Mustang: the last forbidden kingdom
E così, assieme ad altri undici “avventurieri”, siamo partiti per una esperienza unica ed, almeno per me, irripetibile.
Il viatico per arrivare a Jomoson, base di partenza del trekking, è stato lungo e faticoso: da Milano Malpensa a Katmandu via Dubai (con sosta di un giorno e mezzo). Intermezzo sulla città di Dubai: chi di voi ci è capitato ha capito il senso della sua esistenza!?!? Io personalmente, NO!!!! Temperatura esterna pari a 40° con tasso di umidità pari al 95%, tutto un cantiere con megaresidence in costruzione, le isole a forma di palma costruite con sabbia riportata a 10km dagli oleodotti che alimentano un continuo viavai di petroliere, lo snowpark con il “Cafè San Moritz” a fianco all’interno di un centro commerciale che sembra il bazar delle mille e una notte, la macchina più modesta che si vede girare sulle highway è l’ultimo modello della Mercedes, una ostentazione di denaro mai vista prima… il tutto nel bel mezzo del deserto… mah!!!!! Arrivati a Katmandu, finalmente mi sono sentito nuovamente a casa (come mi capita sempre in questa parte di mondo)… Thamel e le sue strade messe sempre peggio… il Third Eye restaurant con il suo chicken tikka masala, palak paneer e butter naan… il viso dei bambini nepalesi… i colori dei sari… l’odore delle spezie e degli incensi… l’insistenza delle pseudo guide di Durbar Square che vogliono spiegarti tutti i segreti sulla kumari o sulla costruzione dei templi indu… E poi Pokhara con il suo lungo lago… con i suoi turisti neofreak… Ma finalmente il volo per Jomoson: un dornier da quindici posti della Gorkha Airlines dove una splendida assistente di volo ti offre caramelline ed ovatta per le orecchie… auguri!!!! Non nascondo che, nonostante il meraviglioso panorama che ti scorre davanti agli occhi, mi sono letteralmente cagato sotto… E così si arriva a Jomoson, si fa conoscenza con lo staff (dodici persone tra cuochi, aiuto cuochi, cavallanti, portatori, guide, aiuto guide ecc…) che alla fine si rivelererà davvero fantastico e non solo per il servizio offerto ma per il senso di amicizia che si era instaurato… salutare Kaji Lama l’ultimo giorno a Katmandu, devo ammetterlo, è stato molto difficile. Se volete organizzare un trek in Nepal fai da te vi consiglio questa agenzia (chiedete espressamente come guida Kaji Lama): www.Sherpaalpinetrekking.Com Qui si è ancora nel lower Mustang e non serve lo speciale trekking permit di 700$ necessario invece per l’upper Mustang. Finalmente però (siamo qui per questo) si inizia a camminare: prima tappa Kagbeni, porta di ingesso per l’upper Mustang. Facile, solo tre ore di cammino, ma con un percorso sali scendi che comunque già ti fa capire come saranno le tappe successive.
E poi Chele, Geling, Tsarang: tutti “paesini” di massimo dieci case, con i loro gompa dell’ordine Sakya e calati in una realtà che non appartiene al nostro mondo. I ritmi di vita sono ancora scanditi dal sorgere e tramontare del sole, dalla purissima devozione religiosa e dalla dura vita dei campi e del governo del bestiame.
Basta stare seduti ai bordi dell’unica strada che attraversa questi villaggi per capire che si può ancora vivere (ed anche bene) in una maniera totalmente diversa dalla nostra: i bambini con il moccolo al naso che ti guardano intimiditi ma che appena li saluti ti si aprono in un sorriso senza confini, il namasteeeeee (con la e finale strascicata) scambiato con i vecchietti che mentre camminano sgranano il loro rosario, le lavandaie che alla fontana fanno il bucato mentre i loro bambini giocano nelle pozze di acqua e mentre il buio sta calando le mandrie che rientrano per il riposo notturno.
Tutto ti ripaga della fatica che fai per raggiungere questi villaggi: nel Mustang ci si muove o a piedi o a cavallo. Non ci sono scappatoie.
I panorami che si susseguono sono indescrivibili: i sole che ti ustiona alla faccia della protezione solare spalmata a kg sulla pelle, la mole del Nilgiri sempre presente alle tue spalle, i sali e scendi (da noi definiti “trappoloni”) che in pochi minuti di discesa ti fanno perdere tutto quello che avevi guadagnato in ore di dura salita, lo scollinamento dei passi tutti con le bandierine di preghiera sventolanti ed i cumuli di pietre ingrossati mano a mano dai viandanti (lanciare una pietra su questi cumuli scaccia i demoni ovunque presenti e girarci attorno in senso orario porta fortuna), le stratificazioni geologiche delle colline (5500mt… e chiamale colline) di tutti i colori dell’arcobaleno ed erose dall’opera continua degli elementi. Ed il famoso vento del Mustang: fino a che ti soffia alle spalle tutto ok, ma quando al ritorno te lo trovi in faccia la cosa si fa imbarazzante… folate che ti sbatacchiano ovunque e ti costringono ad un ingobbimento innaturale per permetterti di avanzare.
Anche l’incontro con altri gruppi di “turisti” è come dire… innaturale. Normalmente ci si incontra nei ristoranti che forniscono piatti “continentali”, nei siti di maggiore interesse accalcati per ottenere l’inquadratura migliore… ci si guarda con sufficienza per non dire astio.
Sui sentieri del Mustang invece gli incontri sono piacevoli: le due trekker amazzoni californiane incontrate sui 4000mt dal Nyi La (hi guys, enjoy your journey), il gruppo di spagnoli alcuni lepri ma la maggior parte bradipi, i gruppi di francesi ecc… ci si incrocia, ci si sorride, ci si guarda negli occhi intuendo le fatiche altrui, ci si saluta ognuno nella lingua dell’altro… E si arriva alla “capitale” Lo Manthang: ci si aspetterebbe a questo punto lusso, ricchi premi e cotillons ed invece no… stesso scenario dei precedenti villaggi… con l’unica differenza che a Lo Manthang vive il re del Mustang… e ci vivono (o forse è meglio dire sopravvivono per parecchi mesi all’anno) tre restauratori italiani che stanno cercando di recuperare, insegnando anche a ragazzi del luogo, le magnifiche pitture dei gompa della città. Se siete interessati guardate il sito web: www.Luigifieni.Com.
Grandissimi questi ragazzi… si capisce proprio che sono mossi da una passione sconfinata. Grazie ancora per il caffè italiano preparatoci con la moka (la moka in Mustang) e per le grasse risate che ci avete fatto fare durante la cena condivisa assieme… E la visita alla scuola di Lo Manthang… piccoli scolaretti, provenienti da tutta la regione, indiavolati che prendono come scusa l’incontro con questi extraterrestri europei per scatenarsi nei loro semplici giochi… salto della corda per le femminucce, l’immancabile partita di calcio per i maschietti… a proposito, complimenti a Robi e Massimo che a 3800mt si sono esibiti in dribbling e sgroppate degni dei migliori bomber nostrani. Ed i quaderni e le matite regalate ai loro insegnanti quasi come gesto di scusa per l’intromissione nelle loro attività giornaliere… incontri che fanno vivere sensazioni speciali. Anche in questo caso se siete interessati (ed in questo caso, vi prego, cercate di esserlo) guardate il sito web: www.Ticino-tibet.Ch.
Una giornata di riposo in città e si riprende la via del ritorno… E quindi Lo Gekar, Ghemi, Samar, Muktinath… di nuovo in marcia… le formelle di terracotta decorate all’interno del gompa di Lo Gekar… l’incontro a Rechung gompa con un monaco tibetano che da 14 anni vive da eremita in questo sacro luogo… la magnifica visione delle aquile che ti volteggiano sulla testa… il sincretismo religioso di Muktinath dove si possono trovare templi indu e gompa buddisti uno a fianco l’altro… Ed il rientro a Jomoson… i primi della fila che attendono i “ritardatari” sotto il cartello “Welcome to Jomoson”… la soddisfazione dipinta sul volto (decisamente stravolto) per avere portato a termine il percorso… i “cinque” battuti… finalmente una doccia calda ed un letto “comodo”… l’ultima cena deliziosa cucinataci dai nostri favolosi cuochi nepalesi compresa la torta al cioccolato (e qualcuno aveva anche da ridire…Mah!!!!).
E l’ultima suspence per i voli per Pokhara cancellati: abbiamo ovviato con l’esperienza (e che esperienza… vero Ottone) dell’elicottero… un residuato russo pilotato da uno staff russo… non ci siamo proprio fatti mancare niente.
Il rientro a Katmandu… lo shopping sfrenato (vero Norma…) in Thamel… l’ultima cena in un ristorante italiano (ebbene sì…) ma veramente italiano, dove gli spaghetti alla carbonara e la pizza alle melanzane non avevano niente da invidiare ai ristoranti di Bologna. Infine il rientro in Italia… lo shock di doversi nuovamente adattare al nostro life style… ma con la mente ancora occupata dai mille frammenti di questo viaggio unico che difficilmente verranno messi da parte…