Montenegro in bici
Parto per il Montenegro completamente solo, senza aver prenotato altro che il traghetto di andato e ritorno, senza aver mai fatto un viaggio in bici prima d’ora, senza aver mai sperimentato cosa vuol dire pedalare con 2 borsoni da 6 kg l’uno e dulcis in fundo senza aver mai cambiato nemmeno una camera d’aria in vita mia e sapendo solo marginalmente come si fa.
Fatto sta che è un viaggio che ho fortemente voluto ed inseguito negli anni. Ed ora, eccomi qua, al porto di Bari in attesa dell’imbarco.
Salito sulla nave mi sistemo su una sedia sdraio, sul ponte. All’una partiamo. Mi infilo nel sacco a pelo per dormire. Tutto bene sino alle 3 del mattino quando vengo svegliato da alcune goccioline d’acqua. Sta iniziando a piovere e mi sposto sottocoperta in mezzo a un gruppo di vastasi baresi che rompono i coglioni sino alle 6:00 del mattina ora in cui mi alzo. Totale ore di sonno 2 ore e 1/2.
12.08.07 Sbarco a Cattaro ribattezzata subito dai baresi di cui sopra Noi-Cattaro alle ore 12.00. Non sono nella pelle e voglio subito affrontare la mia prima tappa Kotor-Budva, 24km.
Il paesaggio mi si rivela subito come il nostro Gargano. Partendo a mezzogiorno il caldo si fa sentire e soprattutto testo sulla mia pelle alcune cose.
Primo: pedalare con 12 kg di bagaglio è pesante, veramente dura. Secondo: quando stacco una mano per usare la leva del cambio devo smettere di pedalare perchè non riesco a reggere la bici che sbanda per il peso. Terzo: anche guardare dietro noto che mi sbilancia parecchio, quindi evito se non per veloci sguardi. Quarto: i cartelli stradali in Montenegro sono rari come le mamme ancora vergini.
Mi rendo conto solo ora che la bici da corsa ha dei copertoni troppo stretti per l’uso che ne voglio fare, ma ora non si può tornare indietro. Ad un certo punto alzo lo sguardo e vedo un bivio. A sinistra c’è una salita da paura, a destra una strada in discesa. Mentre pedalo chiedo al volo la direzione per Budva augurandomi in cuor mio di non dover proseguire a sinistra. Purtroppo così è, e quella che affronto è una delle salite più lunghe e pesanti che mi sia mai capitato di fare in bicicletta. Sono allenato abbastanza, ma mi fermo 2-3 volte per riprendere fiato perchè le gambe non reggono.
Mentre la percorro mi chiedo chi me l’ha fatto fare, e giuro a me stesso che se raggiungo Budva intero mi fermerò almeno 2 notti. Come se non bastasse mi becco anche 2 gallerie. Nel primo tunnel respiro lo scarico di diversi tir, ma quando entro nella seconda galleria, completamente buia, ho un attimo di paura. Non ho luci con me, eccetto i catarifrangenti e una lucina segnaletica sul manubrio. Ne esco indenne.
Arrivo a Budva distrutto dopo 1h e 25min sui pedali, e la sola cosa che voglio è una stanza, un letto e una doccia. Passeranno altre 2 ore prima di trovarne una, perchè le stanze singole sono rare come i quadrifogli e quando ci sono, se le fanno pagare care.
Il primo mi chiede 50€ per due notti ma per il mio budget è troppo alto. Il secondo lo fermo per strada. Mi dice essere un allenatore di una squadra di calcio locale e per dimostrarmelo mi fa vedere un giornale del posto con la sua foto. Me ne frego altamente, io voglio la stanza.
Mi porta al 5° piano di una palazzina senza ascensore e sento le gambe bestemmiarmi in serbo-croato.
Mi fa vedere una bella stanza, aria condizionata, frigo, cucina, vasca, terrazzino, tv e poi mi spara 120€ per due giorni. Vorrei dirgli che la moglie, secondo me, allena i suoi giocatori molto meglio di come fa lui, ma non parla inglese, e la traduzione mimica risulterebbe troppo appariscente. Me ne vado.
Giusto per gradire, inizia anche a piovigginare, e medito di mandare a fare in c***o sto paese che mi è costato tanta fatica e rimettermi in cammino, quando mi fermo a un fruttivendolo per comprarmi una banana e chiedo a un tipo per caso: “Sobe??” (stanza??).
Mi fa cenno di seguirlo e mi porta da una bionda a metà strada fra una battona e una modella che mi fa vedere una mezza cucina di 2 metri per 2 con un divano letto, un tavolino, e la tv. Mi spiega che al momento c’è una famiglia, intenta tra l’altro a mangiare, ma mi dice che se ne andranno alle 20. Per 20€ al dì, accetto.
Faccio amicizia con la famiglia macedone occupante e scambio informazioni sul Montengro, sui posti da vedere, e su Budva. Appena sanno che voglio andare a sud, e che è la prima volta che viaggio in bici per per giunto da solo, mi dicono: “You are crazy!”. Me l’hanno già detto a Bari, grazie.
Gli indico la strada che ho intenzione di percorrere e mi dicono di stare moto attento perchè sulla litoranea guidano come pazzi. Ok, per oggi può bastare con le raccomandazioni.
13.08.07 Budva si presenta come la Rimini del Montenegro. Ed in effetti ne ricalca abbondantemente le caratteristiche. I numerosi locali son disposti lungo il litorale dove la sera si riversa la maggior parte della gente. Le ragazze montengrine sono a dir poco da brivido. Leonardo da Vinci sembra resuscitato, perchè ha disegnato tutti i culi che stanno qui. Mai più alta percentuale di belle ragazze è apparsa ai miei occhi tutta assieme.
Dado, un ragazzo serbo con cui faccio amicizia è un poliziotto di appena 19 anni e mi spiega che il suo stipendio è di 250€ al mese. Mi racconta inoltre che nella parte interna del Montenegro quasi nessuno parla inglese, mentre sulla costa questo non succede. Constato che è parzialmente vero, perchè non capita di rado di entrare in locali dove i menu sono completamente in lingua locale e i camerieri non parlano una parola d’inglese. Però con 7-8 euro mangi alla grande.
La mattina vado in una spiaggia privata, Acapulco Beach. 2€ per una sedia sdraio. Qui, a Budva, hanno creato nelle insenature della costa dei posticini meravigliosi fra vegetazione, ombrelloni con foglie di palme e mare cristallino, e mi godo il meritato riposo.
Sveti Stefan, è un’isoletta famosissima qui. E’ un gioiellino che voglio visitare. Spesso frequentato da super vip. Sofia Loren, Al Pacino, Bradd Pitt, sono di casa. Un posto incantevole con tassa d’ingresso. Purtroppo in questo periodo è chiusa per restauro, mi dicono, e dispiaciuto torno indietro passeggiando lungo la costa.
Mi fermo a scrivere queste righe su una panchina in un sentiero di foresta. Dinanzi a me si apre uno spettacolo meraviglioso. Ogni volta che imbocchi qualche stradina poco battuta, ti imbatti in scorci mozzafiato. Pineta alla tue spalle, isolette di fronte a te.
Il connubbio monti-mare si sposa alla perfezione. E tu rimani lì, allibito di fronte a queste meraviglie.
Oramai è confermato. Come dicono a Bari: “Dò ammen a fr’cà!”. Già ieri sera al ristorante avevo avuto questo sentore, ma oggi ne ho la conferma. Ieri ordino una cena che da menù veniva a costare 10,30€. Alla fine il cameriere mi porta il conto su un pezzo di carta strappato, senza scontrino e senza niente: 16,20€. Chiedo spiegazioni, ma non parla inglese. Mi faccio portare il menu e gli indico i piatti ordinati. Tentenna, tergiversa, poi si scusa e mi dà ragione. Pensavo ad un errore, ma oggi, quando prendo l’autobus di linea, per lo stesso tratto mi viene a costare 1€ all’andata e 2€ al ritorno. Sarà che al ritorno consuma più benzina? O che l’autista, come diciamo noi, ci ha fatto la ricotta??.
Così è?? Non sia mai detto che vengo da Bari per farmi fregare da questi 4 topini alle scuole elementari!!.
Dado mi ripete ogni volta: “Tomorrow, be carefull!”. Onestamente, mi mette un pò di paura, cosa che non avevo. Mi dice che ognuno qua, ha in casa una pistola, di non mettersi mai a discutere con qualcuno, di tirare dritto e di andare sempre al bordo strada, di segnarmi il numero della polizia, e di tenere sempre i soldi con me e mi dice: “Qua non siamo in Europa!”.Non so se la crimilìnalità è paragonabile a quella che abbiamo noi, e la loro tendono, non conoscendola, a sopravvalutare la cosa, fatto stà, che mi inizio a cagare un pò sotto.
Dado mi invita ad una mezza festa in spiaggia con il gruppo Serbo. Accetto volentieri nonostante domani debba alzarmi alle 6:00 per la tappa più lunga del viaggio, 89km sino al confine con l’Albania.
La serata è a base di Palacinka e vino rosso. La palacinka è la nostra crep, solo che loro la guarniscono con una strana crema che è un misto tra cioccolato e vaniglia con sopra la “prazma”, una specie di pan grattato o qualcosa di simile.
Verso mezzanotte e mezza saluto tutti e vado a nanna con le proteste dei compagni di merende, anzi di palacinka, ma dopo aver trincato un pò ed essermi fatto 4 creps devo riposare.
14.08.07 Mi sveglio alle 6 e mi sento come il tonno pinne gialle, insuperabile. Alle 6:37 lascio Budva alla mie spalle con Vasco nelle orecchie che canta: “Anima fragile” e provo una sensazione di libertà che non ha pari.
Mi sento carico e pronto per affrontare la sfida più lunga. Raggiungere il confine con l’Albania in tappa unica. 89 km di cui 30 di montagna, sino ad arrivare ad Ada, dove so esserci una spiaggia di nudisti. Esperienza questa, che voglio provare da tempo.
La montagna non si fa pregare e mi accoglie con diverse salite da spezzare le gambe. Andare in bici è un’esperienza incredibile. Non ha nulla a che vedere con qualsiasi viaggio precedente. I pensieri e gli stati d’animo si alternano come le salite e le discese. Solo ora capisco di essere stato un pazzo a non aver comprato un casco, perchè le discese di montagna a 40-45km/h mi fanno paura. Basta un fosso, uno sbilanciamento di troppo per volare dalla bici. La prima parte della tappa Budva-Bar mi ricorda la compilation di musica che si scarica su internet (qualche finanziere in giro??). Qua, verso le 9,30 mi fermo per una meritata colazione e mi rifocillo con frutta (tanta), acqua, the e riparto.
La costa lascia il posto alle montagne e la pedalata si fa pesante.
Passo alcune gallerie, fortunamente non lunghe ma piuttosto buie.
La bici mi sta insegnando tanto della vita. Lo so, sembra strano, ma posso assicurare che è così. Questo viaggio, sento, che nonostante la fatica, nonostante il sacrificio, mi sta trasmettendo tanti insegnamenti. Insegnamenti non letti sui libri, ma capiti e conquistati in base al numero di gocce di sudore.
Si è creato un feeling tra me e la mia bici, ribattezzata “Signora in giallo”. Spesso le parlo come ad una persona e la curo come fosse una donna. Starò forse diventando matto? No, secondo me significa attibuire la giusta attenzione agli oggetti e li vivo come se avessero un’anima. Le montagne iniziano a parlami e mi insegnano che dopo una salita, anche se dura, c’è sempre una discesa. Bisogna trovare solo la forza e la pazienza di aspettare. Non di rado il paesaggio mi mette a dura prova con salite al 9%, il sudore, lo sforzo immane, le gambe che non girano, il sole che mi brucia la pelle,…Ma appena esco da una galleria mi premia con una discesa e una visione dall’alto che mi fanno lacrimare gli occhi per la bellezza del mondo ed i suoi colori.
Ma quando pensi di poterti godere il paesaggio, ecco una nuova salita da affrontare. Ma tanto oramai so, che anche questa passerà e allora me la godo con tutte le sue difficoltà, ascoltandola senza voltarle il capo, parlandole senza mentire, vivendola metro per metro e restituendogli la libertà che mi fa avvertire con litri di sudore.
Oramai ho capito che il mio consumo si aggira sui 40km con un litro d’acqua. Non male come rapporto costo al km.
Arrivo alla tanto agognata meta, Ada Bojana, verso le 13.30 sotto un sole che spacca le pietre, passando per una strada deserta (video) che ricorda quei paesaggi texani dei film. Strada dritta, lunga, e il niente intorno. Giunto ad Ada, vengo fermato all’ingresso della spiaggia da due guardie. Mi dicono in uno stentato inglese: “Questa è una spiaggia per nudisti!” “E lo so, e vorrei entrare!” rispondo “Non si può!” “E perchè??” “Perchè è riservata agli ospiti dell’Hotel interno!” “E se io volessi andare in hotel?” “Non si può! E’ tutto occupato sino al 27 agosto!”.
Sono costretto a tornare indietro e le bestemmie in dialetto barese si alternano a lingue sconosciute inventate al momento. La guardia osserva la mia bici, mi fa le solite domande di rito: “Da dove vieni”, “Di dove sei” “Dove stai andando” e poi chiede di provare la Signora in giallo. Rispondo che non è facile da guidare, ma lui è deciso ed acconsento al tradimento.
Cade 2 volte in 30 metri. T’avevo avvisato.
Riattraverso il paesaggio texano e finalmente alle 15:30, completamente sfatto dalla fatica che dura dalle 6:30 del mattino, deposito ciò che è rimasto del mio corpo in una stanzetta favolosa con abbaino presso una famiglia locale.
Dopo una doccia, mi stendo sul letto, chiudo gli occhi e addio mondo.
15.08.07 Mi alzo comodamente alle 6:30. Oggi prevedo una breve tappa di una 30ina di km. Alle 7:00 sono sulla mia “Signora”. Stamane sembra un pò sonnecchiosa, stride, si lamenta, emette rumori strani. Forse non vuole essere svegliata così presto per il secondo giorno di fila. Lascio il mare, voltando a destra per le vere montagne che mi guardano silenziose…
Il turismo (che voglio evitare…) della costa con i suoi caffè, gli hotel, cede il passo a un territorio che si presenta sin dai primi km molto rude e campagnolo. Anche l’asfalto cambia e la mia Signora borbotta per farmelo capire. Non di rado incontro mucche, capre, galline al bordo strada. Un vecchietto mi guarda cavalcando un asino. Vedere un forestiero qua, sembra un evento da gazzetta. Dopo 7 km, la montagna mi da il suo bevenuto con una salita, ragazzi, che mi produce tanto di quell’acido lattico che potrei venderlo al mercato. E’ la più pesante mai affrontata. Arrivo in cima dopo diverse soste (video), bestemmie ed acqua ingurgitata a fiumi. Lungo la salita, però, faccio l’incontro più straordinario che mi potessi aspettare. Incrocio due ciclisti, nel senso opposto, che saluto da rituale. La ragazza si ferma ed io ovviamente freno. Il suo ragazzo ci raggiunge subito dopo. Ci salutiamo, sono 2 canadesi. Valuto subito dalle loro bici e dai 4 portapacchi montati che saranno in viaggio da diversi giorni. Scattano le domande di rito, poi chiedo: “Da quanti giorni siete in viaggio?” “Veramente, sono 20 mesi che siamo in viaggio!!! Veniamo dall’Australia, per la Cina, India, Thailandia, e siamo diretti in Francia attraverso l’Italia!” Rimango a bocca aperta senza sapere cosa dire. Mi sento piccolo piccolo, io, fighettino, con lo stereo nelle orecchie per una settimana di vacanza.
Mi dicono che vivono così, in bici, e che vogliono girare il mondo. Con 15.000 euro, mi dicono, si vive due anni, tutto compreso. E poi sono io il pazzo…
Mi salutano in maniera scherzosa: “Ci vediamo…” “Sì, in giro per il mondo!” ripondo.
Sorridono e vanno via.
Non so se riuscirei a fare la loro vita, ma li invidio un pò comunque. Io lunedì torno in ufficio, davanti a un computer per guadagnar soldi,..Sì ma per far cosa?? Sono domande che mi pongo e che l’uomo comune, di solito, vuole evitare.
Arrivo in cima e vengo avvolto da uno spettacolo meraviglioso (video). Si domina tutto l’altipiano e la vista è da far girare la testa. Non passano macchine, si sentono solo gli uccelli, qualche capra nella valle e il vento che ti asciuga il sudore sulla pelle, poi riprendo il cammino. Un’altra salita mi attende.
E’ assurdo notare come il mio stato d’animo e la qualità del mio pensiero cambi istante per istante. Quando mi trovo su una salita, bestemmio come un turco, maledico la scelta della bici, mi ripeto: “Ma chi me l’ha fatto fare..!” etc, poi, quando sono in cima, la natura ti restituisce tutto. Guardo la strada giù percorsa, i tornanti, e tutto cambia, mi do una pacca sulla spalla e penso che ne è valsa la pena vedere il mondo da quell’altezza.
Ricevo una brutta notizia. Mi dicono che non troverò camere, nè alberghi sino a Vipazar. Essendo una strada di montagna, il turismo si riversa sulla costa con i pub, le discoteche, il mare, e quindi non c’è l’ombra di una stanza.
Avevo intenzione di fare una tappa tranquilla dopo il massacro di ieri ma mi sa che oggi sarò chiamato a fare gli straordinari perchè Vipazar è a 50 km, tutti DI MONTAGNA, e dopo questi 20km vorrei già fermarmi. Qui non è asfalto a due corsie come le nostre dolomiti, intendiamoci, ma un mezzo sterrato così stretto che se si incrociano due macchine sono costrette a far manovre per passare.
Una doccia fredda. Non ci voleva.
Mi fermo in un paesello per pranzare dopo aver costeggiato il lago Skadarsko. Più che un lago, sembra un mare per quanto è grande. Ci sono una marea di isole e la visione lungo le salite è da mozzafiato. Attraverso campi di melograno, fichi, uva ed altri alberi da frutto. Gli odori mi avvolgono. Spesso do uno sguardo per vedere se c’è qualcuno, fermo la “Signora in giallo” e rubo qualche grappolo, un pò di fichi, assaporandoli al bordo strada. Il contandino spero mi perdonerà.
Riparto. Finalmente discesa. Viaggio sui 30km/h quando, d’improvviso, dopo una curva mi vedo un montone al centro strada a 15 metri. Inchiodo al grido: “Alliv’t!!!”. Fortunamente è un montone barese e con un salto si sposta al bordo. Bestemmio la mamma pecora e tutto il gregge, e continuo.
Incrocio 3 asini, 2 mucche e una signora, a cui chiedo la direzione per Vipazar. I cartelli erano già carenti lungo la costa turistica, figuriamoci qua sulle montagne.
Ben presto mi ritrovo nel 3° strappo al 10% che mi mette KO! Mi alzo sui pedali, bestemmio, mi risiedo, ribestemmio, mi rialzo sui pedali per lanciare la bici, mi fermo. Recupero. Riparto, mi rialzo, ribestemmio.
Ho le labbra spaccate dal sole. Si sono formate alcune crepe e una mi duole particolarmente. Lungo la strada ci sono solo io. Passa ogni tanto una macchina che mi guarda come fossi un animale strano.
I colori, gli odori e l’aria, però, sono favolosi. Passo dai 250 metri ai 500, poi nuovamente scendo di 100 metri per poi risalire. Ma subito dopo entro in una strada completamente ombreggiata, immersa in una foresta.
Fermo la bici, scatto foto. C’è un silenzio incredibile intorno. Io, la mia Signora e la natura ci fermiamo a fissarci un attimo, e sono felice di essere lì e di vivere tutto questo.
Sono in bici dalle 7:00 del mattino e sono le 17.00 del pomeriggio. La scorta d’acqua è terminata e non vedo l’ora di raggiungere Vipazar. Sono distrutto. Mi fermo da una signora a bordo strada che vende frutta. Viaggio sui 1,5 kg di frutta al giorno più gli extra,…Contadino permettendo.
Mancano 3km a Vipazar e vengo raggiunto da un ragazzo bolognese con cui faccio amicizia. Marco è in viaggio in bici come me, solo. Ha 3 settimane di ferie e girerà Montenegro e Croazia. Non è nuovo ad esperienze in bici e si vede. Con la ragazza ha girato diverse nazioni.
La mia Signora ha i copertoni provati. Erano nuovi alla partenza da Bari, ma dopo questi 70km di quasi sterrato son ridotti male.
Io e Marco entriamo in Vipazar stile frecce tricolore scambiandoci idee ed esperienze sul percorso. Ci salutiamo e ognuno per la sua strada.
16.08.07 La mia barba inizia a crescere. Non ho portato il rasoio. Meglio così, perchè ho intenzione di lasciarla crescere. Sono seduto al tavolo fuori la mia stanzetta. Dinanzi a me le montagne. La signora di casa, gentilissima, mi offre un caffè turco, che ho imparato a gradire in questi giorni. Sono le 8:00 ed una bella giornata di sole mi da’ il suo dobrodan (buongiorno).
Rimango in silenzio, in ascolto dei suoni del mattino. Le gambe sono un pò stanche e la Signora in giallo mi guarda parcheggiata là, sotto il vigneto.
In paese reincontro Marco, il 37enne ciclista bolognese, con il quale decidiamo di fare un giro sul battello lungo il lago. 8 euro ed alle 10,00 partiamo felici. Ad un certo punto l’organizzatore del giro ci dà il suo benvenuto offrendoci un bicchiere di Vodka. Alle 10.00 del mattino onestamente non mi sembra il caso. Glisso. Marco invece trinca alla grande con un russo e 2 del posto che sembrano gradire il liquido incolore.
Poi vengono fuori anche 3 bottiglie di vino e via a bere. Al vino mi unisco anche io ma solo con qualche dito. Sembra che la gita al lago sia una scusa per ubriacarsi allegramente. Ma il colpo gobbo arriva quando il barcaiolo esce un vassoio niente meno che di…Popizze!! Sì, proprio le nostre popizze. Dentro di me penso: “Ma tu vedi se dovevo venire in Montenegro a mangiare le popizze su una barca alle 11 del mattino!”. Il popizzaro, a completamento, esce anche un vassoio con pezzi di formaggio e una bottiglia di succo di ciliegia. Poi ferma in mezzo al lago la barca e giù a fare il bagno.
Torniamo che Marco è più provato oggi che con il tappone di ieri.
Gli occhiali da sole in bici non sono un vezzo estetico ma una necessità. In bicicletta il sole dalle 11 del mattino alle 16,30 del pomeriggio ti brucia le pupille ed anche un copricapo è un must. Io bagno la mia bandana, e copro la testa così. Il primo giorno ho rischiato l’insolazione per non portarla.
Su alcune cose ho preso dimestichezza. Ora riesco a cambiare pedalando ed il controllo della bici a pieno carico mi riesce molto meglio.
In casa arrivano 2 italiani e 4 francesi. Faccio subio amicizia e i 4 francesi escono vodka e birra. Aridaje…Si ricomincia a trincare. Io glisso.
Il bar di Vipazar ce l’ha con me. La prima volta ordino un the e mi portano una camomilla. La seconda volta ordino un latte macchiato e mi portano un caffè macchiato. Vabbè, mi sa che c’è qualche problema di comunicazione.
Alla sera io e Marco ceniamo assieme e decido di cambiare itinerario. Invece di scendere verso la costa, già vista, lo seguirò sulle montagne, verso Cetinje. La mia bici non è ideale per questo genere di percorsi ma voglio vedere posti nuovi.
17.08.07 Partiamo verso le 8:00 dopo una colazione al bar. Il mio rapporto con i bar di montagna si riconfermano difficili. Questa volta ordino del the e mi portano del “carcadè”. Ora, o sono io che non riesco a dire in inglese: “a cup of tea, please!” o non so più che fare oramai. La prox volta dirò: “Portami un pò che cazzo vuoi tu e buonanotte!”.
I primi 20km scorrono tranquilli. Salita al 4%, regolare, in mezzo alla vegetazione. Diversi punti d’ombra e la gamba c’è. Ci fermiamo in un paesino delizioso, una bomboniera a 250 metri. Ci divertiamo con Marco a vedere i visi delle persone e ironicamente dire: “Guarda quello, che faccia stressata che ha…Proprio come a Milano, come ci si stressa qui!”. Qualcuno pesca da un ponticello e ci fermiamo ad una specie di bar casalingo.
Il tipo ha messo fuori dei tavolini e quando ordini qualcosa va in casa a prepararla. Ci avverte che i prossimi 16km sono tosti e siamo pronti al peggio.
Invece così non è. La salita è progressiva al 5% max, e raggiungiamo Celtinje verso l’ora di pranzo dove ci fermiamo in un ristorante “Belvedere” con una terrazza con vista sulla valle sottostante. Uno spettacolo, signori miei.
Siamo a quota 650 metri e veniamo serviti e riveriti in questo angolo di paradiso. Anche qui chiedo un gelato al cioccolato e specifico “Solo cioccolato” e mi portano 3 palle, una al cioccolato, una alla vaniglia e una alla fragola. Vabbè, tanto oramai…
Constatiamo che a Celtinje non ci sono stanze. Nel senso che proprio non è usanza da queste parti affittare stanze in case private. Quindi si aprono 2 strade. O proseguire per Kotor e significa farsi altri 40km, o andare nel locale hotel a 3 stelle. Per una doppia ci chiedono 27 euro a testa,colazione compresa. Direi abbastanza nella norma, per non dire economico, visto anche l’hotel.
Ci fanno lasciare le bici nel garage e saliamo in camera per il meritato riposo.
Marco viaggia sui 2 litri di birra al giorno. Dice che è un reintegratore naturale. Ho i miei dubbi, ma in bici si brucia tutto, alcool compreso.
La mia sfiga con i bar continua imperterrita anche qui a Celtinje. Ordino un latte con cioccolato, indicandolo sul menu, per non sbagliare…E mi arriva una tazza di cioccolato bollente che con i 34° gradi di oggi non lega benissimo.
Intanto, sto facendo l’abbronzatura del ciclista. Braccia nere e pettorali e pancia bianchi. Ogni tanto pedalo senza maglia per far abbronzare la schiena ma la differenza è notevole.
18.08.07 Ci alziamo alle 6:00 per l’ultima tappa di montagna. Oggi raggiungiamo quota 1650 metri d’altitudine. Facciamo un’abbondante colazione giù al bar con un dolce al cioccolato e un caffè turco ed alle 7:00 siamo sulla bici. Il bello del pedalare è che puoi veramente mangiare l’impossibile. Poi perdi tutto, e non ingrassi mai.
Il lettore mp3 mi accompagna sempre nei primi km delle tappe, poi però quando la salita si fa sentire lo tolgo per apprezzare meglio lo sforzo.
Sino a quota 1000 andiamo su con regolarità, attraversando paesaggi stupendi. Macchine nemmeno l’ombra ed entriamo nel parco nazionale in perfetta solitudine. Si sentono solo le nostre catene, e le ruote che scorrono sull’asfalto. Lo sforzo si inizia a far sentire verso i 1400 metri dove ci fermiamo sotto un gazebo in legno in cui regna un silenzio irreale. Qua tutto parla di natura. Finisco l’ultimo integratore che avevo portato da Bari, mangio una mela e chiudo gli occhi per 10 minuti. Non mi sembra vero di stare là. Mi concentro sul suono degli uccelli, sul vento fresco, poi l’odore del legno del gazebo mi cattura.
Ripartiamo verso le 10 e svoltiamo a destra per il mausoleo. La pendenza si aggira intorno al 12% e il mio rapporto, un 39-21 non è sufficiente a quel genere di pendenza, poi con 12 kg di bagagli…
Mi fermo spesso, mentre Marco va su agile con la sua Mountain bike. Arrivo in cima sfinito e giuro a me stesso che quelle è l’ultima salita di questo viaggio. Per raggiungere il mausoleo però, bisogna fare l’ultimo sforzo, 400 gradini per salire in vetta…Fatto 30…(video) Ma come sempre, il premio è proporzionale allo sforzo profuso (video) e lì rimango incantato con i piedi a penzoloni nel vuoto sotto di me. Fa freschetto e i turisti si possono contare sulla punta delle dita, come se arrivare lì fosse un privilegio che spetta a pochi.
Mangiamo in un chioschetto appena sotto la cima. Un pò di pane e formaggio locale, poi scendiamo sino a quota 1000 dove giunge il momento di salutarci. Marco gira a destra per il Durmitor, altre montagne, io a sinistra per Kotor dove domani mi aspetta il traghetto. Ci salutiamo senza troppi convenevoli, consapevoli che è stata una bella avventura. A volte le strade si incrociano, e a volte ci si separa. Ciao Marco.
Per me ci vogliono altri 20km sino a Kotor, ma sono tutti in discesa.
Scendo a 35km/h, tagliando i tornanti come vedo fare ai professionisti. Non sono bravo in discesa e spesso sbaglio linea finendo lungo. In un rettilineo, a bici lanciata, uno scoiattolo mi attraversa la strada improvvisamente. Inchiodo la Signora che protesta con veemenza. Ma non ho il tempo di gridare “Alliv’t”, come con il montone, ma fortunatamente lo scoiattolo è lesto e non occuperà la mia coscienza.
Entro in Kotor e mi risveglio come da un sogno. Reincontro i clacson delle macchine e le loro borbottanti marmitte, la musica dei locali, le foto di gruppo vicino alle statue, le agenzie turistiche, i cartelloni con la scritta: “You are here!”, e mi sembra tutto così strano, così lontano da quei sconfinati silenzi, da quei suoni, da quella innocenza in alta quota. Un pò mi da fastidio, vorrei già andarmene, vorrei imbracciare la mia Signora e andar via da quel mondo che sento non appartenermi. Lo guardo, lo osservo con distacco e un pò sento che la colpa è anche mia. Quel turismo di massa mi appartiene. Mi sento un pò colpevole, ma dentro di me spero che certi posti, certi silenzi e colori siano relegati a chi ha il coraggio di ammirarli con il rispetto che meritano, di ascoltarne i suoni ma senza inteferire, di apprezzarne i colori ma senza alterarli, di assistere allo spettacolo che il mondo ci offre lasciando che i cicli naturali accadano.
Ma sono consapevole, anche, che non passerà molto tempo e a questo rumore inizierò ad abituarmi, ad assuefarmi, e non costituirà più un fastidio.
Ma quelle urla al cielo azzurro, quelle gocce di sudore, quella dannata grinta di arrivare in cima, quei profumi di natura che ti saturavano i polmoni, quelle lacrime che hanno rigato il mio viso alla vista di tanta bellezza, oramai hanno aperto un solco dentro di me che non si rimarginerà tanto facilmente.
Constato che son tornato nella vita quotidiana anche dal bar, perchè ordino un gelato al caffè e mi portano esattamente ciò che ho chiesto.
Quelle ragazze così attillate la sera, quei decibel sparati nell’atmosfera che mi penetrano nell’orecchio, quel dimenarsi senza sosta nelle stradine della old town al ritmo della stupidità umana mi fanno quasi pena, ora. Sembra una necessità di chi vuole assentarsi da se stesso, quella stessa voglia che conosco fin troppo bene.
Me ne torno in camera nel frastuono dei bassi, tra i canti e l’alcool di chi è in cerca, per qualche ora, di dimenticarsi di sè.
CONCLUSIONI Prima di partire più d’uno mi ha chiamato “pazzo”. Penso che questa esperienza mi abbia insegnato che il metro di misura della nostra “pazzia” sia direttamente proporzionale all’angolo di visuale della nostra vita. Qualcuno chiama pazzo me per una settimana in Montenegro, da solo in bici, forse io potrei chiamare pazzi quei due ragazzi canadesi (ma non lo faccio assolutamente,…Anzi) per quei 20 mesi. Tutto dipende dal proprio angolo di visuale.
Per quel che ho vissuto io in questa settimana posso dire che il viaggio in bici non è una vacanza, ma un’esperienza! Se cerchi una vacanza prendi il treno, la macchina o l’aereo e raggiungi il tuo hotel con aria condizionata, e lascia la bici a casa per le passeggiate domenicali.
Viaggiare in bici è un’esperienza esaltante. Gli incontri, le emozioni, il non sapere cosa ti aspetta dietro una curva, il vivere…Cazzo, il vivere ogni metro di quella strada come se fosse il più importante, ti riempie il cuore. E poi i paesaggi visti al sorgere del sole, l’aria frizzante del mattino che ti viene incontro mentre dietro di te le case di un paesino si allontanano. Tutto questo e molto di più, fanno del viaggiare in bici un’esperienza, dura sì, ma piena di vita.
Non so quante volte ho ascoltato il mio respiro, quante volte ho seguito come unico compagno di viaggio il mio battito cardiaco, quante volte mi son perso nei pensieri che si dissolvevano nelle bellezze naturali. Prima di partire avevo letto di diversi viaggi in bici ma mon volevo basarmi sul “l’ho letto su un sito web”…Volevo vivermi questa esperienza, da solo, in mezzo alla natura, sulla mia pelle, e con le sue difficoltà. Ora so cosa vuol dire.
Scrivo questo da Bari e tutte le emozioni vissute,…Mi mancano. Certo avrei potuto raggungere gli stessi posti in macchina, ovvio. Ma quello che mi chiedo è: “Avrei visto forse le stesse cose?? Avrei vissuto il Montenegro nella stessa maniera??Con la stessa intensità??” La risposta so già qual’è! In macchina una pietra in più o in meno sull’asfalto non fa differenza, non cambia niente, in bici si, ed anche grossa. I paesaggi non ti scorrono indifferenti, li senti, cazzo, li senti vivi. L’aria condizionata della macchina li ammazza tutti gli odori esterni.
Il Montenegro…Il Montengro è ancora una nazione che si può visitare. Ma tempo due anni diventerà come la Croazia. Una nazione turistica. Sorgeranno alberghi anche sulle montagne, settimane “all inclusive”, perderà insomma quel suo fascino ancora originale che ha attualmente. La costa è già così. L’interno è ancora puro, intatto. Quindi tutto dipende da ciò che uno cerca.
(il video dell’alba sul traghetto al ritorno) Ed intanto penso a quei due canadesi, che scorrono sulle strade del mondo…E mi chiedo…