Mosca, “isho ras, da isho ras…”
Dopo l’ andata (problemi col biglietto elettronico, pasti freddi e senza scelta, bel film di Woody Allen ma audio troppo basso, cuffiette audio non funzionanti e spinotti che non entravano nelle prese dei braccioli-e ne ho provate due, di cuffiette-…) lo supponevo . Dopo il ritorno con l’ Aeroflot (niente cuffiette e niente film, e pace -quando il film c’ è, però, le cuffiette funzionano-, ma per colazione -ore 11,30-, a scelta, frittatina o “blinchiki” -crépes- con ribes rosso, salmone, pane bianco e nero -poco, ma ce n’ era- e burro russo niente male . In classe turistica…), lo sò…
– 2: Prendete il treno…
– E non solo per non essere da meno…S’ intende, prendetelo all’ aeroporto di Mosca (Sheremetyevo 2) . Qualsiasi altra soluzione (tassisti regolari o meno, conoscente che viene a prendervi, autobus navetta, se lo trovate) vi esporrebbe senza fallo all’ istruttiva esperienza del MKAD (Moskòvskaya Kolzevàya Avto Doròga) Non è il raccordo anulare di Roma: è peggio . Potrebbe capitarvi, se sbagliate orario, di impiegare due ore e mezzo per fare 45 Km . E senza nemmeno “avvicinarvi” al centro (Piazza Rossa e dintorni) .
Non è una stradina di campagna, intendiamoci . Ci sono 5 corsie per ogni senso di marcia (più la corsia d’ emergenza, ovviamente utilizzata come gradito supplemento di mobilità da chi in emergenza non è -o non ancora-) . Solo che ci passa di tutto di più (dalle motociclette ai “trasporti speciali” che più speciali non si può), e soprattutto, ognuno s’ infila nella corsia che può, ovviamente “na svòy strak i risk” (a suo rischio e pericolo), e infatti i tamponamenti fioccano, anche se la velocità MOLTO limitata a cui si procede, il più delle volte, evita guai seri (ma non le file di quelli che hanno sbagliato a mettersi proprio dietro i tamponatori e i tamponati…) . Insomma, come sempre in Russia, “come da noi, però di più…”…
Trovare il treno (Aeroexpress) è molto più facile di quanto pensassi . Ci sono segnali già sul pavimento dell’ aeroporto, appena fuori dalla zona doganale (settore “arrivi”, ovvio) . Una volta all’ aperto (sopraelevate nuove da tutte le parti: i soldi ci sono, e girano), i segnali proseguono sulle pareti vetrate dell’ aerostazione (giratevi a destra e via che andare), ma quasi subito vedete la stazione del treno: grande, rosso-arancione e costruita a tempo di record (un anno o poco più) . Non ci sono entrato, ma ci sono tutti i cartelli indicatori che volete, già all’ esterno (“to the trains” . La full immersion col cirillico comincia dopo) . Ricordate che dovete scendere a Savelovskaya (pron. “Savyòlovskaya” . Adesso c’ è anche un altra linea, per Belorusky Voksal, ma non ne sò molto), se no tornate all’ aeroporto e siete daccapo…
– 3: Leninsky Prospekt “4 ever” ! – A proposito di full immersion nel cirillico (e in altri spazi, e anche in altri tempi), 18 anni dopo la fine dell’ URSS, nulla sembra disturbare quel che resta della toponomastica sovietica, non solo a Mosca, ma in tutto il Paese . E “quel che resta”, dopo la furia “iconoclasta” dei primi anni eltsiniani, è decisamente molto . Città come Ulianovsk (ex Simbirsk), Krasnodar (ex Ekaterinodar), Kirov (ex Vyatka), altre città assortite e almeno ottomila fra strade, piazze e vicoletti vari, da Kaliningrad (ex Koenigsberg, ma è un’ altra storia) a Vladivostok, che il nome (che significa “vittoria a oriente”) non l’ ha cambiato mai . Nessuno, in due secoli e mezzo circa, ci ha mai trovato da ridire .
Per la verità, qualcuno che vorrebbe “disturbare” lo stato di cose presente esiste . Uno storico, di recente, ha proposto (su “Argumenty i fakty”) di “finire il lavoro” di Eltsin . Per impedire, ad esempio, che ci siano monasteri domiciliati in Uliza Lenina, o in Piazza dei Bolsheviki, che con la religione avevano non poche divergenze . Sullo stesso settimanale, però, un deputato del parlamento nazionale ha risposto che anche le altre città europee sono piene di vie, piazze e monumenti dedicati a regicidi e rivoluzionari vari, compresi i capi di società più o meno segrete non aliene dalla lotta armata (Mazzini) e dittatori responsabili di “terrori” di massa, meno organizzati di quello staliniano, ma non meno convintamente perseguiti (Danton, Robespierre), e questo vale anche per la monachica inghilterra, dove nessuno si sogna di toccare il monumento a Cromwell, che fu il primo leader europeo a tagliare la testa a un re (circa un secolo prima della “revolution”) e anche l’ unico inglese ad aver fondato una repubblica (effimera, dopo di lui, ma sempre repubblica) . E restando in Russia, se si devono epurare Dzerdzinsky, Lenin e compagnia, allora via anche Pietro il Grande (giustiziò un intero corpo militare -gli “strelzy”-, costrinse migliaia d persone a lavorare in pessime condizioni per costruire Pietroburgo, e fece condannare a morte il suo stesso figlio) . E niente riabilitazione per Nicola II, l’ ultimo zar (per via della “domenica di sangue” – centinaia di manifestanti massacrati, 1905-), anche se poi l’ hanno fatto santo, più che altro per la fine che ha fatto (non stava bene canonizzare tutta la famiglia “ma lui no”…) . E così via squalificando e depennando, si finirebbe per chiamare le strade coi numeri . Ma “eta niè Amerika”…”…
Gli argomenti principali per lasciare la toponomastica così com’ è, però, sono altri . Primo, questa è la toponomastica della generazione che “ha vinto la guerra” e ha salvato il Paese (e il mondo) dal nazismo . Secondo, cambiare i nomi delle strade (e addirittura delle città) è decisamente antieconomico . Per lo Stato e per i cittadini (tarrghe, indicazioni, timbri, documenti, e che più ne ha più ne cambi) . E anche se il prezzo del petrolio stà un pò risalendo, la Russia non ha soldi da buttare . Allo scambio di opinioni è seguito un sondaggio fra i lettori . Risultato, per ogni lettore che accetterebbe di cambiare i nomi dove servirebbe, ce ne sono due che non ne vogliono sapere . Dato che tutti sanno tutto di repressioni, repressori e repressi, non è questione di assenza di memoria storica (ci sono musei al riguardo a Mosca e in altri centri, e un gulag ricostruito a Perm) . Ma in quella “memoria” sono molto più vivi gli anni 90 . E non piace quello che ancora oggi somiglia troppo ad allora: divario fra ricchi e poveri, stato sociale ai minimi termini, ecc. . Per cui, un pò per nostalgia, un pò per promemoria ai governantipresenti e futuri, ben vengano un “leninsky prospekt” qui e un “Leningradskie Schossè” là…I problemi sono ben altri… – 4: Sotto il fuoco (artificiale) – Anche quest’ anno, a cavallo del 9 Maggio, c’ è stato il solito programma di film e manifestazioni varie per ricordare (“alli piccini”, ma non solo) CHI ha vinto la seconda guerra mondiale (sembra che ultimamente, in certi ambienti -russi e specialmente non- sia di moda metterlo in dubbio) . Canzoni, film e serie televisive “classiche” come “In guerra vanno solo i vecchietti” o “17 minuti di primavera”, colorati per l’ occasione (i ragazzi non sopportano il bianco e nero, bisogna un pò capirli), e via di questo passo, compresa un’ edizione ad hoc della versione russa di “stelle sul ghiaccio” .
Fra le manifestazioni più tradizionali, a parte la sfilata militare (che praticamente tutti vedono solo alla TV, perchè alla Piazza Rossa si entra solo con l’ invito, e non è che lo danno a tutti: veterani e poco più), ci sono i concerti pubblici . Quest’ anno, li hanno fatti tutti a “Park Pobedi” . La mattina musica classica, con l’ orchestra di San Pietroburgo (a proposito dei nomi che a volte cambiano e a volte no), diretta da Gergyev . La sera i cantanti “leggeri” (diciamo “pop”, o come si dice lì, “popsi”) che cantano le canzoni “di allora” . Naturalmente, la cosa più interessante era la mattina . Non che le canzoni “di allora” siano tutte brutte: non lo sono affatto . Ma Chaikovsky e Musorgsky sono un’ altra cosa . Sentitevi l’ Ouverture 1812, e poi mi dite…
Altra cosa interessante: la mattina s’ è fatto vedere anche il sindaco di Mosca, Yury Lushkov, per ricordare il passato e dare un pò la linea: ricordatevi la guerra in Georgia, hanno cominciato loro (vero) e le hanno prese (combinazione, Gergyev è osseto, e è stato il primo a dirigere un’ orchestra a Tskinvali, capoluogo dell’ Ossezia del sud, “dopo” la cura) . Tradotto: non è che in 64 anni abbiamo dimenticato come si fà a vincere una guerra . E il pubblico ha apprezzato . Compreso l’ ambasciatore del Nicaragua (c’ era anche lui), il primo Stato ad aver riconosciuto le nuove repubbliche . Sandinistas are back…
La sera tardi, naturalmente, fuochi artificiali (da noi se ne fanno per molto meno) . Quest’ anno il comune di Mosca ha deciso di risparmiare (un pò per la crisi, un pò per aiutare concretamente i veterani, che a volte ne hanno davvero bisogno) . Così, nel nostro quartiere non ne hanno fatto . Siamo andati a vederli da un’ altra parte, a due fermate di metrò, in una zona del parco di Ismailovo che non avevamo mai visto . Il posto preciso ce l’ ha detto un poliziotto a cui avevamo chiesto indicazioni . E’ stato molto gentile, ma se devo fare una critica, ci ha indicato il posto TROPPO preciso . Quando è cominciata la piedigrotta, ci siamo accorti di essere a meno di trecento metri da dove sparavano i razzi, e che li sparavano non in verticale, ma grosso modo in diagonale (usavano cannoni antiaerei, non girandole: era “den Pobèdi”, mica la festa del patrono…) . Risultato, i fuochi erano bellissimi, ma scoppiavano proprio in verticale sopra di noi (e sopra un bel pò di ragazzi e ragazze che non facevano una piega, anzi, si divertivano un mondo a gridare “urrah” a ogni salva, come si usa da quelle parti) . Per me non c’ era problema, ma mia moglie si è rivelata un pò troppo apprensiva, così ce ne siamo andati (di corsa, in mezzo agli alberi e praticamente al buio, fuochi a parte) a vederceli un pò più in là . Una cosa abbastanza adrenalinica . Provateci, una volta o l’ altra…
– 5: A casa di Snegùrochka .
– La principale differenza fra Babbo Natale e il suo omologo russo (“Ded Moròs”, nonno gelo) è che il Babbo “occidentale”, renne a parte, lavora da solo (la Befana, dove esiste, non è una collaboratrice, ma una concorrente che ha raggiunto un “gentlemen agreement” per la divisione del mercato) . Il nonno russo, invece, lavora in coppia .
La collaboratrice di Nonno Gelo, come forse qualcuno già sà, si chiama Snegùrochka, è sua nipote, e contrariamente a quel che si può pensare, non risiede abitualmente nellacittà del nonno (Velìky Ustyùg), ma a Kostromà . Questo perchè “non è bene” che un nonno e una bella ragazza stiano troppo insieme (si sà, il paese è piccolo, la gente mormora…) . Ma dov’ è Kostromà ? Kostromà e una cittadina “abbastanza” lontana da Mosca, alla confluenza fra il Volga e un fiume che ha lo stesso nome della città . Secondo la tradizione, Snegùrochka vive in un “terem” (al tempo del predominio tartaro, il “terem” era una casa, o parte di essa, abitata solo da donne), con tutto quello che ci si aspetta da un posto incantato: uno specchio magico, laghetti nebbiosi, “domovìe” di buon carattere (i “domovìe” – sing. “domovòy”- sono gli spiriti domestici della tradizione slava . In genere sono accomodanti, il peggio che fanno è nascondere le cose e basta “chiederglielo gentilmente” per farle rispuntare fuori . Ma se si incavolano, si rischia…) e il meno affidabile gatto Bayun . Snegùrochka accoglie gli ospiti tutto l’ anno (hony soit qui mal y pense…), racconta della sua vita e delle tradizioni slave, incluse le divinità (Perun, dio della guerra e di altre cose, e tutti gli altri) e il favoloso popolo dei Berendei: magico, allegro, onesto e dedito all lavoro . Più favoloso di così…
A casa di Snegùrochka si organizzano feste nuziali e di altro genere, escursioni in città e nei dintorni (Kostromà, fra l’ altro, fa parte delll’ “Anello d’ oro”), animazioni per bambini e non, giochi e un calendario di manifestazioni per tutto l’ anno, anch’ esso ispirato alle tradizioni dell’ antica Russia (compresi i “giorni di Perun”, dal 21 al 25 Luglio: la “festa dei veri uomini”…) . Per informazioni: teremsneg@yandex.Ru, oppure www.Sf-vi.Ru .
– 6: Il museo dell’ Era Glaciale . – Fra i tanti musei di Moca ce n’ è anche uno, permanente, dedicato alle sculture di ghiaccio . “Permanente” nel senso che il locale non solo è al chiuso, ma anche costantemente “climatizzato”-anzi, refrigerato-, per cui la direzione consiglia di andarci sempre vestiti “pesante” (il che, se capitate a Mosca a Luglio, può essere un vero problema) . Può essere divertente, se non ne avete mai visto uno, ma è un pò un’ americanata . Se volete qualcosa di più serio, andate alla VVZ (metrò VDNKh -in cirillico: ВДНХ-), padiglione 71 . Ci trovate il “Museo-teatro dell’ Era Glaciale”, o meglio, come dicono più modestamente, “il museo della NOSTRA -intesa come russa- era glaciale” . In soldoni, l’ era dei mammouth e dello smilodonte: la tigre dei denti a sciabola .
Questi grandi mammiferi, ifatti, si svilupparono solo o soprattutto in Siberia e nell’ Eurasia (insomma, nella futura Russia) , insieme al rinoceronte lanoso, all’ roso delle caverne e agli antenati dei bisonti, sviluppatisi però anche altrove . E infatti il museo parla “anche” di loro . Nel museo si trova anche uno scheletro di lupo originario (il primo “vero” canide), molti crani di cavalli siberiani primitivi (da cui discende la più robusta razza di cavalli oggi esistente: sembrano quasi pony, ma non guardateveli così…), e di altri animali oggi estinti, compreso un rarissimo cranio di leone delle caverne (“c’ erano una volta” anche quelli…) .
Ma la parte del leone (a parti due orsi”moderni” impagliati -uno bianco e l’ altro bruno- e un bel diorama dell’ era glaciale siberiana, aurora boreale compresa) la fanno i mammouth (in russo “mamònt”) . Scheletri e crani di esemplari di varie età, pelli, denti, insomma, tutto e di più . E naturalmente un gruppo di mammouth tutt’ interi , la ricostruzione di una trappola paleolitica con dentro un altro mammouth (e di un villaggio degli ipotetici costruttori della trappola) e la grotta di specchi “10.000 mammouth” . Effetti speciali . Non per niente c’ è scritto “Museo-teatro”…
Per la serie “del mammouth non si butta via niente”, l’ ultima sala è dedicata all’ arte delle sculture in avorio (che è ANCHE il materiale delle zanne dei mammouth), dalle origini a oggi . C’ è in corso il progetto “il padiglione dei mammouth”: entro il 2011, i migliori artigiani (russi) del ramo creeranno una collezione di opere in grado di stare alla pari con le migliori collezioni del mondo, e di fare della Russia il centro mondiale di questa arte .
Alcune opere esposte si possono anche comprare, ma siete avvisati: non è che ve le tirino dietro…
– 7: ancora a “Park Pobedi” – Avevo detto una volta (qualche anno fa) che Park Pobedi è “la risposta russa ad arlington, Virginia, USA” . E’ un’ analogia da prendere cum grano salis . Entrambi i luoghi sono dei sacrari nazionali, ma poi basta . Arlington è soprattutto un cimitero (il monumento ai Marines -basato sulla celebre foto di Iwo Jima-, il “muro” dei caduti in Vietnam, ecc.) . Park Pobedi è tutto, fuorchè un cimitero . Park Pobedi si trova grosso modo nella zona ovest-sud ovest di Mosca, non molto lontano dall’ MGU, l’ Università Statale di Mosca, intitolata a Michail Lomonosov: grande scienziato, poeta e “operatore sociale” della Russia del 700 (fu lui a fondare l’ università, la prima in Russia, anche se non nel posto in cui si trova ora, ma in centro, più o meno frail Kremlino e il Tempio di Cristo Salvatore, che però, ai suoi tempi, non c’ era) . La zona precisa si chiama anche “Poklònnaya Gorà”, la “collina degli inchini”, perchè si tratta di una collina (parzialmente sbancata quando costruirono il luogo) che una volta era il confine della città, e dove, per tradizione, i viaggiatori in partenza salutavano con un inchino la città stessa prima di andare per la loro strada . E’ collegata al metrò con una bella stazione moderna (una della prime stazioni aperte dopo gli anni 90, dopo una “lunga” gestazione) e anche se non è esattamente un parco è abbastanza frequentata, non solo in occasioni ufficiali (nessuna “precettazione”, comunque: chi ci vuole andare ci và) . Ha sostituito almeno parzialmente la Piazza Rossa (e il monumento al milite ignoto) come tradizionale “visita” delle coppie appena sposate . Non è stata costruita per i turisti (il che non è un male), ma c’ è lo stesso molto da vedere, spcialmente per chi apprezza il genere storico-militare (e soprattutto da scarpinare: viaggiate leggeri, mi raccomando) . Ci sono tre esposizioni che rappresentano il nocciolo della questione: il museo-memoriale della battaglia di Borodino (1812), che però non fà proprio parte del complesso in sè, l’ esposizione di mezzi militari della seconda guerra mondiale e non (aerei, carri, trincee, treni…Dite una cosa e c’ è, specialmente se è russa) e il Museo della deconda guerra mondiale (più esattamente, della “Grande Guerra Patriottica, come la chiamano lì: 1941-45) . Il museo si trova nell’ unico grande edificio del parco, in fono al viale principale. Non è solo un museo militare come l’ Imperial War Museum di Londra (qualcosa del genere si trova al museo delle forze armate, che è da tutt’ altra parte della città), anche se dentro ci somiglia molto . Il vero scopo della faccenda è “culturale ed educativo” . In sintesi, “ricordate che questo è stato”, per citare Primo Levi . Anche chi non è particolarmente interessato alla storia (o a quel genere di storia), potrà trovare un bel posto da vedere . Fontane, spazio per passeggiare (o anche per fare lo skateboard: le cose belle non passano mai di moda), prati e alberi, non allo stato di natura come a ismailovo, ma sempre belli e benvenuti . Specialmente d’ estate . Perchè d’ estate, anche a Mosca, fà caldo…