Montieri Il borgo delle rose
In una radura del bosco sopra il paese, la Canonica di San Niccolò è un sito archeologico che consiglio di visitare. Ancora in gran parte da scavare, approfondire, decifrare. Con un’area cimiteriale e una chiesa a pianta circolare caratterizzata da 6 absidi. Unica in Italia. Sono stati rilevati i resti di un uomo vissuto tra il X e l’XI secolo di origine medioevale. Forse un cavaliere, sicuramente un personaggio importante. Dentro una fossa votiva è stata rinvenuta una fibula in oro decorato a filigrana. Un gioiello di grande pregio proveniente da una bottega orafa del Nord Italia o forse della Germania o di origine bizantina.
A Montieri il tempo sembra rallentare la sua corsa. Le chiacchiere seduti ai bar sulla strada principale. Qui i bar hanno nomi impegnativi, che rimandano ad atmosfere lontane. La Luna nel Pozzo è un locale storico, tornato a nuova vita da poco tempo. Ambiente moderno e coinvolgente. Il pozzo e la sua luna ci accolgono con il sorriso di Serena, che prepara pane e acciughe e il bicchiere di vino bianco raso fino all’orlo come non succede più in città. La mattina si fa colazione al fresco delle antiche fonti. La sera una birretta e un’occhiata alla partita di calcio in tv. A un tiro di schioppo, dall’altra parte della piazza del Municipio, il Country è l’altro bar del paese. Dietro il bancone c’è Gregor arrivato qui da tanti anni. Quella di Carla, merceria e bazar insieme, è uno di quei posti dove puoi trovare di tutto. Penelope, che magari vi accoglie acciambellata sul bancone a far le fusa, bianca con macchie nere e rosee, è la mascotte dell’emporio. Per la carne si va alla macelleria di Enrico, filiera corta secolare. La quarta generazione, dietro il bancone del piccolo negozio davanti al Municipio.
Eccolo, il Palazzo comunale, con la sua austera facciata imbandierata, lì quasi a vigilare sull’intera comunità. A pianterreno, l’Ufficio Turistico. Uno dei primi posti dove ci si ferma quando si arriva da qualche parte. Dietro al bancone si alternano Cecilia e Carlotta. Innamorate del proprio lavoro e di Montieri, mi regalano non soltanto depliants e cartine, ma anche aneddoti e pillole di storie locali. Sullo scaffale è in vendita, fresco di ristampa, “I minatori della Maremma” di Luciano Bianciardi e Carlo Cassola, Ex Cogita Editore. Uscito nel ’56, racconta la condizione sociale e umana dei minatori, dalla nascita delle prime società minerarie e dei villaggi operai alle lotte sindacali. Fino all’esplosione di grisù nelle profondità di Ribolla – non lontano da qui – nella quale persero la vita 43 minatori. Era il 4 maggio 1954. Carlotta mi dice che la presenza del libro su quello scaffale “rende omaggio ai nostri nonni che duramente hanno lavorato nelle viscere della terra”. Quando chiedo se posso parlare con qualcuno che ha lavorato in miniera, sono tutti concordi che devo parlare con Carlo Traditi.
Boccheggiano e la miniera di pirite di Campiano
Saliamo a Boccheggiano. Qui c’è la miniera di pirite di Campiano, una delle più grandi in Europa, in attività fino al 1994. L’appuntamento è alla sede delle Casse Mutue Riunite. Traditi è il presidente. Mi accoglie con un gran sorriso e una forte stretta di mano. Mi racconta del momento della chiusura della miniera. Dei corsi di aggiornamento proposti a chi perdeva il lavoro di una vita. Di come era difficile voltare pagina e magari trovarsi a destreggiarsi con un computer, “I tasti avrebbero dovuto essere grandi come tappi di sughero per poterci lavorare”. Il dispiacere più grande, a distanza di così tanto tempo, è realizzare che sono stati cancellati cento anni di vita in miniera. Una monocultura che aveva segnato queste terre. La possibilità è quella di un turismo dell’archeologia industriale, difficile comunque da portare avanti. Ma a Boccheggiano si vive ancora bene, con “le lucciole che d’estate illuminano la strada”.