Mexico on the road 2

Quintana Roo, Yucatan, Campeche e Chiapas: 2900 chilomentri in nove giorni. Viaggio stupendo e intenso, al di là sopra delle aspettative che riponevo su questa meta, per i miei gusti eccessivamente turistica
Scritto da: Bir_Katia
mexico on the road 2
Partenza il: 15/06/2013
Ritorno il: 24/06/2013
Viaggiatori: 4
Spesa: 2000 €
Viaggio stupendo e intenso, al di là sopra delle aspettative che riponevo su questa meta, per i miei gusti eccessivamente turistica.

TAPPE

Valladolid, Ek Balam, Chichen Itza, cenote Yokdzonot, Izamal, Merida, Mayapan, cenote di Cuzamà, Ruta de los Conventos, Uxmal, Campeche, Palenque, Misol-ha, San Cristobal, San Juan Chamula, San Lorenzo Zinancantan, Agua Azul, Calakmul, Tulum.

GIORNI: 9

PERIODO: 15-24/06

AUTO E STRADE

Eravamo in 4, e in 2 ci si è dati il turno alla guida. Abbiamo affittato l’auto (come per ogni vacanza) su www.economycarrentals.com ad un ottimo prezzo. L’abbiamo ritirata presso la europcar. Ci volevano rifilare una macchina senza radio (demerito della Europcar, non dell’economycarrentals), ma dopo molte proteste abbiamo ottenuto quella che avevamo prenotato . Anzi di più, avendo ricevuto quella con il cambio automatico (non avevano più Aveo con radio e cambio manuale, che in effetti è stata poi manna dal cielo). Consiglio di fare IMMEDIATAMENTE benzina appena lasciata l’agenzia, soprattutto se, come noi, vi dirigerete subito verso Valladolid. Noi non lo abbiamo fatto, fiduciosi che sull’ ‘’autostrada’’ per Chichen Itza avremmo avuto l’imbarazzo della scelta. Ed invece una volta imboccata, ad un punto in cui non era più conveniente fare ritorno, un simpatico cartello vi segnalerà che la prossima stazione di servizio è… a 180 km! Quella che è definita autostrada in realtà è un tunnel infinito tra la vegetazione, senza sbocchi per decine e decine di km. Abbiamo vissuto momenti adrenalinici (per non dire di panico!!), finchè una generosa famiglia messicana fermata per chiedere loro aiuto non ci ha scortato fino al casello autostradale, dove gli addetti ti vendono un po’ di benzina.. ‘aumma aumma’. Dopo quell’esperienza abbiamo poi fatto benzina compulsivamente, e anche quando non ce n’era bisogno!

Le strade in generale sono molto buone. Occorre pero’ fare MOLTA attenzione ai topes (dossi di cemento) presenti ovunque nei pressi dei centri abitati (e non solo), a volte nemmeno visibili con anticipo. Vi faranno fare molti salti ‘divertenti’, ve lo assicuro. In Chiapas invece le strade sono di montagna, per cui più strette e tortuose. Ma sempre in buone condizioni . Per cui l’affitto dell’auto ed il tour in totale autonomia è altamente consigliato.

CLIMA

Caldo umido, e con molti temporali. Soprattutto nel Chiapas, regione estremamente piovosa (piove 11 mesi su 12!). In ogni caso, in generale, è prevalentemente (ma non sempre) piovuto dal tardo pomeriggio (16/17) e per gran parte della nottata, senza inficiare eccessivamente l’organizzazione del tour. Essendo un periodo di piogge, troverete molti mosquitos (quasi ovunque tranne nel Chiapas), soprattutto nei siti archeologici di Uxmal, dove ci hanno devastato, e Calakmul, dove siamo stati semi-risparmiati, ma solo grazie a dosi massicce di Autan. Che in compenso ci ha favorito l’ustione solare!

DA NON PERDERE

Quasi tutti i luoghi visti hanno meritato una visita. Ma quelli da non perdere sono: i siti archeologici di Calakmul, Palenque e Uxmal, San Juan Chamula (esperienza incredibile), le città di Izamal e Campeche, e la spiaggia dove le tartarughe vanno a depositare le uova, nei pressi di Tulum.

Per me soprattutto: Calakmul, Chamula e Izamal.

HOTEL

Prenotati tutti dall’Italia (tranne quello di Tulum ed il secondo di Palenque), dopo aver pianificato attentamente le tappe del tour, sfruttando Booking e Tripadvisor.

1.Valladolid: La Aurora Hotel Colonial. Ottimo rapporto qualità/prezzo. Struttura suggestiva, bella piscina. Camere disposte intorno al cortile centrale, ampie ma con un po’ troppa poca luce. Consigliato.

2. Izamal: Macan Che. Bella struttura con casette immerse in un giardino tropicale erigoglioso. Un po’ caro (infatti abbiamo preso una quadrupla per contenere i costi), ma bello.

3. Ticul: Posada Jardin. Struttura molto semplice, quasi spartana, ed economica. Gestore gentilissimo.

4. Campeche: Hotel Plaza Colonial. Abbiamo preso la suite (molto ampia) ad un prezzo irrisorio rispetto ai costi medi degli altri hotel. Consigliatissimo.

5. Palenque: El Colombre. Bungalows semplici ma graziosi, immersi nel verde sulla strada verso il sito archeologico. Molta natura, ad un prezzo molto basso rispetto agli hotel della zona. Consigliatissimo.

7. Posada Real de Chiapas: hotel a 5stelle scelto su booking grazie ad una tariffa molto conveniente. Bellino, ma per essere un 5 stelle non ci ha entusiasmato. Le camere sulla strada sono molto rumorose causa locale con musica molto alta, e ce le siamo fatte cambiare

8. Palenque: al rientro da San Cristobal El Colombre non aveva camere disponibili (non avevamo prenotato), e abbiamo dormito al San Catarino, sulla stessa strada sterrata del primo. Piu’ caro de El Colombre, e senza la stessa atmosfera. Ni. 8. Xpujil (Calakmul): Rio Bec. Ottimi giudizi su Tripadvisor, ma esperienza PESSIMA. Zanzare come se piovessero, ed insetti di ogni tipo e misura. Le stanze erano attorniate da un acquitrino, che ne favoriva la proliferazione. Inoltre il ristorante dell’hotel, sfruttando il fatto di non avere nulla intorno se non il paese di Xpujil a qualche km, ha i prezzi più alti incontrati durante tutta la vacanza. Noi, visto il menù (e le zanzare inferocite che cenavano con le nostre carni) ci siamo alzati e siamo andati a cenare in paese. Nottata insonne perché la rete antizanzare intorno al letto non ha riparato nulla. Bungalow obiettivamente grazioso, ma esperienza terrificante.

9. Tulum: Zamas Hotel. Albergo scelto sul loco, dopo averne valutati un tot lungo la stessa strada. Per l’ultima notte ci siamo concessi una (bellissima) cabana fronte mare. Qui a Tulum i prezzi sono naturalmente molto più alti che nelle altre regioni, ma essendo bassa stagione siamo riusciti a spuntare qualcosa per le due stanze. Posto stupendo.

Il viaggio

Non starò a dare dettagli sui posti visitati, dato che sono notizie reperibili ovunque. Mi concentrerò più su particolari ‘pratici’.

Giorno ‘0’

Volo confortevole con Air Berlin da Milano a Cancun, con scalo a Dusseldorf. Arrivo a Cancun alle 14,30. A causa di alcuni ritardi nella consegna delle valige e dell’auto, purtroppo salta la prima tappa programmata, Cobà, e quindi ci dirigiamo direttamente a Valladolid. Dopo la disavventura precedentemente raccontata, arriviamo in hotel appena in tempo per una nuotata rigenerante, e per uscire lustri per la cena. Valladolid si presenta molto più raccolta di quanto mi aspettassi. Molto graziosa la piazza alberata antistante la chiesa: contesto architettonico tipico di quasi ogni cittadina messicana che incontreremo. Ma questa è la prima, e l’atmosfera generata dalla melodia delle centinaia di uccelli cinguettanti mi conquista immediatamente.

Giorno 1

Sveglia presto, colazione allo Squimz a base di insalate di frutta, e partenza per Ek Balam. Il sito è abbastanza piccolo e raccolto, e soprattutto poco frequentato di prima mattina. E’ il nostro primo sito maya, e ne restiamo affascinati. Verso pranzo siamo a Chichen Itza. Siamo contenti di ‘sbrigare la pratica’ ad inizio vacanza, per poi approdare a siti più autentici. Ci ritroviamo nel regno della finzione, dove tutto è costruito ad arte per il turista, e tutto è in vendita. Orde di bus e di turisti dei viaggi organizzati. Una coppia ci propone di dividere la guida in italiano con loro, e accettiamo. 600 pesos in sei, più il prezzo del biglietto, già di per sé caro. Un mezzo furto. Il sito non ci entusiasma affatto. Vogliamo giungla, e odiamo questa folla roboante che ci circonda. Ce ne andiamo con la consapevolezza che il dopo non potrà che essere meglio.

Lasciamo il caldo implacabile di Chichen Itza e ci dirigiamo al cenote Yokdzonot sulla strada per Merida (precisamente a Piste). Piacevole esperienza, ma credo ci siano cenotes più belli.

E’ già pomeriggio inoltrato, e terminato il bagno ci incamminiamo verso Izamal, la città gialla. Arriviamo che mancano meno di due ore al tramonto. La luce dell’imbrunire dona alla città un colore e un’atmosfera ancora più particolari. Ne restiamo subito colpiti. Facciamo il giro del convento, scattando foto compulsivamente. Sulla piazza principale ci avvicina l’ anziano proprietario di una delle carrozze trainate da cavalli proponendoci un tour di un’ora (per appena 100 pesos in 4) per il centro di Izamal. Siamo gli unici turisti presenti, e decidiamo di dare a lui quest’ultima occasione lavorativa della giornata, e a noi di concluderla con questa cafonata turistica, che però ci consente di conoscere Izamal da una prospettiva desueta. A lui chiediamo consiglio per la cena, e alle 19,30 ci lascia direttamente davanti al Kinich, che a quell’ora è già quasi in chiusura (!!!!!). Il ristorante è molto carino, e si mangia bene.

Giorno 2

Alle 7 partiamo di slancio con un bagno nella piscina del Macan Che. In contesto è splendido. Sfruttiamo poi la prima luce del giorno per scattare altre foto a questa cittadina incantata, dopo di che prendiamo la strada per Merida. Lasciamo l’auto in un parcheggio a pagamento (per strada non ci sono zone di sosta), e ci incamminiamo verso il centro. Il solito parco con la solita chiesa, e il solito brulicare di vita. A Merida ci ‘perdiamo’. Ci perdiamo in chiacchiere con le persone del luogo. Tutti vi vorranno portare da qualche parte. Chi in un ristorante. Chi nell’ “unico e autentico centro equosolidale di vendita di prodotti artigianali i cui proventi vanno direttamente alla comunità maya senza intermediari”, ma ogni persona ve ne indicherà uno diverso dicendo che è l’unico originale (ma quello vero alla fine non abbiamo capito se esista davvero!!! Forse è il Mundo Maya, a ridosso del centro, ma non ne siamo certi). Morale: dopo tanto chiacchierare e girare per vari negozi in cerca dell’articolo ‘giusto’ al prezzo adeguato, ci rimane solo il tempo di pranzare al Marlin Azul, che ci dicono essere un ottimo (e verace) ristorante di pesce: il locale è estremamente spartano, ed il pesce non ci entusiasma particolarmente. Qui, tra l’altro, scopriamo che quelli che in Messico chiamano ‘cocktail di pesce’ non sono ciò che noi intendiamo, ma misti di pesce immersi in una brodaglia rossa e liquida a base di pomodoro. Lo abbiamo assaggiato, ed il nostro giudizio è stato: negativo! Abbiamo appena il tempo di recuperare l’auto che scoppia un mega temporale. Diventa impossibile quindi effettuare la seconda tappa della giornata (Cuzamà) causa pioggia, e ripieghiamo su Mayapan. Arriviamo alle 16, ad un’ora dalla chiusura. Ci siamo solo noi e altre 3 o 4 persone. Ha smesso di piovere, ed il sito è quasi tutto per noi. Piccolo e meno affascinante di altri, immerso nella natura, ci è piaciuto comunque per il fatto di averlo vissuto in maniera quasi esclusiva. Terminiamo la giornata percorrendo la Ruta de los Conventos e visitando alcuni dei paesini che lo compongono (Tecoh, Tekit, Teabo, e Oxkutzcab dove si tiene anche un vivace mercato). Ricordo sopra tutti Manì, dove si trova un convento davvero molto bello (e dove il 12 luglio 1562 si realizzò l’autodafè di Maní, nel corso del quale uno spregiudicato prete cattolico ridusse in cenere migliaia di idoli maya a causa delle reticenze dei locali ad accettare la nuova fede cattolica…..!).

Alle 20 inoltrate lasciamo le valigie nella Posada Jardin di Ticul, e ci dirigiamo a cena a El Mirador (che stava chiudendo, ma grazie ad una telefonata del nostro locandiere, restano ad attenderci). Lo avevo scelto per i buoni giudizi di Tripadvisor e per la sua posizione. Oltre a non essere facile trovarlo col buio, si rivelerà il peggior pasto di tutta la vacanza (ma li perdoniamo solo perché sono stati davvero molto ad attenderci, visto che ci siamo persi cercando il ristorante).

Giorno 3

Dato che la pioggia del giorno precedente non ci ha consentito di fare tappa a Cuzamà, decidiamo di andarci oggi, pur essendo ormai distante da Ticul e completamente fuori strada per Uxmal. Impieghiamo un paio d’ore ad arrivare. Ci piaceva l’idea del cenote abbinato al carretto trainato da cavalli. In effetti l’esperienza è simpatica e il cenote grazioso, ma forse non valeva l’intero tragitto di ritorno da Ticul. Più che altro perché il ritardo accumulatosi ha tolto poi tempo a Campeche, che merita senz’altro molto più tempo di quanto non gliene avessimo poi dedicato. Cuzamà consigliato in ore poco di punta (di mattino non oltre le 10) causa afflusso di bus turistici. Noi li abbiamo evitati per pochissimo.

Altre due ore per raggiungere Uxmal. La giornata è piovosa, e il sito pieno di zanzare. Difficile districarsi tra caldo e umidità folle, tra autan e k-way. Il sito è bello e ricco di particolari, ma la voglia di scappare a gambe levate è altissima. Lasciamo Uxmal dopo un paio d’ore di sofferenza, e ci dirigiamo a Campeche. La città appare subito molto bella, ma non avremo modo di approfondirla perché il giorno dopo ci aspetta il Chiapas. Ci pervade, netto, il pentimento di non averle dedicato più tempo. Mangiamo pesce al Marganzo, ristorante consigliatoci dall’hotel. Si rivelerà una delle cene migliori della vacanza.

Giorno 4

La sveglia suona alle 6. Ma ci saranno levatacce peggiori. La strada che da Campeche va verso sud è ottima, una larga statale su cui si possono raggiungere anche i 110 all’ora. Arriviamo ad Escarcega in tempo per una colazione a base di ottime empanadas di formaggio acquistate al mercato al coperto (dove arriviamo per caso in cerca di un benzinaio). Qui ci riforniamo anche di cibarie varie che ci verranno utili nei tragitti futuri. Riprendiamo il viaggio e arriviamo a El Colombre ad ora di pranzo. Lasciamo le valige e ci dirigiamo al sito maya di Palenque. Si entra nella Riserva, e si paga il primo biglietto. Qualche minuto di auto separa l’entrata della riserva da quella del sito. Già da fuori è palese la differenza coi siti dello Yucatan. Bancarelle, sì, ma a manciate. Non a centinaia. E tutto intorno la giungla che la fa da padrone. Ingaggiamo una guida in italiano che si rivelerà davvero in gamba, per 500 pesos (mi sembra si chiamasse Arturo). Il sito è magnifico e molto ben curato. Prati verdi appena tagliati ed alberi in fiore. Ne veniamo immediatamente conquistati. E svetta subito al primo posto tra i siti maya finora visitati.

Verso le 16 inizia un forte temporale. Usciamo e ci chiudiamo in un locale a sorseggiare uno degli ottimi frullati di frutta che saranno il leit motiv di tutta la vacanza. La sera ceniamo al Dom Mucho, situato a sinistra dell’entrata della riserva. Se piove, vi consiglio di lasciare l’auto di fronte alla reception dell’hotel prima del ristorante. Pioveva tanto che il parcheggio del Don Mucho si è allagato, ed abbiamo dovuto guadare in auto due torrenti formatisi a causa della pioggia e che solo un’ora prima non c’erano, per portare il mezzo in salvo. Ristorante suggestivo, a lume di candela. Molto buone le fajitas.

Giorno 5

La sveglia suona alle 5. San Cristòbal è la meta di oggi. Abbiamo letto che la strada è impervia e ci si impiega 4/5 ore ad arrivare. E le previsioni non mentono. La strada dopo Palenque sale subito, è montagna. Il paesaggio cambia, diventa selvaggio. Il Chiapas è un colpo di fulmine. E’ un’emozione forte. E’ il Messico che sognavo. Arriviamo a Misol-ha che non sono ancora le 7. Ci godiamo la cascata da soli. E’ un momento magico. Nonostante sia prestissimo, qualcuno di invisibile si accorge della nostra presenza, ed in uscita magicamente si materializza il bigliettaio a farci pagare l’entrata. Anzi, ormai l’uscita.

Il primo tratto di strada è un susseguirsi di storie. La mamma e la figlia che fermano le auto con una corda tirata tra i due lati della strada, per venderci qualche banana. Il bambino sporco e con vestiti consunti che lascia la mano della mamma (o molto probabilmente è la mamma che gli impone di) e raggiunge la nostra auto in sosta in un punto panoramico e ci guarda senza parlare, in attesa di qualcosa. Gli lasciamo tutto il cibo che abbiamo. Poi bambine che vendono frutta. Bancarelle di vestiti con tanti fiori colorati cuciti a mano. Uno lo compro. Non lo metterò forse mai, ma in quel momento sento di volerlo più di ogni altra cosa J.

La strada più avanti si trasforma e il panorama diventa meno selvaggio, e quasi più simile alle nostre montagne. Arriviamo a San Cristòbal verso pranzo. Il navigatore va in tilt, e troviamo l’hotel solo un’ora più tardi. Lasciamo le valige in hotel e partiamo alla scoperta della cittadina. Che ci immaginavamo più raccolta e tipica. Invece è abbastanza caotica e turistica. Inizia a piovere forte. I nostri k-way non sono sufficienti. L’acqua entra ovunque. Iniziamo a sentire freddo. Abbiamo così la prova tangibile di essere sopra i 2000 metri. Smette, poi riprende. La visita diventa difficoltosa. Andiamo in hotel a metterci abiti asciutti ed usciamo di nuovo. Finiamo la giornata al mercato artigianale, dove acquisto anche alcuni tessuti decorati con motivi floreali coloratissimi. Vi consigliamo per San Cristobal una maglia e un pantalone lungo. A noi sono tornati utili.

Qualcosa è andato storto (ma chissà quando). La maledizione di Tutankamon colpisce due di noi a migliaia di km di distanza. Facciamo rientro in albergo e subito a letto senza mangiare. Tanto… non lo terremmo!!!

Giorno 6

Sveglia all’alba. Saliamo in auto fino ad una delle due chiese costruite su due colli (non ricordo il nome). Ci siamo solo noi e qualche corridore mattutino. Approfittiamo della prima luce del giorno per immortalare alcuni scorci di San Cristòbal, che – a dirla tutta – non ci ha particolarmente entusiasmato. Ci dirigiamo a San Juan Chamula. Stanno allestendo le prime, sparute bancarelle. Il paesino si sta appena svegliando. Qui le foto non sono ben accette. Mentre in chiesa (e pare anche davanti) sono proprio vietate. Nella piazza antistante la chiesa il mercato è già vivo. Quello che ci colpisce alla gola è la povertà di certe famiglie. Una mamma che vende patate dolci (forse l’unico bene che possiede) e intorno a lei un nugolo di pargoli affamati. La bimba di circa 3 o 4 anni che accudisce il fratellino in fasce come se già avesse esaurito il suo diritto all’infanzia. Compriamo il biglietto per entrare in chiesa al banchetto davanti all’entrata. Non sappiamo cosa ci aspetta dentro. Ma qualsiasi aspettativa non avrebbe mai raggiunto la realtà.

Le porte si aprono, e insieme a loro uno scenario surreale. Aghi di pino ricoprono quasi interamente il pavimento della chiesa. Decine e decine di persone, in piedi o inginocchiate, pregano di fronte a migliaia di candele accese, di tutti i colori. Candele in fila sul pavimento, candele su alcuni banconi antistanti le effigi di santi. E di fronte bottiglie piene di acqua, coca cola, o rum. Riti pagani in una chiesa cristiana, che a noi risultano incomprensibili. Leggeremo poi, una volta rientrati in Italia, che la coca cola viene bevuta alla fine del rito perché agevola la purificazione, l’uscita degli spiriti maligni. I colori delle candele simboleggiano il tipo di grazia che si vuole chiedere al santo (bianche per problemi di nervi, marroni per problemi con la terra o con i raccolti, ecc.). Si può anche assistere al sacrificio di polli, animale sacro, ed in quanto tale l’unico che può essere introdotto in chiesa. Stavano inoltre allestendo la chiesa con festoni e enormi corone di fiori. Allora chiediamo cosa stiano preparando. E così scopriamo che tutto quel fervore si spiega con l’avvento prossimo di San Giovanni (patrono del paese, San Juan Chamula appunto), che verrà festeggiato il giorno seguente.

Lasciamo la chiesa dopo un periodo di tempo indeterminato. E con la netta sensazione che quel solo luogo è valso l’intera vacanza.

Dopo qualche acquisto presso le bancarelle di artigianato, ormai tutte schierate in fila lungo la strada del rientro verso il parcheggio, recuperiamo l’auto e ci dirigiamo verso San Lorenzo Zinancantan. Il posto, a pochi km di distanza da San Juan, è molto meno suggestivo. I bambini nella piazza antistante la chiesa chiedono i soldi per essere fotografati, mentre a Chamula vendevano braccialettini fatti da loro per pochi spiccioli. Qui a Zinancantan quell’atmosfera surreale da posto che ti resterà sempre nel cuore se ne va. Non facciamo il biglietto per entrare in chiesa perché non c’è una biglietteria. Entriamo comunque, la chiesa è semplice e deserta. Tanti fiori. Anche qui è vietatissimo fotografare. Un cartello davanti alla chiesa è sufficientemente minaccioso da disincentivare qualsiasi intenzione ‘illecita’.

Oggi si ritorna a Palenque. Abbiamo solo 9 giorni a disposizione per vedere tutto quello che ci siamo prefissati, ed i ritmi non possono che essere serratissimi. Però andando mediamente sempre a dormire presto (anche 21/22), non abbiamo mai patito la stanchezza. Ad eccezione di una sera funesta che però.. deve ancora arrivare. Dopo Zinancantan facciamo quindi rientro a Palenque. Sappiamo dal giorno prima quanto la strada sarà lunga e difficoltosa, in particolare a causa della miriade di topes disseminati ovunque. Verso ora di pranzo ci fermiamo a mangiare pollo asado da una signora che griglia su un barbecue lungo la strada (ne troveremo diversi di bbq lungo il cammino). Scopriamo con piacere che sopra la casa ha un terrazzino con dei tavoli, e una vista eccezionale. Siamo in paradiso!

Verso le 16 arriviamo ad Agua Azul. Il periodo delle piogge l’ha resa imponente. E le acque, più che azul, sono un po’ marroncine. Facciamo qualche foto. Appena in tempo prima che si scateni l’ennesimo temporale. Ci ripariamo in uno dei tanti localini lungo la cascata. L’occasione è propizia per farci due empanadas. In breve smette di diluviare. Lasciamo Agua Azul in direzione di Palenque. Non avendo prenotato nessun hotel, ci dirigiamo in direzione de El Colombre (che abbiamo tentato di chiamare la sera prima per prenotare, ma invano). Sulla strada ci fermiamo al San Catarino, 100m prima. Il posto c’è, le camere non sono male. Contrattiamo un po’, e ci fermiamo qui. Al Colombre scopriremo poi che comunque non avevano posto. La sera torniamo a mangiare al Don Mucho. Per fortuna questa volta non piove!

Giorno 7

Sveglia alle 5. Ormai siamo abituati. Lasciamo il Chiapas con il buio. La tappa di oggi, unica ma fondamentale, è Calakmul. La proprietaria del Rio Bec, prenotato dall’Italia, ci aveva scritto che da Palenque a Calakmul sono almeno 5 ore di strada (tra l’altro li divide una sorta di statale in ottimo stato) fino all’entrata della Riserva della Biosfera. Più un’altra ora per percorrere i 60km all’interno del parco. La scelta di partire presto è dettata dal fatto di non voler minimamente rischiare di saltare Calakmul, per me tappa fondamentale del tour. Facendo un solo stop ad Escarcega per bissare le ottime empanadas dell’andata, arriviamo all’entrata della Riserva intorno alle 10. Paghiamo il primo biglietto. L’addetto ci apre la sbarra e entriamo. La strada che ci troviamo davanti è asfaltata ma stretta. Intorno la giungla. Ovunque. 60 km dopo uno dei siti maya più selvaggi di tutto il Messico.

FONDAMENTALE: arrivare all’entrata della Riserva con scorte di acqua e cibo. Se si arriva da Palenque/Campeche, consiglio la tappa ad Escarcega. Perché dentro la Riserva non c’è NULLA (e nemmeno nei pressi dell’entrata; quel lungo tratto di ‘statale’ è abbastanza deserto).

All’entrata del sito vi faranno firmare un registro. Qui apprendiamo che finora sono entrate appena 12 persone, compresi noi. Era quello che mi aspettavo. Un sito selvaggio, e quasi solo per noi. Dalla biglietteria c’è ancora da camminare circa 15minuti prima di avvistare i primi templi. Ed è subito chiara una faccenda: le zanzare sono tante. Ed agguerrite. E noi siamo tutti per loro! Facciamo ripetuti e sistematici bagni nell’ Autan. Azione che ci proteggerà abbastanza bene dai mosquitos. Ma che ci donerà una curiosa abbronzatura a chiazze.

Che dire del sito? E’ stupendo. Testimone di come la natura prenda il sopravvento sull’uomo. Molti alberi non sono stati sradicati, e sono stati mantenuti sulle costruzioni, e sui gradini dei templi. Saliamo sulle due strutture maggiori, la I e la II (se non erro). L’una supera l’altra in altezza di appena un metro. Il sole picchia inclemente, ma è il momento che aspettavo da tutta la vacanza. Raggiungo la sommità. Come Rocky I in cima alla scalinata mi sento padrone del mondo :-D. Tutto intorno solo giungla a 360 gradi. Nei giorni limpidi pare si veda anche il sito maya di Tikal in Guatemala. Stiamo lì, in cima al mondo, per un periodo indeterminato. Le parole non bastano per esprimere quello che provo.

Lasciamo il sito verso le 16 e ci dirigiamo al Rio Bec, 7 km prima di Xpujil, a un’ora di strada. Abbiamo avuto la piscina praticamente in ogni hotel durante questa vacanza. Ma per la prima volta che davvero la desideravamo, per la prima volta che ci trovavamo inoccupati già dal medio pomeriggio, con una voglia incredibile di nuoto, sole e relax… la piscina non c’è. Ma il grave non è quello (perché lì la colpa è stata nostra che ci siamo creati false aspettative). La cosa grave è tutto il resto, che ho già dettagliatamente spiegato nella sezione ‘hotel’. Delusi, amareggiati, affranti. Non possiamo uscire dalla cabana perché le zanzare ci assalgono. Non possiamo restare dentro perché le zanzare ci assalgono. Non vediamo l’ora di ripartire. Se avessimo certezza di trovare un posto migliore a Chetumal, ce ne andremmo anche subito. Peccato che abbiamo pagato appena arrivati. La sera ceniamo a Xpujil, raggiungibile solo se si possiede un’auto. E’ poco più di 5 case sparse e qualche ristorante non turistico, perché di turisti non ce ne sono. Infatti i locali sono già quasi tutti chiusi. Ci fermiamo nell’unico aperto. Ma ci va benissimo. Tutto pur di non lasciare il portafoglio per una cena al Rio Bec!!!

Torniamo a dormire. Ma di dormire non se ne parla. Le zanzare attaccano nonostante la rete di protezione. E poi non sono gli unici insetti con cui conviviamo nella stanza. Sul soffitto del letto in piena notte troviamo una patacca nera enorme, che decidiamo di non toccare perché non ne conosciamo la reazione.

Giorno 8

La sveglia suona alle 4.45. Non sono mai stata così contenta di abbandonare il giaciglio. Mi alzo distrutta, sofferente, e nervosissima. L’unica gioia è sapere che oggi ci aspetta il Mar dei Caraibi. Inizialmente avevamo programmato di fare mare solo l’ultimo giorno (cioè ‘domani’). Ma l’alto livello di efficienza mantenuto per tutto il viaggio (tanto da rispettare tutte le tappe programmate tranne Cobà, ma non per colpa nostra), insieme all’esperienza grama del Rio Bec, ci hanno fatto concludere che ci siamo ASSOLUTAMENTE meritati il mare un giorno prima!!!! E’ buio, ed è presto. CI fermano ad un paio di posti di blocco (siamo stati fermati in tutto 3 o 4 volte, ma è sempre andato tutto bene), chiedendoci da dove arrivassimo e dove fossimo diretti. Ripartiamo. Andiamo spediti, e la strada, sempre ampia e molto scorrevole, lo consente. Non facciamo tappe, se non una per cibo ed esigenze fisiologiche, ed arriviamo a Tulum già alle 10. Siamo stati bravissimi!

Raggiungiamo la strada che costeggia il mare. Il mare non si vede, perché gli alberghetti ne occludono la vista, ma lo avvertiamo. Guardiamo quattro o cinque strutture prima di decidere. E’ l’ultima notte, e vogliamo la famosa cabana sulla spiaggia. A tutti i costi. Alla fine ci innamoriamo di quelle dello Zamas Hotel. Grandi, ben arredate, bagni enormi, amache nel dehor e… di fronte palme e mare caraibico!!!! Costano care (ci chiedono 165 dollari ciascuna), ma riusciamo a contrattare grazie al fatto di essere in bassa stagione. Tocco il cielo con un dito!

Facciamo un’abbondante colazione al bar/ristorante dello Zamas, e poi ci buttiamo FINALMENTE in spiaggia (bella, ma non stupenda). Una, due, tre ore. Ma l’ozio non ci appartiene, e nel primo pomeriggio qualcuno di noi già scalpita. Lasciamo la nostra amica a godersi tutto il relax caraibico, e noi tre andiamo a visitare il sito maya di Tulum. Anche qui ci accoglie una città (di bancarelle) intorno alla città (maya). Dal parcheggio una lunga camminata conduce alla zona archeologica. Si può anche prendere un trenino, a pagamento. Il sito è gradevole, ma è nulla in confronto ad altri. Quello che lo caratterizza è la sua posizione splendida, su un mare turchese che ti riempie gli occhi.

Di ritorno ci fermiamo a rigenerarci in un locale a Tulum, lungo la strada principale, che fa ottimi mix di frutta frullata. Ci ritorneremo ancora il giorno successivo. Alla proprietaria, estremamente gentile, chiediamo consiglio su dove cenare la sera a base di pesce. Ci consiglia El Capitan. Ci andremo a mangiare, ma non ne resteremo entusiasti. Pesce (suppongo) fresco, ma troppo speziato per i nostri gusti. Se invece questo particolare per voi non è un problema, allora ve lo consiglio. Perché troverete una grigliata di pesce molto abbondante per due persone per l’equivalente di 30 euro.

Giorno 9. L’ultimo.

Alle 21,50 ci attende a Cancun l’aereo che riporterà in Italia.

Ci alziamo finalmente con calma. Facciamo colazione con calma. E con calma esploriamo le spiagge subito a nord. Ci consigliano la spiaggia del pescatore. In realtà quel tratto di costa è composto da uno spiaggione unico molto bello, e lasciato ancora – PER FORTUNA – ad uno stato originale, senza costruzioni. E con qualche chioschetto isolato. Facciamo ritorno alla cabana per l’ultima doccia, e per poter lasciare la stanza entro mezzogiorno. ‘Pranziamo’ con un altro ottimo succo di frutta, e ci incamminiamo verso nord. Il mio obiettivo è trovare la spiaggia di Xcacel, dove depositano le uova le tartarughe marine. E’ area protetta, e non è indicata, per tutelare al meglio il luogo. La spiaggia è stupenda. Da togliere il fiato. Ovunque ci sono paletti nella sabbia che indicano la presenza delle uova. Stiamo un’oretta, riparati al fresco della vegetazione che delimita la spiaggia. Si fa tardi, e dobbiamo andare.

Vogliamo fare uno spuntino, ma non troviamo nulla lunga la strada. Che tra l’altro, man mano che si va a nord, è un susseguirsi di resort megagalattici che chiudono completamente l’accesso alle spiagge, per decine di km. TER-RI-FI-CAN-TE. Decidiamo di fermarci a Playa del Carmen. I nostri occhi si riempiono di brutture. Playa è tutto quello che non voglio da una vacanza. Locali con musica tunz-tunz, camerieri tatuati e invasati, e OVUNQUE negozi pieni di souvenir e fast-food stile Mc Donald. La cosa triste è che siamo lì, ma potenzialmente potremmo essere ovunque. E quella ancora più triste è che questo posto finto e cementificato, per molti turisti, è tutto quello che vedono del Messico.

Lasciamo l’auto senza intoppi, e ci conducono all’aeroporto. Si parte. Con il Messico negli occhi e nel cuore.

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Valladolid

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Chiapas

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