Namibia per due… Nel 2002!

Siamo partiti martedì 4 novembre da Milano con un volo notturno (South African Airways)per Johannesburg, con coincidenza praticamente immediata per Windhoek, capitale della Namibia. Il viaggio è stato abbastanza buono, senza intoppi, e siamo arrivati in perfetto orario. Dall’Italia avevamo prenotato un fuoristrada e, dopo averlo ritirato...
Scritto da: M.Laura
namibia per due... nel 2002!
Partenza il: 04/11/2002
Ritorno il: 20/11/2002
Viaggiatori: in coppia
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Siamo partiti martedì 4 novembre da Milano con un volo notturno (South African Airways)per Johannesburg, con coincidenza praticamente immediata per Windhoek, capitale della Namibia.

Il viaggio è stato abbastanza buono, senza intoppi, e siamo arrivati in perfetto orario.

Dall’Italia avevamo prenotato un fuoristrada e, dopo averlo ritirato all’aeroporto, ci siamo diretti verso il centro della città.

Il primo impatto con la guida a sinistra è stato sicuramente buono, dal momento che la strada era praticamente deserta…

L’albergo che avevamo contattato via Internet (Villa Verdi), elegante e raccolto, ci è piaciuto parecchio, tant’è che ci ospiterà anche per la nostra ultima notte africana.

Se in auto ce la siamo cavata subito bene, a piedi la situazione è stata un po’ diversa: dopo soli 5 minuti di passeggiata siamo stati vittime di un tentativo di furto da parte di un gruppo di ragazzini, fortunatamente da noi sventato.

Questo antipatico episodio però non ci ha tolto l’appetito (anzi), e così abbiamo cenato in un bel locale del centro, il Gathemans, dove abbiamo mangiato molto bene, ma attenzione, un suggerimento: non andateci se avete fretta! (due portate = due ore di attesa).

2° giorno Dopo un’ottima colazione in albergo abbiamo lasciato Windhoek e ci siamo diretti verso l’Intu Afrika Lodge, vicino a Mariental, in pieno deserto Kalahari.

L’ambiente era splendido, e la nostra sistemazione grandiosa: avevamo un bungalow enorme tutto per noi, abbastanza isolato; il letto era sistemato al piano superiore e la parete completamente di vetro faceva si che anche da distesi si potesse ammirare il deserto…

Verso sera abbiamo fatto un giro (guidato) nella riserva con una land rover aperta, alla ricerca di un incontro ravvicinato con gli animali che la popolano, e siamo riusciti a vedere un gruppo di giraffe, numerosi orici e springbok e un leopardo sopra un albero.

Al tramonto siamo scesi dalla jeep, e sulla sommità di una duna abbiamo preso l’aperitivo godendoci lo spettacolo del sole che rendeva rossissima la sabbia del deserto.

Durante questa escursione abbiamo conosciuto Martino e Virginie, una coppia italo – francese che incontreremo durante quasi tutte le tappe del nostro viaggio.

La cena, ottima, l’abbiamo consumata nel bush del lodge, annaffiando il tutto con un buon vino sudafricano.

3° giorno Al mattino, prima di colazione, abbiamo visitato con una guida un villaggio di boscimani; non ne siamo rimasti particolarmente colpiti, dal momento che la cosa ci è sembrata un po’ costruita per i turisti.

La nostra destinazione per questa giornata è stata Keetmanshop; qui abbiamo alloggiato al Canyon Hotel, discreto albergo con piscina, dove abbiamo trascorso le ore più calde del pomeriggio. Più tardi, con due brevi passeggiate abbiamo visitato prima una foresta di alberi – faretra (Quivitree forest),poi una serie di blocchi di pietra che formano il “Giant’s Playground”.

In serata abbiamo cenato con i nostri nuovi amici da “Lara’s”, in centro a Keetmanshop; il cibo era appena discreto, ma la birra era veramente ottima! 4° giorno Colazione e via, verso il Fish River Canyon, quasi ai confini con il Sudafrica.

Attraversando scenari molto suggestivi, siamo arrivati in tarda mattinata al Canyon Lodge; splendida sistemazione in uno chalet perfettamente mimetizzato fra le rocce rosse. Nel pomeriggio ci siamo dedicati alla visita del canyon, per quello che si poteva fare, cioè raggiungere alcuni punti panoramici in auto e scattare alcune foto.

Siamo rientrati nel tardo pomeriggio, giusto in tempo per ammirare un tramonto stupendo dalle rocce sovrastanti il lodge in compagnia di una birra fresca e dei nostri nuovi amici.

La cena che ci è stata servita era sontuosa, con piatti elaborati; veramente ottima.

La notte è stata un po’ movimentata per l’intrusione di un topolino che praticamente si è mangiato la nostra borsa termica, prima di arrivare ai biscotti che conteneva…

5° giorno Al mattino abbiamo fatto una bella passeggiata di circa 3 ore nei dintorni del canyon, guadando fiumi (asciutti) e scalando montagne impervie (?), quindi, dopo una doccia rinfrescante ci siamo avviati verso Luderiz.

Durante il tragitto ci siamo fermati al “Canyon Roadhouse”, per fare rifornimento alla macchina ed ai suoi occupanti; questo hotel – bar – stazione di servizio era molto bello e particolare: il bar ad esempio era tappezzato interamente da targhe automobilistiche da tutto il mondo, e c’erano pezzi di automobile un po’ dappertutto. La strada proseguiva un po’ monotona fin quasi a Luderiz, poco prima di raggiungere la città un vento fortissimo proveniente dall’Atlantico alzava una grande quantità di sabbia dal deserto circostante, e si depositava sul manto stradale, rendendo difficile la circolazione.

Abbiamo trovato sistemazione presso il Nest Hotel, un bel albergo sul mare, moderno ma forse un po’ “impersonale”. La città non sembrava offrire nulla di particolarmente invitante, anzi ci è apparsa un po’ morta, e quindi abbiamo deciso di cenare nel ristorante dell’albergo.

6° e 7° giorno Di buon mattino abbiamo fatto una rapida visita della città, che con il sole aveva assunto tutt’un altro aspetto, decisamente migliore della sera precedente.

Più tardi siamo andati a visitare la città fantasma di Kolmanshop, un tempo florida per la presenza delle miniere di diamanti, ma poi abbandonata per l’esaurirsi delle stesse, ed ora invasa quasi completamente dalle sabbie del deserto.

Da qui è iniziato il lungo trasferimento verso il Namib-Naukluft Park, dove, sempre dall’Italia, abbiamo prenotato 2 notti presso il Wolwedans Dune Lodge.

Lungo la strada ci siamo fermati a Aus, per ammirare i cavalli del deserto; abbiamo fatto rifornimento di carburante a Helmeringhausen, da una pompa di verde che sbucava praticamente…Dalla cucina di una casa privata (con tanto di cancelli e cani sciolti). La strada era veramente lunga, e così ci siamo dovuti fermare di nuovo, però il distributore in questione era più convenzionale ed aveva anche un bar annesso.

Da qui, ancora un ora e mezza di sterrato, e poi finalmente abbiamo avvistato il Lodge. Ma non era finita! Dove siamo arrivati con la macchina c’erano solo gli uffici e occorrevano altri 20 minuti su un fuoristrada della direzione per raggiungere il nostro chalet, che era letteralmente in mezzo al deserto.

Il lodge era decisamente sopra la media anche se, per i gusti di Franco, un po’ troppo isolato e troppo “aperto”, al punto che in due notti avrà chiuso occhio si e no 3 ore! Purtroppo all’interno della riserva non ci si poteva muovere autonomamente e venivamo accompagnati su e giù per le dune da Sylvie, la nostra guida. La cosa alla lunga era un tantino noiosa, ma ci siamo rifatti abbondantemente a tavola con due cene veramente all’altezza, con tanto di spettacoli folcloristici locali.

7° giorno Da Wolwedans, modificando un po’ l’itinerario originale, abbiamo deciso di proseguire fino al Sossulvlei Lodge e da qui goderci con maggior tranquillità le altissime dune di sabbia, probabilmente l’attrattiva principale del paese.

La nostra sistemazione al Sossulvley Lodge ci era stata prenotata precedentemente dalla segretaria del Wolwedans, ma la tiritera con la quale ci hanno fatto aspettare per quasi 3 ore la stanza ci ha innervositi non poco.Dopo aver preso visione della stessa, abbiamo deciso di concederci un po’ di relax al sole e di visitare le dune al tramonto.

Così è stato e verso le 16.30, dopo aver percorso i 60 chilometri di asfalto che dividono Sossulvlei da Setriem, siamo arrivati al parcheggio 4×2, dove obbligatoriamente si dovevano fermare i veicoli non dotati di trazione integrale. La nostra Nissan invece era un 4×4 e, inserite le quattro ruote motrici e le ridotte, abbiamo affrontato in tutta tranquillità i circa 5 chilometri di sabbia fino a Sossulvlei. In verità per le nostre capacità di driver il tragitto si era rivelato piuttosto impegnativo ed in più di qualche occasione eravamo tentati di tornare indietro ma fortunatamente siamo riusciti in qualche maniera a proseguire fino alla meta.

Una volta parcheggiata la macchina, a piedi ci siamo inoltrati tra le dune fino a raggiungere in poco più di un’ora un lago completamente asciutto, il Dead Vlei. Scattate le foto di rito, siamo ritornati al parcheggio, e abbiamo affrontato il ritorno. Purtroppo, però, per inesperienza ed incapacità del pilota (Franco), a metà del percorso ci siamo insabbiati inesorabilmente. Preso dal panico nel tentativo di liberarci, ha continuato ad accelerare, e così facendo siamo affondati sempre di più. Fortunatamente è sopraggiunto un altro fuoristrada e il conducente, che era una guida tedesca, ci ha dato una mano e sgonfiando le gomme, togliendo la sabbia da sotto le ruote ed avanzando molto lentamente ci ha liberati, e così ci è ritornato il sorriso.

Una volta fuori pericolo abbiamo affrontato un’altra piccola escursione fino all’Hidden Vlei, ma la giornata era già stata segnata dal precedente episodio…; quest’ultimo però è completamente sfuggito di mente una volta davanti ad una cena buffet strepitosa! 9° giorno Di primo mattino abbiamo lasciato Sestriem – Sossulvlei alla volta di Swakopmund. Il tragitto del nono giorno è stato molto vario con alcuni passi di montagna da superare ed alcuni canyon.

I continui saliscendi rendevano sicuramente più impegnativa la guida, ma il tempo scorreva velocemente, e nelle prime ore del pomeriggio eravamo già in vista di Swakopmund, sulle rive dell’Atlantico. Dal momento che avevamo tralasciato si prenotare una sistemazione dall’Italia, abbiamo cercato una stanza e ci siamo fermati allo Swakopmund Hotel & Entertainment Center, probabilmente il miglior albergo della città, ricavato dalla vecchia Bahnhof, ovvero la stazione del treno. Il tempo di una doccia e poi via, a visitare la città. Qui, più che in ogni altro angolo della Namibia, si nota in maniera marcata l’influenza tedesca nelle strade, nei palazzi in stile, e nell’impronta prettamente turistica della cittadina.

Seguendo le dritte della Lonely Planet abbiamo fatto una tappa all’Old Africa Cafè. Per un cappuccino (o cioccolino) ed una fetta di torta, il tutto veramente ottimo.

Abbiamo acquistato qualche souvenir, e , mano a mano che scoprivamo la città, ci accorgevamo che aveva effettivamente ben poco di africano.

Per cena abbiamo provato al Bradhaus Pub, ma purtroppo non c’era posto, e, sempre seguendo i consigli della guida, abbiamo optato per il Cucky’s Pub, dove abbiamo consumato una discreta cena di pesce e …Aglio. Nel bel mezzo della cena ci sono venuti a trovare i nostri amici Martino e Virginie, che però avevano già prenotato la cena in un altro ristorante. Più tardi li abbiamo incontrati in un pub lì vicino (all’ingresso ci hanno perquisiti!), e davanti a quattro belle coca cola ci siamo raccontati le vicissitudini motoristiche degli ultimi giorni (affondamenti su sabbia, perdita della capote dell’auto in corsa…Etc).

11° giorno Anche in questa giornata abbondante colazione e partenza di buon mattino alla volta del Damaraland, una regione montuosa al centro della Namibia. Lungo la strada ci siamo fermati a Cape Cross, dove ci aspettava una colonia di otarie simpatiche, vocianti, e soprattutto molto puzzolenti. A questo punto ci aspettava la Skeleton Coast: la nostra speranza era di riuscire a far rifornimento di carburante prima di arrivare ai cancelli d’ingresso del percorso, ma dei due distributori segnalati sulla cartina non c’era neppure l’ombra…

Abbiamo varcato l’ingresso del parco, e sul cancello un bel teschio ci ha dato il benvenuto. Ci aspettavano ben 150 chilometri senza incontrare anima viva, su una strada completamente cancellata dalla sabbia sollevata da un vento incessante, che ad un certo punto ha coperto anche il sole, ed era mezzogiorno! Avvolti in un’atmosfera veramente da film dell’orrore, siamo giunti ad un bivio, e da qui abbiamo deviato ad est, verso l’interno e cioè verso l’uscita del parco. Al custode del cancello d’uscita abbiamo chiesto dove avremmo potuto fare rifornimento di carburante, ma dopo circa mezz’ora di chiacchiere inconcludenti abbiamo deciso di proseguire fino al Twivefoltein Lodge, sperando di trovare lì un po’ di benzina. Con il condizionatore staccato (per risparmiare benzina), un caldo micidiale e a velocità ridotta, siamo giunti finalmente al lodge. Un posto veramente incantevole, e soprattutto dotato di una pompa di benzina propria, dove abbiamo riempito il serbatoio.

Scampato il pericolo di rimanere a piedi, più rilassati, ci siamo riposati un po’ all’ombra di alcune rocce ai bordi della piccola piscina. Prima di cena, per sgranchirsi un po’ le gambe, Franco è partito per un breve trekking sulle montagne che circondano il lodge, e scendendo dalla cima ha notato una sagoma familiare in lontananza che si avvicinava a tutta velocità: eh si, erano proprio loro, Martino e Virginie, che praticamente avevano percorso il nostro stesso tragitto ma, come ci hanno raccontato dopo, erano arrivati veramente ad un passo dal fare autostop fino a raggiungere un distributore. Dopo un bel bagno in piscina, cena – buffet molto valida e, come al solito birra in abbondanza.

12° giorno Sveglia all’alba, colazione abbondante e poi, prima che il sole iniziasse a picchiare forte, siamo partiti per un trekking in compagnia dei nostri improvvisati compagni di viaggio. Originariamente il percorso che avevamo deciso di intraprendere durava circa un’ora e mezzo, ma poi ci siamo persi, e il tutto è durato più di tre ore.

Gentilmente il personale dell’albergo ci ha permesso di farci la doccia, anche se l’orario per il check out era passato da un bel pezzo; da qui siamo partiti, destinazione l’Etosha Park.

Prima di raggiungere Korixas ci siamo fermati a soccorrere una coppia di donne padovane, ferme sul ciglio della strada con una gomma squarciata. Una volta risolto il problema abbiamo proseguito, e dopo aver attraversato Korixas siamo giunti a Outijo. Qui ci siamo fermati in una pasticceria (naturalmente consigliata dalla Lonely), e mentre una di noi si impegnava su Internet, l’altro si impegnava sui…Dolci! Da Outijo ancora 130 chilometri di ottima strada, e poi siamo arrivati all’Etosha Park.

Presso l’Okaukuejo Rest Camp, dove avevamo prenotato una sistemazione dall’Italia, non avevano nessuna registrazione a nostro nome, però dopo qualche telefonata si è risolto tutto. Il bungalow era decisamente la sistemazione più spartana di tutto il viaggio, ma a noi non interessava più di tanto, e dopo un veloce ambientamento ci siamo recati presso la tavola calda del parco per prenotare la cena, dopodiché abbiamo cominciato l’esplorazione di questo grandissimo parco, iniziando dal lato ovest.

Il paesaggio si presentava alquanto spoglio, almeno in questo settore, e di tanto in tanto c’erano delle pozze d’acqua (alcune naturali, altre artificiali), dove ogni tanto qualche animale si dissetava, offrendo quindi uno spettacolo piacevole a noi spettatori.

Per il primo giorno all’Etosha, comunque i nostri avvistamenti sono stati limitati, quindi siamo rientrati al bungalow, e poi ci siamo recati a piedi verso il ristorante per la cena.

Anche qui il buffet non era un granché, e nell’enorme sala regnava la più assoluta disorganizzazione, nonostante gli sforzi di un simpatico caposala.

Durante la cena abbiamo assistito, purtroppo ci accade spesso, ad un fuori programma fatto di proteste, insulti, grida naturalmente da parte di alcuni nostri connazionali evidentemente scontenti.

Non abbiamo potuto fare altro che vergognarci di essere italiani, e di tenerci il più possibile in disparte…

13° giorno Sveglia di buon’ora, colazione, e via, alla ricerca degli animali perduti! In questa giornata abbiamo visitato la parte est del parco, dirigendoci verso i campi di Halali e Namutoni.

Appena partiti ci siamo subito imbattuti in un branco di giraffe, anche se non erano vicinissime. Il resto della mattinata però è stato alquanto infruttuoso e i campi di Halali e Namutoni erano decisamente meno organizzati dell’Okaukuejo, e anche esteticamente non reggevano il confronto.

Il pomeriggio, parte del giorno in genere sconsigliato per gli avvistamenti, ci ha riservato invece delle piacevoli sorprese: due gigantesche giraffe erano ferme sulla strada impegnate a bere da una pozzanghera, impresa non facilissima, viste le dimensioni dell’animale.

Poi un gruppo di una ventina di elefanti si è avvicinato, e si è fermato in un piccolo boschetto a pochi metri dalla strada: possiamo assicurare che questi bestioni fanno un certo effetto quando sono così vicini e, soprattutto, così liberi! Di ritorno al campo abbiamo scorto una macchina che ci sembrava di conoscere; eh, già erano proprio loro: Martino e Virginie! Non ci hanno fatto compagnia per cena (tonno e pomodoro in bungalow), ma poi li abbiamo incontrati più tardi, nei pressi di una pozza illuminata per l’avvistamento degli animali., e questo è stata davvero l’ultima volta che li abbiamo visti, e dopo aver bevuto con loro un paio di birre ci siamo salutati e siamo andati a dormire.

14° giorno Prima dell’alba, senza aver fatto colazione, siamo partiti con la speranza di avvistare l’unico animale che ancora non eravamo riusciti ad avvistare: il leone. Siamo arrivati prestissimo alla pozza di Rietfontein, e ce n’era uno accovacciato pigramente ad un’ottantina di metri da noi; ci siamo appostati, e siamo rimasti lì per circa un’ora, in attesa di un suo qualche spostamento; ciò avveniva di tanto in tanto, soprattutto quando qualche temerario (sprinbok, orici o zebre)si avvicinava alla pozza.

Soddisfatti dello spettacolo al quale abbiamo assistito, abbiamo lasciato definitivamente il Parco Etosha, e ci siamo diretti verso il Waterberg Plateau Park. Abbiamo attraversato le cittadine di Otjiwarongo (rifornimento carburante), e do Okahandija (rifornimento contanti), e in un paio d’ore siamo giunti a destinazione.

Il Waterberg Plateau Park è praticamente un altipiano che si innalza dalla prateria di circa 200 metri, ed è stato praticamente l’unico luogo con una vegetazione rigogliosa che abbiamo visitato durante questa vacanza. Il parco era decisamente incantevole, e abbiamo trascorso la giornata tra la piscina (bella) ed un paio di trekking non molto impegnativi nei boschi che circondavano i bungalow.

Questi ultimi non erano il massimo, ma pulitissimi e decisamente migliori di quelli dell’Etosha.

In serata abbiamo cenato presso il ristorante del parco (non male), con intrattenimento musicale locale.

15° giorno L’ultimo giorno di questa splendida vacanza lo abbiamo trascorso ancora alla Villa Verdi di Windoek.

La giornata l’abbiamo passata facendo gli ultimi acquisti di souvenir al mercato artigianale in centro (vale la pena) e facendo lavare il fuoristrada, perché non ce la sentivamo proprio di riconsegnarlo all’agenzia in condizioni veramente pessime.



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