Mongolia… i cammelli che ballano col deserto

Nel nostro quinto viaggio abbiamo scoperto la Mongolia sotto il suo manto di neve e di ghiaccio recandoci alla festa dei cammelli a Bulgan, attraversando parte del deserto del Gobi in jeep
Scritto da: lunasiatica
mongolia... i cammelli che ballano col deserto
Partenza il: 01/03/2012
Ritorno il: 20/03/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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L’aereo atterra silenziosamente sulla pista dopo avere sorvolato delle steppe immacolate. Sulle sue ali, tu Gengis Khan, che coccoli le nostre notti, intrattieni da diversi mesi i nostri sogni, ci accompagni nel nostro quinto viaggio sulle tue terre. Meno 25! Un freddo piccante sfonda i nostri polmoni, punge le nostre guance pietrificandoci. L’aria pura nel cielo cosi blu pare sospesa, palpabile al punto di avere voglia a prenderla fra le proprie mani, di aspirarla con grandi apnee riempiendosi i polmoni e di voler ingoiarla. Sotto la morsa mordente del freddo, Ulan Bator pare più triste nello svegliarsi a fatica. Alcune delle sue piaghe, delle sue ferite così difficili a guarire dopo tanti anni di pericolo rosso, sembrano essere state spazzate via dal vento di rinascita che soffia sul suo popolo. Ma saprà fare le scelte giuste, perché fra le sue nuove boutique di lusso e i lasciati per strada, Ulan Bator, si modernizzi troppo in fretta? Ma domani partiremmo verso la steppa, verso l’autentica e profonda Mongolia, verso i vascelli del Gobi: i cammelli della Batriana.

Sono i re in questo periodo nel loro deserto di sabbia e di pietra. Pian piano i nomadi del Gobi rimettono all’onore delle tradizioni assopite, se il mondo cambia rapidamente si è sempre fieri essere mongoli, nomadi e della propria coltura ancestrale.

Ma prima di potere ammirare, i cammelli, dovremmo attraversare parte del deserto del Gobi col freddo, la neve e il vento glaciale. Pudico il deserto ha rivestito di veli di organza bianchi le sue pianure di sabbia color oro. La nostra jeep sprofonda nel morbido mantello di neve seguendo gli abbozzi della pista. La neve giocando con la sabbia beige e rossa ha disegnato dei motivi geometrici con linee futuristiche. Bordati da catene montuose attraversiamo altopiani da diametri imponenti tanto da farli assomigliare a veri oceani di neve e di ghiaccio. Il deserto sotto la stretta dei fiocchi di neve non è uniforme né noioso ma al contrario vivente. I ciuffi d’erba, gli alberi spinosi non si lasciano ricoprire facilmente. Ogni cespuglio protegge il suo vicino. È una lotta continua per la sopravvivenza perché ogni ramoscello sa di essere garante della perennità dei cammelli. Aspettando la primavera i loro zoccoli devono trovare sotto il ghiaccio come da potersi nutrire. La polvere di neve sposa, abbozza ogni altura; nulla è appesantito, al contrario le forme del deserto sono come sottolineate, scolpite e sublimate da un tratto di matita usato abilmente dalla natura. Da vicino l’accumulo ingenioso della neve ricostituisce un planisfero a scala ridotta; è una sfida alla natura stessa! Vallate, colline, strapiombi, montagne, pianure tutto è rappresentato. Il deserto assomiglia ad una maquette di architetti dalla precisione rarissima. Il progredire in quell’universo ovattato appaga i nostri sensi, mentre i nostri fantasmi si mischiano intimamente fra realtà e sogni e di fatto nutrono le nostre voglie di solitudine ma anche di incontri.

Un giovane cammello che deve partecipare alle corse si è perso durante la trasferta verso Bulgan. Uniamo i nostri mezzi, la nostra energia a quelli dei nomadi mentre la nostra jeep nella notte diventa una fragile imbarcazione in balia agli elementi. Il vapore dei nostri respiri immediatamente si trasforma in brina sui vetri all’interno come all’esterno del veicolo. Il nostro gruppo di sei persone è tutto sull’attenti alla ricerca di distinguere una qualsiasi forme nel mezzo di quel deserto bianco e blu notte illuminato dal bagliore accecante del plenilunio. Il vento gelido urlante flagella la nostra jeep. Geme la neve sollevandosi ci circonda da ogni lato e noi oscilliamo, danziamo, vacilliamo in quel universo ostile con il timore di perderci pure noi. Non ritroveremo quel cammello quella notte e neppure il giorno dopo. Magari ha avuto paura di perdere alle corse oppure aveva un appuntamento galante sotto l’astro bianco della notte? Nonostante il freddo, la neve e il gelo, i cammelli della Batriana sono tutti qui, orgogliosi, col pellame d’inverno lustrato da fare impallidire l’astro solare; pieni di sé con la testa alta l’occhio sull’attenti. È iniziata la grande sfilata in pompa magna per gli animali e per gli uomini che hanno indossato per l’occasione i loro più bei vestiti tradizionali. Capelli al vento i cammelli sfilano, galoppano, si danno da fare durante le competizioni: ci deve essere il più bravo, anzi il vincitore, ne va dell’onore di tutta la comunità della Batriana e dei nomadi. L’agilità di questi animali pare irreale, loro che normalmente sembrano maldestri impacciati e indolenti, occupandosi dei loro affari in solitudine, qui piroettano, volteggiano, svolazzano e brillano di mille luci come a fondere la neve. I cammelli ballano con la sabbia e i cristalli di ghiaccio a forma di stella, sfilando in carovana come ai tempi di Gengis Khan. Questi vascelli del deserto dai piedi leggeri quasi alati scrivono effimeri poemi nella polvere e nella coltre bianca del deserto del Gobi durante la loro danza indiavolata. Passo a due, scambietto, salti, i cammelli ripetono questi movimenti all’infinito disegnando le più belle forme che possono immaginare nell’azzurro del cielo. Si muovono corrono ballano, come l’acqua e le nuvole quando sono spronati dal vento. All’alba si è iniziato a fare belli i cammelli. Fiocchi, decorazioni, selle nuove, nulla è stato trascurato perche tutti potessero fare a gara tra di loro pretendendo la gloria. Delle manine esperte hanno a lungo pettinato i loro lunghi e dolci peli – dove volentieri uno si addormenterebbe- sino a farne dei fili di seta color nuvola o sabbia o meglio ancora rossiccia, beige, marrone-rosso, ruggine ma anche color del rame, del bronzo e dell’acero. È la gradazione del mantello che indica la razza o la zona di provenienza di questi sorprendenti danzatori del Gobi.

Incontriamo Gianka, allevatore di cammelli da padre in figlio. Ha iscritto cinque cammelli nelle due corse; con i membri della sua famiglia partecipa a tutte le gare e tutti sperano di vincere l’oro per completare l’imponente collezione di medaglie e diplomi che tappezzano i muri della iurta. Gianka è un allevatore fortunato, ogni anno è ricompensato con il metallo più ambito. Si grida, si urla, ci si dà degli spintoni ridendo, le scommesse sono aperte. Le gare consistono nella cattura di un cammello selvatico, nel carico delle carovane e nelle corse; il tutto entusiasma gli spettatori. È permesso scommettere soltanto per la corsa dei cammelli adulti e gli scommettitori s’infiammano per chi farà la puntata più alta. Il vincitore porterà a casa una somma importante a sostegno dell’allevamento in questo ambiente sfavorevole. I risultati arrivano: bronzo per la finale del polo, argento per il concorso di eleganza, ma per la gara della cattura del giovane cammello selvaggio e il carico della carovana la famiglia di Gianka riceve due medaglie d’oro. È una bella collezione; ma domani all’appuntamento di chi sarà ancora l’oro? Sono le corse più aspettate, le vittorie le più ambite. Il vincitore della prima corsa è più rapido del vento e lascia lontano, dietro di sé i suoi avversari. Gianka riceverà soltanto l’argento ma come tutti riconosce il valore di questo cammello che gli ha rubato ben due volte la medaglia d’oro. Si annuncia la seconda corsa, allora si prega si suppone, si implora, non si osa più pensare nè guardare. È oro per Gianka! Più fiero dei suoi cammelli gli occhi brillanti di orgoglio e di malizia, si è coperto di gloria ancora una volta. Come vuole la tradizione il suo cammello è benedetto con del latte di cammella fermentato, il suo lungo collo ricoperto di una sciarpa blu dove brilla l’oro della sua ricompensa e il vento, facendo tintinnare e ballare la medaglia, porta via aldilà della steppa e delle montagne il nome di Gianka.

La festa finirà suonando i morin khuur e cantando il famoso canto di gola tradizionale mongolo, il khöömii. Poi sino all’anno prossimo, dalle parti di Bulgan se ne parlerà ogni tanto, la sera sotto la iurta buttando verso il cielo come offerta alla natura un po’ di vodka, che un nomade avrà versato prima nella sua tazza d’argento. Ripartiremo verso altri momenti tanto forti in emozioni, sereni perche Gianka ha promesso che rimarremo nei suoi ricordi e attraverso lui ogni anno parteciperemo alla festa… sì saremo presenti, Gianka lo ha detto, Gianka lo ha promesso!

Graziella Lunetta www.terramongolia.com

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parata a bulgan

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cammelli arrivano a bulgan

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spettatori alla festa dei cammelli

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arrivo della corsa

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gianka felice nomade e allevatori di cammelli



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