Montalcino e dintorni, Isola del Giglio e Giannutri
Mercoledì 3 luglio – Arrivo a Montalcino
Dopo alcuni giri per smerciare i gatti, che come sempre quando andiamo in vacanza noi vanno in vacanza anche loro dalla “nonna”, partiamo definitivamente da Bagnacavallo alle 15.30. Direzione Ravenna per prendere l’E45, tutta buchi e lavori in corso. Su indicazione di Silvia usciamo a San Sepolcro e da lì prendiamo la strada per Arezzo per poi proseguire in direzione Siena, ma svoltiamo prima per delle strade secondarie e giungiamo a Montalcino attraverso i bei paesaggi toscani tutti campi verdi e balle di fieno, purtroppo la luce non è delle migliori perché il cielo è nuvoloso ma Paso è lo stesso in estasi a pensare a quante belle foto farà. Arriviamo poco prima delle 19.00 davanti all’hotel Il Giglio, di proprietà di Michele, il fidanzato di Silvia, che per la prima volta ci ospita dalla sua famiglia e nel suo paese. Non siamo proprio convinti che la strada indicata sia la più veloce, al rientro proveremo a fare l’autostrada. Ad accoglierci Mario, il babbo di Michele, la somiglianza è netta, che aspettava proprio noi, Lara e Paso. L’ingresso dell’hotel è raffinato ed accogliente, do una sbirciatina in giro nella sala del ristorante, tutto è curato nei particolari, questa famiglia ci sa proprio fare. Finita la telefonata in cui è impegnato, Mario ci accompagna alla nostra camera, che in realtà è un appartamentino poco lontano dall’albergo vero e proprio, molto carino. Porte in legno scuro e pavimenti in cotto, soffitti in legno e archi in muratura, letti in ferro battuto e mobili antichi, molto rustico e molto molto bello. Ne prendiamo immediatamente possesso per fare una doccia e mettere a posto le prime cose, poi, rinvigoriti, usciamo a fare due passi per il centro anche se a quest’ora tutti i negozi stanno chiudendo. Molti sono i locali sfitti, con cartelli “affittasi” o “vendesi”, i ristoranti e le enoteche invece non mancano, in ogni stradina ce n’è uno. In giro ci sono diversi turisti, quasi tutti stranieri. Torniamo presto sui nostri passi, abbiamo appuntamento con Silvia e Michele, che infatti ci stanno aspettando fuori dal ristorante. Silvia si è trasferita qua da poco, appena due settimane. La sua vita è ancora in transito e sprizza gioia da tutti i pori, sono felice per lei. Entriamo e ceniamo insieme, con noi anche i figli di Michele, Camilla e Federico. Le portate sono tutte squisite, gli abbinamenti ricercati e sapientemente accostati, tutto sembra fatto su misura per Silvia, che da sempre sogna di aprire un ristorante in cui potesse dar sfogo al suo estro culinario ed ecco che è capitata in un posto proprio così. Dopo cena facciamo due passi fino alla piazza per prendere un caffè nell’antica “fiaschetteria”. C’è un complesso musicale che suona sotto al loggiato e qualcuno seduto nei tavolini dei bar all’aperto, non molta vita a dir il vero, ma a quanto pare di solito non c’è nemmeno questo… Siamo un po’ stanchi tutti quanti, così dopo un giro nel parcheggio, per capire dov’è finita la nostra macchina più che altro, che Mario ci è andato a parcheggiare personalmente, torniamo all’albergo per due chiacchiere, una partita a dama con Federico e poi tutti a nanna.
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Giovedì 4 luglio – Bolgheri, Massa Marittima, San Galgano
Sveglia un po’ prima delle 8 e 30 e diretti al Giglio per la colazione. Michele è già qui, dopo poco ci raggiunge Silvia e mangiamo assieme. La colazione è ottima e abbondante, ci si può servire comodamente al buffet e sia le torte che le marmellate sono tutte fatte in casa dalla mamma di Michele. Dopo un po’ di chiacchiere e qualche dritta per la giornata, comodamente partiamo sulle 10. E’ un po’ dura uscire agevolmente da queste minuscole stradine con una Multipla e infatti….ad un incrocio tocchiamo un angolino di un palazzo! Pazienza, per fortuna il lato è lo stesso che avevo sfregato io già tempo fa… Con l’aiuto del navigatore e della cartina fornitaci da Michele viaggiamo per un paio d’ore prima in direzione mare, dove quando arriviamo spicca imponente l’isola d’Elba, poi verso nord e per fortuna la giornata, inizialmente un pochino nuvolosa, si apre e la temperatura sale parecchio. Poco prima di mezzogiorno giungiamo a Bolgheri, un caratteristico paesino arroccato su un cucuzzolo, a cui per arrivare si percorre un bellissimo viale di cipressi decantato da Carducci in una sua poesia (non chiedetemi quale). Parcheggiamo fuori dal centro storico e lo raggiungiamo a piedi. In breve tempo lo giriamo tutto avanti e indietro, è veramente piccolino, ma molto mooolto carino, curato e pieno di coloratissimi fiori in tutti gli angoli, balconi e finestre. Ci sono parecchi turisti, tutti stranieri e l’atmosfera è estremamente rilassata. Anche qui è pieno di localini, stuzzicherie, bruschetterie, merenderie, enoteche e negozi di souvenir. Ispezioniamo questo gioiellino palmo a palmo, compreso il piccolo cimitero in cui è sepolta nonna Lucia, la nonna di Carducci, anch’essa decantata in una sua poesia riportata proprio su una lapide, a dir la verità in diversi angoli del paese sono riportati tratti delle poesie di Carducci e ognuna ha un suo perché, ad esempio, su una casa sono riportati versi dedicati ad una ragazza…magari una fidanzata che abitava qui, chissà quanti sospiri del famoso poeta sotto queste finestre… Dopo aver fatto anche qualche acquisto ci fermiamo a pranzo in un ristorante la cui veranda è affacciata su uno degli a angoli più belli e più fioriti di Bolgheri. Mangiamo benissimo, anche se Paso attenta alla mia maglietta nuova con una bella spruzzata d’olio, e il conto non è neanche particolarmente salato, 40 euro per due antipasti, un secondo e un contorno. Ripartiamo in direzione Massa Marittima, dove arriviamo un’ora abbondante dopo. Per strada troviamo anche un distributore di metano. Anche qui troviamo parcheggio proprio vicino al centro, i turisti ci sono ma non sono tanti. Visitiamo la piazza principale della città vecchia, il Duomo e passeggiamo tra le viuzze che ricordano un po’ il centro di Spoleto o di Norcia, con lo stile romanico (forse) a farla da padrone. Percorriamo una ripida scalinata fino ad arrivare alla piazza della città nuova, piazza Matteotti dove decidiamo di salire sulla Torre del Candeliere, il biglietto è piuttosto economico, 3 euro. Alcuni tratti di scala sono veramente ripidi, ma per il resto la salita si fa bene ed è piuttosto breve, percorriamo anche un ponte che collega la torre alle mura senesi e un tratto delle mura che si affacciano su un punto di incontro con un teatrino. Dalla cima si gode di un panorama mozzafiato sui tetti della cittadina e fin verso il mare dove, nelle giornate chiare, dietro all’Elba si vede perfino la Corsica, purtroppo oggi non è una di quelle giornate. Torniamo verso la piazza Garibaldi e ci fermiamo per un pit stop in un barettino molto carino proprio in centro, dopo di che proseguiamo per visitare il museo della miniera. Arriviamo giusto in tempo per partire con la visita guida che si rivela molto interessante. Il museo è proprio ricostruito nelle gallerie di una vecchia miniera, che in origine era una cava di marmo ma in realtà gli ambienti che sono stati ricostruiti sono per illustrare il procedimento di una miniera di pirite. Questo perché le cave di pirite vera e propria sono molto in profondità, anche 6-700 metri e nessuna ormai è più agibile e non è nemmeno recuperabile. Anche se è tutto ricostruito, sono stati utilizzati i carrelli e gli strumenti originali, compreso il generatore e le impalcature in legno, ferro e cemento, e l’impatto è sicuramente d’effetto: pensare che c’erano persone che lavoravano tutto il giorno in questi cunicoli, ad una profondità impressionante e con il costante rischio di crolli a seguito delle detonazioni, uno poi non si lamenta più del suo lavoro. Il giro dura una mezz’oretta e, rispetto a fuori, dentro è piuttosto fresco, ci sono appena 12 gradi, per fortuna avevamo pensato di prendere su una maglietta. Siamo un gruppo di una decina di persona, misti italiani e stranieri, ma per fortuna la guida è in italiano. Verso la fine vengono illustrati anche i minerali estratti e gli usi. Ci è piaciuta molto. Riemersi dal sottosuolo riprendiamo la macchina e ci rimettiamo in viaggio. Pian piano ci stiamo avvicinando a Montalcino, prossima tappa Abbazia di San Galgano. Anche se abbiamo fatto un itinerario che prevede degli spostamenti un po’ lunghi merita sicuramente il giro per i paesaggi meravigliosi che solo la Toscana sa offrire: dappertutto casolari in mezzo a cambi di grano, di girasoli o sulla cima di colline verdi.
Arriviamo a San Galgano alle 17.30, l’abbazia senza il tetto si staglia nei profili delle colline in maniera netta e si vede da lontano, molto suggestiva così isolata. Non c’è gente e parcheggiamo proprio davanti lungo il bel viale alberato di accesso anche se in verità ci sarebbe un bel divieto di sosta e di fermata, ma non c’è nessuno, vuoi proprio che ci facciano la multa?? Secondo me c’è una bellissima luce, calda e morbida, ma il fotografo di famiglia storce il naso: il sole è ancora alto e le ombre saranno ancora troppo nette per fotografare in modo uniforme il monumento. In effetti una volta all’interno è bellissimo, ma mentre il fondo è illuminato in pieno, i lati creano delle ombre imponenti e le foto non vengono bene, o troppo chiare o troppo scure. Bellissimo è comunque vedere il cielo blu intenso attraverso le finestre prive di infissi e le orde di rondini che sfrecciano sopra le nostre teste mentre giriamo tra le navate della ex chiesa. Il complesso si gira in poco tempo, anche perchè, a parte la struttura muraria nuda e cruda non c’è null’altro da vedere se non un piccolo e ordinato giardino. Deve essere molto affascinante la visita serale, sono stati piazzati dei faretti a pavimento sia all’interno che in esterno e spesso organizzano concerti di musica classica. Finita la breve visita saliamo in auto (non ci hanno fatto la multa) e proseguiamo un poco fino alla vicina Chiesa di Montesiepi che custodisce la famosa spada nella roccia che secondo la leggenda Galgano infisse per dire addio alla vita mondana e convertirsi nel cammino che lo portò a diventare Santo. Il complesso è piccolino, ma molto particolare: di forma circolare all’interno è decorato a strati chiari e scuri che convergono al centro della cupola centrale creando un effetto vertigini. Il fulcro è la famosa spada, protetta da una capsula di vetro che impedisce di fotografarla come si deve, l’interno ospita un piccolo altare e alcuni banchi, a lato una ancora più piccola cappella che conserva alcuni dipinti. E così il giro si conclude in fretta. Nel bel giardino esterno, trovo la mia passione, una mamma gatta (e forse anche un babbo, non abbiamo capito bene chi fosse il terzo incomodo) che sorveglia il suo piccolo mentre va alla scoperta delle meraviglie racchiuse in un giardino: fili d’erba che si muovono, mosche, margherite. Il piccolo è bellissimo, con il pelo lungo e non resisto dal spupazzarmelo un po’. La giornata volge al termine, sono le 18.30 ed è ora di rientrare. Un oretta di strada ci separa da Montalcino, dove arriviamo senza problemi. Facciamo tappa al Giglio per farci spiegare il percorso per arrivare al parcheggio e prendendo bene le misure in questi vicoletti riusciamo a parcheggiare senza toccare da nessun’altra parte. Dopo di che doccia e cena di nuovo al Giglio, dove Silvia e Michele stasera hanno un bel daffare: c’è una serata di beneficenza alla rocca e il paese si è riempito, il locale è pieno e gli ospiti d’onore, Edoardo Raspelli e Alessio Vinci, alloggiano proprio qui e le loro mega Audi sono parcheggiate fuori. Mangiamo squisitamente anche stasera, io pinci alle briciole, ottimi, e Paso tagliatelle ai porcini. Passiamo la serata qui in hotel un po’ a chiacchierare con loro nei pochi momenti di pausa, un po’ a bere i liquori fatti dal babbo di Michele e un po’ a giocare con la macchinina telecomandata di Federico in strada. Si fanno le 23 e 30 e i nostri amici ancora non sono liberi, per cui andiamo a nanna che la stanchezza inizia a farsi sentire sia per noi che per loro. Hanno comunque trovato il tempo di prenotare la gita con la motonave per domani e verranno con noi.
Venerdì 5 luglio – Isole di Giannutri e del Giglio
La giornata parte male. Silvia non si sente bene e a colazione non si fa nemmeno vedere. Io pure ho lo stomaco chiuso, ma lì per lì non ci bado, del resto oggi ci siamo svegliati prima del solito e magari mi viene fame tra un po’. Michele, Federico e Camilla, a malincuore, soprattutto i piccoli che ci tenevano molto a questa giornata, decidono di rinunciare anche loro alla gita per rimanere con Silvia, noi invece partiamo in direzione Monte Argentario, poi decideremo strada facendo cosa fare. Ci mettiamo un’ora e mezza per raggiungere Porto S. Stefano e da lì troviamo subito un parcheggio proprio di fronte alla partenza delle barche, siccome siamo giusto in tempo, acquistiamo un biglietto per una minicrociera che toccherà l’isola di Giannutri e l’isola del Giglio e riusciamo a salire per un pelo. La barca è abbastanza grande e il mare calmo per cui la navigazione di un ora e quarto va via liscia e sbarchiamo a Giannutri alle 11 e 15. L’isola si presenta subito piuttosto brulla, anche se molto curata, dal porticciolo non si vedono molte piante ad alto fusto, ma solo arbusti disseminati su una terra rossa. L’acqua del mare è bellissima, verde e blu. Un percorso leggermente in salita ci conduce ad una piazzetta con delle costruzioni attorno tutte in colore rosso. Il posto è desolato, gli unici turisti sbarcati siamo noi e i pochi locali, ora chiusi, hanno esposti dei cartelli con orari ridottissimi e avvisi che praticamente ogni cosa va ordinata con anticipo. Il resto del paese è morto, anche se pulito e ordinato, ci sono vialetti che conducono alle abitazioni con giardini curati e sono perfettamente inseriti nell’ambiente che visto da vicino è molto più gradevole, dietro a questa immensa costruzione c’è anche un bosco in cui si nascondono le camere, nascondono nel vero senso della parola. Michele ci aveva parlato di una costruzione orrenda, uno scempio, ma a noi sembra invece fatta molto meglio di tante altre che punteggiano le nostre coste. Passeggiamo nei vialetti scoprendo tanti angolini nuovi, e giungiamo fino alla parte opposta dell’isola dove c’è una spiaggetta carina e persone che fanno il bagno. Ci fermiamo un po’ a guardare uomini e gabbiani che si mescolano in quest’acqua blu ma non ci azzardiamo ad entrare, è gelida! Torniamo indietro e facciamo tappa in un altra spiaggia prima di avviarci verso la barca. C’è un atmosfera tutta particolare su quest’isola, sembra di essere proprio fuori dal mondo, l’aria è surreale. Ci sarà qualcuno dietro a questi cancellini che aprono su vialetti che sembra conducano nel nulla, ornati di piante grasse e fiori che la mano dell’uomo tiene curati, dove sono nascosti tutti quelli che a determinati orari lavorano nelle poche attività che sono in piazzetta? E se ci sono delle attività, lavoreranno per qualcun’altro che è nascosto altrettanto bene, ma poi questa gente in vacanza qui, cosa fa tutto il giorno? E dove sta?
Con questi interrogativi risaliamo in barca e alle 13 e 15 guardiamo il porticciolo allontanarsi. Il mio stomaco non accenna ad aprirsi. Alle 14 e 30 passate approdiamo a Giglio Porto, all’isola del Giglio, in barca c’era la possibilità di pranzare ma io non ce l’ho fatta, Paso si è arrangiato a smangiucchiare qualcos’altro mentre eravamo in giro. Inizio ad avvertire un certo malessere e appena scesi dalla barca mi stendo un po’ su una panchina all’ombra. Ho lo stomaco sotto sopra e un oretta buona la passo lì con la testa appoggiata sulle gambe di mio marito in attesa di riprendermi, Silvia deve avermi attaccato qualcosa. Per fortuna mi cala un pochettino e almeno un giro per le stradine di Giglio Porto riusciamo a farlo, tra il via vai dei turisti tra i negozietti di souvenir che si ammassano e i ristoranti che brulicano, prendere il bus e andare fino a Giglio Castello è fuori discussione, ma a Paso sembra non interessare molto, anche se forse lo dice per non farmi sentire in colpa. L’attrazione principale comunque è la Costa Concordia che è ancora incastrata proprio davanti al porto a distanza di un anno e mezzo dal disastro, ai lati hanno montato delle piattaforme, ce n’è una galleggiante con due cassoni grandi quanto tre palazzi uno sull’altro, dal porto c’è del via vai di gommoni che caricano operai e materiali. Si lavora di brutto, anche se non capiamo cosa stiano facendo esattamente: stanno montando delle specie di container sul lato a vista della nave, forse una volta riempiti serviranno a far raddrizzare la nave per poi trascinarla via. Mi sa che ci sia ancora parecchio lavoro da fare comunque. Fa un certo effetto, dopo averla vista tante volte in tv trovarsela davanti. La carena si è arrugginita, segno del tanto tempo passato. I turisti scattano un sacco di foto, anche noi immortaliamo il momento, anche se pensiamo alle vittime. Aspettiamo in un bar che si facciano le 16 e 30 e pian piano torniamo alla nostra barca che alle 17 parte per il rientro verso Porto Santo Stefano, da qui riprendiamo l’auto e la strada verso Montalcino, mentre il mio stomaco continua a darmi qualche problemuccio. Salto anche la cena e aspetto assieme a mio marito l’arrivo di Elisa, Massimiliano e la piccola Anna che ci hanno raggiunti per il week end, purtroppo l’accoglienza non è delle migliori, con Silvia a letto e io in condizioni pessime, si sistemano in camera e vanno a mangiare con Paso in un ristorante diverso per non gravare troppo sui genitori di Michele che questa sera sono soli. Una volta in camera sento Silvia che ha la febbre alta, anche Michele accusa un po’ di stanchezza, io ho brividi di freddo e ho decisamente bisogno di stendermi, sono debole ma non riesco ancora a mangiare nulla. Siamo proprio belli…
Sabato 06 luglio – Bagno Vignoni
Il mio malessere sembra essere un po’ migliorato, anche se mi sento il fisico ammaccato e lo stomaco ancora chiuso. A colazione riesco a mandare giù una fetta di pane con la marmellata mentre gli altri si sbaffano tutto alla faccia mia. Siccome la metà di noi è ancora acciaccata, oggi decidiamo di prendercela con calma. Ci attardiamo al tavolo della colazione a fare delle chiacchiere, poi partiamo per una lentissima passeggiata a piedi alla scoperta del centro di Montalcino e pian pianino guardiamo tutte le vetrine e scattiamo tante foto agli angolini più carini e alle viste sulla Val d’Orcia che ogni tanto esplodono ai piedi di una terrazza panoramica. Concludiamo la visita con un giro sulla cima della fortezza e Michele che ci racconta un po’ di storia e un po’ di leggende (le aree verdi anche di Siena servivano per ammassare viveri da utilizzare in caso di assedio perchè la città potesse sopravvivere, finite le provviste a Montalcino un tunnel collegava la fortezza al castelletto di fronte, con un gran dislivello, per rifornire le provviste). Torniamo all’albergo, ci sistemiamo e ripartiamo in auto per Bagno Vignoni, che da Montalcino dista appena un quarto d’ora. Ci dirigiamo subito in un locale all’aperto dove mangiamo affettati, formaggi e pane, poi andiamo nella piscina termale vicina e passiamo il pomeriggio lì tra bagni nell’acqua calda, a volte anche troppo, chiacchiere e scherzi dei bambini. Ci posizioniamo all’ombra sotto agli alberi e passiamo un pomeriggio tranquillo all’insegna del relax. Paso è felicissimo, poco amante dell’acqua fredda, avere a disposizione due piscine di acqua così calda per lui è come essere nel paese dei balocchi, è sempre in acqua. Alle 18 ci mandano via, se no saremo rimasti ancora….facciamo un giro per il minuscolo centro di Bagno Vignoni, che è poi una piscina da dove sgorga la sorgente, molto carino e visto un sacco di volte in cartolina. Rientro, salto la cena anche stasera, non riesco proprio a mandare giù niente e ne approfitto per stare in camera a guardare un po’ di tv e fare un giro su internet. Verso le 23 Paso mi manda un messaggino che sono di rientro così mi sistemo un po’ e scendo per un saluto, del resto è l’ultima sera che siamo qua.
Poi ci viene un’idea. E’ una vita che non usciamo insieme una sera, e non facciamo un po’ di sacrosante chiacchiere tra donne. Non c’è bisogno di andare lontano, qui a due passi c’è un barettino dove possiamo berci qualcosa e così messi a letto mariti e figli ci incamminiamo un po’ insonnolite ma armate delle migliori intenzioni. Ci sediamo e ordiniamo due mojito, il cocktail simbolo della nostra amicizia e un succo di frutta per me, mannaggia al virus! E ascoltiamo Silvia…che ci parla dei primi giorni lontano da casa, progetti e dubbi, felicità e paure, siamo felici per lei anche se questa lontananza ci costringerà a vederci sempre meno, anche se nessuna di noi mette in dubbio la solidità della nostra amicizia. Non solo il destino ci ha portato a scegliere diverse città, ma addirittura diverse regioni, Romagna, Veneto e adesso Toscana! Le mie amiche. Di sicuro ci vorrà sempre più impegno per vedersi e chissà quando ci sarà occasione per un altra serata così! Finiamo la chiacchierata nella hall mentre tutto l’albergo dorme, siamo entrate con le chiavi. Ci salutiamo come fosse una serata qualunque, eppure sappiamo che non è così, ma cerchiamo di nascondere la tristezza. Silvia esce e va a casa, Elisa ed io saliamo e davanti alla porta delle camere un ultimo sguardo complice. Ce la faremo.
Domenica 07 luglio – Montalcino e rientro
Sveglia diversa, ci metto un attimo ma ricordo subito che abbiamo cambiato stanza e ora siamo nell’hotel. Chiudiamo le valigie e scendiamo verso le 9.30. Depositiamo i bagagli vicino alla reception e con tutta calma e facciamo colazione tutti insieme nel nostro tavolo tondo dove l’Anna ci intrattiene con le simpatiche chiacchiere da bimba di 5 anni e ci fa ridere da morire. Recuperiamo le auto e ci dirigiamo alle famose cantine Banfi attraverso un paesaggio bellissimo che ci fermiamo a fotografare continuamente. Le cantine Banfi si trovano nei locali restaurati di un castello immerso in una splendida ed enorme tenuta, purtroppo, anche se è tutto molto tranquillo, essendo molto famose, sono anche meta di parecchi turisti e il tutto è parecchio a misura di turista, a partire dai dintorni estremamente curati e lussuosi, con zone off-limits riservate agli ospiti, per finire nella sala degustazione, dove tutto è molto industrializzato e sono esposte, oltre ovviamente alle bottiglie di vino, numerosi gadgets. Già a quest’ora del mattino c’è gente che tracanna parecchio e noi, tanto per farci riconoscere, ci avviciniamo al bancone e chiediamo una bottiglia d’acqua, con la scusa della bambina, ma beviamo di gusto tutti! Verso ora di pranzo torniamo a Montalcino per saldare il conto e caricare le valigie, poi ci dirigiamo a mangiare in zona Sinalunga, a La Toraia dove si mangiano degli hamburger di carne di chianina che tuonano! Purtroppo il mio stomaco ancora non mi permette di abbuffarmi e mi devo accontentare di una porzione baby, ma il piatto è ben condito di patatine fritte e verdure e la carne squisita, fresca e gustosa. Il posto poi è estremamente caratteristico, ricavato in una ex stalla, ha i tavolini di vetro montati direttamente sulle vecchie mangiatoie e ognuno è ricavato all’interno di un box su cui è stata posta un targa con il nome di un toro. Rustico e allo stesso tempo elegante e ricercato nei particolari, è ottimo, sia per la location che per la qualità e quantità del cibo e anche il prezzo è alla portata di tutti. Subito dopo pranzo facciamo due passi nei dintorni per visitare gli allevamenti e i campi coltivati, da dove vengono sia la carne sia la maggior parte delle verdure cucinate al ristorante e l’Anna si diverte tantissimo, anche se i poveri animali, per quanto tenuti bene, sono pur sempre stipati in spazi ristretti.
E arriva il momento dei saluti. Virus a parte, è stata proprio una bella vacanza, al riparo dalla confusione ci siamo goduti la nostra tranquillità con le nostre amicizie di sempre e ora che Silvia è qua, avremo una scusa per ripetere spesso l’esperienza. Ci salutiamo e prendiamo strade diverse, torniamo tutte alle nostre famiglie e alle nostre vite, così diverse, così lontane eppure siamo ancora così vicine…