Milos, Folegandros e Santorini
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Voleremo fino ad Atene per accorciare i tempi, ma il successivo percorso in traghetto per raggiungere le isole, porterà quella nota emozionale che accompagna ogni traversata sul mare degli Dei.
Prenotare il volo in gennaio si rivela un’ottima scelta, visto che a un mese dalla partenza, il prezzo sarà già triplicato.
È ora di preparare i bagagli. Easyjet, che era la low cost più generosa con le dimensioni e il peso del bagaglio a mano, ha comunicato la restrizione alla misura 50-40-20. Come al solito, mi chiedo cosa diavolo si portino le persone in valigia, visto che faccio fatica a riempire anche la piccolina.
30 giugno – sosta ad Atene
Il volo scorre tranquillo. Il panorama è impagabile: La Costiera Amalfitana con Ischia, Procida e Capri, poi si vira verso est con la visione meravigliosa di Corfù, il piedone di Lefkada, Cefalonia, Zante… È visibilissima la zona ovest di Lefkada con le sue spiagge turchesi! Per fortuna, visto che ora Easy Jet assegna il posto al momento del ceck-in on line (procedura molto intelligente per evitare spintonate varie), ci sono capitati i posti sul lato destro entrando dalla porta anteriore, con vista migliore.
Atterriamo puntuali e, di fronte all’uscita 4, è pronto il bus X96 che, con 5 euro a testa ci trasporta al Pireo in soli 50 minuti. È domenica e non c’è traffico, ma nei giorni feriali va calcolata un’ora e trenta. Il nostro albergo è uno dei tanti, senza infamia e senza lode, della zona portuale, scelto per la vicinanza all’imbarco dell’indomani alle 7,25. Anzi, già che ci siamo, acquistiamo i biglietti per Milos in una delle tante agenzie del porto, ma avremmo potuto benissimo farlo direttamente all’imbarco, nel botteghino di fronte al traghetto.
Posati i bagagli, prendendo la metro alla fermata Pireo, arriviamo in poche fermate a Monastiraki. Camminiamo in salita nel piccolo, antico quartiere di Anafiotika, rannicchiato tra Plaka e l’Acropoli. Gli ottimi artigiani di Anafi, portati dalla loro isola per costruire il palazzo di re Otto nel 1832, ricrearono qui le loro bianche case cicladiche. Tra fiori, gatti e scalini decorati arriviamo all’Acropoli e, ancora una volta, sembra di sentire il fruscio delle toghe e lo scalpiccìo dei sandali. Ma ci pensate che queste pietre sono state calpestate da figure come Socrate o Platone? Ma pensate che nelle calde sere ateniesi, personaggi come Fidia o Pericle sedevano vicini a teatro, immedesimandosi in una tragedia di Sofocle o ridendo per una commedia di Aristofane?
Dopo una cena veloce e le prime Mythos del viaggio, scendiamo dalla parte ovest, sicuramente quella che consente la classica, più completa e scenografica visione del Partenone illuminato. Tra tavolini e bancarelle, guadagnamo la fermata metro di Thision, dalla quale in 10 minuti saremo di nuovo al Pireo.
1 luglio – Milos
Il traghettone lento Agios Georgios parte con puntualità svizzera alle 7,25 e arriverà a Milos alle 14,30. Costo a persona 35 euro. L’orario di questo traghetto era disponibile fin da maggio, mentre per gli altri, ancora a ridosso della partenza, non c’erano conferme.
Comodissimo, dotato di divanetti nella zona bar per chi si vuole abbioccare, di poltroncine, panchine e sedie all’aperto a volontà. L’aria dell’Egeo è tutta per noi. Soste velocissime a Serifos e Sifnos, isole che già si presentano come misteri da sondare… L’arrivo a Milos è molto emozionante, perché è necessario fare un lungo giro per entrare nell’enorme insenatura di Adamas. Da lontano l’isola ha la forma di una libellula, poi si gira, cambia aspetto, fino a sembrare una grossa creatura addormentata. Sotto i nostri occhi passeranno bianche scogliere, variegate pareti di roccia, alcune spiagge azzurrissime, il colorato gruppo di syrmata di Klima. In questo punto l’isola pare sorriderci. Ma allora Milos è viva! Questo è il messaggio delirante che manderò ad un’amica prima di addormentarmi.
Sotto un sole spietato, arriviamo facilmente al nostro Hotel Chronis, dove abbiamo riservato le prime 2 notti. Bella, pulitissima e spaziosa camera con frigo e bollitore in un giardino di banani. Unica pecca, il vicino campanile, che però batte le ore solo fino a mezzanotte e poi riprende alle 8 del mattino.
Non c’è tempo da perdere. Noleggeremo lo scooter l’indomani, e per questo pomeriggio ci muoveremo in bus. La fermata è a due passi dall’hotel. Diretti a Tripiti, prendiamo il bus per Plaka, considerando che è la linea più frequente (circa ogni mezz’ora) e che termina le corse più tardi. Scesi a Tripiti, passeggiamo con grande piacere tra le viuzze bianche impreziosite dai fiori, ammiriamo la chiesa, gli scorci sul mare e iniziamo a sbirciare i menu delle taverne. La nostra meta però è Klima, che si raggiunge a piedi con una strada di 1 km segnalato (ma io credo 3 effettivi) che scende verso il mare, costeggiando le aperture delle catacombe cristiane.
Klima è deliziosa: pochi, colorati syrmata, barchette all’attracco, un microscopico lungomare con una panchina sotto una tamerice. Quante foto abbiamo visto di questo luogo! Ma la realtà è migliore, perché si tratta di un luogo “vero”, senza fronzoli né ritocchi. Pensare che la gente abbia costruito le proprie dimore al piano superiore dei ricoveri nei quali d’inverno vengono tirate le barche (syrmata da syro-tirare), fa capire quanto sia viscerale l’attaccamento al mare e all’isola stessa.
Anziché tornare a Tripiti in salita e poi riprendere il bus, mi piacerebbe tornare da qui, costeggiando il mare fino ad Adamas. Chiediamo ad una signora se la strada esiste. Ce lo conferma, ma ci informa che è molto lunga. Vorrei provarci lo stesso, ma visto che sta per scoppiarmi un bel mal di testa, mio marito mi dissuade dal fare esperimenti pericolosi. Mi rimarrà, naturalmente, il rimpianto di non averci provato, anche perché la strada per risalire a Tripiti è comunque lunga, assolata e faticosa.
Tornati ad Adamas, e dopo un doveroso trattamento farmacologico, finiamo la serata in una taverna sul mare, da Navayo. Buona e semplice cena, con anguria offerta dal gestore. Mangiare male in Grecia è pressoché impossibile!
2 luglio – Milos
Nella stradina a fianco al Chronis c’è il noleggio moto Adamas. Eravamo intenzionati a noleggiare un enduro, ma non è disponibile. Ci guardiamo, e accettiamo un semplice 125.(15 euro al giorno). Abbiamo già compreso che la zona ovest che volevamo visitare, non potrà rientrare nei soli quattro giorni che ci restano. Inoltre capiremo più avanti che quest’isola è un animale non troppo domestico, e che quindi non sarebbe stato indispensabile cercare luoghi impervi per coglierne il lato selvatico.
Ci dirigiamo a nord, destinazione Sarakiniko. Una manciata di km di strada provinciale, poi un brevissimo sterrato e un tratto a piedi. Qui si arriva anche in bus, ma con corse non frequenti. Una specie di Cappadocia bianchissima sopra e in mezzo al mare. La piccolissima baia, dove si può fare il bagno, sinceramente non ci invoglia ad immergerci. È piuttosto il panorama a conquistarci. Meglio se con scarpe da scoglio, si può salire sulle grosse pietre candide e arrivare ad un vertiginoso affaccio sul mare aperto , di una bellezza davvero impressionante.
Inizia a fare caldo, e qui, nonostante ci siano due o tre tamerici prese d’assalto, il biancore rende la situazione accecante. Un grosso gatto se la dorme su un ramo, evidentemente aspettando l’ora della merenda dei bagnanti.
Riprendiamo il mezzo, per la verità non molto potente, e che ha uno strano rombo, puntando a nord-ovest. Oggi cercheremo di vedere la zona nord, visto che il vento è debole, ma continuerà a soffiare da nord nei prossimi giorni, aumentando di intensità. Scendiamo a Mandrakia: tre deliziosi syrmata, una chiesetta, un gatto nero, una cabina telefonica e una taverna vista mare coi polipi al sole. Questa, la Taverna Medusa, attira la mia attenzione e mi prenoto mentalmente per la sera. In sella per Firopotamos, una baia a semiluna ombreggiata da tamerici, costeggiata da syrmata, barchette colorate e una chiesa appena più in alto sul mare, raggiungibile coi piedi nell’acqua. Un quadretto così bello che pare finto. L’acqua è chiara, ma il mare un po’ mosso e soprattutto freddo. Mio marito fa il bagno, ma io non riesco.
Attraverso uno sterrato piuttosto impegnativo, anche se non lunghissimo, arriviamo alla strada asfaltata che scende verso la baia di Plathiena. La guardiamo dallo scooter, ma non ci convince. Soprattutto siamo stanchi, è ora della sosta in albergo, per cui rimandiamo questa spiaggia ad un altro momento.
Avere l’alloggio ad Adamas, centrale, consente di poter ogni volta spezzare la giornata, tornando agevolmente, in una decina di km, praticamente da ogni parte dell’isola. Scesi in paese, vediamo il noleggiatore che ci insegue: avevano sbagliato scooter, dandoci un 50 al posto del 125: ecco perché non ce la faceva!
Ora, sul nostro terrazzino, ci gustiamo lo spuntino con frutta e ottima sfoglia con spinaci della bakery di fronte al capolinea del bus. Poi il solito nescafé e un po’ di siesta. Io leggo i preziosi appunti della guida Puccy, mentre il boss crolla (solita scena).
Nel pomeriggio insistiamo con la zona nord, ora dirigendoci a Pollonia. Paesino tranquillissimo sul mare, solita sfilata di tamerici sulla spiaggia. Sebbene appaia come un luogo turistico, questo termine a Milos sembra abbia una connotazione diversa. Pare un turismo disinteressato allo sfruttamento selvaggio; qui si preferisce creare qualche disagio al turista stesso, ma non al luogo che lo ospita. Proseguendo ancora un po’ verso sinistra e salendo di poco, si arriva alla bella chiesa bianca, dove un vecchietto sta curando i fiori. Iasas! Iasas! Di fronte il mare scuro e l’arida Kimolos. Affacciandosi dal piccolo promontorio, dove il mare si infrange, proprio sotto di noi uno scoglio dalla strana forma a sedile: mio marito dice che è di sicuro il trono di un ciclope.
Pollonia si trova all’estrema punta a nord-est, per cui ora facciamo dietro-front e torniamo verso ovest lungo la stessa strada. La prima spiaggia che incontriamo, se così la vogliamo chiamare, è quella di Papafragas. Ancora un panorama primordiale tra le rocce, poi con una discesa tra scogli e terra, entriamo nella piccola gola tra le due scure pareti. Qui si forma una minuscola baia, dove però l’acqua bassa e col fondo nero e un po’ melmoso, non è affatto invitante.
Ancora in sella verso ovest, e ora incontriamo l’aperta Mytakas. Il solito sterrato dalla strada provinciale, termina in un parcheggio tra due spiagge: una più piccola a destra, e Mytakas, più grande e ombreggiata. Ci sediamo sotto le tamerici, ma il vento sta crescendo, e con lui anche il mare. Niente bagno, perciò.
La giornata non può terminare senza almeno un bagnetto. Così, scendendo verso Adamas,che comunque ha una spiaggia da non sottovalutare, prendiamo per Hivadolimni, la spiaggia esattamente di fronte. La lunga battigia inizia dalle parti dell’aeroporto, poi, dopo la scogliera bianca di calcare, fa una curva dove il mare è calmo e limpido. Ci immergiamo con piacere, notando che l’acqua resta bassa per metri e metri.
Tornati in albergo, ci prepariamo per la cena a Mandrakia, alla taverna Medusa che avevo puntato al mattino. Il posto è stupendo: al tramonto una pace fuori dal mondo. La cucina è ottima, ma le porzioni di polipo e calamari piuttosto minimaliste, così come l’allestimento (nemmeno uno straccio di tovaglia di carta). Il conto invece sarà in proporzione piuttosto alto. Ne è lo stesso valsa la pena, fosse solo per la posizione e lo straordinario liquore al miele e cannella che ci viene offerto alla fine della cena.
3 luglio – Milos
Oggi si cambia hotel. Faremo le ultime 3 notti al Lagada Beach, proprio di fronte all’attracco dei traghetti. Siccome la camera non sarà pronta prima delle 13, decidiamo di dedicare il tempo all’escursione in barca a Kleftiko da Kipos. Le escursioni che partono da Adamas sono molto più lunghe, cosa che io credo di non potermi permettere per via del mal di mare. Oggi poi il mare non è proprio calmo. Partendo da Adamas ci sono prezzi molto più convenienti: addirittura si parte da 25 euro pranzo compreso. Noi invece ne pagheremo 18 per l’escursione di 3 ore o poco più, limitata a Kleftiko e Gerontas. La barchetta, stile Popeye, è capitanata da un enorme e rustico personaggio che parla tutte le lingue. Si naviga sotto costa, nella zona più riparata di Milos, per cui i braccialetti anti-nausea sono sufficienti. Crediamo che Gerontas, con la spiaggetta, il grande scoglio e l’acqua gelata e smeraldina sia il massimo, ma non abbiamo ancora visto Kleftiko… Le macchinette fotografiche sembrano impazzite: nessuno parla, solo mille click e lo sciacquìo della barca sull’acqua placida. Siamo immersi in uno spettacolo turchese e scintillante, le bianche scogliere e gli archi cambiano forma e aspetto secondo la prospettiva: ecco una balena, una torre, una torta di panna montata….
Inutile dire che godimento sia il bagno in quelle acque stupende.
Torniamo all’ovile e prendiamo possesso della nuova camera. Siamo in un grosso complesso con piscina e alloggi nel parco. La stanza è molto spaziosa, in stile cicladico molto essenziale. Le carte vincenti sono l’assoluto silenzio notturno, la frescura, oltre a degli scuri che creano il buio totale. Insomma si dorme da re, in più c’è una buona colazione compresa.
Dopo il tradizionale spuntino pomeridiano, stavolta nel nostro piccolo patio privato, ci riposiamo e faremo poi un giro per Adamas, che, tranne la zona portuale, abbiamo un po’ trascurato. Bellissimi scorci fino alla piccola chiesa ortodossa di Aghia Triada, del 1600, la più antica dell’isola. Qui c’è anche il museo ecclesiastico di Milos, ma come ci fa notare il gatto-custode che se la dorme vicino al cartello, è chiuso. Arriveremo fino alla più recente chiesa di Aghios Haralambos, costruita dai rifugiati cretesi in fuga dai Turchi (che fondarono Adamas nel 1824) nel 1870. Anche questa è chiusa, quindi ci godiamo il fresco seduti su una panchina vista mare.
La serata proseguirà a Plaka, per la vista del tramonto dal Kastro.
Ci fermiamo però prima a Tripiti, per vedere le rovine dell’antica Milos. Si trovano a destra dell’entrata per le Catacombe cristiane (a quest’ora chiuse), percorrendo uno sterrato . Il luogo è superbo, anche se le rovine non sono che un piccolo teatro e qualche colonna. Questo è anche il sito del ritrovamento, da parte di un contadino, della celebre Venere di Milo. L’abbiamo ammirata al Louvre con un certo disappunto…
Proseguiamo per Plaka, il capoluogo dell’isola. Stradine, bianchi scorci, bouganvilee. Si lascia il mezzo prima di arrivare alla salita per il kastro e si iniziano gli sconnessi scalini. Dopo la chiesetta si continua a salire, con qualche difficoltà in più, fino alle mura della fortezza. Da quassù c’è una splendida visione a 360° di tutto ciò che dell’isola si può vedere a perdita d’occhio. Il tramonto non sarà spettacolare, con un cielo un po’ polveroso, ma è stato ugualmente imperdibile.
Cena da O’ Xamos, alla fine del lungomare di Adamas, lungo la strada per l’aeroporto, caldamente consigliato dalla mia amica Adeliana ( che tanti consigli mi ha dato), e ci troviamo davvero bene. Il menu è diviso in sezioni per lingua, così di ogni pietanza possiamo leggere addirittura gli ingredienti e quasi quasi la ricetta. Mangiamo benissimo, abbondantemente, con un costo contenuto, ed infine ci viene offerta una pallina di mastice nell’acqua. Era da tanto che volevo assaggiarlo! Da quando, di passaggio a Chios 3 anni fa, non ce ne fu l’occasione. Un sapore di zucchero e resina, il dolce e l’amaro della vita.
4 luglio – Milos
Dopo la nostra comoda colazione in hotel (è proprio bello non doverla preparare), via per altre spiagge. Col nostro mezzo un po’ scassatello, oggi affronteremo la zona sud delle spiagge, quella verso cui ho le maggiori aspettative.
Poco prima di Paleohori, c’è il bivio per Aghia Kiriaki. La strada, tranne 2 piccolissimi tratti, è asfaltata. Non ha pero’ protezioni verso il burrone, e sebbene sia abbastanza larga, evidentemente la mancanza di illuminazione ne fa un pericolo. Difatti, giù dal burrone si vedono i resti recenti di un brutto incidente.
Accompagnati dalle caprette, si parcheggia in uno spiazzo sabbioso e insidioso: c’è già un fuoristrada insabbiato. Ma qui tutto è concepito in una maniera a noi sconosciuta: non è l’ambiente ad adattarsi all’uomo, bensì l’uomo (in questo caso il turista) a doversi adattare all’ambiente. Con lo stesso criterio ci sistemiamo sotto l’immancabile tamerice, veramente “salmastra ed arsa”, io inciampando e sbattendo la testa più volte. Ma che posto, ragazzi! Entrando in acqua, per qualche metro l’arenile ha un tappeto di sassi bianchi che sembrano confetti. Si può immaginare il colore che questo tappeto conferisce all’acqua. Il mio azzurro elettrico preferito!
Dopo un po’ di bagni e una passeggiata, si riparte verso la vicinissima Paleohori, raggiungibile anche in bus da Adamas. La spiaggia è molto più grande, più frequentata e molto assolata. Se si vuole restare qualche ora, meglio noleggiare per pochi euro un ombrellone con sdraio nei numerosi bar-stabilimenti. Le rocce colorate e infuocate non offrono riparo, semmai il rischio di qualche caduta sassi sul cranio. I colori sono davvero assurdi: sembra che un graffitaro impazzito abbia trasformato queste rocce in enormi murales.
Al ritorno ad Adamas per il tradizionale spezza-giornata, mi informo all’agenzia del porto se il traghetto lento per Folegandros di dopodomani sarà operativo. Una gentilissima signora che parla anche italiano, mi consiglia di tornare la sera prima della partenza, perché “qui funziona così”, cioè il traghetto potrebbe essere ripristinato all’ultimo momento.
Oggi pomeriggio, tornando nella zona sud, vedremo le due spiagge per me più spettacolari. Per Firiplaka, solo l’ultimo tratto, che si biforca verso Tsigardo, è un polveroso sterrato. Quando si arriva alla spiaggia, facendo qualche gimkana tra gli scogli, si resta senza parole: qui il graffitaro impazzito si è fatto aiutare da tutti i suoi colleghi. Pareti di rocce verdi, gialle, arancioni, azzure, così come le pietre di tutte le dimensioni che occhieggiano dall’acqua trasparentissima. Mai visto niente di simile. Il tempo qui passa in fretta, e ci fa fare un piccolo errore: sarebbe stato meglio vedere prima Tsigrado, perché nel tardo pomeriggio quest’ultima cade in ombra. Vi arriviamo sempre rombando in mezzo alla polvere, e ci aspetta il famoso percorso con la corda. Prima bisogna scendere dal parcheggio scivolando a piedi in mezzo alla sabbia, poi il buco con la scaletta a pioli. Ci si infila, reggendosi ad una corda agganciata alla parete, e si scende all’indietro in una specie di strettoia di terra. Nell’ultimo tratto, di nuovo una scala a pioli evita una caduta rovinosa sulla battigia.
Questa è la mia spiaggia ideale: un’insenatura intima, piccola, circondata da scogli e grotte. L’acqua è una meraviglia, anche se purtroppo, come dicevo prima, metà è già in ombra. Sono le 17,30 e le giornate sono ancora lunghe, per cui credo che in agosto già dalle 1616161616quattro del pomeriggio o poco più, sia senza sole. C’è pero’ anche il lato positivo: non c’è più quasi nessuno. Non riesco a trovare la forza di uscire dall’acqua. Poi dovrò anche trovare quella di risalire: non mi aspettavo davvero un percorso così. In un luogo diverso avrebbero creato una stradina o quantomeno dei gradini, ma ancora una volta l’isola non si piega alle regole del turismo: una corda e una scala sono il massimo della concessione. Chi ha problemi motori, deve per forza farsi portare in barca.
La nostra serata finisce di nuovo da O’ Xamos, dove mangiamo di nuovo benissimo: sapori davvero d’altri tempi. Mio marito non ce la fa a finire l’enorme porzione di agnello al cartoccio con verdure e io continuerò per sempre a chiedermi che sapore abbia la torta di zucca di Milos da matrimonio, che è in menu, ma che il mio stomaco si rifiuta di accettare. Unico neo di questo ristorante, se gliene vogliamo trovare, è che non serve pesce.
5 luglio – Milos
Col permesso di Eolo, oggi vorremmo visitare un po’ la zona est. Da Pollonia pieghiamo verso Voudia su una scivolosa strada molto frequentata dai camion. Purtroppo l’accesso alla spiaggia di Voudia è proprio a ridosso di una cava: la polvere alzata dal vento e dai mezzi pesanti è insopportabile. Decidiamo lo stesso di scendere e allontanarci il più possibile, visto che la spiaggia è molto lunga. Ma il vento e l’assenza di ripari, oltre la difficoltà dell’arenile pietroso, ci fanno desistere. D’altronde, non c’è assolutamente nessuno.
Viste le premesse, mio marito non vuole continuare ad est, verso le miniere di zolfo, e decidiamo di tornare a Plathiena, che era rimasta in sospeso. Ci rilassiamo sotto gli alberi, ma non per molto, perché anche qui il vento si fa fastidioso. Saliamo con la moto lungo lo sterrato che porta a Fourkovouni: una conchiglia di syrmata, barchette e gatti.
Tornati in albergo, un tuffo in piscina, spuntino dolce e salato rigorosamente acquistato in bakery, più un gelato all’ouzo che voglio assaggiare. Non sopporto i liquori all’anice e non sono un’appassionata di gelati, ma la magia della Grecia me lo fa trovare gradevole.
Vista la ventosità della giornata, che comunque verso sera tende sempre a diminuire, abbiamo bisogno di zone riparate, perché vorremmo farci qualche altro bagno. Prima tappa sarà la Deep Blue di Paleohori, poi Provatas, la certezza del riparo. La Deep Blue, segnalata immediatamente prima di Paleohori, è un fantastico scorcio blu che si ammira già dall’alto. E’ vero, c’è il baretto con musica a palla, ma alla fine è una nota di allegria. Grana grossa, sassi colorati e invitanti trasparenze. Sulla destra, tra le rocce arancioni e calde si sente ribollire il mare: è la creatura che respira. Da qui vediamo gente tornare e arrampicarsi tra le rocce, ma non abbiamo la forza ne’ il tempo per esplorare. Secondo la cartina dovremmo essere praticamente confinanti in quella direzione con la spiaggia di Aghia Kiriaki: verranno da lì?
Gli ultimi tuffi li facciamo a Provatas, una spiaggia non eccezionale, ma molto comoda. A dire la verità, anche se questa è la spiaggia più riparata di Milos, la calma non è totale. Chissà che mare mi aspetta domani verso Folegandros!
Tornati al porto, vengo informata che il traghetto lento non c’è, quindi dovremo per forza prendere il Super Jet, 3 volte più costoso e a rischio cancellazione in caso di mare grosso. Sul catamarano poi si è imprigionati al chiuso, non potendosi godere il meglio di un viaggio tra le isole: la vista. Mio marito invece è contento: il Super Jet parte alle 9,30 anziché alle 7, così potrà alzarsi con calma e fare anche colazione.
Stasera la cena sarà alla Taverna Barko, consigliata non so più da chi, all’inizio della strada che dal centro di Adamas sale verso Plaka. Naturalmente mangiamo benissimo, sotto un pergolato d’uva, circondati dai “soliti” italiani. Stasera il trionfo del fritto: polpette di fava, baccalà pastellato, sarde e patatine con annaffio di retsina. Ottimo e leggero. Mai patatine alla Mc Donald’s da queste parti: solo roba fresca.
6 luglio – Folegandros
Mi sveglio col sibilo del Meltemi tra le palme del giardino.
Il brutto catamarano rosa arriva con mezz’ora di ritardo dal Pireo: non è un buon segnale. Accomodatici, affronteremo una traversata che per quanto mi riguarda, fosse durata un minuto di più, avrei lasciato lo stomaco sulla poltrona. Oltretutto questo saltare sulle onde, con un rumore come se saltassimo sui sassi, mi fa anche un po’ paura.
Per fortuna il malessere, grazie ai bracciali e al “rinforzo” di Travelgum, appena scesi passa. Sebbene siamo in ritardo, l’autobus per la Chora, ignorando l’orario, è pronto allo sbarco. Lasciamo i nostri piccoli bagagli alla gentile proprietaria di un ristorantino a fianco, e saliamo sul bus.
Folegandros è la nostra isola dei Lotofagi. Il bus sale pian piano i pochi km che lo separano dalla Chora in un paesaggio arido, avaro, assolato e spazzato dal vento. Dal finestrino solo caprette e la minuscola chiesa bianca che pare incastonata nella roccia color paglia. Non parliamo.
Arrivati al capolinea, per scrupolo mi appunto con una foto gli orari per le due spiagge, ma so già che non vi andremo. E’ quasi mezzogiorno e il nostro traghetto per Santorini partirà alle 17,50. Entriamo a piedi nel biancore della Chora, sostando prima nella piazzetta affacciata sul dirupo che si tuffa nel mare. Qui il vento ti porta quasi via.
Girato l’angolo, pero’, il vento non c’è più, in una calma irreale, in un trionfo di case bianche e bouganvillee di ogni colore, tra vicoli, chiese e scalini. Mai vista una Chora così bella: sembra l’incanto di una maga. Continuiamo a non parlare, non abbiamo niente da dire, camminiamo come inebetiti, fermandoci ogni 10 metri.
Dimentichi della spiaggia, saliamo come sospinti dal vento fino alla piccola chiesa, sostando qualche minuto nel minuscolo cimitero che è ai piedi della salita. Sempre sospinti dal vento, scendiamo (ma questo vento, quante volte cambia direzione?). Abbiamo perso completamente il senso del tempo e la memoria del da farsi, come mai ci era successo. Così, pian piano, sempre senza fretta e senza parlare, ci dirigiamo a piedi verso il porto.
Ad un certo punto un segnale di pericolo attira la nostra attenzione: un omino disegnato in una strettoia con una specie di fiamma-aureola sulla testa. Che vorrà dire? Che la testa può prendere fuoco? Che si possono avere visioni mistiche? Dopo qualche passo, entrando in una specie di gola, ce ne rendiamo conto: il vento non ci fa reggere in piedi! Che anche Folegandros sia viva? Che questo sia il respiro della belva? Ecco perché il bus in questo tratto di strada procedeva a passo d’uomo…
Vicino al porto, l’amena e accogliente spiaggetta orlata di tamerici, senza vento, viene scelta come tappa successiva, non prima però di una sosta rigenerante nella piccola taverna dove abbiamo lasciato le valige. Birra Mythos, insalata greca e stuzzichini non ci sono mai sembrati così buoni.
Sosta in spiaggia sotto gli alberi, poi su una panchina ad aspettare il traghetto. Un gatto salta in braccio a mio marito e gli si accoccola addosso. Siamo così rilassati e dimentichi del mondo, che non ci ricordiamo di telefonare alla signora dell’albergo di Santorini per farci venire a prendere al porto.
La navigazione, sebbene il mare si sia calmato di poco, sul traghetto lento scorre tranquilla e piacevole. Naturalmente mi posiziono all’esterno.
Già da lontano Santorini inizia a dare spettacolo: inconfondibile, scura, potente. La vitalità dell’isola, con la sua forma di drago addormentato, è ancora più evidente. Dopo la sosta alla dirimpettaia Thirassia, entriamo nel porto di Thira nel momento più magico: il tramonto. Dai paesini sulla caldera, lampeggiano i flash delle macchinette.
Sbarchiamo e naturalmente non abbiamo il transfer per l’albergo. Io ricordo però che l’albergatrice aveva consigliato il bus, che ferma a pochissima distanza dalla struttura. Entriamo nell’ufficio di informazioni turistiche per saperne di più, ma ci viene detto che non ci sono autobus, e ci viene offerto un taxi per 30 euro. Ci sembra un prezzo eccessivo, quindi chiamiamo la titolare dell’Angel’s Studios, dove abbiamo prenotato, per farci venire a prendere. La signora ci dice che il suo driver,visto che non avevamo avvisato del nostro arrivo, è andato via, ma ci ripete di prendere il bus. All’ufficio invece ci confermano che il bus non c’è. Non avendo voglia di aspettare né discutere optiamo per un taxi condiviso al costo di 15 euro. Naturalmente, appena usciti dal porto, incrociamo l’autobus…
L’Angel Studio’s è una piccola struttura con piscina a Karterados, il paese attaccato a Fira. Le titolari sono gentilissime e simpaticissime. Sono molto contrariate per la disonestà degli addetti dell’ufficio informazioni, ma ci consolano con una fetta di dolce fatto in casa.
Andiamo di filato a dormire in una vezzosa camera tutta rosa, zanzariera sul letto compresa.
7 luglio – Santorini
La colazione dell’Angel’s Studios è piuttosto esagerata, ma cerchiamo di finire tutto, perché abbiamo l’impressione che la signora potrebbe restarci male.
Lasciamo le valige, che torneremo a prendere dopo pranzo per trasferirci a Perivolos, e iniziamo una delle nostre folli camminate. Da Karterados scende una strada verso il mare aperto, dal lato opposto alla Caldera. La imbocchiamo e, tra piante di fico, campi di pomodori e vigneti, ammiriamo il panorama dei paesi dal basso. Quando arriviamo alla vista del mare, ci rendiamo conto di esserci spinti troppo oltre. Come faremo ad arrivare alla caldera? Semplice, attraverso quella tremenda strada in salita che si inerpica su per la montagna… L’alternativa sarebbe tornare indietro. Controllando ora su Google map so che avevamo percorso già 8 km. Ora ne faremo quasi 2 in salita, sbucando nel punto più panoramico: il golfo centrale tra Imerovigli e Oia.
L’idea iniziale era arrivare a piedi a Oia, ma questo cambio di percorso ci ha massacrati, per cui ora è proprio impossibile percorrere il lungo sentiero assolato e ancora in salita che, in circa 5 km, ci porterebbe alla meta. Preferiamo tornare verso Karterados, stavolta costeggiando la Caldera e godendoci tutti i meravigliosi scorci di questi “soli” 8 km. E’ un saliscendi sostanzialmente in mezzo agli alberghi. Panorama da cartolina, in alcuni punti anche vicino alla nostra Costiera Amalfitana. Imerovigli e Firostefani sono per me i luoghi più belli, mentre già Fira, con la gente che ti cammina sui piedi e la concentrazione di negozi e negozietti, non l’ho molto apprezzata. Visto che tutti vorremmo ingiustamente che i luoghi più belli fossero solo per noi, mi piacerebbe rivederla in inverno.
Ridendo e scherzando abbiamo camminato dalle 9 del mattino alle 3 del pomeriggio, orario in cui ci ripresentiamo, con ustioni plurime, in albergo a riprendere i bagagli.
Stavolta l’autobus c’è, anche se con un orario molto “libero”, e con questo arriviamo a Perivolos, a pochi metri dalla nuova sistemazione. Pochi metri se avessimo indovinato la fermata, ma si vede che oggi è la giornata delle camminate.
L’appartamentino ai Mandilaria Studios è stato prenotato a febbraio, poco dopo il volo, approfittando di un’offerta assurda non rimborsabile. Su Tripadvisor e su altri siti, la struttura aveva altissimi gradimenti, ed offriva uno sconto dell’80%. Un po’ scettica, con l’idea al massimo di andarcene e perdere la piccola cifra, ho prenotato. Invece mi sento davvero di consigliare questo posto: bello, accogliente, pulitissimo, con gestori simpatici e disponibili. C’è pure la piscina. In più, Perivolos ha una spiaggia bellissima, è in una zona tranquilla, comoda sia per la zona caldera, sia per le zone archeologiche.
La lunga giornata, dopo una doverosa (e ti pareva!) passeggiata fino alla spiaggia, termina con una cena grill-souvlaki nella taverna più vicina.
8 luglio-Santorini
Il gestore degli studios ci consiglia un noleggio moto sulla strada provinciale, poco lontano, raccomandandoci di fare il suo nome. Il prezzo di un fiammante 125 scende così da 22 a 15 euro al giorno.
Ci dirigiamo verso Perissa, la cui spiaggia è un tutt’uno con quella di Perivolos, con l’idea di visitare le rovine dell’Antica Thira, poste sulla collina del Mesa Vouno, che divide la spiaggia di Perissa da quella di Kamari. Lasciamo il motorino sotto il cartello e iniziamo a inerpicarci su un sentierino tra sassi e sterpaglia, oltretutto in infradito! Non immaginavamo tutta questa difficoltà, per cui ci limitiamo ad arrivare a una chiesetta, ancora una volta incastrata nella roccia, ma decidendo poi di ridiscendere e rimandare a domani la visita delle rovine, passando dalla strada carrozzabile di Kamari, dal lato opposto.
A pochi km c’è la bella cittadina di Pyrgos, con la sua graziosa Chora, nelle cui stradine ci perdiamo con piacere.
Akrotiri, l’antica città sepolta dall’eruzione vulcanica del 1600 a.c., non si può perdere se ci si trova a Santorini. Ma si perde di sicuro se ci si trova solo di lunedì, perché il sito è chiuso. Col senno di poi, ci rendiamo conto che anche se avessimo fatto lo sforzo di salire all’Antica Thira, avremmo trovato chiuso anche lì.
Essendo lunedì, non possiamo che dirottarci alla Kokkini Beach, la Spiaggia Rossa, ad una manciata di km dagli scavi di Akrotiri. Dal parcheggio obbligato, servito da qualche baracchino di cibarie, si deve salire sugli scogli e girare l’angolo. Basta seguire il flusso di gente. Poi si discende subito a sinistra per postazioni tra le rocce, più a destra si apre la visione della spiaggia: una fiammata nel mare. Circondata da rocce rosse e rossa la ghiaia. E’ molto bella, ma continuamente disturbata dalle imbarcazioni delle escursioni, che accompagnano i bagnanti fin sulla riva. Anche la trasparenza dell’acqua, ovviamente, ne risente.
Oggi, per pranzo, abbiamo deciso di fare uno spuntino con prodotti tipici e degustarceli nel nostro terrazzino. Vino rosso di Santorini, olive ripiene di mandorle, piccoli peperoni in salamoia, affettato di Creta, pomodorini e frutta. Le ciliege sono enormi e nere e hanno il sapore intenso delle amarene conservate nello sciroppo di zucchero. Questa terra vulcanica deve essere speciale: i pomodorini sono straordinari, hanno insieme un gusto dolce, amaro e salato, che non necessita di alcun condimento. Crescono bassi, quasi timidi, nei campi arsi e neri. Ma lo spettacolo per me più particolare è vedere le distese di uva, piccoli cespugli adattatisi al vento. Questa poi è la “wine road”, la strada del vino, dove in numerose cantine è possibile fermarsi per la visita e le degustazioni.
Dopo una piccola siesta, abbiamo la curiosità di fare un bagno a Perivolos, che tanto bella ci era sembrata la sera dell’arrivo. Percorriamo, stavolta in scooter, il km tra campi e recinti con cavalli, capre e cani, e arriviamo dritti ad un tratto di spiaggia libera con tamerici e docce.
La spiaggia nera, ancora rovente nonostante sia pomeriggio inoltrato, non fa assolutamente impressione. L’acqua è cristallina e invitante, sul bagnasciuga sembra di affondare i piedi nel caviale. Bellissimo.
Stasera ci tocca il rituale del tramonto, e scegliamo Oia, che ancora non abbiamo visitato. Da qui sono una ventina di km, il punto più lontano da raggiungere.
Oia è una vanitosa signora vestita di bianco, sdraiata verso il cielo e il mare.
Arriviamo alla punta dei suoi piedi per ammassarci, come pazzi, verso Helios. Io sono in bilico su un enorme vaso con al centro una pianta puntuta. Il sole si fa beffe di noi, organizzando un tramonto velato e per niente spettacolare. Non merita nemmeno il tradizionale applauso. Meno male perché sarebbe stato davvero troppo.
Mezza anchilosata inseguo mio marito tra la folla, per una fuga il più rapida possibile. L’abbiamo fatto, ma non si ripeterà.
9 luglio – Santorini
Abbiamo ancora solo questa giornata. Ci sono numerose escursioni in barca organizzate da Fira, ma anche, credo, direttamente da Perissa. Avremmo voluto fare quella al vulcano con bagno alle sorgenti calde, ma ciò ci porterebbe via in pratica tutta la giornata. Ci restano da visitare le rovine, e non vogliamo perderle.
Iniziamo dall’Antica Thera, tralasciata ieri, che raggiungeremo stavolta da Kamari con una strada in salita di due o tre km. È percorribile in motorino o in auto, ma molti preferiscono affrontarla a piedi. C’è però poi da aggiungervi il percorso per salire dall’ingresso alla sommità degli scavi: un altro km buono, sotto il sole.
In questa città, abitata da Fenici, Romani e Bizantini, sono presenti soprattutto reperti dell’età ellenistica: teatro, terme, abitazioni, l’antica agorà e il santuario di Apollo, più antico, del 6° secolo a.C. Lo stato di conservazione non è eccezionale, ma lo è la posizione alta sul mare. L’ingresso costa 2 miseri euro e come guida siamo accompagnati da un simpatico cagnolone.
Dalla Ancient Thera a Akrotiri sono solo 8 km, ma un salto all’indietro di circa 1000 anni.
L’eruzione vulcanica di 1600 anni fa, ha lasciato, sepolti dalla pomice, i resti di una civiltà davvero avanzata. Iniziati gli scavi nel 1960, si stima che forse solo il 3% sia stato riportato alla luce. Quello che più mi stupisce, oltre alla presenza di abitazioni a più livelli, è la presenza di un sistema di fognature. In alcuni vasi, ancora resti di legumi e cereali. Nessun cadavere tra le macerie, in quanto la città venne abbandonata poco prima della fatale eruzione, per una serie di terremoti. Si tratta dell’Atlantide di Platone? E’ questa la devastante eruzione che distrusse Cnosso e pose fine alla civiltà minoica?
Il sito (ingresso 5 euro) si visita sotto una grande copertura che protegge i resti dalle intemperie e i visitatori dal sole. La stessa copertura che, crollando nel 2005 uccise un turista, tenendo gli scavi chiusi fino al 2012. Paradossale che la mano dell’uomo moderno, sia riuscita ad Akrotiri a fare più vittime dell’eruzione.
Ci incuriosisce la cosiddetta Withe Beach, unica spiaggia bianca di Santorini. Non certi di poterla raggiungere via terra, stamattina abbiamo chiesto lumi all’albergatore, che ci ha detto che è possibile, lasciando la moto e poi proseguendo a piedi per una decina di minuti. Da Akrotiri prendiamo per la vicina Mesa Pigadia, strada asfaltata, poi uno sterrato un po’ antipatico. Arrivati alla spiaggia di grossi sassi neri e alquanto affollata, in teoria dovremmo proseguire a sinistra, scavalcando un costone di roccia. Ma come? Al bar della spiaggia, un signore ci conferma di andare da quella parte,secondo una signora invece alla Withe Beach si va solo in barca. Ci avviamo, ma non è proprio possibile. Il sentiero si interrompe e ci vorrebbero i picconi. C’è anche un’altro sentiero che sembra, attraverso un lunghissimo giro, poter andare da quella parte, ma anche questo si interrompe davanti ad un recinto dove un maiale ci guarda divertito.
Dobbiamo arrenderci e torniamo indietro, senza neppure fermarci alla spiaggia di Mesa Pigadia, che non ci ha colpito. Arrivare fin qui non è stato comunque inutile, perché ci sono dei meravigliosi affacci sulla Caldera, nella zona meno battuta dai turisti, con vista opposta ad Oia e sorelle.
Ammirando il panorama, ci fermiamo ad una rivendita di prodotti tipici. Ci viene fatto assaggiare del vin santo, bianco e rosso, veramente notevole, unito a stuzzichini salati e dolci buonissimi. Acquistiamo le minuscole fave di Santorini e pomodori secchi.
Abbiamo praticamente pranzato, finendo poi in albergo le buone cose acquistate ieri, con immancabile nescafè al bollitore.
Nel pomeriggio vogliamo andare a salutare Fira, Firostefani e Imerovigli che in effetti oggi, non essendoci alcuna nave da crociera in rada, sono più praticabili. Scendiamo anche al vecchio porto di Fira, con la scalinata più famosa di Santorini: quella piena di asini che, oggi disoccupati, sbarrano la strada. Con un po’ di fatica arriviamo in fondo, ma onestamente non c’è proprio niente da vedere. Risaliamo con la teleferica (4 euro), ma anche qui niente di che.
Stasera andremo a vedere il tramonto da soli, nella zona ovest della caldera che abbiamo ammirato stamane. Tira vento, ma la serata è limpida e lo spettacolo decisamente migliore di quello di ieri sera. Torniamo infreddoliti in albergo per cambiarci per la cena.
La nostra ultima cena a Santorini sarà sul lungomare di Perivolos, alla taverna Charlina. Io ordino un moussaka, per assaggiare le famose melanzane bianche di Santorini, saporite e corpose. Offerto dalla casa, yogurth con pezzi di frutta.
Triste è tornare agli studios, fermandoci dalle due socievoli cavalle bianche nel recinto lungo la strada, a cui mio marito si è già affezionato.
10 luglio – si torna a casa
Consolazione: riguardo alla withe beach persa, il ragazzo dell’albergo dice che si raggiunge solo in barca, ma che secondo lui non ne vale proprio la pena. Ma non ci aveva detto prima che ci si andava anche via terra? Mi sa che non ci si era capiti…
Ora mio marito andrà a a riconsegnare lo scooter, poi il padre del ragazzo ci accompagnerà in aeroporto. Nel frattempo io mi sto guardando alla Tv il film Aladin in greco: che belle le canzoni che tutti conosciamo, in questa lingua così piena di armonia! Mi dispiace molto dover spegnere, perché è ora di andare.
Già sul marciapiede fuori dall’aeroporto c’è una lunghissima fila per il check-inn, ma con il solo bagaglio a mano non ci riguarda.
Dopo il controllo di sicurezza, al piano terra, pieno di gente, non c’è nemmeno un posto per sedersi, ma basta salire le scale per arrivare ad una terrazza panoramica con sedie e tavolini.
La partenza è abbastanza puntuale, e il volo è uno spettacolo. Ma come fa la gente a dormire, a leggere o a guardare il computer, quando sotto di noi scorrono in vetrina le isole greche? Io sono, come al solito, l’unica pazza con la cartina davanti, che cerca di riconoscere ogni luogo. Quanto mi piace volare…
Dopo questo viaggio, il ritorno alla realtà è stato difficile come non mai. Ancora una volta la Grecia ci ha imbrigliati nella sua tela.