My Lisbon story

Una viaggiatrice solitaria in Portogallo, tra azulejos, antichi monasteri e gioielli Art Nouveau
Scritto da: AlixA
my lisbon story
Partenza il: 27/11/2016
Ritorno il: 30/11/2016
Viaggiatori: 1
Spesa: 500 €
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Il mio primo viaggio in Portogallo

Il mio viaggio inizia un pomeriggio di fine novembre, sotto un cielo grigio rischiarato dai bagliori delle luci natalizie. Eccomi pronta a partire par la capitale del Portogallo, terra di venti impetuosi e colori sgargianti; adagiata sulla riva destra dell’estuario del Tago, è una città di incomparabile bellezza, ricca di storia e di cultura. Il suo particolare stile architettonico, poi, la rende subito riconoscibile, unica nel suo genere. Come non visitarla? Per la mia prima volta in terra portoghese ho scelto il volo a/r Bologna-Lisbona della Tap Portugal (150,00 euro). In circa 2 ore e mezza raggiungo l’aeroporto di Lisbona, dove è già sceso il buio; m’infilo su un taxi che, al costo di 18,00 euro, mi porta in centro in soli 15 minuti.

Le prime immagini della città, inquadrate dai finestrini dell’auto, rivelano la massiccia presenza di azulejos sui muri degli edifici; si tratta di piastrelle di maiolica colorata (letteralmente in arabo“pietra lucida”) che ricoprono le pareti di palazzi sontuosi così come quelli delle case più modeste. Sono un elemento tradizionale dell’architettura portoghese, antico retaggio di influenza araba, e regalano alla città uno stile inconfondibile.

Il taxi mi lascia all’inizio di Rua das Portas de Santo Antão, dove si trova il mio alloggio.

Faccio velocemente il check-in alla Pensao Flor De Baixa, prenotata su booking: posizione strategica e soli 40 euro a notte. Mi trovo a Baixa, il quartiere centrale e pianeggiante situato tra i due colli di Alfama e Chiado. Qui vicino si trova lo snodo cittadino più importante, la piazza Praça de D. Pedro IV, detta dai lisboeti Rossio; tutti i mezzi di trasporto sono a portata di mano, compreso il famoso tram 28, che si trova poco più in là e percorre un itinerario panoramico per gli antichi vicoli dell’Alfama, Graça e Barrio Alto. Per cena mi basta attraversare la strada e varcare la soglia della Casa do Alentejo,un locale ospitato in uno palazzo storico dotato di un magnifico patio moresco.

Il giorno seguente, dopo la colazione alla famosa Confeteria National, fondata nel 1829, sono alle prese col mio primo viaggio su di un tram portoghese. Compro la tesserina Viva Viagem /Sete Colinas alla Casa da Sorte nel Rossio. Caricata per i viaggi di una giornata al costo di 6,00 euro (+ 0,50 della tessera), mi permetterà di utilizzare tutti i mezzi cittadini per 24 ore; va convalidata elettronicamente alla macchinetta gialla dentro il tram.

Atmosfere pittoresche ad Alfama

Il mitico tram 28, citato in tutte le guide, parte sferragliando dalla fermata davanti all’Hotel Mundial (fermata Martim Moniz): solo qui, al mattino presto, potrete trovare il posto per sedervi. Scendo al Miradouro das Portas do Sol, una delle tante terrazze panoramiche sparse sui sette colli della città; il panorama, che sa di Mediterraneo pur essendo vicini a all’Atlantico, si stende da São Vicente de Fora al fiume Tago. L’aria è frizzante, il sole tiepido: è l’eterna primavera di Lisbona che si riversa su questo bel mattino di fine novembre. Una passeggiata nel quartiere popolare dell’Alfama, abitato per secoli da pescatori e marinai, mi regala altri panorami sul fiume e sui pittoreschi vicoli dell’antica città araba, gli unici a rimanere intatti dopo il terribile terremoto del 1755. Era il giorno di Ognissanti quando il suolo di Lisbona iniziò a tremare, distruggendo la maggior parte degli edifici. Sarà il ricco Marchese di Pombal l’uomo della rinascita di Lisboa; ricostruirà un reticolo di vie ampie e regolari costellate di palazzi signorili, infondendo alla città quello che sarà ricordato come l’elegante stile pombalino.

Nell’Alfama invece si ammira il volto più pittoresco e popolare di Lisbona: i panni stesi al sole che sventolano fuori dalle finestre, gli azulejos rovinati dal tempo, le cervejarias popolate di vecchi che fumano e giocano a carte. Entro al Castelo de São Jorge (ingresso 8,50 euro) che domina la città dal punto più alto del colle. Antico luogo di insediamento, fu occupato da diverse popolazioni, come i celti, i romani o i mori; oggi ciò che rimane del castello è una ricostruzione degli anni 30’, però la vista su Lisbona è spettacolare. Per il pranzo cambio completamente atmosfera, scegliendo l’eleganza imperiale di Praça do Comércio, che raggiungo col bus 794; monumentale e frequentatissima, questa piazza è una delle più grandi d’Europa, scenario ideale per il mio mezzogiorno di sole. Al centro della piazza c’è la scultura di Re João a cavallo, tuttavia è un altro il protagonista di questo luogo grandioso; il Tago e le sue acque azzurre entrano letteralmente nella piazza, proprio come succede a Venezia, con S.Marco. Si tratta dì un fiume, ma l’aria è decisamente salmastra; il volo dei gabbiani e qualche piccolo angolo sabbioso infatti completano il quadro. L’Oceano Atlantico, con la sua immensità e le sue promesse d’avventura è vicino, lo si percepisce con chiarezza; ad ovest lo sguardo abbraccia il profilo maestoso del Ponte do 25 Abril, gemello del Golden Gate Bridge di San Francisco. E’ stato chiamato così a ricordo della rivoluzione dei garofani del 74’ che liberò la città dalla dittatura di António de Oliveira Salazar. Sulla costa opposta, si staglia il profilo dell’immensa statua del Cristo-Rei; sia il ponte che il Cristo furono commissionati dal dittatore, ma oggi sono slegati dal suo ricordo e restano i simboli più evocativi della Città. Un po’ California, un po’ Brasile… Lisbona sembra riflettere sogni e desideri di qualunque viaggiatore.

Il gusto di un milionario: il Museo Gulbenkian

Seduta ad un tavolino del ristorante Populi, soddisfo l’appetito sotto la carezza del sole con un fresco gazpacho, focaccia e tapenade di olive. Poi prendo la metro (linea blu, fermataS. Sebastião), proprio davanti al locale, e raggiungo in 15 minuti il Museo Calouste Gulbenkian, che ospita una fantastica collezione di pittura, scultura, arti decorative e reperti archeologici. Il milionario armeno Calouste Sarkis Gulbenkian (Scutari, 1869 – Lisbona, 1955) ha accumulato durante la sua vita una collezione prestigiosa ed eterogenea, che poi ha donato al suo paese d’adozione. Tra le maschere d’oro dei faraoni, antichi paraventi cinesi e i dipinti degli impressionisti, la visita mi lascia estasiata, concludendosi con una favolosa sala traboccante dei gioielli Art Nouveau di René Lalique.

La sera la trascorro al ristorante Os Tibetanos, che raggiungo con una passeggiata di 10 minuti su Avenida de Libertade, gli “Champs-Élysées” di Lisbona. Nella traversa di rua do Salitre, si trova il ristorante, che offre piatti gustosi e originali (vegetariani e vegan) in atmosfere vagamente hippie.

Tra le nuvole in stile Liberty

Il mattino seguente raggiungo a piedi l’Elevador de Santa Justa in Rua do Ouro, una stravagante creazione neogotica creata tra Otto e Novecento da Raoul Mesnier du Ponsard. Che l’ingegnere fosse l’apprendista di Gustave Eiffel lo si può notare subito, non appena si posa lo sguardo sulla bellissima struttura verticale in ferro, con decorazioni a filigrana degne del diadema di una principessa. L’architettura Liberty cela al suo interno un ascensore di legno con finiture d’ottone; l’ingresso (5,00 euro) è compreso nella mia tessera Viagem. Mentre salgo verso il cielo, in piena atmosfera Belle Époque, Lisbona si svela dalle vetrate dell’ascensore. L’Elevador mi lascia sulla terrazza, dove mi attende un panorama superbo sulla città e sul fiume, immersi nelle prime luci del giorno. Da qui posso osservare il Rossio, il quartiere di Baixa, le vicinissime rovine dell’Igreja do Carmo e, più in lontananza, il Castelo de São Jorge sulla collina dell’Alfama.

Dal Barrio Alto verso Bélem, sognando avventure per mare

In cima all’ascensore si trova un passaggio pedonale che collega l’Elevador al Largo do Carmo, nel Barrio Alto; il quartiere è ancora addormentato nel silenzio, e nulla s’indovina, in questa calma immobile, delle camaleontiche trasformazioni che lo colgono di notte, quando si popola delle luci dei ristoranti e dei bar di tendenza. Scendo grazie ad una scalinata e mi precipito in Praça da Figueira dove mi aspetta il tram 15 E per Bélem. Posso ancora utilizzare la mia carta Viagem, non sono ancora trascorse le 24 ore, che risparmio! In mezz’ora di viaggio, un tragitto panoramico sul lungofiume, ci dirigiamo verso ovest, passando oltre al bellissimo Ponte do 25 Abril e attraversando l’antica zona industriale, nel quartiere di Alcântara, in cui aleggiano atmosfere metafisiche alla De Chirico.

A Bélem si concentrano i monumenti simbolo dell’età delle scoperte. Situata alla foce del fiume Tago, questo era il luogo epico da cui salpavano le caravelle verso mari sconosciuti; iniziate nel 400′, tra tutte le esplorazioni, la vera svolta per il paese fu la scoperta dell’India da parte di Vasco da Gama nel 1498. Re Manuel I, non appena le ricchezze di quei mondi lontani si riversarono sul Portogallo, volle celebrarne la grandezza, inaugurando addirittura un nuovo stile architettonico, che prese il suo nome, lo stile manuelino.

Il bastione sul Tago oltre allo scopo celebrativo, aveva anche una funzione pratica per i navigatori che l’avvistavano dal mare. Guardando l’orizzonte dalla terrazza, come fanno le sculture della Vergine di Belém e del suo bambino, posso capire la spinta che ha mosso gli antichi esploratori portoghesi, gli avventurieri del 400’ che si spinsero oltre i confini del mondo conosciuto, verso l’India, il Giappone o l’Africa; furono tentati da questa imbattibile posizione geografica, quella di un piccolo paese appollaiato sulla costa oceanica, pronto a spiccare il volo.

Oltre alla Torre, Re Manuel I fece innalzare a Bélem anche il Mosteiro dos Jerónimos un luogo grandioso e monumentale dedicato alla Vergine di Bélem, dove si celebravano con preghiere e benedizioni i viaggi già compiuti e quelli ancora da iniziare. Per raggiungerlo dalla Torre ci vuole un quarto d’ora di camminata, tornando verso la fermata del tram che mi ha portata qui. Il quartiere è verdeggiante, piacevole da scoprire a piedi e con calma. I giardini, i numerosi siti culturali e la bellezza del lungofiume rendono la zona una tappa obbligata di ogni viaggio a Lisbona. La vista sul Ponte do 25 Abril è favolosa, peccato che il Padrão dos Descobrimentos, voluto dal dittatore Salazar e proteso come una caravella sul Tago, sia in ristrutturazione.

Una meta che nessun viaggiatore goloso vuole perdersi in questo quartiere è l’Antiga Confeitaria de Belém, che si trova nei pressi del monastero. Fondata nel 1837, la sua specialità sono i famosi Pastéis de Bélem, una calorica ghiottoneria che fa ormai parte della tradizione culinaria del paese.

Il Mosteiro dos Jerónimos

Più tardi mi avventuro oltre la soglia dell’antico Mosteiro dos Jerónimos costruito all’inizio del Cinquecento. E’ un grandioso complesso in pietra calcarea, che risplende sotto al sole nei suoi trecento metri di larghezza; comprende chiesa, chiostro e refettorio. Costruito subito dopo il rientro di Vasco da Gama dal suo viaggio, fu finanziato con la cosiddetta tassa sul pepe, un’imposta su spezie, oro e pietre preziose. L’imponente chiesa ospita tombe di re, poeti ed avventurieri tra cui anche il sopracitato Da Gama. Sulla navata scende una luce crepuscolare, filtrata come una nebbia impalpabile dalle vetrate istoriate, mentre le colonne si slanciano verso il soffitto, dove si diramano in un intricato ghirigoro di nervature. Connesso alla chiesa c’è chiostro, un altro capolavoro dello stile manuelino, decorato da un esuberante ricamo di pietra, mentre il refettorio dei monaci, un salone dalle proporzioni immense, vanta un magnifico nastro di azulejos gialli e blu lungo le pareti, realizzato nel Settecento.

Un caffè con Pessoa e un movimentato giro in tuk tuk

Risalita sul tram, acquisto a bordo il costoso biglietto singolo perché ho la tessera scaduta (2,85 euro), fino a Praça do Comércio. Qui vado a gustarmi un caffè nel locale un tempo frequentato dal maggior poeta portoghese, Fernando Pessoa (Lisbona, 1888 – Lisbona, 1935), il Marthino Da Arcada. Mi concedo un giretto a Baixa, passando sotto al magnifico Arco di Rua Augusta, eretto per commemorare il terremoto del 1755. Infine, visto che sono stanca e ho i piedi sbriciolati, rinuncio alla tappa programmata, il Parques das Naçoes, uno spazio avveniristico creato in occasione dell’Expo 1998. Approfitto invece di un tuk tuk color turchese, che sta passando per la piazza (ce ne sono molti in giro per la città, viste le numerose salite..). Seguirà un movimentato giro di Barrio Alto, Alfama e Mouraria, contrattato per circa 25 euro. Dopo aver scorrazzato su e giù per le stradine sempre più strette e ripide, ci fermiamo al Miradouro di Graça, da cui si gode di una vista da favola sulla città; poi ci inoltriamo a Mouraria, un quartiere popolare che si estende sul versante sud-est della collina del Castello di São Jorge. La zona, che deve il suo nome all’antica presenza dei mori, oggi è abitata soprattutto da immigrati, per lo più arabi e africani; conserva un certo sapore esotico, a metà tra una medina ed i quartieri spagnoli di Napoli. Alla fine del tour sbuchiamo nuovamente a Baixa e Miguel, il mio simpatico autista, mi lascia in Praça dos Restauradores, dove l’atmosfera è completamente diversa, pomposa e solenne, così come si confà ad un luogo che deve celebrare la liberazione del Portogallo dalla dominazione spagnola (1640).

Salutando Lisbona

Dopo un giretto nei negozi a caccia di souvenir, torno alla base per una doccia. L’ultima serata a Lisbona la trascorro al ristorante O Sitar, un indiano a due passi dal mio alloggio e poi, via, a zonzo tra le luminarie natalizie.

Il giorno dopo alle 8.15 del mattino salgo sul mio aerobus in Praça dos Restauradores, che in 40 minuti mi porterà in aeroporto. L’aereo della Tap è in ritardo di mezz’ora, ma va bene così. In testa ho un vortice d’immagini che si stanno sedimentando a poco a poco nel ricordo. Quello di una città tutta protesa verso l’idea del viaggio, della scoperta: le caravelle di ieri, gli aerei di oggi, che solcano continuamente il suo cielo, così come le grandi navi che attraccano al suo porto. Si sente un respiro d’infinito, di speranza, di novità. Ci volevano proprio il suo cielo limpido, le sue nubi di panna, il giallo sole e il blu cobalto dei suoi azulejos. La mia piccola, preziosa Lisbon Story ed i suoi colori. Per altre avventure di viaggio, potete dare un’occhiata al mio blog, www.carnetdevoyage.it.

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Il fiume Tago e il Ponte del 25 aprile, Lisbona



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