Minigonna ad Istanbul ??
“Perche’, e’ una forma di saluto ?”, le risponde Francesca , provocandomi una convulsione di riso che fa sbandare violentemente la piccola Lancia Y nelle quali sono stipate le nostre valigie. O meglio, la mia e quella di Betty, visto che Francesca ha pensato bene di portarsi dietro solo poche cose (tra cui scopriremo una minigonna in velluto bi-color, molto indicata per un paese islamico…).
Le aspettative sono molte, forse perche’ c’e’ il desiderio di lasciarsi alle spalle un occidente caotico per tuffarsi in un mondo esotico fatto di moschee decorate, di muezzin (a proposito, iniziano le loro preghiere alle 6 del mattino, bisogna tenerne conto nella scelta dell’albergo visto che il nostro distava soltanto 20 metri dal piu’ vicino minareto), di spezie, odori,colori…E fetori (l’idea di togliersi le scarpe nei luoghi di culto e’ ovviamente un segno di grande rispetto ma implica i suoi inconvenienti in fatto di profumini). E l’Occidente colpisce ancora con un inaspettato colpo di coda, una forte nevicata che ci costringe alla forzata attesa di ben 3 ore prima di prendere la nostra coincidenza…Questo manda a monte il mio progetto per il pomeriggio, in quanto arriviamo ad Istanbul solo alle 16.00, costringendoci ad un frettoloso impatto con la citta’ nella nostra prima escursione. Ne siamo piuttosto seccati, ma il cartello con il mio nome esibito dall’incaricato del nostro albergo venuto a recuperarci in macchina per il trasferimento, mi mette talmente di buon umore che sono disposto a passare sopra al forte ritardo. Ok, “mister Cornetti” e’ pronto a lanciarsi nella sua avventura turca, e i taksi (si scrive proprio cosi’) che ci sfrecciano accanto a velocita’ iperbolica danno quasi un senso di ebbrezza mista ad eccitazione. Il nostro alberguccio, posto in una stradina chiusa nel quartiere di Sultanhamet, appare ovviamente meno sfarzoso delle foto proposte nel depliant nonostante il nome altisonante (Ambassador). Scopriamo presto che nonostante le stanze siano un po’ anguste e la vista dalla finestra sia terrificante (un laboratorio di tappeti) la locazione e’ perfetta, e tutto e’ molto grazioso e pulito. Il primo impatto dalla terrazza, dove al mattino viene servita la colazione, e’ stupefacente..Siamo a pochi passi sia dalla Moschea Blu che da Aya Sophia, e il prezzo richiestoci (36 euro la doppia ,30 la singola) e’ un prezzo ridicolo per gli standard proposti. Il bagno e’ perfetto, le lenzuola candide, tutto appare bello ed immacolato, e siamo pronti a tuffarci nel traffico cittadino. E qui la prima sorpresa: le strade sono pulitissime, i negozi ordinatissimi,le caratteristiche case ottomane (in legno) graziose e perfettamente tinteggiate…Sembra di essere in Svizzera anziche ad Istanbul…Ma qui inizia il bello… Il turista sprovveduto che inizia a gironzolare senza meta nella citta’ ha due cose che lo contraddistinguono: 1) il leggero smarrimento per la difficolta’ di orientarsi e 2) l’occhietto voglioso che lo fanno sobbalzare alla vista delle prime babbucce in seta,dei primi monili in argento, dei meravigliosi tappeti ricamati (cose che poi ritrovera’ per il resto dell’intera vacanza OVUNQUE, tanto da averne quasi il rigetto). Il turco non aspetta altro che questo, e parte all’attacco…Cerca di capire la nazionalita’ (noi eravamo scambiati sempre per spagnoli) e una volta capito che siamo italiani inizia una serie infinita di frasi “simpatiche” per l’occasione: “oggi no fregatura”, o nel mio caso specifico visto che ero in vacanza con due donne, “Tu sultano, 2 mogli, tu dare una a me 100 cammelli”. Tutto questo potrebbe apparire folkloristico e divertente, se non si ripetesse AD OGNI PASSO , ad ogni negozio, ad ogni angolo, ad ogni venditore…E cosi’ il nostro rispondere educatamente alle loro frasi “di dove Italia ?” ” tu solo guardare ,uno minuto” alla fine viene sostituito con una malcelata insofferenza che spesso spiazza anche il piu’ gentile e il piu’ benintenzionato di loro. L’impatto con il Gran Bazar e’ molto forte, c’e’ di tutto in un dedalo di viuzze e viuzzine stipate all’inverosimile, un “gran casino” ( per usare un linguaggio raffinato) e ne usciamo emotivamente un po’ malconci riproponendoci di ripassare in un altro momento. La sera prosegue in un ristorante tipico dove un laconico suonatore intona delle tristissime canzoni che non ci risollevano l’umore, anche se il “buttadentro” (qui e’ un continuo invitare i passanti a leggere i menu e ad entrare nel locale) e’ un simpaticissimo tunisino vestito in modo buffo con il quale scambiamo parecchie impressioni (ed una foto sotto una treccia d’aglio, visto la somiglianza del suo cappello a quello del conte Vlad). Ok, si dorme, si fa una bella colazione a base di olive, formaggi, halva,yoghurt,cereali,marmellate varie e pagnottine salate e via verso la Moschea Blu. Lungo la strada Betty viene molestata da un lustrascarpe che gli chiede per il suo servizio 22 milioni e Francesca addirittura rapinata da un furfantello che con il classico gioco dei soldi (mai scambiare per strada ,lo sanno anche i piu’ sprovveduti…)gli fa secchi 20 euro in un colpo solo, scappando a gambe levate non appena lei si accorge dell’imbroglio. Io sono inferocito, do precisi ordini di non parlare con nessuno e di mandare tutti a cagare ( finesse obblige), ma non facciamo in tempo ad arrivare alla Moschea che veniamo assaliti da un nuvolo di venditori ambulanti…Cartoline, guide, the, cappellini…E l’ennesimo venditore di tappeti che si finge disinteressatamente amico per poi rivelarci di avere il suo negozio proprio dietro l’angolo. Per fortuna le due esperienze negative appena avute fanno un po’ di “cotenna” alle mie due compagne, che iniziano ad essere meno sprovvedute e accondiscendenti…E’ vero, il fatto di essere tra i pochi turisti fa di noi un appetitoso bocconcino per i venditori, ma la nostra totale indifferenza e’ la migliore arma per potere gustare la vacanza (e la magica atmosfera che si sprigiona non appena varchiamo la soglia della moschea). Il luogo e’ straordinario, le piastrelle Iznik, dalle classiche colorazioni blu-cobalto e azzurre, danno un senso di leggerezza infinito, le proporzioni della cupola e lo slancio architettonico del minbar ci fanno stare con il naso all’insu’ per parecchio tempo. Aya Sophya e’ similmente belllissima, prima moschea poi chiesa poi moschea ora museo (insomma, la guida Touring ci da’ un po’ una mano) e colpiscono i bellissimi mosaici bizantini e le enormi decorazioni calligrafiche ottomane. Ma la vera sopresa arriva dalla Cisterna Romana: scendendo per una stretta scala si arriva ad una antica cisterna con infinite serie di colonne, dove la sapiente illuminazione unita a della musica suggestiva danno al luogo un’atmosfera assolutamente unica…E’ un posto bellissimo, dal quale ci stacchiamo a malavoglia. Raggiungiamo il porto, con il suo famoso ponte di Galata ( i ristoranti sotto il ponte sono ancora li’, e danno la meravigliosa impressione che nulla sia cambiato lasciando inalterati i bassi livelli di igiene…Stupendi !!!) e ci buttiamo in un’anteprima del Bazar egizio (quello piu’ conosciuto come bazar delle spezie) con una fauna umana talmente caratteristica da farci credere di essere gli unici turisti presenti nell’arco di due chilometri. La moschea di Solimanno e’ altrettanto stupenda, anche se la stanchezza si fa un po’ sentire (ovviamente Francesca stava per mettersi a sedere su di una lastra in marmo che serviva nell’antichita’ come appoggio alle bare), cosi’ decidiamo di trasferirci in Taksi nella parte moderna della citta’, dal lato asiatico, e di fiondarci nel misteriosissimo Pera Palace per un the pomeridiano; l’ Hotel, costruito per i viaggiatori che arrivavano con l’Orient Express, e’ tuttora avvolto da un’aria leggendaria… Tutto e’ rimasto come cento anni fa e pochissimo e’ stato cambiato da quando Agatha Christie (di cui abbiamo visitato la camera, dando una lauta mancia a chi di dovere) vi soggiorno’ per la stesura del suo Assassinio sull’Orient Express. Ok, sembra un mausoleo inquietante e polveroso, ma trasuda fascino da ogni poro. La parte moderna di Istanbul ci offre l’ennesima sorpresa: la via principale e’ la copia di una strada tipo Oxford Street a Londra…Negozi modernissimi, grattacieli,gente giovane e bella che passeggia, bellissimi caffe’, ristoranti ultramoderni di tendenza, e questo per quasi un chilometro di lunghezza…E’ impressionante, mi riconcilio con Istanbul solo dentro ad una galleria dove ci sono banchetti di pesce che friggono allegramente cozze e altri pesciolini (uno spiedino di cozze fritte dopo un the alla mela non e’ proprio il massimo, ma conoscendo il mio stomaco…). Bene, la serata termina in un meraviglioso ristorante sul Bosforo dove l’elegantissima ( !!! )Francesca vestita da paggio (minigonna bicolore, calza bianca, e stivaletto corto verdognolo) era stata indirizzata da un amico italiano…Il conto arriva a 285 milioni . Il giorno dopo partiamo per la visita del Topkapi, dove io ho un tracollo emotivo tanto rimango impressionato dall’harem..Le stanze degli eunuchi, le 400 mogli del sultano, gli smeraldi grossi come noci…Insomma, fantastico, e’ una cosa che non si puo’ descrivere, ma solo vedere. La giornata e’ bellissima, e noi ci fiondiamo in un altro ristorantino panoramico ai piedi del Ponte di Galata prima di impuzzolentarci nuovamente nel mercato delle spezie. Qui si vende caviale con la stessa circospezione con cui si venderebbe dell’hascish, quasi si trattasse di merce di contrabbando, o peggio ancora rubata…Compriamo le nostre robine, e ci fiondiamo nuovamente nel Gran Bazar dove con il sostegno di un meraviglioso the alla menta contrattiamo addirittura per un tappeto . Ce la facciamo, insieme a tanti altri regali e regalini, e finalmente ostentiamo orgogliosi i nostri sacchetti che sono il miglior deterrente per chi si mostra ancora insistente nei nostri confronti. La serata la passiamo in una vecchia casa ottomana di colore verde (appunto “The green house”, “Yesil Ev”) che ha un ristorante talmente intimo e confortevole da darci l’impressione di essere a casa di un vecchio amico (Francesca qui ha sfoggiato lo stivale con il tacco, e ovviamente la strada era un ciottolato dove le era praticamente impossibile camminare). L’ultima mattina, in una straordinaria luce calda ed avvolgente (Francesca non curante del caldo atroce si e’ messa il pantalone della tuta da sci…No comment) ci permette di visitare ancora i negozi e di spingerci nuovamente verso il porto, dove tra una moschea e l’altra abbiamo ancora il tempo e la pazienza di andare in un ristorante storico piastrellato d’azzurro dove ci spariamo l’ultimo kebab della vacanza. Oramai siamo vaccinati a tutto, Betty risponde con voce sicura ” Grazie, non fumiamo” ad un povero paralitico che le offre un pacchetto di fazzolettini (accorgendosi poi dell’errore clamoroso immediatamente dopo, e facendomi schiattare dalle risate) e si procede con una sicurezza ed una padronanza che intimorisce anche il piu’ smaliziato dei venditori ambulanti. Ma e’ troppo tardi…Con le valigie piene di ogni paccottiglia abbiamo solo il tempo per un’altra corsa iperbolica in Taksi, a velocita’ stellare, verso l’areoporto. Ci aspetta nuovamente un occidente pieno di neve (ritardo di due ore e coincidenza saltata a Monaco) e un mondo di problemi rimasti OVVIAMENTE irrisolti al momento della partenza. Una piccola speranza: al Bazar ho trovato una deliziosa lampada di Aladino, sporca e polverosa, che potrebbe risolvere le cose…Vediamo un po’ cosa succede a strofinarla…