Minorca 2001
L’unico aspetto che mi lasciava un po’ perplessa era la vita notturna: se sapevo cosa mi poteva aspettare ad Ibiza, di Minorca avevo sentito solo alcune voci “di corridoio” non proprio lusinghiere (coprifuoco alle nove di sera dei negozi, assenza di locali, ecc.). All’aeroporto le perplessità si sono fatte ancora più forti, quando ho dato un’occhiata alla fila al check in: coppiette, famigliole, signore in piccoli gruppi, ma di compagnie di ragazzi neanche l’ombra. Io e la mia compagna di viaggio Catia, note viveurs, in attesa del nostro turno, guardavamo sconsolate la fila accanto in partenza per Ibiza: gente tendenziosa, nostri coetanei, insomma l’ansia cresceva….
Una volta partite, però, ha prevalso l’infoio da vacanza e quindi abbiamo iniziato a documentarci sull’isola con le varie guide che ci eravamo portate: un’edizione di Traveller, una guida EDT sulla Spagna con una sezione sulle Baleari, anche se poi una volta arrivate a destinazione anche l’assistente del tour operator ci ha fornito cartina e indicazioni varie.
Il nostro hotel era situato a sud est dell’isola, nella spiaggia di Punta Prima, bella ma un po’ affollata e con l’inconveniente delle alghe (ci hanno detto però che gli isolani non le tolgono apposta per dimostrare che il mare è pulito – Minorca è infatti una delle riserve della biosfera, e poi perché “concimano”…). Il primo impatto insomma non è stato esattamente come me l’ero immaginato. Quanto all’hotel, che era un tre stelle, essendo pieno oltre che di italiani, anche di tedeschi ed inglesi, presentava un menu non sempre dei migliori: i miei sogni di gloria di mangiare per una settimana intera paella, pesce e vari piatti sfiziosetti sono tragicamente svaniti, anche se, almeno per i dolci, c’era l’imbarazzo della scelta.
Essendo arrivate alla domenica pomeriggio, abbiamo deciso di aspettare il lunedi per noleggiare una macchina. Abbiamo escluso lo scooter perché ci siamo subito rese conto che le distanze sono troppo lunghe e le strade troppo mal messe per usare una moto. E così, dopo aver vagliato l’autonoleggio che ci ispirava di più, eccoci davanti ad una Opel Corsa oro fiammante (era uno dei colori che andava per la maggiore) priva di qualsiasi optional – alzacristalli elettrico, orologio, chiusura centralizzata – ma con aria condizionata!!! Spinte dalla voglia di iniziare a visitare l’isola e soprattutto dal rifiuto a rimanere un’altra sera a Punta Prima, dove l’unico locale era una specie di balera con karaoke, siamo partite alla volta di Mahon, la capitale, che da li dista circa 15 chilometri. A parte le difficoltà iniziali di guida di una macchina sconosciuta e senza servosterzo, Catia se l’è cavata egregiamente mentre io tenevo d’occhio i vari cartelli perché l’illuminazione notturna è praticamente inesistente lungo la strada.
Mahon ci è sembrata subito molto carina e, una volta parcheggiato, abbiamo deciso di fare una passeggiata al porto, che a quanto abbiamo letto è il secondo di lunghezza dopo Pearl Harbor (sarà vero??? Bah). Ci siamo imbattute in uno yacht di dimensioni gigantesche che poteva essere di qualche sultano o personaggio di un certo rilievo e da lì è iniziata un’escalation di barchette e barcone da lasciare a bocca aperta anche la fifona più restia a trascorrere una vacanza in barca: è così scattata la caccia al “commenda” con barchetta (o meglio al figlio del commenda, che ci facesse sognare ospitandoci nella sua “villa-mobile” anche solo x una notte, sotto le stelle, cullati dalle onde …), che chiaramente è tragicamente naufragata.…….
Dopo esserci fatte un giro infinito viste le dimensioni del porto, abbiamo deciso, per ben integrarci nella vita spagnola, di farci un bicchiere di sangria e, scelto uno dei vari baretti (il Cafe Bar Mambo, ndr), ci siamo scolate una delle migliori che abbia mai bevuto…anche se al terzo bicchiere la vista si è fatta sempre più annebbiata…
Il giorno seguente siamo finalmente partite alla volta di una delle spiagge dell’isola: Cala Galdana! Molto, ma molto bella, mare da cartolina, purtroppo un po’ presa d’assalto dai turisti: una cosa di cui ci siamo rese conto è che anche le calette descritte dalle guide come semi deserte, alla fine sono quasi sempre popolate….Probabilmente andandoci in giugno o settembre la situazione è diversa, chissà!? Comunque dopo un bel bagnetto e le varie foto ricordo, la “galdana” cominciava a farsi sentire …In questa vacanza, spinte dal mix di lingua italo-spagnola che parlavamo, abbiamo coniato qualche termine un po’ strano!! Ecco venire ora di pranzo, così decidiamo di sperimentare il cestino che ci eravamo fatte dare dall’hotel (avevamo infatti acquistato un pacchetto con pensione completa, cosa che in effetti non consiglio: meglio la mezza pensione, anche se quanto a convenienza economica probabilmente forse siamo quasi pari). Io, che mi aspettavo una scena alla Fantozzi, quando compra il cestino sul treno e non trova che una coscia di pollo finta e una mela marcia, mi sono dovuta ricredere quanto a quantità di roba…peccato invece per la varietà, nel senso che per una settimana ci siamo mangiate 2 toast sempre farciti allo stesso modo, mentre immancabilmente scartavamo patatine all’aglio e patè di “cerdo”…Sfruttando il fatto che subito dopo mangiato non è proprio consigliabile mettersi a fare la lucertolina, abbiamo deciso di ripartire per vedere un’altra spiaggia, visto che ce n’erano tante che ci ispiravano e i giorni a disposizione erano pochi. Siamo partite alla volta di Cala Mitjana, ma con nostro stupore, giunte davanti al cancello di entrata, il custode ci ha detto che per quel giorno non facevano entrare più nessuno. Sì, perché la particolarità di Minorca è proprio questa: visto che per accedere ad alcune calette devi passare sopra la proprietà dei contadini, alcuni hanno pensato bene di farsi pagare il transito, circa 10.000 Lire a macchina. Se inizialmente la cosa mi ha lasciato a bocca aperta, poi pensandoci ho capito che forse è una delle poche risorse che hanno a disposizione e che fanno bene, ma ciò che proprio non si affronta è lo stato di queste “presunte strade”. Non per niente abbiamo ribattezzato la vacanza Camel Trophy 2001…più di una volta ci siamo imbattute in sentieri pieni di buche enormi, non asfaltati e con l’ansia continua di rompere la coppa dell’olio della macchina. Morale: nuovo giro, nuova spiaggia: decidiamo di puntare verso quella che in tutte le guide è considerata forse la più bella: Cala Macarella, che a quanto ci hanno detto era raggiungibile anche a piedi da dove ci trovavamo con un percorso di circa mezz’ora. Armate di una scorta d’acqua e di tanta speranza, siamo partite, nelle ore più “fresche” della giornata (14.30 circa) alla volta di questo paradiso. Se inizialmente il tragitto sembrava molto bello, fra gli alberi di una pineta e con vista mare, dopo un po’ la situazione è cambiata e ci siamo ritrovate sotto al sole, senza uno straccio di indicazione, alla ricerca continua di un po’ d’ombra e senza incontrare nemmeno una persona a cui chiedere informazioni. Ma quando già stavamo per arrenderci, ecco finalmente alcuni segnali: rumore del mare, voci in lontananza: era fatta, mancava solo l’ultimo tratto in discesa libera con la paura continua di scivolare, avendo i sandali. Non vi dico la soddisfazione di dire: Sì, ce l’ho fatta!!! E nemmeno la delusione di vedere che a 10 metri c’era un parcheggio e che la maggior parte della gente era venuta dalla strada!!! Comunque, se devo dare un giudizio, questa spiaggia tanto decantata, in realtà mi ha un po’ deluso: sarà che ero talmente provata che la prima cosa che ho fatto è stato spaparanzarmi all’ombra a ronfare, sarà che anche lì abbiamo trovato le alghe, non posso dire che sia brutta ma neanche eccezionale come me l’aspettavo, e comunque anche questa era molto affollata! Nelle vicinanze di questa caletta, ce n’è un’altra che credo sia raggiungibile attraverso un altro sentiero, che si chiama Cala Macarelleta. Noi però ci siamo fermate lì perché la prospettiva di scarpinare ancora non era delle più rosee (e xchè poi ci aspettava il viaggio di ritorno! Con tutte le soste x fare abbeverare quel cammello della Catia, ci abbiamo messo 45 minuti all’andata!). Alla sera abbiamo deciso di sperimentare una delle attrazioni più famose dell’isola: la discoteca Cova d’En Xoroi, ricavata nella roccia e a picco sul mare. Mi è piaciuta molto, non tanto forse per la musica quanto per l’effetto scenografico mozzafiato. Tra l’altro una sera a settimana vi si organizza la festa della schiuma, con cui, imitando forse le più note disco di Ibiza, si viene inondati. Noi, solite turiste fai da te, ahi ahi ahi, basandoci sulla nostra guida non aggiornata abbiamo sbagliato sera e quindi….Ciccia! La mattina dopo siamo andate a Cala en Turqueta, e abbiamo avuto la solita sorpresa: una specie di blocco stradale sulla strada perché il parcheggio aveva un numero di posti limitato e quindi, essendo già pieno, vi si accedeva non appena qualcuno veniva via (quindi meglio muoversi presto al mattino…). La spiaggia comunque era davvero bella e il mare di un blu intenso, insomma ne valeva la pena! Nel pomeriggio siamo andate invece alla spiaggia di Son Saura, in cui abbiamo trovato il solito “posto di blocco”, questa volta a pagamento e attrezzato, con tanto di mini chiosco di bibite per gli sprovveduti che si erano dimenticati di comprare un po’ d’acqua in anticipo. La spiaggia era poco affollata e il mare calmo e ad una temperatura così invitante che quando siamo uscite avevamo ormai le prime squame da sirenette … Il giorno seguente siamo partite alla volta della parte settentrionale dell’isola: Cala Binimella, che essendo di piccoli sassi non mi ha soddisfatto totalmente (del resto io sono amante della spiaggia di sabbia finissima). Vedendo un sacco di gente che avanzava ulteriormente sulla collina che cingeva la cala, ci siamo allora decise a seguire la massa e vedere dove saremmo finite. Ebbene, abbiamo trovato un’altra spiaggia incantevole, e soprattutto poco frequentata, ma senza un filo d’ombra: Cala Pregonda. Visto che la nostra sopportazione al sole è un po’ limitata, ad un certo punto, spinte dall’istinto di conservazione, ci siamo arrangiate come potevamo improvvisando due improbabili ombrelloni e facendo continui bagni ristoratori: l’acqua era piuttosto fredda, ma il colore e il paesaggio attorno mi facevano sentire ai Caraibi. Ad un certo punto, ci siamo trovate di fronte ad un problema pratico: la completa assenza di un wc; trattandosi di luoghi poco turistici, il tipico bagno “Mario” con tanto di bagnino ed ombrelloni era praticamente introvabile! Quindi, dopo il primo impatto iniziale un po’ traumatico, ci siamo adeguate ed abbiamo anche coniato lo slogan della vacanza: “Io sto con la natura!”, tanto che tornate a casa e alle spiagge “civilizzate” quasi quasi ne sentivamo un po’ la mancanza….. Alla sera siamo ripartite per visitare l’altra città più conosciuta dell’isola, Ciutadella, anch’essa carina e piena di negozietti. Dopo aver un po’ girovagato ci siamo sedute a bere qualcosa e ad osservare lo “struscio” dei turisti, anche perché abbiamo constatato che a Minorca, nonostante ci fosse vita notturna, non c’erano locali come quelli che avremmo voluto noi (disco pub, per esempio, con un po’ di mossa….) Girando tutto il giorno per spiagge, alla sera accusi un po’ la stanchezza e a Minorca devi comunque mettere in conto di fare un po’ di chilometri prima di arrivare in una città un po’ movimentata (anche perchè c’è la strada principale che attraversa l’isola e che è un percorso forzato, dovunque tu voglia andare, se vuoi ridurre al minimo i tempi di spostamento) oppure accontentarti e rimanere in hotel e soccombere ai programmi dell’animazione….. Il giorno seguente ci siamo dirette alla spiaggia forse più famosa dell’isola, ma anche la più turistica: Son Bou, circa tre chilometri di sabbia bianca troppo affollata per noi, ormai abituate alle calette. Ci siamo perciò incamminate sempre più in fondo, fino a ritrovarci in mezzo ai nudisti……..
Nei pressi della spiaggia sono sorti vari complessi alberghieri e centri commerciali, così da rendere il tutto un po’ troppo turistico, ma il mare è sempre una garanzia! Nel pomeriggio ci siamo dirette a Cales Coves, una località decantata dalla guida: devo dire che aveva ragione, bastava inerpicarsi un po’ per raggiungere due calette stupende, in cui c’erano anche molte “barchette” ormeggiate a cui avremmo chiesto volentieri un passaggio…..Non bisogna farsi spaventare dalla stradina, se così si può chiamare, per arrivarci, piena di buche impressionanti e larga a mala pena per una macchina! Da lì siamo poi giunte a Fornells, carina ma non a livello delle altre, ed infine prima di rientrare abbiamo fatto una sosta in un villaggio chiamato “Binibeca Vell”, una specie di ricostruzione di un tipico villaggio dell’isola: a me è piaciuto, ma purtroppo riconosco fosse la tipica invenzione attira-turisti con tanti negozietti e ristorantini…….Alla sera solito giretto a Mahon, dove abbiamo provato un altro pub sul lungomare; purtroppo però già incombeva il momento del ritorno……….L’ultimo giorno, dopo un po’ di shopping al mercatino settimanale, ci siamo godute un po’ di relax in piscina di cui non avevamo ancora usufruito (con tutte le belle spiagge dell’isola, sembra un controsenso, ma molti pigroni lo facevano……….) e alla sera ci siamo rifatte dall’astinenza da paella andando a cena in un ristorantino sul mare in cui ci siamo godute l’ultima bevuta di sangria………….
Riassumendo: Minorca è un’isola stupenda dal punto di vista naturalistico, che sconsiglio però a nottambuli incalliti o a singles in cerca dell’anima gemella (anche se la provvidenza riserva sempre sorprese..); se siete invece in cerca di relax, bel mare e perché no, anche un po’ di avventura stile camel trophy, che aspettate????