Mi sono persa ad istanbul e non mi trovano piu’

Notte tra l’8 e il 9 giugno 2008 Sono a Istanbul, mi chiedo cosa penso di trovare, forse la ragione per cui mi sento molto attratta da questa città. Un po’ già lo so. Credo ci siano stati almeno tre motivi che mi hanno fatto venire la fissa per Istanbul: 1) una pubblicità dove si vedeva una donna che correva in un bazar e io mi sono...
Scritto da: Kia81
mi sono persa ad istanbul e non mi trovano piu’
Partenza il: 08/06/2008
Ritorno il: 13/06/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Notte tra l’8 e il 9 giugno 2008 Sono a Istanbul, mi chiedo cosa penso di trovare, forse la ragione per cui mi sento molto attratta da questa città.

Un po’ già lo so.

Credo ci siano stati almeno tre motivi che mi hanno fatto venire la fissa per Istanbul: 1) una pubblicità dove si vedeva una donna che correva in un bazar e io mi sono convinta che dovesse essere per forza il Gran Bazar di Istanbul; 2) Le canzoni dei CCCP Fedeli alla Linea alcune molto evocative a riguardo; 3) Ed infine il film “Che ne sarà di noi” dove la tipa che i protagonisti incontrano a Santorini dice che vuole andare in Turchia, perdersi nel mercato dell’argento a Istanbul e tornare ricoperta d’argento.

E ora dopo 5 anni di pushing ai miei amici e al mio ragazzo (ora marito) eccomi finalmente qui… Siamo arrivati a Istanbul, aeroporto di Sabiha nella parte asiatica della città, con 8 ore di ritardo per colpa della My Air…Arrivare a Istanbul alle 2:30 (3:30 ora locale) e vedere l’aereo atterrare in mezzo a quel tappeto di luci adagiate sul Mar di Marmara e il Bosforo è stata un’emozione grandissima. Dall’alto Istanbul e il Corno d’Oro sembravano un tappeto di velluto nero cucito con una miriade di perline arancioni, gialle e verdi cioè le luci della città, e da gemme più grandi, i battelli fermi sul Bosforo.

Il tassista pazzo che ci porta all’albergo a Eminonu canta e balla (!!) mentre ci porta a destinazione e attraversando il ponte sul Bosforo ci urla “Here Asia, here Europe…Welcome to Eurooooope!” ed è stato emozionante passare a tutta velocità su questo ponte, sia simbolico che non, che congiunge Oriente e Occidente.

Arriviamo in hotel (Hotel Agan a Eminonu) che sono le 4 del mattino, la stanza è piccolissima ma pulita e il bagno è un buco, ma non importa, quello che c’è ci basta.

Ora l’unica cosa che vogliamo è dormire…E poi cosa pretendere da una stanza con bagno privato e a soli 5 minuti da alcuni dei gioielli più preziosi della città per 17 euro a testa? Ma dormire sembra non essere possibile…Appena appoggiata la testa sul cuscino si alza il canto del Muezzin…Bellissimo, da far venire i brividi…No, non mi sto convertendo all’Islam, ma sono venuta qui senza pregiudizi e voglio sentirmi libera di esprimere le mie sensazioni…Da oggi in poi cercherò questo suono regolarmente, ogni 4 ore nell’aria speziata di Istanbul…E ora posso concedermi a Morfeo… Lunedì 9 giugno Facciamo colazione e poco dopo le 10 siamo già in pista…Istanbul è ai nostri piedi, da dove cominciamo? Prima destinazione il palazzo Topkapi (cioè il palazzo dei Sultani), il suo Harem e il tesoro.

L’impatto con le maioliche di Iznik all’entrata dell’Harem, vicino alle stanze dove vivevano gli Eunuchi mi lascia senza parole…Sono magnifiche e poi pensare che sono state dipinte una ad una artigianalmente senza i metodi odierni di stampaggio ne accresce il fascino.

Harem significa PRIVATO, è questa infatti l’area del palazzo dove il Sultano viveva con le sue centinaia di concubine (Solimano il Magnifico ne ha avute anche 500 contemporaneamente) e con la madre. Attraversando tutte le sale dell’Harem, una più bella dell’altra e arredate e decorate con un lusso sfrenato, immaginiamo queste donne bellissime, intriganti e anche furbe.

Siccome per una legge del tempo non si poteva assoggettare in schiavitù né Cattolici, né Musulmani né Ebrei, le belle concubine venivano principalmente dalla Russia e dai paesi Slavi, quindi si immagina fossero davvero belle.

Le maioliche, gli intarsi, le persiane di legno intarsiato e decorate con madreperla, le vetrate colorate e gli hammam di marmo fanno immaginare lo sfarzo del palazzo e danno l’idea di un palazzo dalle mille e una notte.

Il palazzo di Topkapi, inteso come la zona dove si svolgeva la vita pubblica del Sultano, dove incontrava politici e altra gente importante, è anch’esso molto interessante anche se la mia preferenza va all’Harem. Interessanti sono le cucine…Basta guardare il numero di camini e l’enormità delle pentole per capire come potessero cucinare per anche 1500 persone alla volta… La nostra visita si conclude con il tesoro del palazzo, una collezione veramente splendida: diamanti grossi come un pugno, smeraldi, topazi rosa, rubini, armi interamente decorate di pietre preziose o semi preziose, gioielli, corani con la copertina rivestita completamente di gemme…Che lusso!! Il tesoro del palazzo è stato anche il protagonista del famoso film “Topkapi” commedia del 1964 di Jules Dassin…Pare che al tempo fosse stato un autentico successo.

Lasciamo il palazzo per andare verso la bella ed elegante Moschea Blu, infatti oggi Aya Sofia è chiusa, ci andremo domani.

Se all’esterno la Moschea Blu è , come già detto, bella ed elegante, dentro è un tripudio di blu e azzurro, da qui il nome.

Ci togliamo le scarpe e per entrare mi fanno mettere sulle spalle una pashmina (che x fortuna mi sono portata da casa, se no ti fanno indossare una delle loro).

L’atmosfera mistica del luogo e la bellezza del suo interno mi fanno venire un nodo alla gola e sento una specie di commozione.

Lasciamo la moschea e ci dirigiamo verso la Cisterna Basilica dove troviamo una bellissima atmosfera anche qui… Si tratta di una cisterna costruita dai romani nel 532 che serviva da serbatoio per il palazzo e per le case circostanti, fu coperta poco prima dell’arrivo a Bisanzio degli Ottomani che conquistarono la città (e divenne quindi Costantinopoli) e quindi dimenticata fino al 1500 quando fu riscoperta da uno studioso, certo Petrus Gyllus, che, incuriosito dai racconti della gente del posto che diceva di procurarsi acqua per le faccende domestiche da un pozzo e di tirar su a volte addirittura dei pesci, fece delle indagine che portarono alla scoperta della cisterna. Ma gli Ottomani se ne infischiarono e finirono per farla diventare una fogna buttandoci dentro addirittura i cadaveri. Finalmente negli anni ’80 del 1900 fu rimessa a posto e aperta al pubblico come museo.

L’atmosfera è molto magica, perché la Cisterna è costituita da 336 colonne disposte in 12 file e illuminate da una luce rossa. Le colonne sembrano sdoppiarsi nel riflesso dell’acqua, su cui tra l’altro si sente il continuo sgocciolio dell’acqua dal soffitto. Una musichetta chill out incornicia il tutto.

Da notare due colonne sorrette dalla testa di Medusa. Questa cosa mi fa ricordare un sogno che facevo continuamente da piccola, un incubo direi…Ero con mio papà e tre miei amichetti vicini di casa, ci avventuravamo dentro una specie di pozzo (la cisterna?) e arrivavamo a un fiume di lava rossa (le luci rosse che illuminano le colonne?), mio papà ci spiegava che quello era l’inferno ma che noi potevamo visitarlo stando attenti a non farci scoprire da Medusa (che avevo visto nel cartone animato Pollon) altrimenti ci avrebbe trasformato in pietra. Medusa arrivava e noi scappavamo cercando di non guardarla in faccia… Il sogno era angosciante, però alla fine ho vinto io, perché ora ho scoperto che è lei ad essersi trasformata in pietra…Ah ah ah!!!! Tornati all’albergo, situato in una tranquilla via in pendenza fatta di ciotoli, scopriamo di avere proprio fuori dall’entrata un bel barettino con le panche in legno ricoperti di cuscini colorati dove si può sorseggiare tè (bevuto a litri dai Turchi in deliziosi bicchierini a forma di tulipano, fiore simbolo della Nazione in quanto l’origine di questo bel fiore è proprio la Turchia, non l’Olanda come molti pensano) e fumare narghilé. E allora, dopo esserci rinfrescati nella nostra mini-camera e in attesa dell’ora di cena, ne approfittiamo per assaggiare il primo di una lunga serie di tè bevuti durante la nostra permanenza a Istanbul e fumando il nostro primo Narghilé, mentre intanto ci scambiamo le prime impressioni della città, io scrivo sulla mia Moleskine e consultiamo la cartina e la guida per decidere cosa fare e vedere domani…Ma soprattutto dove mangiare oggi! La ns scelta cade sul ristorante Karakoyum, consigliato dalla Lonely Planet. Si trova nel quartiere di Karakoy oltre il ponte di Galata. Il ristorante è al 6° piano di un palazzo ed è molto grazioso e accogliente, arredato in stile Ottomano. Sembra quasi di stare nel salotto di casa di un amico. Hanno anche una veranda. La vista dalle vetrata è bellissima, si vede il palazzo Topkapi e Aya Sofia illuminate. L’atmosfera è molto tranquilla, con luci soffuse e candele.

Abbiamo mangiato bene, come antipasto Bureki ripieni di formaggio e carne salata e come piatto unico io ho assaggiato costolette di agnello con riso e salsine varie mentre mio marito i famosi Kofte (delle polpettine che mi ricordano i Cevapcici assaggiati in Montenegro). Il tutto innaffiato da due bicchieri di vino (la bottiglia era improponibile per i prezzi), acqua e due caffè turchi. Non ci siamo fatti nemmeno mancare un budino come dolcetto. Prezzo : 18 euro a testa.

Siccome eravamo arrivati in tram, volevamo tornare a piedi per passare sul ponte di Galata.

Tornare a piedi passeggiando sul ponte con le luci che si riflettono sul mare, i pescatori e le loro bancarelle improvvisate su carretti illuminati da lampade a petrolio dove ti cucinano e vendono il pesce appena pescato, le moschee illuminate con i minareti che svettano alti ed eleganti verso il cielo con i gabbiani che gli volano intorno attratti da non so cosa, i venditori ambulanti di frutta, verdura e dolcetti è stato veramente bello e affascinante. In quel momento mi sono innamorata di Istanbul e ho pensato che quello che si vedeva dal ponte di Galata era il panorama cittadino più affascinante che avessi mai visto. Più di Praga specchiata nella Moldava…Più di Vienna dalle cabine rosse della Riesenrad, più di Roma vista da Trastevere…Forse il paragone regge solo con Venezia e i suoi lampioni dalla luce rosata che si specchiano nei mille canali della città più romantica del mondo.

La serata finisce in un modo molto meno romantico…A vedere la prima partita dell’Italia in un pub zeppo di Olandesi…Che ci prendono bellamente in giro per la sconfitta… Martedì 10 giugno – secondo giorno nella magica Istanbul Ci alziamo verso le nove e dopo una doccia veloce scendiamo a far colazione…Oggi però voglio provare il simit, quelle specie di pane fatto a ciambella che assomiglia al bretzel tedesco. Quindi bevo solo il tè e quando usciamo diretti a Santa Sofia mi fermo a comprare due simit, uno per me e uno per la mia dolce metà. In realtà è stata un po’ una delusione, mi aspettavo di più. Arriviamo all’ingresso di Santa Sofia (ingresso 7 euro – chiusa il lunedì), Aya Sofia per i Turchi e Aghia Sofia per i Greci, che nel 500 d.C. Circa quando fu costruita si meritò il titolo di chiesa più grande della cristianità (superata poi da San Pietro). In seguito fu trasformata in moschea sotto l’impero ottomano ed infine divenne un museo.

Se fuori appare massiccia e imponente, dentro è invece armoniosa e ariosa…Ma soprattutto MERAVIGLIOSA.

Se poi si pensa che una costruzione del genere è stata fatta 1500 anni fa, se ne apprezzano ancora di più la grandiosità e l’architettura.

Se la Moschea Blu dentro è un tripudio di azzurro, Aya Sofia è un tripudio d’oro…Ci sono mosaici fantastici e la chiesa è conservata benissimo considerando i secoli che ha.

Anzi, hanno proprio ragione i turchi di Istanbul quando, per rassicurarsi dei numerosi terremoti a cui la loro terra è soggetta, guardando a Santa Sofia si consolano pensando che se è ancora in piedi lei…Allora c’è speranza… Tra l’altro quando fu trasformata in moschea i mosaici non furono cancellati, vennero aggiunti solo dei medaglioni con delle scritte islamiche, i minareti e un mihrab, ma il resto non fu modificato.

Dopo la visita a Santa Sofia prendiamo il tram e andiamo sull’altra sponda del corno d’Oro e visitiamo il palazzo Dolmabahce (harem+palazzo=ticket unico 12 euro, sala degli orologi 3 euro, aperto martedì, mercoledì venerdì e domenica) che fu la “nuova” residenza dei Sultani dal 1843.

Il palazzo, molto sfarzoso, venne costruito appositamente da architetti famosi all’epoca su ordine del sultano Abdül Mecit. A differenza del Topkapi, Dolmabahce ha un’architettura ispirata ai palazzi imperiali europei con qualche richiamo ottomano, il che lo rende un tantino strambo.

Bellissima la sala principale con un lampadario di 70 tonnellate e regali dai re ed imperatori di tutto il mondo (tra le altre cose, due agghiaccianti pelli d’orso regalo dello zar di russia e una zanna di elefante sostenuta da un elaborato soprammobile in ferro battuto regalo di qualche personaggio importante africano, ma non ricordo il nome).

Qui a Dolmabahce morì Atatürk , infatti anche se aveva spostato la capitale ad Ankara, quando si trovava ad Istanbul, soggiornava nel palazzo dei sultani ed è in una di quelle stanze che spirò. Il letto dove morì è ora ricoperto da una grande bandiera della Turchia e tutti gli orologi delle stanze sono fermi all’ora della sua morte.

Atatürk è infatti idolatrato (Atatürk= padre dei turchi, il vero nome è Mustafa Kemal Pasha) in quanto dopo la prima guerra mondiale la Turchia era nella cacca fino al collo divorata dalle potenze vincitrici e fu grazie lui se il Paese si risollevo e Istanbul non fu occupata. Atatürk volle uno stato laico, non amava gli idolatrismi e lasciò libertà di culto ma spostò il giorno di festa dal venerdì alla domenica. Spostò inoltre la capitale ad Ankara in quanto posta più centralmente rispetto al resto del Paese e più riparata da eventuali attacchi / invasioni se paragonata ad Istanbul, che comunque non amava particolarmente (non mi spiego come sia possibile…) e che era troppo legata al passato. Rimodernò la Tuchia, fece restaurare palazzi, aprire musei e tante altre cose.

Carina anche la stanza dei bambini, nella zona dell’Harem, con tutti i mobili mignon, una culla e i giochi.

Bello anche il viale che costeggia il Bosforo con la Porta da cui il sultano usciva se voleva prendere la barca.

Dopo Dolmabahce, su consiglio di un tizio di Istanbul con cui mi scrivevo, andiamo in cerca degli Ihlamur Pavillions che dovrebbero essere dei padiglioni siti nell’ex riserva di caccia…Cerca e ricerca (nessuno ne era a conoscenza, nemmeno i tassisti) li troviamo…Sono due piccole costruzioni dentro un anonimo (anche se curato) parco pubblico. Sulla guida c’era scritto che la visita è a pagamento ed è guidata dal guardiano del parco. Penso che l’ultima persona ad aver visitato prima di noi i padiglioni sia stata proprio l’autrice della mia guida nel 2005…Perché dovevate vedere la faccia del custode quando gli abbiamo chiesto due biglietti…Se gli avessimo detto che i marziani erano atterrati sul topkapi forse si sarebbe stupito di meno…Cmq alla fine ci fa i biglietti (4 euro…) e ci accompagna a visitare i padiglioni. Incuriosita si aggrega anche una sciura turca (che nn paga il biglietto…Mah!) . I padiglioni sono una vera delusione…Piccolissimi e per la maggior parte in fase di restauro…O forse non dovevamo visitarli subito dopo aver visto il Dolmabahce. La visita però diventa interessante per la conversazione con il guardiano che, in un inglese elementare, dopo aver fatto un sorriso a 32 denti quando capisce che siamo italiani, ci dice che noi italiani siamo molto ben voluti dai turchi, perché abbiamo il sangue caldo come loro (praticamente siamo dei terroni*come loro e come i greci), mentre i turisti di altri Paesi come Inghilterra o Nord Europa sono un po’ freddi e “trattenuti”. Che bello! EVVIVA! Finalmente una Nazione che ci apprezza per le nostre peculiarità considerandole qualità e anziché difetti… * dico terroni in senso buono, nel senso folkloristico del termine…Cioè caciaroni, festaioli, che gesticoliamo, siamo legati alla famiglia ecc…Ecc… Parliamo anche con la signora che ci racconta di come passi sempre da questo parco ogni volta che va dal suo dentista e non si sia mai chiesta cosa fossero quelle costruzioni. Concludiamo che tutti tendono a snobbare i musei, l’architettura e le altre attrazioni turistiche della città in cui si vive e che si finisce per conoscere la città che si visita da turisti più della propria…Io sono un esempio lampante: nata e cresciuta a Milano (anche se da un anno e mezzo vivo a Bergamo) non ho mai visto il Cenacolo di Leonardo…Shame on me… La nostra prossima meta, dopo la delusione di Ihlamur, è il quartiere di Ortakoi, sobborgo sulle rive del bosforo, dove visitiamo la sua piccola ma carinissima moschea, uno dei simboli di Istanbul in quanto appare su mille cartoline (la moschea fotografata dal lungo mare con dietro il ponte che collega la parte Europea a quella asiatica). Per arrivare alla moschea passiamo lungo una via piena di bancarelle che vendono Kumpir. Il Kumpir è un “piatto” tipico che consiste in una patata bollente servita con la buccia (una sorta di baked potatoe). La patata viene tagliata a metà e riempita di qualsiasi “schifezza” siete capaci. Le bancarelle che vendono kumpir, da lontano sembrano chioschi che vendono gelato, invece le vaschette multicolori che si vedono da lontano sono riempite di maionese con peperoni, cous cous, wurstel, piselli, olive, mais, insalata russa, patè d’olive nere e chi più ne ha più ne metta. Noi volevamo assaggiarlo (PAZZI ATTENTATORI DELLA NS LINEA) ma mettendoci dentro solo il cous cous…Beh ci guardavano come se fossimo degli squilibrati e non ci hanno servito il kumpir finchè non lo abbiamo riempito con anche dell’insalata russa, dei funghi, delle olive e del formaggio…Volevamo anche ricoprircelo di ketchup e maionese ma li ho fermati in tempo…Già così era una bomba calorica e l’aspetto era agghiacciante…Ci danno delle forchettine per mangiare e ci accomodiamo su una delle tante panchine lì intorno…Beh…Voi nn ci crederete, ma a me è piaciuto…E mi è spiaciuto che ne avessimo preso uno in due…Ma forse io non faccio testo visto che anche se dovessi mangiare i peperoni ripieni a mezzanotte li digerirei senza problemi… Continuiamo la passeggiata tra i simpatici vicoletti che portano al lungomare dove si trova la moschea. Qui insistono perché oltre a coprirmi le spalle, metta il velo anche in testa…Poi però il custode della moschea insiste per farci una foto. Ero un tantino in imbarazzo perché mi sembrava quasi di prenderli in giro, come se mi fossi messa il velo per fare la foto…Ma il tizio insisteva e l’ho accontentato…Solo che la foto a me fa scompisciare dalle risate xchè ho una faccia superperplessa e con il velo sembro Maria Maddalena addolorata… Facciamo un giretto sul lungomare, molto carino con tanti ristorantini, e arriviamo alla fermata del pullman che ci riporterà sull’altra sponda del Corno d’Oro. Sono le 6 e mezza e decido di concedermi il mio primo Hammam…Il mio maritino non vuole provare quest’esperienza perché dice che gli fa senso il fatto di stare nudo a farsi massaggiare e lavare da un omaccione turco…Bah…Che fisse… Io invece, spinta anche da un racconto letto su TPC, sono proprio affascinata da questi bagni turchi e decido di provare il Cemberlitas, uno dei più belli anche se turistici bagni turchi storici della città.

Fu progettato dal famoso architetto Sinan nel 1584 , è ancora un hammam con zona separata per uomini e donne, anche se solo la parte maschile ha uno splendido camekan, le donne devono accontentarsi di un anonimo spogliatoio con panche di legno e armadietti. Ma l’ hararet (cioè la sala calda dove si svolge il vero e proprio rito del bagno turco) è bellissimo anche nella sezione femminile con una grande piattaforma in marmo al centro posizionata sopra la fonte di calore e il soffitto a cupola con finestrelle a stella che fanno filtrare una luce diffusa molto d’atmosfera. Ci sono poi ai lati delle stanzine con fontane in marmo e sedute sempre in marmo dove si può completare la pulizia da soli.

Io ho pagato 23 euro per l’ingresso comprensivo di lavaggio e massaggio da parte di una delle inservienti… Ero un po’ in imbarazzo perché anche se quasi tutte le frequentatrici dell’Hammam al momento della mia visita erano turiste come me alla prima esperienza, erano tutte in gruppo o in coppia mentre io ero sola e non sapevo come comportarmi… Dilemma numero uno: ma ci si deve spogliare nudi come vermi o si rimane in mutande? Opto per la seconda opzione, mi dico che se ho fatto giusto meglio, se ho sbagliato penseranno che sono particolarmente pudica…Molto meglio che spogliarsi tutta e poi scoprire invece che si devono tenere su gli slip perché in quel caso penserebbero che sono un’esibizionista.

Risposta sbagliata! Entro nel hararet e mi accorgo che tutte le fanciulle e signore sdraiate sulla piattaforma calda di marmo sono nude come mamma le ha fatte.

Dilemma numero due: che faccio? Mi stendo e aspetto che vengano a massaggiarmi o devo andare a chiamarle io? Vedo dei donnoni che ogni tanto entrano dal Camekan (chiamiamolo così) e senza alcun ordine apparente scelgono una delle tante per lavarle e massaggiarle. Decido di non chiamarle io (RISPOSTA ESATTA) ma metto allora in mostra il mio gettone giallo (in evidenza del fatto che ho pagato per il lavaggio e massaggio) e sorrido ad ognuna di quei donnoni tutti biotti (cioè nude) con le tettone che gli arrivano alla pancia, brutte da far paura e tutte belle grassocce…Sorrido e sorrido tanto che una mi fa l’occhiolino…Bah… Attacco bottone con la ragazza di fianco a me, è di Israele e anche lei non sa come comportarsi perché è la prima volta. Mi dice di aspettare e così aspetto.

A un certo punto l’hammam è così pieno che non ci si sta tutte sul piano in marmo…Le tre donnone chiamano i rinforzi…Ora sono in 6 a occuparsi di noi. Quando arriva il mio turno, tutta contenta mi sdraio e mi faccio strigliare con un guanto ruvido tutto il corpo, poi mi faccio insaponare e sono lì inerme e passiva come fossi una bambina. È una situazione strana, ma non mi sento per niente in imbarazzo. Il donnone mi massaggia velocemente mi fa mettere a pancia in giù e fa lo stesso sulla schiena e sulla pianta dei piedi (indolenziti…). Per farmi capire che mi devo alzare mi dà una pacca sul culo…Ah ah ah…Mi prende poi per mano e mi porta dentro una di quelle porticine al di là delle quali si trovano le fontane in marmo per risciacquarsi. Mi fa lo shampoo e mi risciacqua. Poi mi fa distendere ancora sul piano di marmo e mi fa capire che posso stare lì a rilassarmi.

Dopo un quarto d’ora ancora di relax esco e torno al mio armadietto.

Dilemma numero 3: mi daranno una salvietta per asciugarmi? Risposta: sì! Dilemma numero 4: come faccio a pettinarmi i capelli? Ok uscire con i capelli bagnati, ma almeno dargli una piega, una forma…Così sembro la mia “amica” Medusa…Risposta: ci sono dei pettini (pieni di capelli neri) a disposizione di tutti (lascio perdere la mia “schizzinosità” e ne uso uno).

Ma soprattutto…Dilemma numero 5: ho le mutande fradice (eh già…Che faina che sono) le tolgo e vado in giro senza o mi tengo le mutande bagnate? Opto per la seconda soluzione… Se non faccio ste cazzate non sono io! Esco dall’Hammam e trovo il mio maritino abbandonato su una sedia con l’aria scazzatissima…Gli avevo detto che ci avrei messo massimo 45 minuti…Ehm…È passata più di un’ora e mezza…Ma nel frattempo ha girato per Sultanhamet e ha trovato una via piena di ristorantini (dove andremo la sera dopo) oltre che aver dato un’occhiata alle ns due guide e ad aver scelto dove portarmi a cena. Non mi dice dove, vuole proprio portarmi a cena… Prendiamo il tram, scendiamo a Kabatas e andiamo sottoterra a prendere la funicolar , una sorta di metropolitana (perché è sotterranea) ma tutta in salita come una cremagliera che sbuca in cima alla collinetta di piazza Taksim, quartiere di Beyoglu dove si trova anche la famosa Istiklal Caddesi (la via dello shopping) e Nevizade Sokak (un vicolo pieno di localini e ristorantini con i tavoli per strada anche se in pendenza).

E’ stato bellissimo arrivare in piazza Taksim, col suo tram vecchio tutto rosso parcheggiato vicino all’imbocco di Istikal Caddesi e i grattaceli e palazzi moderni tutti intorno.

Il famoso Viale dell’Indipendenza (Istiklal C. Appunto) è una via assurda…Una faccia totalmente diversa di Istanbul rispetto a quella vista fin’ora. È una via moderna, piena di negozi aperti anche di sera, luci e insegne al neon, ristoranti, pubs , discoteche, artisti di strada, una babele di luci e suoni… Arriviamo a Nevizade Sokak e il mio maritino mi porta al ristorante che ha scelto per me, un ristorantino armeno che di nome fa “Boncuk” dove assaggiamo diversi meyhane , cioè antipasti, e kebab più kofte (polpette). Il tutto innaffiato da un’ottima birra e concluso con un caffè turco.Spesa: circa 18 euro a testa.

Torniamo a Sultanhamet con un taxi e andiamo in un locale piccino che abbiamo visto sulla strada dove servono tè e narghilé mentre stai sdraiato su tappeti e cuscini. Proviamo il tè alla rosa e il narghilé al cappuccino ma il conto è molto più salato che nel locale sotto casa (ops, volevo dire albergo). Buono a sapersi…Le prossime sere andremo sempre dai nostri soci dell’albergo.

Mercoledì 11 giugno 2008 Oggi decidiamo di fare la gita sul Bosforo, senza partecipare a gite organizzate ma prendendo i traghetti che prendono abitualmente anche gli abitanti di Istanbul per spostarsi e andare al lavoro…Una sorta di vaporetti per i veneziani.

Decidiamo di raggiungere l’ultima fermata raggiungibile…Anadolu Kavagi, un villaggio di pescatori sulla sponda asiatica.

Mentre aspettiamo che il traghetto parta da Eminonu, ci posizioniamo in un punto strategico del traghetto, all’aperto, ma riparati e leggo a Ste uno dei racconti di un libro che tre anni fa ho divorato sognando quei posti che a me ispirano tanto…”E’ Oriente” di Paolo Rumiz. Gli leggo il racconto di quando il giornalista parte da Berlino (altra città ponte tra Occidente e Oriente…O volgarmente detto, come fa notare il giornalista, Est Europa) e arriva in treno a Istanbul per spingersi poi, come faremo noi oggi, a Anadolu Kavagi.

Nel tragitto in traghetto vediamo le bellissime Yali, ovvero le case in legno sul Bosforo, ce n’è una bianca che sembra una bomboniera da tanto è bella! Vediamo anche il palazzo Dolmabahce, la Moschea di Ortakoy , la Fortezza d’Europa e il ponte d’acciaio che collega la sponda asiatica a quella europea. Arriviamo ad Anadolu Kavagi vs mezzogiorno. Il paesino è da favola…Tante casette colorate a palafitta sul mare, pescatori che sistemano le reti, bambini che si tuffano nel Bosforo (che coraggio…) e rimesse per le barche dei pescatori, anch’esse colorate. Al centro del paesino c’è una fontana e intorno una decina di ristoranti. Decidiamo di andare a piedi fin su in cima alla collina (20 / 30 minuti di cammino facile, non date retta alla Lonely Planet…Non ci sono taxi che vi porteranno su alla collina) dove ci sono i resti dell’Anadolu Kavagi Kalesi, ovvero un castello medioevale un tempo costituito da 8 torri che fu prima utilizzato dai Bizantini, poi dai Genovesi ed infine dagli Ottomani.

Vale la pena salire perché il panorama dall’alto è decisamente suggestivo: si vede il Bosforo che si apre sul Mar Nero. Fantastico! Sembra di stare un po’…Alla fine del mondo…Si vede inoltre la sponda Europea. Cielo blu intenso, mare turchese, i gabbiani che volano intorno alla fortezza e se tutto ciò non bastasse a creare atmosfera…Il canto del muezzin… Torniamo vs il porto per mangiare, infatti alle due il traghetto riparte. Sulla strada del ritorno dalla fortezza al porticciolo sento un sacco di buoni odori che mi ricordano tanto le vacanze al mare…Profumo di fichi, di salsedine ed erbe aromatiche.

Pranziamo sulla terrazza del Gözde Restaurant, io prendo calamari grigliati e peperoni mentre Ste insalata mista e köfte.

Non abbiamo ancora mangiato la Baklava né gli altri dolcetti tipici…Dobbiamo provvedere al più presto. Tornati a Istanbul andiamo verso la Torre di Galata, passando per tanti vicoletti caratteristici dove vediamo bambini giocare per strada saltando la corda, gatti che attaccano piccioni, vecchi e meno vecchi che giocano a backgammon seduti su sgabelli di legno fuori dall’uscio di casa o che bevono tè sulla porta della loro bottega.

Il panorama dalla torre è bellissimo, 360° su Istanbul, il Bosforo, il Corno d’Oro e lo sguardo arriva fino alle isole dei Principi…Certo è che i 10 € per salire sulla torre ci sembrano un po’ eccessivi.

Uscendo compriamo delle cartoline da spedire agli amici e vediamo una cartolina che rappresenta Ataturk che ci ricorda un nostro amico (il Vampi) …Decidiamo di mandargli quella, solo che continuiamo a ridere e il tizio dietro al bancone ci guarda storto perché pensa che stiamo sfottendo il loro mito…Che figure!! Torniamo in albergo, ci laviamo e vestiamo per la sera…E via di nuovo in strada! Prendiamo il tram e torniamo sul ponte di Galata per vedere uno dei tramonti più belli mai visti…Cielo arancione e sole infuocato che tramonta dietro la Suleymaniye Camii (la moschea di Solimano) mentre i gabbiani e altri uccelli le volano intorno e sul ponte di Galata si stagliano controluce le sagome nere dei pescatori che tentano fortuna nelle acque scure del Bosforo.

Un momento di poesia che non scorderò mai.

Ste, mentre stiamo per tornare alla fermata del tram, avvisa un lustrascarpe che ha perso una spazzola; questi allora insiste per pulirgli le scarpe anche se la cosa è ridicola perché indossa le puma…Ma siccome pensiamo che voglia ringraziarlo così accetta di farsele “lustrare”…Peccato che invece il ragazzo, un 20enne di Ankara che dice di avere una figlia malata che deve far operare agli occhi, gli chieda infine la bellezza di 8 euro…Ci siamo fatti inc…Re… e va beh…Fingiamo almeno di credere alla storia della bambina malata sperando che quegli 8 euro servano anche a quello.

Prendiamo il tram per tornare a Sultanhamet e quando scendiamo ci fermiamo in uno dei negozi della catena “Baklavaci Said” a comprare i dolcetti tipici, sia Lokum (che vuol dire “delizia turca”) che vari tipi di baklava (uguale a quella greca).

A cena andiamo nel quartiere Cemberlitas dove Ste, il giorno prima quando facevo il bagno turco , ha trovato una viuzza piena di ristorantini e fatto amicizia con un cameriere che si lamentava del fatto che siccome il suo ristorante era l’ultimo in fondo alla via (Kir Evì Restaurant) quasi tutti si fermavano prima e quindi loro dovevano puntare maggiormente sulla qualità. Ordiniamo il “mix per due” una pentolozza con vari tipi di carne in umido e verdure, buona anche se leggermente insipida. Intanto sta giocando la Turchia e il cameriere e Ste si mettono a parlare di calcio e non solo. Scopriamo così che il cameriere è single, che spera di trovare la ragazza tra una delle turiste perché sta sempre al ristorante e non ha tempoi di andare in giro e quindi o trova una turista o rimane da solo (bah…Ma ce l’avranno un giorno libero no?).

Dopo cena torniamo nel barettino sulla strada sotto il ns hotel per il nostro appuntamento quotidiano con il keyif, l’arte turca del rilassamento, ordinando tè nero e narghilé e finendo di leggere il racconto di Rumiz.

Giovedì 12 giugno – ultimo giorno intero a Istanbul  Oggi è il nostro ultimo giorno intero a Istanbul e vogliamo spremerlo fino in fondo…Infatti mi sento un po’ ansiosa, ho paura di non riuscire a vedere tutto quello che mi sono prefissata o di perdermi qualcosa di favoloso, ma d’altronde le ns vacanze sono agli sgoccioli.

La nostra prima tappa della giornata è il Bazar delle Spezie, molto colorato e con profumi inebrianti che ti fanno riscoprire un senso di cui a volte ci dimentichiamo: l’olfatto! Io amo le spezie e infatti non vorrei mai uscire da lì. Entriamo in un negozietto che vende spezie, tisane e miele. Ci viene offerto il tè nero, come da loro usanza, e intanto il proprietario mi fa annusare un sacco di spezie e fiori secchi…Che tortura, vorrei comprare tutto, ma non posso…Alla fine prendo per me tisana alla cannella e tisana alla lavanda (provare per credere…Io già la usavo a casa…È buonissima e ci faccio anche i biscotti…FAVOLOSI) più un pacchettino di zafferano in pistilli dell’Iran. Per delle mie amiche prendo la tisana dell’amore, afrodisiaca…So che c’erano dentro delle rose, di più non saprei… Prendo anche un tubo pieno di spezie per una mia amica.

In un altro negozietto compro invece dei dolci ai fichi, ripieni di frutta secca e ricoperti di cioccolato…Detti anche Viagra Turco e decido di regalarli per scherzo ai miei zii.

A mio cugino prendo degli altri dolcetti ai fichi e a mio papà una scatola di Lokum ai pistacchi.

Al bazar delle spezie conosciamo anche Amen, un turco che vive in Italia a Torino e ora è a Istanbul in ferie, ma aiuta suo cugino lì al bazar. Ci ferma per venderci spezie, ma noi gli diciamo che abbiamo già acquistato, allora lui sentendo che siamo Italiani, si mette a parlare e ci offre il tè anche se gli abbiamo già detto che non vogliamo comprare niente.

Lui in Italia lavora per una ditta che fa muri in cartongesso. Ci dice che Torino gli piace molto e che se ci torniamo dobbiamo assolutamente andare a visitare la collina di Superga dove sono sepolti i giocatori del Torino che morirono in un incidente aereo.

Dice che Istanbul, la sua città, è bellissima e che puoi girare senza che nessuno ti rompa le palle, ma che in Occidente dopo l’11 settembre qualcosa è cambiato e viene guardata anche lei con sospetta e timore e molta gente rinuncia a visitarla. Che errore!!! Il bazar delle spezie scopriamo essere più un’attrazione turistica che non un luogo frequentato dai cittadini, infatti appena usciamo ci addentriamo in una via e scopriamo un altro mondo: una strada con negozi di ogni tipo, venditori ambulanti di tè, un sacco di gente che cammina in ogni direzione per fare acquisti, venditori di spezie che espongono laloro merce sul marciapiede in sacchi di juta…Un casino allucinante…Eccoli i turchi!!! Questo è proprio un angolo autentico e uno spaccato di vita genuino. Abbiamo visto anche negozi “monotematici”: uno che vendeva solo carte da regalo, uno che vendeva solo chador, un altro che vendeva solo pentole…Un altro vendeva vestiti “alla moda” con chador o velo annesso in pandan…Uno che vendeva solo giochi per bambini piccoli ecc…Ecc… È attraversando queste pittoresche vie che arriviamo a un altro gioiellino dell’architettura di Istanbul: la Suleymaniye Camii (la moschea di Solimano il Magnifico) progettata da Sinan, il famoso architetto imperiale (che costruì anche il bagno turco dove sono stata). Purtroppo però all’interno è in fase di restauro e quindi dobbiamo accontentarci di vederne internamente solo un pezzetto, mentre l’esterno è intatto da impalcature. Visitiamo anche la tomba di Solimano e di altri imperatori.

Sinan aveva sempre preso come una sfida la perfezione che gli architetti di Aya Sofia avevano raggiunto mille anni prima e prese quindi a modello la pianta della bellissima Chiesa/Moschea/Museo… adattandola alle esigenze della religione musulmana.

Fuori dalla moschea si può notare ancora il Külliye, cioè il complesso di organizzazioni caritatevoli sovvenzionato dalla moschea, fa sorridere il fatto che nell’edificio che ospitava la mensa dei poveri vi sia ora un ristorante alquanto turistico.

Adesso è giunta l’ora dello shopping: il Gran Bazar… E’ giunta quindi anche l’ora della verità: quello visto nella pubblicità era o non era il Gran Bazar di Istanbul? Sono venuta fin qui per dare una risposta alla mia domanda oppure dovrò cercare altrove? Il bazar è un intrico di vie al coperto, vi si vende di tutto…Dalle cianfrusaglie per turisti, ai jeans, all’artigianato locale, ai tappetti e quant’altro…Dite una cosa e lì la troverete… So già dove voglio arrivare, ma il problema è come. So infatti che al centro del bazar c’è il quadrato dell’Old Bazar dove si vendono gioielli d’oro, rame e d’argento.

Mi perdo mille volte, ripassando più volte davanti allo stesso negozio pensando invece di essere da un’altra parte, ma alla fine eccomi al centro del G.Bazar. Ci sono gioielli stupendi…In particolare mi colpisce una collana di corallo rosso con qualche perlina d’argento…Me la vedo già addosso, ma un po’ per il prezzo un po’ per il rispetto dell’ambiente decido di non comprarla…Ma vi giuro che mi veniva da piangere…Era magnetica quella collana. Chi mi conosce sa che ho un debole per le collane: non compro anelli, bracciali pochi, orecchini proprio zero che non ho neanche il buco, ma le collane per me hanno un richiamo particolare. Però so che il corallo è in via d’estinzione ecc..Ecc…L’angioletto e il diavoletto sulle mie spalle stanno facendo a botte, poi dico un secco “no grazie” al venditore che insiste per farmela provare e me ne vado. Alla fine per me non compro nulla, ma per la mia mamma che a fine luglio fa gli anni compro un bracciale rigido d’argento, lavorato a mano e con incastonata nel mezzo una pietra di lapislazzuli, Dio mio quanto è bello.

Devo resistere per non tenerlo per me. Entriamo anche in un negozio di artigianato locale. Chiedo il prezzo di un pezzo che non so cosa sia e il “mercante” mi dice che non accetta che io chieda il prezzo di una cosa che non conosco perché non potrei valutarlo. Mi invita quindi a sedermi per parlare degli oggetti esposti e mi offre del tè, anche se non è sicuro che io compri qualcosa, il che mi fa apprezzare una volta di più l’incredibile ospitalità Turca.

Alla fine compro un portagioie in legno lavorato con della madreperla (bacchettata sulle mani…Non ho resistito) perché mi ricorda le persiane che c’erano al palazzo Topkapi.

In un altro negozio compro per la mia amica Disu il vestito per la danza del ventre che mi aveva chiesto…Ma dovrà aspettare fino al compleanno perché non glielo voglio dare come semplice souvenir.

Una volta lasciato a malincuore il Gran bazar andiamo a piedi fino a Sirkeci dove sulla piazza c’è la stazione dei pullman e prendiamo quello per Fener.

La persona che mi aveva consigliato l’Ihlamur Pavillion mi aveva consigliato anche il quartiere di Fener e sta volta il suo consiglio si rivelerà prezioso.

Fener è il quartiere abitato storicamente dalla comunità greco-ortodossa e ora è uno dei quartieri più degradati anche se pittoreschi di Istanbul. Le vie sono tutte fatte di sampietrini, sono tutte un sali-scendi, ci sono vie ripidissime, ricordano un po’ le immagini di San Francisco, anche se il contorno non c’entra nulla.

Purtroppo le Chiese e il Patriarcato Ortodosso sono chiuse, però è bello camminare tra i vicoli in salita con i panni stesi da una casa all’altra e i bambini che giocano per strada. Giocano anche a calcio in quelle vie così in pendenza che mi dico che solo i bambini possono farcela.

Alla fine torniamo alla fermata del pullman scortati da un bambino in bicicletta, Osman, con cui scambiamo due parole.

Tornati a Sirkeci compro un simit al formaggio (sta volta buonissimo) e mentre lo mangio ci avviamo verso la Yeni camii, ovvero Moschea Nuova, anche se è tutto relativo visto che ha più di 400 anni.

Mentre seduta fuori dall’ingresso della moschea finisco di mangiare il mio simit, un signore mi si avvicina urlando dicendomi di chiudere le gambe. Cavoli, non me ne ero accorta: ho la gonna al ginocchio e quindi non ho fatto molto a caso a come stavo seduta, ho le gambe leggermente socchiuse, ma non si vede nulla…Però nel rispetto della loro religione e della loro cultura serro subito le gambe e arrosisco violentemente.

La yeni camii è una vera sorpresa, avevamo quasi deciso di saltarla se non ci fosse stato tempo invece abbiamo fatto bene perché dentro è da mozzare il fiato! Almeno secondo me, infatti la guida dice che invece si vede che le maioliche di Izmir iniziavano a perdere il loro …Ehm…È il caso di dirlo…Smalto.

Ma io non me ne sono accorta e avrei addirittura detto che forse mi colpiva più della moschea blu.

Soprattutto mi ha colpito il mihrab.

Concludiamo la nostra visita al parco Gülhame dove leggo la storia di Istanbul in breve.

Torniamo in hotel per una doccia veloce e poi via per vivere l’ultima nostra notte turca.

Torniamo a Istikal Caddesi e proviamo a vedere se c’è posto al famoso 5.Kat, la guida dice che è meglio prenotare, ma inaspettatamente troviamo posto sulla magnifica terrazza panoramica da dove si vede la costa asiatica di Istanbul e il ponte che collega Asia e Europa che cambia colore ogni minuto: viola, fuxia, rosso…Stupendo! La cena è un po’ costosa, ma ottima e comunque anche solo per le mille foto notturne che ho scattato dal ristorante ne è valsa la pena.

Finiamo la serata sotto l’hotel bevendo il nostro ultimo tè (sigh) e fumando il nostro ultimo narghilé (sob) scrivendo sulla mia moleskine questo diario e leggendo ancora un racconto di Rumiz.

Venerdì 13 giugno Di mattina abbiamo tempo per sistemare le valige e per vedere ancora una volta due posti che mi sono rimasti nel cuore: la moschea blu e il ponte di Galata, poi con un pulmino dell’hotel assiepato di ragazzi arriviamo all’aereoporto Sabiha dove scopriamo che stavolta il ns volo è in orario ma che la My Air siccome ha ancora lo stesso problema dell’andata (flotta ridotta causa manutenzione) si è “appoggiata” alla Mistral Air (delle Poste Italiane) per farci tornare a casa. Mi assegnano il posto 17 che va beh che a me sto numero porta fortuna però insomma: già non mi piace volare e questo è il 4 aereo che prendo in 6 mesi, già è venerdì 13…Ci mancava solo il posto 17 che infatti sull’aereo non c’è… Dove mi siedo? Per terra? L’hostess mi accompagna al primo posto della prima fila ma mi invita a tenere il mio bagaglio a mano sotto la poltrona perché la cappelliera è piena (di cosa mi chiedo? Di lettere e cartoline?) Meglio non farsi troppe domande.

Sorvoliamo la Grecia, la spoglia costa Albanese, le mie care isole Croate (dove riconosco Lastovo, Vis, Korcula e anche la spiaggia di Zitna) e infine ci addentriamo nelle nubi grigio nere che invadono il nostro cielo Italiano da ormai due mesi.

Ed eccoci a casa con ancora Istanbul nelle orecchie, nel naso, in bocca, nella testa, negli occhi, ma soprattutto nel cuore. Mi sono persa ad Istanbul e non mi trovano più, come cantava quel genio di Giovanni Lindo Ferretti.

PS: Ah già, dimenticavo…No, il Gran Bazar non era quello della pubblicità! Mi toccherà ripartire di nuovo … INFO PRATICHE Costo del viaggio a testa (inclusivo di volo a/r, hotel per 5 notti, pasti e ingressi ai musei, palazzi ecc…): 650 euro Costo del solo volo: 200 euro con my air prenotato due mesi prima Hotel: potrei consigliarlo per “budget travel” , per ragazzi con spirito d’adattamento, ma non a chi cerca il lusso e soprattutto a handicappati in quanto ci sono molte barriere architettoniche. A me è cmq piaciuto pur nella sua estrema semplicità per il fatto che fosse a 5 minuti a piedi da alcune delle attrazioni più famose di Istanbul e per la gentilezza e simpatia di tutto il personale.

Guide: “Incontri” della Lonely Planet (utilissima per spunti fuori dai soliti percorsi) e “Istanbul” sempre della Lonely Planet stranamente esaustiva nella descrizione di chiese, moschee e monumenti. Bastano queste guide, non serve integrarle con altre (mente invece per la Croazia o la Grecia mi affidavo alla Lonely per spostamenti, traghetti, ristoranti ecc… e per la descrizione dei monumenti ecc…Alla Guida Verde del Touring Club) Libri: “Pietre sul cuore” di Alice Tachdjan (per capire il massacro degli Armeni, vera pietra sul cuore per chi si è innamorato della Turchia come me e non capisce come un popolo apparentemente così solare, tranquillo e ospitale possa aver fatto tanto male ad un altro), “E’ Oriente” di Rumiz, “Tre Uomini in Bicicletta” di Rumiz e “La Bastarda di Istanbul” di Shafak Elif Film: “Un tocco di zenzero” da vedere al ritorno per poter dire “lì ci sono stata!” e per rivivere le emozioni di alcuni luoghi.

La mia top five delle cose da vedere: 1) Santa Sofia 2) Moschea Blu 3) Ponte di Galata al tramonto 4) Bazar delle Spezie 5) Tour del bosforo fino ad Anadolu Kavagi Consigli per chi avesse solo un giorno a Istanbul: Mattina presto a vedere Santa Sofia e la Moschea blu, poi palazzo Topkapi, un’annusatina al bazar delle spezie, poi sulla torre di Galata ad ammirare il panorama, tramonto sul ponte di Galata e infine cena in un qualsiasi ristorante a Istikal caddesi o Nevizade Sokak.

Buona città magica a tutti!



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