Milan Club Damasco di Viaggio in Giordania e Siria

Prologo (novembre 2003) Non tutti i mali vengono per nuocere. Mi hanno licenziato, ma per fortuna trovo immediatamente un nuovo lavoro e, cosa importante, lascia uno prendi l’altro, ho tre settimane di tempo per fare un bel viaggio. Da solo. Già, perché da qualche mese sono pure single e non c’è proprio il tempo di trovare chi possa partire...
Scritto da: Giovanni 6
milan club damasco di viaggio in giordania e siria
Partenza il: 28/11/2003
Ritorno il: 18/12/2003
Viaggiatori: da solo
Spesa: 1000 €
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Prologo (novembre 2003) Non tutti i mali vengono per nuocere. Mi hanno licenziato, ma per fortuna trovo immediatamente un nuovo lavoro e, cosa importante, lascia uno prendi l’altro, ho tre settimane di tempo per fare un bel viaggio. Da solo. Già, perché da qualche mese sono pure single e non c’è proprio il tempo di trovare chi possa partire con me. Era da tanto che volevo fare un viaggio da solo (forse prima non avevo mai avuto abbastanza coraggio) e questa sembra proprio essere la volta buona. Devo soltanto scegliere la meta e la Patagonia con i suoi spazi enormi bene si adatta ad un viaggio in solitudine. Niente da fare: non si trova un volo per Buenos Aires neanche a pagarlo a peso d’oro. Ed allora mi viene in soccorso il mio vecchio lavoro, che a forza di farmi andare avanti e indietro per ministeri romani, mi ha lasciato in eredità una bella quantità di “miglia Alitalia”. Per farla breve riesco ad avere gratis un biglietto aereo Brindisi – Milano – Amman (e ritorno). “Che ci vai a fare lì?! C’è la guerra!”. Mi prendo un sacco di male parole ed i più buoni mi danno del pazzo. Non mi convincono e finalmente si parte: destinazione Giordania e Siria.

Amman L’unica cosa che ho prenotato dall’Italia è una camera all’Hisham Hotel. L’aereo arriva tardi e non ci sarebbe né tempo né voglia per mettersi in giro, così su internet ho scelto quest’albergo: una notte, poi si vedrà. L’Hisham Hotel diventa la mia casa ad Amman, grazie alla gentilezza a volte disarmante del suo proprietario palestinese (il Signor Hisham, appunto) e di tutto il personale. Dopo poche ore di soggiorno scopro che, in pratica, l’Hisham è la base per i corrispondenti di guerra che vanno e vengono da Bagdad, tant’è che la signorina della reception al mio arrivo, scambiandomi per chissà chi, mi chiede: “Viene da Bagdad”? Ed io: “Veramente vengo da Ostuni …”.

Amman è una città brutta ma in posizione strategica. Partendo da qui si possono visitare in giornata alcune tra le mete più belle della Giordania (Jerash, Madaba, il Mar Morto, etc.) ed alla fine per un motivo o per l’altro ci trascorro diversi giorni. Nella capitale la cosa che più mi piace fare è gironzolare per i locali di Abdoun Circle, dove la gioventù di Amman si riversa dalle sei del pomeriggio in poi per bere qualcosa, chiacchierare e, soprattutto, fumare il narghilè. La prima volta che entro in un caffè sono armato di libri e taccuini per “nascondere” la mia solitudine: non faccio in tempo ad usarli. Dopo nemmeno un minuto i vicini di tavolo mi rivolgono il classico “Where are you from?” per poi invitarmi a bere qualcosa insieme. Sarà così per tutto il viaggio.

Deserto Il tour nel sud della Giordania parte da Aqaba, brutta come Amman, soltanto più calda. Decido subito di scappare via verso Wadi Rum, il deserto di Lawrence d’Arabia. Il gran problema per chi viaggia da solo è organizzare escursioni: per una persona costano troppo. Gira e rigira ne trovo una conveniente. Partiamo in jeep (io, l’autista e la guida), una trentina di chilometri su strada asfaltata, altrettanti su pista per poi uscirne e addentrarci nel deserto. La questione è che invece di girare a destra, la jeep va a sinistra. Una ragazza ad Aqaba mi aveva avvisato: “Stai attento che c’è chi ti porta dalla parte sbagliata”. E’ il mio caso. Mi guidano a visitare posti insignificanti e dopo le mie insistenti richieste di vedere questo e quello rispondono prima “later” e dopo “Inshallah”. Sono sempre più incazzato. L’apice lo raggiungo quando arriviamo in un accampamento lontanissimo dalla Wadi Rum Protected Area che mi viene presentato come il “campsite” dove avremmo trascorso la notte. E’ la fine e decido di andare via. Dove non lo so, però me ne devo andare. Guida e autista cercano di trattenermi in ogni modo, forse anche preoccupati dalle mie minacce di denuncia alla temuta Tourist Police, ma la decisione ormai l’ho presa. Zaino in spalla, uno sguardo veloce alla mappa e inizio a camminare, credo, verso il Rum village. Dopo un’ora di cammino raggiungo una strada asfaltata. Non passa un cane. Ed è allora che pronuncio quella frase che tutti quelli che partono temono di dover pronunciare prima o poi: “che ci faccio qui ?”. Il santo protettore dei turisti/viaggiatori (ma chi è?) mi viene in soccorso facendo casualmente transitare dalle mie parti un beduino con la sua scassata jeep. Parla solo arabo, ma capisce che uno come me può andare solo al Rum village e, dopo mezz’ora di sballottamenti e dialoghi surreali, mi scarica davanti al Visitors Centre.

Ho ancora qualche ora di sole a disposizione e provo a salvare la giornata. Contratto rapidamente con un autista e via nel deserto: Lawrence’s Spring, Wadak, Al-Qsair, Jebel Umm Fruth, Jebel Khazali. Che bello! Wadi Rum non delude le mie aspettative e la luce del tramonto esalta ulteriormente un luogo straordinario. Abou, il mio autista, si prende un bel po’ di pacche sulle spalle e dimentico in fretta le recenti disavventure. Sulla via del ritorno ci fermiamo a prendere un tè nell’accampamento di Zedan, un simpatico beduino che organizza safari nella zona. Faccio amicizia con quattro ragazze slovene che mi invitano a restare con loro, così lascio libero Abou e decido di trascorrere la notte nel “Bedouin meditation camp”. Ci sono due coppie di tedeschi, un italiano (io), un francese, un inglese (sembra una barzelletta!) e, naturalmente, le quattro slovene. Tra balli e racconti l’atmosfera sotto la tenda diventa subito familiare, calda, nonostante la temperatura fuori si abbassi vertiginosamente. Dopo qualche ora siamo tutti abbastanza stanchi e brilli e così c’infiliamo sotto le abbondanti coperte fornite dagli aiutanti di Zedan. Alle tre di notte mi sveglio. Devo fare pipì. Tiro fuori la testa dalle coperte per uscire, ma cambio subito idea: fa troppo freddo. La farò dopo, penso. Ma lo stimolo diventa talmente forte che rischio di farmela addosso. Allora, al buio, metto sopra tutto quello che trovo ed esco. La faccio tutta. Proprio tutta. Posso rientrare in tenda anzi, sono quasi in tenda, quando mi accorgo di qualcosa di strano, di una luce particolare che c’è nell’aria. Ed è allora che alzo la testa ed assisto ad uno spettacolo fantastico: migliaia e migliaia di stelle, tante quante non ne ho mai viste in vita mia, vicinissime. Non sento più il freddo e resto imbambolato a guardare il cielo. Nel frattempo si è svegliato Zedan che accortosi della mia sorpresa sorride soddisfatto. Qualche minuto ancora e tocca al francese e poi a due delle slovene; alla spicciolata arrivano praticamente tutti. E tutti restiamo lì, in silenzio, frastornati, con il naso all’insù. Petra “Vedrai, Petra è bellissima, ti piacerà” è il ritornello che mi sono sentito ripetere da chi c’era già stato. Nonostante sia preparato, però, la sorpresa è comunque tanta. E’ vero: bisogna vederla per poterci credere.

La giro da capo a piedi per tre giorni, dal percorso classico agli itinerari più insoliti. Decido di non utilizzare guide e faccio tutto da solo, mappa alla mano, avventurandomi per i sentieri più nascosti. Mi perdo spesso, ma perdersi dentro Petra è la cosa migliore che si possa fare. A Petra, poi, incontro gli occhi più belli di tutto il viaggio: sono quelli di Fereal, ragazza beduina che vende souvenir sull’Altura del Sacrificio. Con Fereal trascorro in pratica una giornata; lei lascia il negozio alla sorella e mi accompagna al Monumento del Serpente, io in cambio sono obbligato a raccontarle usi, costumi ed abitudini della gioventù occidentale. A fine escursione rifiuta categoricamente qualsiasi compenso né accetta che io compri qualcosa da lei. “Ormai siamo amici” mi dice, regalandomi una piccola scatola scelta tra i suoi souvenir. La foto di Fereal sarà per sempre la copertina di questo mio viaggio. Damasco Parto dall’Italia senza il visto per la Siria sia perché ho poco tempo a disposizione per prenderlo, sia perché ho letto da qualche parte che può essere ritirato direttamene presso il consolato siriano ad Amman. Due foto, un modulo compilato, una lettera di presentazione dell’ambasciata italiana (rilasciatami tempestivamente) ed è fatta. Un corno! L’addetta allo sportello prende i miei documenti, gli dà uno sguardo veloce, me li restituisce, tira fuori un ghigno beffardo e dice: “You are not a resident. No Visa for you!”. Le mie proteste sono inutili, il visto non me lo fanno. Parto per il sud della Giordania convinto di dover depennare la Siria dai miei programmi, anche se al rientro ricordo il suggerimento di un funzionario dell’ambasciata italiana: “ci riprovi”. Io ci riprovo, ritorno al consolato e, sarà perché non c’è più quell’antipatica dell’altra volta, ma mi danno il visto. In mezz’ora sono sul primo bus per Damasco. Devo fermarmi quanto basta e poi proseguire verso Palmyra ed il nord. Con Damasco è amore a prima vista. Mi piace tutto: la città vecchia, le moschee, il souq, gli hammam (i bagni turchi) e, soprattutto, la gente. Insomma, indubbio vantaggio dei viaggi disorganizzati, invece dei due giorni previsti ci resto quasi una settimana. Il tempo sufficiente per istituire delle sane ed irrinunciabili abitudini, dalle passeggiate mattutine nella città vecchia alla lettura nei cortili delle moschee, dal tè alla Jabri House al narghilè dell’Albal Cafè, dall’hammam al cantastorie (in un caffè alle spalle della Moschea Omayyadi, tutti i pomeriggi alle cinque, puntuale come uno svizzero e rigorosamente in arabo). Appena arrivato faccio amicizia con Amir, giovane damascegno con un negozio nel centro storico. Sarà lui la mia guida nella Damasco by night, una città sorprendente ed imprevedibile, dove è facile far cadere (per chi li ha) tutti i pregiudizi ed i preconcetti sul mondo arabo. Il mio processo di “arabizzazione” si ferma domenica 14 dicembre di fronte al tifo per il Milan. C’è la finale di coppa intercontinentale contro il Boca e convinco il proprietario della Jabri House ad aprire un’ora prima per farmi vedere la partita via satellite. Sono da solo nella sala tv, ogni tanto si ferma qualche cameriere e, per cortesia, tifa Milan anche lui. Verso la fine dei tempi regolamentari, stranamente, aumenta in modo consistente il numero delle persone che entrano nella sala; guardano la tv sperando di vedere qualcosa che non c’è, poi cercano il telecomando (che intanto ho accuratamente occultato) e vanno via. Siamo ai supplementari, davanti alla tv si è formato un capannello impaziente, ma il telecomando non viene fuori. Rigori: il Milan perde, il telecomando riappare improvvisamente e tutti sono su Al Jazeera per vedere l’arresto di Saddam. Nel frattempo il Milan Club Damasco non sarà più fondato ed io decido di rientrare in Giordania. Il turista che è in me ha prevalso sul viaggiatore, potevo allungare la vacanza di una settimana ancora (la quarta), ma preferisco prendere la via del ritorno … Epilogo (marzo 2004) A casa, rovistando tra i miei appunti, ho riletto una frase di Pino Cacucci: “Da ogni viaggio sono tornato con il ricordo di qualcuno più che di qualcosa”. E’ proprio vero: Abou, Zedan, Fereal, Amir e tanti altri ancora, come potrò mai dimenticarli? Questo mio report non rende giustizia (per motivi di tempo) a tanti bellissimi posti che ho visto e non ho nemmeno citato (Aleppo su tutti). L’itinerario seguito per circa tre settimane è stato: Amman – Aqaba – Wadi Rum – Petra – Amman – Damasco – Palmyra – Krak des Chevaliers – Aleppo – Damasco – Amman.

Alcuni suggerimenti pratici.

La scelta delle guide è obbligatoria a favore delle Lonely Planet, sperimentate sul campo con successo per l’ennesima volta. Peraltro l’edizione della guida “Giordania” è recentissima, “Siria” invece è un po’ datata. Altre letture consigliate sono: I baroni di Aleppo. Dal genocidio armeno alla Siria di Assad, un secolo di storia dalle finestre del più noto albergo del Medioriente di Flavia Amabile e Marco Tosatti, Gamberetti editore; L’amore ucciso di Norma Khouri, Mondadori; Petra di Fabio Bourbon, White Star (libro indispensabile per pianificare una visita della città nabatea, ma anche se edito in Italia è più conveniente acquistarlo in Giordania).

Ristoranti. In Giordania non si mangia tanto bene, fatta eccezione per la capitale dove, tra tutti quelli che ho provato, il migliore è il libanese Fakhr el-Din a Jabal Amman (15 –20 JDO), da prenotare sempre (tel. 06/4652399 – 4641789); altro buon ristorante, decisamente più economico (5 JDO) è il Jerusalem nel Downtown, giustamente famoso per il mensaf. Unico problema è il menù solo in arabo ed i camerieri un pochino scontrosi. In Siria il livello medio è decisamente migliore. Da non perdere ad Aleppo il Beit al-Wakil (in media 500 SYP), presso l’omonimo hotel. Hotel. Una camera singola presso il “mio” albergo ad Amman, l’Hisham Hotel, costa 25 JDO (la doppia non ricordo); l’albergo è “normale”, ma tutto il personale è gentilissimo; per informazioni mandate una mail a hishamhotel@nets.Com.Jo. Bello ad Aleppo il Beit al-Wakil (singola 77 USD, doppia circa 90 USD) che vi consiglio di prenotare, se possibile, dall’Italia (betwakil@scs-net.Org, www.Beitwakil.Com): viaggiavo in bassissima stagione ed è stato l’unico albergo in cui ho rischiato di non trovare posto. Sempre ad Aleppo, fosse solo per visitarlo, andate all’Hotel Baron. A Damasco, appena sufficiente ma economico, c’è l’Al Majed Hotel (25 USD la singola).

Locali. Ad Amman fatevi lasciare dal taxi ad Abdoun Circle : sono tutti lì intorno. Io andavo sempre al Tche Tche Cafè per la sua torta al cioccolato. Nella città vecchia di Damasco, in una costruzione del 1737 appena ristrutturata, c’è la Jabri House, dove si può fare di tutto : è ristorante, internet cafè e galleria d’arte (tel. 2249021). Sempre nella città vecchia di Damasco trovate l’Albal Cafè (tel. 5445794). Il proprietario è Emad Sa’ada, un ragazzo simpatico che ama chiacchierare con i clienti europei.

Agenzie e guide. L’agenzia che mi ha venduto il bidone ad Aqaba è la Quteish & Sons. Statene alla larga. Col senno di poi sarei dovuto andare alla Peace Way Tours, sempre ad Aqaba (chiedere di Alì, cellulare 0795630690, www.Peaceway.Com). Soluzione preferibile per un tour a Wadi Rum è comunque quella di Zedan Al-Zalbieh (cellulare 0795506417, zedn_a@yahoo.Com). A Jerash un ottima guida è Mohammad Obaidat (cellulare 077425586) che ha vissuto a Bari per molti anni e conserva tuttora un discreto slang del capoluogo pugliese. Se volete organizzare un tour della Siria dall’Italia, rivolgetevi a Ahmed Hassan (cellulare 093338266, e-mail yazanya@scs-net.Org) di Damasco: è affidabile e parla italiano.

Per vedere alcune foto del mio viaggio andate a questo link: http://www.Brundisium.Net/approfondimenti/shownotiziaonline.Asp?id=636 .



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