzione sulla sx, eccoli, arrivano, un gruppo di ventidue Elefanti reclama il diritto di godersi l’acqua, tutti si allontanano, la pozza è tutta occupata dal gruppo matriarcale con tanti piccoli. E’ una festa di spruzzi, un groviglio di proboscidi, di cuccioli inginocchiati per bere. Uno spettacolo di quattro ore sotto un sole a trentotto Gradi ma è incomparabile, non so quante foto sono state scattate. La femmina capo branco da un segnale che noi ovviamente non sentiamo ma che pensiamo ci sia stato perché all’improvviso come sono venuti, in fila quasi indiana si allontanano. Una partenza cinematografica, vediamo proboscidi alzare nugoli di polvere sulle schiene e la savana accompagnare i plantigradi verso un orizzonte giallo ocra sbiadita; scendo dall’auto per una ripresa dal basso alla quale non posso rinunciare, sta arrivando un pullman, si ferma, un ranger alla guida mi chiede se sono afrikaner e mi rimprovera di essere sceso dall’auto, beccato … chiedo scusa. Una deviazione su una pozza secca non prevista, Kapupuhedi, e li troviamo dodici Elefanti imbiancati dal sale del Pan, sembrano preistorici più di quanto non lo siano. Il sole sta per tramontare ed è ora di dirigersi verso il Lodge, siamo esausti ma felicissimi, il Parco Etosha mi ha regalato la più grande emozione naturalistica della mia vita. Non abbiamo visto Iena, Leopardo e Ghepardo ma accolgo questo segnale come un invito dell’Africa a tornare nella savana. Il Lodge è bello e la cena ottima accompagnata dalla solita birra e dal mezzo Antico Toscano. Domani si partirà verso il confine dell’Angola.
6°, 28/09- Sveglia alle 5.30, un’informazione dataci da un Ranger ieri sera segnala la presenza di Leoni alla pozza Ombika subito prima dell’uscita della Andersson Gate, vogliamo essere tra i primi. Cosi è, l’Etosha ci saluta con l’immagine simbolo dell’Africa, due Leoni ancora infreddoliti dalla notte sono sdraiati tra gli arbusti, foto, foto ed ancora foto a soli 5 mt dalla strada. Il tempo di fare manovra e un nugolo di macchine e bus sta arrivando dall’entrata, i Leoni si allontanano con passo lesto. Si prende la C38 e raggiungiamo Outjo, paesino tranquillo immerso nelle faccende quotidiane, un caffè schifoso, alcune foto e si acquistano alcuni souvenir, prendiamo la C40 e ci dirigiamo verso Kamanjab passando da Othjikondo. Dieci Km prima di Kamanjab ci fermiamo al Peets Alberts Kopjes, ci sono incisioni rupestri dei Boscimani degni di nota, bisogna però ritirare le chiavi in città presso lo stesso Peets. A Kamanjab facciamo benzina, compriamo acqua e frutta in questa scialba cittadina tra il Danaraland settentrionale e il Kaokoveld meridionale, è un crocicchio di attività multicolore, tante foto sia alle donne Himba sia alle Herero. Prendiamo la D2763 molto polverosa e ricca di guadi sui quali bisogna rallentare fortemente per non distruggere le sospensioni, raggiungiamo il Rustig Toko lodge, è particolare e accogliente, gestito da marito e moglie tedeschi trasferitisi in Africa nel 1992. Sembra di rivivere il periodo coloniale in un ambiente datato, la piscina però è inutilizzabile, torbida, PH e cloro non allineati. La sera siamo a tavola con 7 tedeschi, la cena è tipica ma buona ( mi ricorda i miei anni passati a Zurigo), una birra, un mezzo sigaro e a letto.
7°, 29/09- Riprendiamo il cammino alla buon ora, imbocchiamo la C35 verso Opuwo. I colori cambiano di continuo, sono tenui, slavati, la vegetazione sta ancora dormendo, la strada è lunga e monotona, sali e scendi, rettilinei infiniti e ai bordi il nulla con dentro il nulla. Ogni tanto incontriamo uomini o donne solitarie che a piedi non capiamo da dove arrivino e dove vadano. Diamo un passaggio a un uomo piccolo e imbiancato dalla polvere, riusciamo a capire con un suo stentato inglese che ogni giorno si fa 10 km andata e 10 km ritorno a piedi per lavorare in una azienda agricola spersa chissà dove. Raggiungiamo Opuwo, capoluogo del Kaokoveld. E’ un polveroso agglomerato senza senso di edifici, due stazioni di rifornimento, capanne Himba e tanti Herero in una desolazione incolore. Dopo poco tempo però ti accorgi di quanta umanità e povertà è intriso questo luogo perduto in Africa e tutto assume un colore nuovo, tutti chiedono continuamente soldi per essere fotografati ma non cediamo, preferisco scattare alla cieca con la macchina penzolante sul petto. Mettiamo in contatto John che sarà la ns guida all’Epupa, nell’unico Super market compriamo anche 5Kg di maizemil (farina bianca per la polenta), tabacco da pipa, tabacco da sniffo, 3 vasetti vaselina ( le donne Himba lo usano con l’argilla per il corpo) e fiammiferi in scatola, tutta merce che porteremo nel villaggio Himba come dono e ringraziamento per l’ospitalità. Opuwo in lingua locale significa ‘’ la fine ‘’ e ci accorgiamo dopo averla lasciata del perché di tale significato. Percorriamo 200 Km di sterrato e se fino ad ora avevamo visto il nulla ebbene qui deve essere moltiplicato all’ennesima potenza, non posso descriverlo, bisogna viverlo e sentire l’anima e il cuore cosa ti dicono. I paesaggi che si susseguono sono meravigliosi e in continuo cambiamento, la strada prima bianca si fa all’improvviso rossa, poi nera, ecco che ora sali e poi curvando a 180° scendi intravedendo i primi Baobab. Molte le capanne Himba ai bordi della strada e appena ti fermi per una foto un nugolo di bambini e donne ti corrono incontro elemosinando, solitamente fuggiamo ma una volta ci siamo fermati distribuendo però solo acqua ai bambini. Su questa infinita strada incontriamo infiniti guadi secchi, per fortuna, ma nel passaggio la strada si restringe e sei obbligato ad infilarti su due corsie simili a binari, su uno di questi troviamo sparpagliati nel ben mezzo dei fondi di bottiglia impossibili da evitare e collocati ovviamente per danneggiare seriamente, ringrazio la buona sorte di averli visti altrimenti con 4 gomme da cambiare probabilmente non sarei qui ora a scrivere. Prestiamo molta attenzione ma è stato un caso isolato, probabilmente un Himba leggermente incavolato con i turisti. Raggiungiamo il fiume Kunene che delinea il confine con L’Angola, l’Omarunga Camp è magnifico, superlativo, siamo a 2 mt dal fiume, la camera tendata è fantastica, mi vengono i brividi se penso che negli anni passati questi luoghi sono stati teatro di sanguinose battaglie tra le varie etnie mentre ora l’Angola dorme silenziosamente sull’altra sponda. Raggiungiamo con la guida il Belvedere, una collina sovrastante la cascata, è il tramonto, il paesaggio è intriso di rosso via -via sempre più bruno, la cascata ha una buona portata ed il tutto è molto affascinante. Molti i Baobab che contornano la scena e sembrano giganteschi gnomi che tendono le mani al cielo emergendo dalla nube di acqua nebulizzata. Con un buon Jin tonic vediamo il sole scendere sul Kenene. Ottima la cena come sempre, come sempre una buona Windhoek Lagerbier e mezzo Antico Toscano …. di nuovo c’è un sottofondo di acqua che scorre, un cielo stellato mai visto e la consapevolezza di essere piccoli, forse troppo piccoli nell’immenso infinito.
8°, 30/09- L’Epupa Falls viste al sorgere del sole sono stupende infatti l’appuntamento con John è per le 8.30 ma noi alle 6.30 siamo già girovagando tra le rocce e gli strapiombi bui. All’improvviso eccolo sorgere da dietro la collina e devi stare attento perché non hai neppure il tempo di aprire il cavalletto e posizionare la macchina, una calda luce invade tutto ed il tutto invade la tua mente. Colazione e poi con John si parte verso un villaggio Himba, 10 Km di sterrato rosso e poi un grande recinto di rami, un muro alto e profondo un paio di metri ci divide dalla preistoria. John entra con i regali mentre noi aspettiamo fuori con Helmut (un amico tedesco aggregatosi e conosciuto ieri sera). Il capo villaggio accetta la ns visita, entriamo … ti sembra di oltrepassare una Star Gate, timorosi ci dirigiamo verso il capo villaggio, la sensazione è quella di violentare un ambiente che non pensavi neppure esistesse. Dopo i convenevoli tradotti da John, iniziamo a girovagare nel villaggio che diciamo, poteva avere un raggio di trenta mt, per la prima mezzora solo bambini nudi che giocavano o con le capre o su rami secchi di ex piante, poi piano -piano ecco apparire dalle capanne di sterco e paglia le prime donne, poi i primi uomini compresi, i tre figli del capo e chi è già stato designato alla successione. La prima donna Himba è incinta e i suoi occhi esprimono una dolcezza e calma mai vista, via- via il villaggio si anima e non so quante foto a tutti e a tutto. Si entra anche in una capanna con il permesso del capo violentando così anche quest’ultima intimità. Descriverla è impossibile, l’odore acro t’invade, la povertà nella penombra è stesa a terra adagiata su due pelli consunte, tutto intorno pochi strumenti casalinghi che sono molto lontani da Richard Ginori ed Alessi, una donna si sta ricoprendo la pelle e capelli con argilla rossa, vaselina, latte di capra e preferisco non chiedere con quale altro componente. Non resisto mi faccio spalmare tale intruglio su un braccio, volevo condividere il rito ma mi sembra di essere stato giudicato come un povero pirla. Foto, foto ed ancora foto, non riesco a fermarmi, quegli occhi, quelle acconciature femminili e maschili, bambini, donne, ragazze, capre, cani, il fuoco sacro mai da attraversare sulla linea che divide la capanna del capo, è un’esperienza indimenticabile. Ci congediamo dal capo e dal figlio futuro capo, offro spezzandolo al momento un mio Antico Toscano, lo accendiamo ed aspiriamo, salutiamo, ci allontaniamo e sento ridere, non sono sicuro che il sapore del mio sigaro sia piaciuto …. Rientriamo dalla Star Gate nel mondo … no, non sono convinto da cosa esco e dove sto entrando. Ci dirigiamo verso un cimitero Himba, lo definiremmo tra il sacro e il profano, grosse corna di vacca pendono dai rami, corna su e corna giù identificano morti maschi e femmine, tante corna identificano la tomba di un capo come nella vita tante capre identificano la ricchezza …. E tu che automobile hai? Nel pomeriggio nonostante i quarantatré gradi risaliamo con John il Kunene alla ricerca dei coccodrilli, purtroppo nonostante 2 ore di cammino solo le tracce, in compenso tante scimmie dai testicoli azzurri che ci accolgono lanciandoci dall’alto frutti dalla forma di una palla da baseball ( durissimi). Fotografiamo l’Euforbia così velenosa per gli umani e così golosa per i Kudu e Rinoceronti, fotografiamo l’albero dalla cui resina si ricava l’incenso. Si rientra stanchi morti, doccia e una cena a base di carne grigliata di Impala e Orice. A letto presto con il cuore gonfio d’immagini e pensieri dei tuoi cari, moglie e figli che vorresti fossero qui con te.
9°, 1/10- Riprendiamo di buon ora la C43, la ripercorriamo a ritroso ma sembra completamente un’altra strada, la percezione è sempre relativa e forse è vero che la realtà è creata dalla ns mente. Ritorniamo a Opuwo, caffè, compriamo acqua, benzina e poi via verso Sesfontein. Sono 300 Km di sterrato lasciando il Kaokoland ed entrando nel Damaraland. Il paesaggio ha orizzonti sterminati, i colori sono forti ed a tratti è quasi desertico. Strane conformazioni rocciose ci accompagnano, è un territorio arido, inospitale, non vediamo essere vivente per ore e ore, solo un carretto trainato da 4 asini con sopra un uomo e donna che come sempre nessun sa da dove vengono e dove vadano. Raggiungiamo nel tardo pomeriggio Sesfontein e l’omonimo Fort Lodge, chiamare Sesfontein un paese è un eufemismo, 4 case, 2 capanne, un Market, una stazione di rifornimento. E’ un polveroso avamposto del Damaraland, un vecchio forte tedesco risalente al 1896 e ora trasformato in un Lodge ci accoglie. Il paesaggio ricorda il Sahara algerino, visitiamo il villaggio Herero di Warmquelle senza grande entusiasmo, al tramonto mi reco al cimitero tedesco poco lontano dal Forte, il sole sta tramontando proprio dietro il basso muretto, con rispetto osservo le povere tombe di soldati morti in un colonialismo assurdo. Il sole è proprio dietro alla tomba di Karl Pietrowski, nato nel 1879 e deceduto nel 1904, gli strali della fioca rossa luce richiamano la mia attenzione, scatto una sola foto chiedendogli scusa. La solita Windhoek Lager, la solita ottima cena, il solito sigaro e a letto dopo una pulizia minuziosa di tutto l’armamentario fotografico.
10°, 2/10- Questa mattina partiamo con calma, abbiamo solo 150 Km di sterrato, prendiamo la C43 e a Palmwag giriamo sulla C40. Direzione Grootberg. Strada facendo spettacolari immagini si materializzano ai ns occhi e che immortaliamo su immagini digitali, Canyon, Nevada, Texas …. Ma dove siamo viene da chiederci. Un segnale stradale di pericolo Elefanti ci fa sorridere, dopo l’ennesimo rettilineo e una curva, dietro una montagna appare una piccola valle verde e a cinquanta mt dalla strada sedici Elefanti del Deserto pascolano tranquillamente, foto ovviamente, bisognerebbe avere voglia di dirigersi verso l’Uniab River ma decidiamo di proseguire. Si sale sempre più raggiungendo quota 1.540 mt/slm, qui su una piazzuola ci accolgono al Grootberg Lodge, parcheggiamo e con un 4X4 ci portano, bagagli compresi, ancora più su per un viottolo da brividi. Lo spettacolo è grandioso, una valle immensa ai ns piedi, ancora una volta l’Africa ai ns piedi. Le casette sono veramente belle, caratteristiche, accoglienti con la veranda a strapiombo. Le caldaie esterne a legna sono già in funzione, c’è acqua calda, una doccia e poi tante foto. Verso il tramonto vediamo colonie di Babbuini saltare sulle rocce e alberi nella valle sottostante. Cena meravigliosa, fuori fa freddo e con un buio anch’esso freddo da quanto è buio, il cielo da urlo, vorrei ammirarlo qui con mia moglie, il silenzio è totale e mi sento vicino a un’energia cosmica alla quale chiedo di mandare un bacio ai miei cari ora molte miglia lontane. Finisco il sigaro e mi addormento.
11°, 3/10- Al mattino molto presto, fatta la colazione, scendiamo ancora per il ripido viottolo con la 4X4, forse un tempo una Defender. Spero abbia i freni che funzionino non come le marce che non entrano neppure con il martello. Salvi !! Riprendiamo la C43 per poi deviare sulla C39 direzione Twyfelfontein. Sono 180 Km di sterrato noioso e terribile, mai visto tante buche tutte così vicine, media 30Km/h. Ben presto questo però viene dimenticato guardando le magnifiche incisioni rupestri dei Boscimani di 8.000 anni fa, le pitture rupestri monocromatiche di 2.000 anni fa, guardando lo spettacolo delle Organ Pipes e sentendo il loro suono, guardando la Burnt Montain ( sono convinto che ci sia un trucco perché non è possibile esista un luogo cosi diverso da tutto il resto intorno, uno scenario lugubre, desolato ma terribilmente affascinante, foto tante). Mentre ci dirigiamo verso la Foresta Pietrificata, foriamo (eufemismo perché distruggiamo una gomma), ci siamo mossi sulla D3214, poi sulla D3254, fortunatamente il ns Garmin e una telefonata a Emanuele ci aiutano a rintracciare il Twyfelfontein Lodge con l’adiacente stazione di servizio dove compriamo una gomma nuova di pacca. Riprendiamo la C39 verso Khorixas per raggiungere la Foresta, cadiamo nella trappola di fermarci in un primo luogo segnalato come Petrified Forest, ma è un sito non ufficiale gestito da ragazzi, capiamo che qualche cosa non quadra e li salutiamo senza scendere dall’auto, proseguiamo e ne vediamo altri dello stesso tipo; finalmente giungiamo in quello ufficiale. E’ un campo aperto con tronchi pietrificati che giungono a misurare anche trentaquattro mt, si calcola abbiano circa 260 milioni di anni, alcuni sono sepolti parzialmente nell’arenaria, altri pietrificati nella silice conservando esattamente la corteccia e gli anelli. Sono stati trasportati qui dall’ Africa centrale chissà da quali cataclismi perchè non hanno le radici e perché qui in Namibia le conifere e le cicadacee non sono mai vissute. Il campo è anche ricco di Welwitschie Mirabilis, una pianta endemica e molto longeva quanto brutta, mediamente vive anche 1.000 anni ma può raggiungere facilmente anche i 2.000, nelle stagioni molto ricche d’acqua può crescere anche 1 cm l’anno, fioriscono dopo venti anni nel mezzo delle uniche due foglie sfrangiate e semi distrutte dal vento. Tante foto anche oggi, la Namibia è incomparabile ed estremamente varia. Raggiungiamo il Camp Xaragu, dire orribile e avvilente è poco, Alessandro è avvisato e promette di mai più utilizzarlo. Lampade puzzolenti a petrolio, tende rotte e poco pulite, cena pessima sempre utilizzando un eufemismo, poveri ragazzi/e costretti ad un osceno ballo tribale per intrattenere 15 ospiti allibiti, il titolare dire antipatico è poco, supponente e senza neppure un welcome; per finire ci avvertono che rubano e dobbiamo stare attenti agli oggetti di valore, alla faccia …. Dormiamo con un occhio aperto, nel freddo e senza luce. No birra, no sigaro, sono troppo incavolato.
12°, 4/10- Sveglia alle 6.00, colazione lasciamo stare … Ci avviamo verso il Brandberg, 300 Km sterrati. Prendiamo ancora la C39, deviamo sulla D2612 o la D2628, non lo sappiamo perché noi distratti e il Garmin forse tarato male da un precedente turista non ci aiuta. Non importa la strada è meravigliosamente meravigliosa, colori intensi, vegetazione magnifica. Cerco di orientarmi con le due cartine, ci sembra andare nella direzione giusta … ma troppa desolazione e la strada si fa sempre più fuori strada, ci sovvengono dei dubbi ma non è logico tornare indietro …. Si va avanti! Penso, poi sarò sicuro, di aver imboccato la D2319 che poi scopriamo avere un piccolo andicap … attraversa il fiume Ugab! Dopo pochi chilometri difatti ci troviamo di fronte al guado, cosa facciamo ? non ci resta che osare. Errore !! Nel ben mezzo rimaniamo insabbiati con le ruote anteriori sprofondate a metà. Vari tentativi … legni e cortecce sotto le gomme, retromarcia, partire in seconda, spingi, tira … insomma nulla da fare e la macchina sempre più infossata, il motore ormai appoggia sulla sabbia. Penso di ridurre la pressione delle gomme ma non oso più di tanto perché poi non ho il compressore e non so né dove sono né quanto mi manca poi per raggiungere qualche cosa o qualcuno. Un leggero panico ci invade, ancora di più perché non abbiamo campo telefonico né con il locale né con il ns cellulare. Decidiamo di avviarci a piedi proseguendo sul sentiero, prendiamo acqua, l’attrezzatura fotografica, documenti ecc. Dopo venti minuti incrociamo un sentiero più marcato e un ex campeggio che sembra abbandonato, su un asse appeso a mo di Ranch si legge Ugab Camp Site. Concordando Dino si siede ed io ritorno alla macchina per prendere le cartine dimenticate. Al ritorno Dino è sparito, lo chiamo ad alta voce, nulla …. Lo cerco gironzolando temendo possa essere stato (esagero) sbranato, nulla …. Dopo mezzora desisto e sono leggermente incavolato, per qualsiasi ragione non si abbandona mai il compagno senza avvisare o concordare. Da lontano sopraggiunge un ragazzo con sei capre, non parla una parola d’inglese, abita nella catapecchia, non riusciamo a comunicare ma con vari gesti capisce che sono incazzato e impotente di fronte ad una situazione che non so come gestire. I telefoni muti ! mi siedo all’ombra e accendo un sigaro. Dopo ancora mezzora appare all’orizzonte un veicolo … spero … e precedendo un nugolo di polvere avanza un Pick-up con alla guida un uomo, 3 bambini in cabina, 5 donne e Dino accalcati sul piano carico. Dino si scusa ma confessa che in preda al panico ha iniziato a camminare, camminare e camminare. Fortunatamente ha incontrato un bambino che l’ha condotto dal padre … e poi eccoci qua. Con tutta questa manodopera, ragazzo delle sei capre incluso, con quintali di legna sotto le gomme, riducendo a circa 1Bar la pressione, spingendo e tirando con corde riusciamo a guadare il primo ed il secondo letto del fiume. Con il compressore (pompa delle biciclette) ripristiniamo un po’ di pressione e seguiamo la famiglia sul sentiero principale. Raggiungiamo la loro abitazione, una catapecchia con tanto di recinto, ringraziamo, lasciamo 400 USN per l’aiuto, alcune foto e ripartiamo raggiungendo il White Lady Lodge dopo un ora di strada non certo facile e completamente desolata, percorriamo la C35 e deviamo sulla D2359. Cosa mi ha insegnato quest’avventura: primo in Namibia serve sempre, indipendentemente dai percorsi programmati, un veicolo 4X4, gomme in ottimo stato con un buon cinturato, un compressore a 12Volt, un cellulare satellitare e sempre una buona scorta d’acqua e mai rimanere in riserva di carburante. La ns avventura è andata a buon fine per una serie di fortune ma potevamo rimanere bloccati per ore e ore se non per giorni. Non bisogna sottovalutare i rischi che in un viaggio di questo tipo comportano, anche se non si vanno a cercare alcuni problemi può capitare che siano loro a cercarti. Il Lodge è molto bello, scarichiamo i bagagli e ci dirigiamo verso il Brandberg, un massiccio di rocce granitiche rosse a forma di ferro di cavallo. Con una guida ci avviamo verso le pitture, quarantacinque minuti andata e quarantacinque ritorno, è pomeriggio tardi e fa molto caldo, la Guida ci mostra tracce di un Leopardo, raggiungiamo le pitture dei Boscimani, sono molto belle, molte foto e si rimane allibiti guardando queste figure raffiguranti scerne di caccia, scene propiziatorie, animali, figure tribali ecc. Tutte hanno più di 10.000 anni, ancora una volta ti senti molto piccolo nell’immensità della storia. La montagna di fuoco si tinge di rosso alle ultime ore di luce, si rientra, si cena ottimamente, la solita birra, il solito sigaro, le solite stupende stelle in un cielo nero cobalto.
13°, 5/10- Partenza verso Swakopmund, altri 300 Km di sterrato vs l’Oceano. La strada è molto bella, rettilinei infiniti nel deserto, superiamo sulla C35 Uis e dopo 5oKm senza una curva ecco l’Oceano Atlantico con Hentiesbaai. Subito un piccolo relitto insabbiato poi su una strada un po’ scivolosa per il sale raggiungiamo Swako. Il centro è proprio un borgo Bavarese, cambiamo i soldi, un buon caffè e fetta di torta, una calda atmosfera ti accompagna a visitare il mercatino vicino alla Posta. Stano connubio quello tedesco/desertico/oceano …. È come bere una birra a Monaco con sullo sfondo le dune di sabbia ed in riva all’Oceano i pescatori. Dopo aver lasciato i bagagli alla gentile Frau del Sam’s Giardino Guesthouse ci dirigiamo verso la Walvis Bay guidando sulla B2. Sulla sinistra ci accompagnano incredibili dune mentre sulla destra colonia di Otarie appaiono e scompaiono con i dolci sali scendi delle onde. Colonie meravigliose di Fenicotteri Rosa si lasciano fotografare, ora in volo radente ora planando ora cercando nel limo ciò di che cibarsi. Mai visti tanti Fenicotteri così, un turbinio di ali rosa/rosse incredibile. Andiamo verso le saline, disegni geografici multi colore ( bianco, grigio, rossa in tutte le sfumature) ci attendono nelle varie immense vasche per essere fotografati, il rosso porpora di alcune causato dai microorganismi e allucinante perché sembra sangue. Altre hanno già il sale pronto per la raccolta, ci dicono che l’acqua di un mt di altezza in una vasca di 3 Km di lato impiega quasi due anni a evaporare. Rientriamo sulla D1984 lasciando le dune sulla ns sinistra, prendiamo la C28 e poi a sinistra la D1901, raggiungiamo il Moon Landscape, un paesaggio veramente particolare con infinite colline brulle di varie altezze tutte una vicino all’altra, desolato, inospitale e che con il sole ormai basso ti proietta su Marte più che sulla Luna grazie al rosso bruno che tinge la terra. Lo attraversiamo e riprendiamo la B2, La nebbia sale dall’Oceano mentre ci dirigiamo verso Swako, sempre più fitta e sempre più vicina al punto di rugiada rende i contorni del deserto più tetri. Un treno con una motrice a motore appare dalla nebbia e sembra rassicurati che sei sulla Terra. Ceniamo in perfetta atmosfera svizzero/tedesca con ottimo vino bianco. Swako di sera è deserta, ergo a letto presto.
14°, 6/10- Alzati presto, ancora la B2 per 40 Km e alle 8.15 siamo già a Walvis Bay alla Photoventures di Herman. Una persona, una guida eccellente. Esperto, gentile, veramente da raccomandare. Topnaar Quad Bike Route al mattino, un po’ di pratica e poi via sulle dune, divertente ma fa un freddo cane, il sole non sale e la nebbia invade il deserto. Antichissime impronte pietrificate nel limo, il melone Inara, alcuni Topnaar (nomadi poverissimi), figure solitarie con un asino camminante sulle dune, cimiteri di ossa umane, che appaiono e scompaiono con la forza del vento, risalenti a centinaia di anni quando i Topnaar seppellivano i morti immergendoli nella sabbia fino al bacino e con il troco fuori rivolti verso Est, questo e altro abbiamo visto e che non dimenticheremo mai. Su e giù per le dune, una bella esperienza! Herman si blocca all’improvviso, scende … infossa la mano nella sabbia e sollevandola estrae un Geco del deserto, trasparente, incolore con gli occhi gialli, sono bloccato e stupito … ma come diavolo sapeva che era lì sotto ? foto e poi con cura Herman lo rimette sotto nella sabbia. Apprezzo il rispetto per la Natura di quest’uomo che sarà rafforzato poi nel pomeriggio. Alle 14.00 dopo un panino in riva all’Oceano si riparte per il Sandwich Harbour Tour. Con un Defender bianco Herman e Bart ci conducono lungo le sponde dell’Oceano, costeggiando dune dal colore impalpabile, eteree nella nebbia e bagnasciuga coperto dal plancton verde e giallo. Qui troviamo Otarie morte spiaggiate senza occhi, i Gabbiani hanno già incominciato il banchetto, lo spettacolo è funereo anche perché l’Oceano è grigio, il cielo è grigio, sulla bassa duna cammina uno Sciacallo, poco oltre un piccolo di Otaria lotta ancora per non morire ma non riesce a raggiungere le onde. La dura legge della Natura, come dice anche Herman, è questa! Troppe sono le Otarie in questa zona, la selezione naturale è un ’’must ‘’ , ogni adulto mangia circa 15 Kg di pesce al giorno … non c’è posto per tutti … uomini compresi. Lasciamo questo triste spettacolo e ci addentriamo nel deserto, il sole fa capolino, le dune si delineano meglio tra un miraggio e l’altro che vediamo all’orizzonte, appare per la gioia delle foto anche il colore nero, cosa Herman fa fare al Defender non è descrivibile, si sale per pendii mostruosi per poi discendere in corse vorticose, si vede però che ha dimestichezza e dopo un po’ ci si sente tranquilli. Lo spettacolo delle dune sulla riva dell’Oceano è unico ed indimenticabile. Sulla strada del ritorno tre Fenicotteri rosa volano sullo sfondo delle dune …. Poi tre Pellicani sullo sfondo della duna sucessiva … quante foto ? tante e tante con un semplice 200 mm. Si rientra, cena da Blue Whale Cafè, sarà stata l’insalata ma sul tardi Dino è ricorso al Bimixin e Imodium.
15°, 7/10- Fatta colazione abbondante alle 6.45 si parte verso il Namib. La C14 è tranquilla, si attraversa il deserto di pianura. Dopo 160 Km di sterrati si giunge sul Kuiseb Pass, ora si scende leggermente e sempre tra panorami meravigliosi dai colori tenui ma sempre rosati si giunge dopo 70 Km a Solitaire. Qui si fa benzina e come suggerito da Emanuele si mangia la famosa torta di Moose con tanto di cappuccino. Direi non male! Lasciamo la C14 e prendiamo la C19. Poco dopo incrociamo un ex fiume, Tsondab, e nel piccolo guado una colonia di Babbuini scappano al ns arrivo, le femmine portano i loro piccoli attaccati alla ventre. Arriviamo nel tardo pomeriggio al Sossusvlei Desert Camp, direi un Lodge desertico ma ricco di fascino. A 4 Km c’è l’ingresso del Sossusvlei, il deserto del Namib, il più antico del mondo e con le dune più alte del mondo … le dune più fotografate al mondo. Emanuele ci ha spiegato che questo luogo è sempre molto affollato per cui bisogna organizzare la visita nei dettagli già il giorno prima e così noi seguiamo le sue indicazioni. Lasciato la C27 sulla sinistra, entrati nella recinzione, ci rechiamo ad acquistare i biglietti per il giorno dopo alla reception, poi ci dirigiamo verso il Sesriem Canyon, una gola profonda quaranta mt e lunga un paio di Km. Il fiume Tsauchab che lo attraversa è secco in questa stagione ma è comunque uno spettacolo percorrerlo, è un piccolo gioiello incastonato tra il deserto del Namib e i monti del Naukluft. Si rientra al campo, una bella doccia calda e mentre ormai tutto intorno è buio, ma veramente buio andiamo a cenare ritornando al Sossusvlei Desert Lodge, 4 Km di sterrato nel deserto. Cena ottima, insalata eccellente, anche il dessert e poi birra e caffè. Ancora 4 km di sterrato e nella veranda si fuma un sigaro preparando la scorta d’acqua e rivedendo il piano per il giorno dopo. Poi a dormire.
16°, 8/10- Sveglia alle 5.30, alle sei ritiriamo al Lodge il ns prenotato nestbreakfast, ci servirà anche per il lunch. Alle 6.45 si entra mentre già file di auto sono ferme per i biglietti. Prendiamo debitamente nota che bisogna esser fuori entro le 18.30. La strada si snoda dolcemente mentre le dune si fanno sempre più vicine, il sole è sull’orizzonte, le creste delle dune proiettano una spettacolare ombra molto scura che da ancora più sinuosità alle curve stesse che come strisce di serpenti si snodano verso il cielo. Dopo 30 Km, subito dopo una pista di atterraggio per piccoli Piper, sulla ns destra mentre le dune dal rosso cupo diventano sempre più chiare, ecco apparire l’essenza della Namibia …. Con lo sfondo di alcune dune molto vicine appare prima un Orice relativamente lontano, poi uno così vicino che non crediamo ai ns occhi … è fermo immobile, ci guarda, le magnifiche corna svettano sopra il profilo della duna gigantesca, un albero è al suo fianco .. È l’apoteosi, foto in numero incredibile . Questa scena vale il viaggio in Namibia. Proseguiamo per altri 30 Km e raggiungiamo il parcheggio auto 2X2, abbiamo tralasciato la duna 45 con già turisti risalenti la sua china, qui con una simpatica guida ci facciamo portare verso la BigDaddy che con i suoi 350 Mt sovrasta la Dead Vlei. La scaliamo … 1H e quarantacinque minuti in cresta verso la cima, un caldo mostruoso, un panorama mostruoso, le gambe che arrancano con fatica, un passo in avanti e mezzo indietro perché sprofondi. Alla fine eccomi, mi siedo e piango, sono emozionato, di fronte ai miei occhi l’immenso dipinto di rosso, se devo morire per favore che sia ora, mi dico. La discesa in 10 minuti, divertente lasciarsi andare sulla china, 5 mt ad ogni passo. La Dead Vlei è un Pan salato con una piccola distesa di alberi secchi ma ancora in piedi, lo spettacolo è incredibile, un inferno dantesco ! un pavimento bianco, uno sfondo di sabbie rosse e gli alberi neri. La scorta d’acqua regge e ci rechiamo verso il parcheggio, da qui con una 4X4 fino alla duna Sossusvlei, altre foto e poi esausti e arsi dal caldo ritorniamo al parcheggio. Decidiamo di rimanere lì fino al tramonto calcolando a ritroso il tempo per essere puntuali all’uscita alla 18.30. Il cielo si annuvola leggermente ed è bellissimo vedere le ombre nere delle nuvole passare sulle rosse dune. Il cesto ci da ristoro, addirittura anche lo yogurt è ancora mangiabile. Penso di aver bevuto 4 Lt d’acqua in 2 ore. Si parte, un sundown senza eguali, le nere ombre delle creste ora si stagliano al contrario e di minuto in minuto si allungano sempre più, i rossi hanno sfumature dal porpora al Pompei, dal carminio al rubino, sopra una lontana duna vedo un Orice ma il vento alza la sabbia e lo stesso scompare poco dopo, lo spettacolo delle dune del deserto che la natura qui offre non penso sia possibile vederlo altrove. Puntuali alle 18.20 usciamo con il cuore gonfio d’infinito, non parliamo, in religioso silenzio stanchi ma stanchi andiamo a fare una doccia. La solita ottima cena, una Windhoek Lagerbier ed un Antico Toscano, a letto distrutti ma coscienti di aver vissuto oggi un’esperienza unica.
17°, 9/10- Giornata di trasferimento verso il Sud. Prendiamo la C27, ci attendono 450 Km di sterrato verso Aus. La strada è noiosa e ma i colori che ci accompagnano sono però delicati. Ci fermiamo a Betta per fornirci di acqua e benzina ma troviamo un desertico tre case. Proseguiamo fino a Helmeringhousen, qui troviamo tutto e poi con una curva a 180 gradi proseguiamo sulla C13 raggiungendo Aus. Al Lodge Klein Aus Vista prendiamo possesso della ns camera, poi ci dirigiamo prendendo la B4 verso Luderitz. Dopo 22 Km sulla destra si entra, segnalato, alla piana dei cavalli del deserto. Sono le 15.30 e delle centinaia di cavalli stazionano con gli Orici in questa immensa distesa. Si pensa siano i discendenti dei cavalli dei coloni, ma vivono allo stato brado. L’animale ti è famigliare ma nel contesto appare come un’entità africana e quindi lo fotografi senza vergogna. Di sera ritroviamo l’amico Helmut (villaggio Himba), condividiamo una buona cena, ci raccontiamo le varie esperienze con un bel tramonto dietro ad una pala eolica di un pozzo artesiano. Definiamo il programma per domani e poi a letto presto.
18°, 10/10- Riprendiamo al mattino presto la B4 e ci dirigiamo nuovamente verso Luderitz. Lasciamo il sole e vediamo all’orizzonte una fitta nebbia eterea che avvolge la strada e alcuni cavalli escono dalla stessa quasi per incanto sul deserto alla nostra destra, proseguendo ci immergiamo nella nebbia che però dopo mezz’ora scompare e ritorna il sole. Circa 10 Km prima di Luderitz sulla sinistra troviamo Kolmanskop, proprio adiacente alla Diamond Area, paghiamo l’ingresso, raccogliamo le raccomandazioni di stare attenti e non solo agli edifici disastrati bensì anche ai Cobra dal collare Nero. E’ veramente un paese fantasma, abbandonata sessanta anni fa e il deserto la sta ‘’ mangiando ‘’. Tutto è invaso dalla sabbia, abbiamo la fortuna che non c’è vento, entriamo e usciamo dalle case un tempo abitate dai coloni nella ‘’ corsa ai diamanti nel deserto ‘’, tutto è immobile ma trasuda di vita passata. Puoi leggere la ricercatezza degli arredi di un tempo, la finezza dei colori delle stanze, i dettagli costruttivi sopra le travi, ancora qua e là delle suppellettili domestiche, è un paesaggio surreale con dune di sabbia all’interno che raggiungono le finestre ancora intatte. Kolmanskop era la sede della CDM (Consolidated Diamond Mines) che vide il suo splendore nel 50ennio agli inizi del ‘900. Era un paese completamente autonomo, aveva tanto di casino, bowling, teatro ecc., era veramente ricco. Poi come tutte le cose nella vita, lo splendore ha avuto termine verso il 1956, giacimenti più ricchi furono trovati altrove e il paese fu abbandonato. Entusiasti dalla foto scattate, ripartiamo tornando a ritroso sulla B4 fino a Seeheim, qui giriamo a destra sulla C12 e poi sulla C37 verso il confine con il South Africa, verso il Fish River Canyon, 280 Km asfaltati e 140 non. La strada è scorrevole con paesaggi aridi dai colori deboli, via-via intravediamo le montagne come il piccolo Karasberge sulla sinistra e poi giungiamo al Canyon Roadhouse. E’ un caratteristico Lodge che raccoglie infinite testimonianze del periodo coloniale, carcasse d’auto d’epoca e moto all’esterno, all’interno un arredamento simile ma con cimeli ben conservati, le pareti dei bagni sono una raccolta stupenda di targhe di ogni tipo ed ogni regione africana. Ceniamo discretamente male al fianco di una vecchia Dodge con tanto di argano arrugginito. Domani visita al canyon e per vedere l’alba. Niente sigaro, sono finiti.
19°, 11/10- Sveglia alle 5.30, appena fuori dal Lodge ci attende un’alba mai vista, nuvole all’orizzonte aiutano il sole a sorgere ed il cielo si dipinge di un rosso che pensavo non esistesse, varia in continuazione con un giallo ocra sempre più invadente. Carichiamo i bagagli velocemente e dopo tante foto partiamo verso il Belvedere. Sono 10 Km di sassaia pura, superiamo l’ingresso senza pagare poiché è troppo presto e non c’è nessuno. Raggiungiamo il Canyon proprio quando il sole è sorto all’orizzonte e i raggi filtrano nel centro del Canyon lasciando tutt’intorno ancora scuro coperto dalle nuvole. Il panorama è sublime, si estende per 160 Km, con una larghezza fino a ventisei e una profondità di 500 mt. Un debole rigagnolo si scorge in fondo tra una ancora piccola area verde, è il letto del fiume che attende le piene di Febbraio/Marzo, notiamo dei sentieri a picco ma decidiamo di non addentraci, il pericolo sembra eccessivo e ci limitiamo a percorrere il bordo scattando foto e foto ed ancora foto. Ripartiamo con destinazione Keetmanshoop percorrendo a ritroso la B4, 140 Km non asfaltati e 45 si. La cittadella non mi piace, tantomeno il Central Lodge. Molto pulito nulla da dire ma non ha un’impronta africana e la cittadella è svogliata, troppo squallida ed occidentale senza averne le caratteristiche. Non ci perdiamo d’animo e prendendo la M29 dirigendoci verso la Foresta degli Alberi Faretra ( Kokerboom Woud ), 25 Km sterrati poi in una fattoria ( Gariganus Farm ) ben segnalata paghiamo l’ingresso ma decidiamo di vedere prima il Gian’s Playground, 3 Km oltre. Lo spettacolo è incredibile, una distesa di km quadrati ove sembra veramente che dei giganti si siano divertiti posizionando massi enormi e neri uno sopra l’altro, come costruzioni della Lego, mentre tutto risale a 170 milioni di anni fa quando fenomeni di erosione distrussero il materiale igneo lasciando solo la parte più resistente detta ‘’ roccia di ferro ‘’. Raggiungiamo la Foresta e decidiamo di attendere il tramonto. L’idea è brillante … questi alberi alti fino a 8 mt sono figure con braccia e dita rivolte al cielo e si stagliano verso il sole con immagini da Nigthmare. I loro rami leggeri erano svuotati dal cuore fibroso ed erano perfette custodie per le frecce. Il tramonto sopraggiunge e penso di avere fotografato il più bel tramonto della mia vita, uno scenario surreale, alberi faretra ovunque si ergevano su rocce nero carbone e i rossi che piano- piano hanno invaso tutto, anche il mio cuore. Una cena discreta e poi a letto senza fumare.
20°, 12/10- Destinazione deserto del Kalahari. Prendiamo la B1 per 160 Km fino a Mariental e poi a destra sulla C20. Il deserto del Kalahari si estende per 500.000 Km2 tra Botswana, Namibia e Sud Africa ed ha un colore rosso particolare determinato da ferro ossidato che ricopre il granello di sabbia. Strada facendo iniziamo a intravedere queste dune ma tutto è alquanto monotono, quando giriamo dalla C20 sulla D1268 lo sterrato rosso mattone appare così all’improvviso che non credi ai tuoi occhi. Fermo la macchina e scendo perché voglio toccare con mano, la compattezza della sabbia è paurosa e non posso trattenermi dal fotografarmi lo scarponcino per rendere evidente il contrasto di colore. Raggiungiamo l’Anib Lodge e se il Central Lodge era l’antitesi dell’Africa, l’Anib è ‘’ l’Africa’’ fatta Lodge. Dire bello è poco, curato nei dettagli, pulito, accogliente, caratteristico e cosi africano, il personale è gentile e le camere splendide. Alle sedici si parte per un safari fotografico con un Defender 110, siamo, infatti, anche in dieci persone, occupo posto subito dietro alla guida per meglio fotografare ma …. Se lo spettacolo delle dune e i sentieri rossi nella savana gialla ti colpiscono, dopo aver visto l’Etosha nulla più ti può entusiasmare. Pochi animali, alcune Giraffe lontane, alcuni Dik-Dik, Struzzi, Springbok che assumono però una connotazione particolare perché camminano sul terreno così rosso che più rosso non si può. L’Africa ti concede però sempre una sorpresa ed ecco che dopo una cunetta e una curva a gomito, in una radura di sterpi gialli, vediamo un piccolo gruppo di Orici e tra loro anche una femmina che sta allattando un cucciolo, lo spettacolo è tenero come la vita alle volte lo sa essere, il tempo di alcune foto con il mio 500 mm ed il gruppo si allontana impaurito. Gli animali qui hanno un rapporto con macchine/uomo molto diverso che all’Etosha, qui sono veramente selvaggi ed hanno una giustificata paura. Attendiamo il tramonto con in mano un buon Gin tonic, le foto si sprecano e quando vedo sulla destra Toni e Nadia ( due sposini svizzeri in luna di miele ) abbracciati sulla duna con il sole ormai calante all’orizzonte proprio sullo sfondo, scatto la mia ultima foto in Namibia con un controluce estremo. Si rientra alle 19.30 quando la savana è talmente buia che solo la guida può sapere dove cavolo stiamo andando, i fari illuminano il sentiero rosso scuro, intorno il nulla. Mi accorgo che l’Africa mi sta salutando con il suo silenzio e un cielo meraviglioso mi fa promettere che ritornerò. Sono emozionato e mi accorgo che sto piangendo. Cena ottima come sempre e poi si dorme.
21°, 13/10- Di nuovo in auto, nuovamente la B1, 280 Km asfaltati per raggiungere Windhoek. Arriviamo al Moni Pension, incontriamo Alessandro e ci intratteniamo descrivendo il viaggio nei suoi aspetti positivi (tanti) e suggerendo alcune ns correzioni (pochissime) che riteniamo utili. L’organizzazione Granelli di Sabbia è stata perfetta, ringraziamo di cuore, restituiamo il Garmin e con Alessandro programmiamo la partenza per la mattina seguente. Uscire da Windhoek non è difficile ma gli orari, si vola alle 8.45, non permettono errori. Con un abbraccio caloroso Alessandro si congeda con la promessa reciproca di mantenere i contatti. Il pomeriggio lo passiamo tranquillamente passeggiando in città senza Nikon, facciamo il pieno di benzina, ceniamo all’ormai noto Gran Canyon Spur con la solita T – boon steak (una favola) e poi in camera per fare la valigia. Non riesco a dormire, sono ansioso di ritornare a casa dalla mia famiglia e contemporaneamente ho la consapevolezza di aver fatto il viaggio naturalistico più bello mai sognato nella mia vita, un velo di tristezza …. Ma reagisco … un giorno tornerò nuovamente in questa parte del Mondo.
22°, 14/10- Sveglia alle 4.45, colazione e usciamo da Windhoek prendendo la B6 verso l’International Airport, 40 Km e il buio ci avvolge, poi l’alba fa capolino dietro l’Auasberge, come all’arrivo ventuno giorni fa alcuni Babbuini si muovono ai bordi della strada, sono già in attività e assumo vogliano salutarci, consegniamo la Nissan, al controllo tutto è conforme, check-in senza problemi, puntuali si vola con Airberlin. Ci alziamo dolcemente e prendiamo quota mentre sotto di noi l’Africa si è già risvegliata, il sole già alto illumina …. una realtà che ha superato la fantasia. GRAZIE NAMIBIA.