Meteore e Santorini

Un assaggio di Grecia classica e un soggiorno in un’isola iperinflazionata ma non per questo meno bella
Scritto da: Lara B
meteore e santorini
Partenza il: 10/07/2018
Ritorno il: 18/07/2018
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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MARTEDÌ 10 LUGLIO

La giornata di oggi è interamente dedicata al viaggio: partiamo verso le 10.30 da Forlì in direzione Venezia, dove abbiamo trovato, tramite agenzia, un volo Easy Jet solo andata per Salonicco, dove trascorreremo una notte senza soffermarci per la visita. Con l’auto a noleggio prenotata dall’Italia partiremo domattina per andare a visitare le Meteore e ci tratteremo un paio di giorni, poi torneremo a Salonicco e con volo interno di Olympic raggiungeremo Santorini per i successivi sei giorni. Da qui rientreremo direttamente a Venezia senza tornare su Salonicco sempre con Easy Jet che si è rivelata un ottima compagnia low cost. Abbiamo fatto tutto tramite agenzia tranne la notte alle Meteore perché abbiamo trovato un alberghino molto carino da soli e senza preoccuparci del mezzo di trasporto a Santorini perché abbiamo avuto informazioni contrastanti da chi è stato prima di noi e vogliamo capire sul posto cosa conviene fare.

Il volo di andata dura 1 ora e 25 minuti e all’arrivo non ci controllano nemmeno la carta d’identità. Incontriamo qualche difficoltà per il ritiro dell’auto, in quanto la nostra compagnia, indicata Flexible Autos nel voucher, non ha un desk all’interno dell’aeroporto che non offre nemmeno un ufficio informazioni dove poter chiedere. Dopo un po’ di girovagare riusciamo a contattarla telefonicamente e vengono a prenderci con un pulmino della Golden Car, che è la compagnia di riferimento della Flexible Autos. Era scritto nel voucher in moooolto piccolo e in fondo e non l’avevamo letto tutto…

Ritiriamo la nostra Fiat Tipo dopo esserci fatti scucire 60 euro in più di quanto già pagato, perché, se abbiamo capito bene, è una sorta di estensione dell’assicurazione che così è completa di car-service e permette di non avere 1200 euro di cauzione bloccati sulla carta di credito. Controlliamo velocemente che sia tutto in ordine e partiamo con il navigatore italiano che funziona alla perfezione per l’hotel che dista appena un km, forse meno.

L’Athina Airport Hotel è in una zona degradata che però in passato deve aver vissuto tempi migliori: qua e la i resti di imponenti edifici, forse ex cinema, o ex casinò, oggi lasciati completamente allo scatafascio, vigilano impotenti, muti e arrugginiti su una stradina piena di buche ed erbacce. L’hotel spunta in mezzo a questo paesaggio silenzioso e triste, contornato di campi da tennis e piscina. L’interno è imponente e curato, facciamo velocemente il check in e prendiamo possesso della nostra camera, la 121, bella e spaziosa e al piano terra, facilmente raggiungibile ma allo stesso tempo isolata dalla zona della hall. Purtroppo più tardi, ho avuto modo di appurare che le fenditure delle finiture del bagno non particolarmente curate, sono densamente popolate di insetti che nottetempo vagabondano in mezzo ai sanitari, ma ci avevano avvisato: a meno che non si vada in qualche hotel di super lusso le condizioni generali in Grecia sono inferiori agli standard italiani e abbiamo accettato lo stesso, negli anni abbiamo dormito sicuramente in condizioni peggiori durante i nostri viaggi.

Ormai si è fatto tardi, sono le 21 passate, abbiamo bisogno di una doccia e abbandoniamo l’idea di andare in centro a Salonicco, che dista 13 chilometri ed è tutta città, perché serve oltre mezz’ora e pensiamo non ne valga la pena, domattina vogliamo partire presto.

Quindi ci laviamo, ci cambiamo e rimaniamo a cenare al ristorante dell’hotel con un insalata, pensando di rimanere leggeri, ma capiamo subito che il concetto di “leggero” non si addice all’insalata greca! Ottima, ma sicuramente importante!

MERCOLEDÌ 11 LUGLIO

Sveglia alle 7, ottima colazione continentale, paghiamo la tassa di soggiorno di 1,50 euro al momento del check out e alle 8 siamo in macchina in direzione Meteore.

Il viaggio è piuttosto lungo, tre ore servono tutte. Prima si esce da Salonicco percorrendo delle tangenziali scorrevoli ma molto trafficate, poi si prende l’autostrada che si paga un tratto ogni tanto, per un totale di circa 5 euro, gli ultimi 60-70 km invece sono di strada normale, di curve e qualche camion ogni tanto. Nel mezzo, nulla. Il paesaggio greco attraversato in questo spostamento non ha assolutamente niente da offrire, se non un paio di viste di inceneritori grigi con fumo bianco, orribili, che però sullo sfondo di campi infiniti di girasoli posti tra loro e la strada, hanno un loro perché. Se non si pensa all’aspetto inquinamento, ovvio.

Arriviamo alle 11 e cerchiamo subito il nostro Archontiko Mesohori Hotel che troviamo arrampicato sull’estremità più alta di Kastraki, il più piccolo paesino che assieme alla vicina Kalambata è la base di partenza per visitare le Meteore: non è molto agevole la strada per raggiungerlo, stretta, tortuosa e molto ripida ma una volta lì la vista alle nostre spalle è meravigliosa e l’hotel sembra uscito da una favola: legno e fiori ovunque, giardinetto curato a lato e sullo sfondo lo spettacolo delle conformazioni rocciose delle Meteore, fantastico. Entriamo e sembra che qui il tempo si sia fermato, sapientemente arredato con qualche pezzo di antichità qua e là è intimo e caloroso come un abbraccio.

Mi piace proprio tanto, ma la camera non è ancora pronta, così ci dirigiamo a Kalambaka, che troviamo subito più anonima e meno spettacolare come posizione e, dopo qualche giro a vuoto, troviamo l’ufficio turistico dove ci danno tutte le informazioni e i depliant che ci servono per visitare la zona.

E’ molto semplice: c’è un unica strada con un percorso ad anello di 15/20 km, con un paio di deviazioni, che parte da Kastraki e si chiude a Kalambaka, o viceversa, lungo il percorso ci sono i monasteri costruiti sopra le rocce di cui quelli visitabili sono 6, nei depliant troviamo gli orari, in generale aprono tutti alle 9 e chiudono alle 16 o alle 17 circa ma qualcuno chiude all’ora di pranzo, i giorni di chiusura, ognuno ne osserva uno diverso per cui per vederli tutti è bene programmare due giorni, i costi (€ 3,00 ognuno) e il numero di gradini da salire per raggiungere ogni monastero, e i due giorni quindi aiutano a non stancarsi troppo. Si può percorrere con la propria auto in quanto ai piedi di ogni monastero c’è il parcheggio o con navette o trenini, oppure si può percorrere anche a piedi o in bicicletta, ma bisogna essere allenati, sia per le salite che per la lunghezza perché ci sono alcuni sentieri ma la maggior parte del percorso è lungo la strada principale. Inoltre ci sono alcuni musei che si possono visitare del tutto gratuitamente, di cui uno in cui si può assistere ad una proiezione in 3D che illustra la nascita e i segreti della zona che non vogliamo assolutamente perdere.

E infatti ci dirigiamo subito lì per passare il tempo prima di prendere possesso della stanza. Non ci è subito chiaro dove sia perché non c’è l’indirizzo esatto, e lo troviamo solo con l’aiuto del caro google sulla strada verso Kastraki, ma quando arriviamo il video è già iniziato e la prossima proiezione sarà solo tra mezz’ora, in quanto ne fanno uno ogni ora allo scattare dei 30 minuti, fino alle 18.30, orario in cui viene proiettato l’ultimo.

Per recuperare tempo andiamo quindi a pranzare in un locale vicino, con due insalate (normale, non greca per me!) se no chi si arrampica per tutti quei gradini oggi pomeriggio?

Ne approfittiamo per fare un riassunto di tutte le informazioni che abbiamo avuto dall’ufficio turistico, e fare un piccolo programma su come suddividere le visite tra oggi e domani: il monastero di Roussanou oggi è chiuso, mentre domani sarà chiuso Agia Trias, che però è verso la fine dell’anello rispetto a Kastraki, ma dobbiamo partire da li se vogliamo vederli tutti, e partire in fretta, anche se è molto caldo, per sfruttare al meglio il tempo prima della chiusura.

Quindi mangiamo, saltiamo il video 3D, per ora, torniamo all’hotel per prendere possesso della camera e più in fretta possibile ci rimettiamo in strada verso il primo monastero di Agios Nikolaos, che è talmente vicino a Kastraki che non ci sembra possibile, e infatti lo saltiamo. Quando arriviamo sotto a Roussanou ci viene il dubbio che quell’assembramento di pullman e auto incontrato un paio di chilometri prima fosse Agios Nikolaos e non solo un punto panoramico e così torniamo indietro. Infatti.

Parcheggiamo sotto al sole cocente, entriamo dal cancello dall’altra parte della strada e iniziamo la salita contando i gradini. Dovevano essere 100 secondo l’opuscolo informativo, ma i 100 partono dove finisce la stradina a curve, che essendo tutta a curve sono stati creati altri gradini per collegare i tornanti. Quelli non sono conteggiati ufficialmente, perché fanno parte della strada… comunque a conti fatti alla fine i gradini in totale sono 260, a meno che il primo tratto non si voglia fare lungo la stradina che comunque è in salita.

Nonostante il caldo, li ho fatti bene, anche perché in ogni angolo ci sono panchine e alberi con ombra. L’ultima rampa porta direttamente al portone di accesso del monastero, con tanto di campanello.

Si entra, alle donne che portano i pantaloni, sia corti che lunghi viene dato lo skirt, una specie di pareo coprente da legare in vita che copre completamente le gambe, e così si visita il luogo sacro ortodosso, molto bello, pieno di gradini anche all’interno e piuttosto affollato, anche perché gli spazi sono abbastanza ristretti. Ci sono stanze con dipinti e sedute per un po’ di riposo, in alcune i monaci si raccolgono con i fedeli in un momento di preghiera, c’è anche una cucinetta da cui escono altri monaci con bicchieri di acqua fresca per i turisti, visitiamo la Chiesina affrescata con le icone ortodosse, i terrazzi da cui godere della splendida vista, qualche giardinetto e sulla cima una terrazza più grande con un breve percorso che porta fino alla campana. Piccolo, ma molto molto bello.

Affrontiamo la discesa e riprendiamo l’auto infuocata, saltiamo i successivi monasteri, solo qualche foto panoramica lungo la strada, per raggiungere Agia Trias, che domani sarà chiuso e oggi chiude alle 17. Parcheggiamo lungo la strada e il monastero è proprio in linea retta davanti ai nostri occhi, ma per raggiungerlo bisogna scendere una stradina di tornanti (stavolta non ci sono gradini che uniscono le curve) e risalire dall’altra parte, i 150 gradini indicati nel depliant partono da qui.

Arrivati in cima un po’ affaticati, entriamo e visitiamo il luogo, qui i monaci girano senza soffermarsi con i turisti e c’è meno gente. Guardiamo la vecchia carrucola con cui un tempo venivano portati viveri e generi di prima necessità, tutto è spoglio e pulito, la pietra viva la fa da padrona sia in terra che nelle pareti e all’interno c’è un bel freschino, ci voleva proprio. Indossato lo skirt attraversiamo l’edificio e sbuchiamo dalla parte opposta dove attraversiamo la parte esterna fino all’estremità del monastero in cui sorge una croce e da cui si gode di una bella vista sul territorio circostante. La visita è piuttosto veloce, ma del resto la soddisfazione maggiore è raggiungere l’obiettivo, arrivare in cima, conquistare il monastero gradino dopo gradino.

Usciamo e rifacciamo il percorso al contrario prima i 150 gradini verso il basso, poi risaliamo la salita a tornanti con un pochino di fatica, più che altro a causa del caldo e del sole cocente che picchia su tutto il tratto.

Riprendiamo l’auto e ci dirigiamo verso l’ultima tappa di oggi: Agios Stefanos. Questo monastero apre alle 15.30 e quando arriviamo manca ancora un quarto d’ora. E’ l’unico che non ha gradini per entrare, ma la voragine che separa la strada dalla roccia su cui poggia il monastero si supera attraverso un piccolo ponte. Inganniamo il tempo coccolando un micio assonnato e quando si apre il cancello entriamo ma veniamo fermati subito alla biglietteria dalla monaca addetta, perché gli uomini in pantaloni corti non possono entrare e non possono nemmeno indossare lo skirt che è riservato alle donne, chissà poi perché. Quindi se sei uomo e non hai i pantaloni lunghi di ricambio con te, semplicemente non entri. Punto. Paso è quindi costretto a fare dietro front, come molti altri che erano in fila, ed io entro sola.

Agios Stefanos è il monastero più bello visitato finora, più grande degli altri, ricco di giardini fioriti e curati, c’è una chiesa molto bella, con dipinti luminosi e vivaci pur rappresentando scene religiose, e mi piace talmente tanto che accendo anche un cero all’esterno.

Giro dappertutto, ma la parte più bella sono gli esterni, è occupato da monache, che saranno anche un po’ più puntigliose, ma dietro a tutta questa bellezza non può che esserci una mano femminile. Nel negozio di souvenir la suora mi fa un urlo perché per un attimo tiro fuori il cellulare, pensava volessi fare delle foto alle teche in cui erano esposti dei reperti ma volevo solo leggere un messaggio, il suo NO FOTO ha riecheggiato in tutto il monastero!

A questo punto sono le 16.10, i monasteri che ci rimangono da visitare sono già tutti chiusi, non ci resta che andare a vedere il famoso video 3D e per farlo torniamo a Kalambaka proseguendo lungo l’anello e facendo quindi il giro completo.

Arriviamo puntuali per la proiezione delle 16.30, inforchiamo gli appositi occhiali e ci accomodiamo in sala, dove siamo solo in quattro. Il filmato inizia con delle bellissime immagini della Tessaglia e solo durante la seconda e terza parte si concentra su questa zona, spiegando come si sono formate le conformazioni rocciose nel corso dei milioni di anni passati e come sono oggi. È tutto in un inglese di cui non capisco quasi nulla, ma grazie alle immagini, alle poche parole afferrate qua e là e a quello che avevo letto prima di partire riesco comunque a seguire e a godermi l’esposizione, l’effetto 3D poi è fatto molto bene e a tratti sembra proprio di essere lì.

Finito il filmato, dopo circa 40 minuti, riprendiamo l’auto e torniamo in hotel a fare una doccia, siamo tutti appiccicaticci di sudore dopo le fatiche di oggi.

Sulle 19 usciamo di nuovo e ripercorriamo l’anello nella stessa direzione di oggi, con varie soste lungo la strade per ammirare i monasteri e le rocce con la luce calda del tramonto, che sono ancora più belli. Non ci sono più i pullman di turisti, solo un po’ di appassionati fotografi come Paso che riprendono da tutte le angolazioni, si sta decisamente meglio di oggi.

Giriamo per oltre un ora su e giù ammirando e fotografando, poi andiamo a cena a Kastraki in un ristorante dal nome indecifrabile, dove mangiamo ottima carne con contorno di patatine per 23 euro in due, compreso anche il vino, un angolino di verde sapientemente studiato per dimenticarsi della vicina strada.

Kastraki di sera è una piccola cittadina piena di localini dove cenare o bere qualcosa, Kalambaka, in cui andiamo a fare un giro dopo cena, anche, ma più grande e con il vantaggio che le rocce che la sovrastano sono a tratti illuminate creando un favoloso effetto da mille e una notte, ma per il soggiorno siamo contenti di aver scelto Kastraki, più riservato e caratteristico. A Kalambaka I negozi sono aperti e i bar non si contano, facciamo due passi per digerire la cena e verso le 22 torniamo in hotel a riposare, attraversando una Kastraki anch’essa più viva che mai, con musica e luci in ogni angolino, sarà forse anche merito della semifinale dei mondiali che tutti i bar trasmettono all’esterno. Domani ci aspetta un’altra sfacchinata e il ritorno verso Salonicco per prendere il volo per Santorini.

GIOVEDÌ 12 LUGLIO

Sveglia alle 8, lasciamo la nostra bella camera rossa e dopo un’ottima e abbondante colazione attraversiamo Kastraki e riprendiamo la via per le Meteore. Ci dirigiamo subito verso Grande Meteora, alle 9.15 siamo già li speranzosi, vista l’ora, di trovare poca gente e un po’ di fresco, ed in effetti gente ce n’è già abbastanza ma la fila delle auto parcheggiate è molto meno di quella vista ieri. Lasciamo l’auto piuttosto vicino e raggiungiamo l’ingresso del monastero. Qui ci aspettano 210 gradini, ma i primi 100 circa sono da fare in discesa poi si attraversa il ponte e si inizia a risalire per gli altri 110. E’ uno degli accessi più spettacolari, la scala si arrampica sulla roccia perfettamente integrata, quasi non si direbbe che c’è se non fosse per le teste dei turisti (anzi, pardon, dei pellegrini) che faticosamente salgono. Sulla nostra destra la carrucola ancora in funzione attraversa la gola carica di pacchi. C’è un sole pieno anche oggi ma ancora non fa così tanto caldo e non facciamo troppa fatica, anche perché le varie rampe sono collegate da pianerottoli di riposo.

Per sicurezza Paso ha indossato pantaloni lunghi ma qui pare non ci sia problema anche per chi ha i corti. A me in cima, aspetta l’inevitabile skirt.

Grande Meteora è il più grande e forse il più bel monastero, è una piccola cittadina dove sono conservati anche vecchi mobili e utensili all’interno della cucina e della cantina, c’è una stanza piena di teschi di cui non capiamo il significato e un paio di chiese molto simili a quelle già viste, ma sempre belle.

Gli spazi sono ampi e i giardini curati, alcuni monaci, tutti rigorosamente vestiti con tonache nere e con la barba lunga, passano incuranti dei turisti, c’è anche un restauratore che riprende i dipinti nel soffitto nel portico davanti alla chiesa, e il suo deve essere un lavoro durissimo: steso su una sedia con lo schienale reclinato, con un ferro in appoggio sul soffitto a cui deve appoggiare la mano per non avere alcun tremore. Alcuni fedeli baciano un icona a noi sconosciuta.

Grande Meterora è il monastero la cui visita ci porta via più tempo, ma merita una sosta tranquilla e un giro in tutti gli anfratti per scoprirne i segreti, sarà che è mattino e siamo riposati, ma ci attardiamo per circa un ora prima di ridiscendere la scala, attraversare il ponte e risalire dall’altra, e le foto si sprecano, anche perché le vedute di Varlaam e di Roussanou con la luce del mattino sono morbide e calde.

Mentre usciamo iniziano ad arrivare i pullman di turisti che si ammassano all’ingresso, fuggiamo con l’auto e ci spostiamo nella vicina Varlaam. Ormai sono quasi le 11 e inizia ad essere bello pienotto anche qui, ma riusciamo a parcheggiare bene. Percorsi i 120 gradini tutti in salita, entriamo in una Grande Meteora in miniatura, anche qui la fa da padrona la parte esterna pulita, ordinata e fiorita. Il caldo inizia a farsi sentire forte, in più oltre allo skirt qui mi chiedono di coprire anche le spalle, giustamente, ma finora non sembrava essere un problema. Giriamo tutti gli spazi possibili, la Chiesa, molto simile alle altre, le vedute panoramiche dai terrazzi e un bel museo accessibile da scale che entrano nel ventre della roccia.

Quando usciamo dobbiamo sgomitare sulle scale con le orde barbariche di turisti in fila per entrare sotto il sole cocente nell’ultimo tratto di scala.

Giungiamo infine all’ultima Meteora che ci rimane da visitare: Roussanou. 210 gradini, che si percorrono facilmente e visita velocissima perché il monastero è molto piccolo. È molto simile agli altri, ma sono tutti talmente particolari che non ci si stanca mai di girare.

E con Roussanou finisce la nostra visita a questo bellissimo e particolarissimo angolo di mondo, che merita sicuramente un viaggio, anche se due mezze giornate sono sufficienti per visitarlo tutto.

Torniamo a Kastraki, facciamo benzina e andiamo nella piazzetta dove decidiamo di fermarci a mangiare in un localino a caso, un insalata greca, una ratatouille di verdure, acqua, un quarto di vino e un caffè 16 euro in tutto e ci portano pure due dolcetti per finire. Ci siamo solo noi, il paese è deserto e infuocato, anche ieri durante il giorno non si vedeva nessuno, ci chiediamo dove mangino le masse di turisti che invece abbiamo incontrato sia ieri che oggi.

È ora di salutare le Meteore… usciamo da Kastraki con un po’ di malinconia e iniziamo il lungo viaggio di ritorno verso Salonicco, quasi tre ore di nulla assoluto. E proprio nulla di nulla. Strada normale, autostrada e infine verso le 16 approdiamo nella caotica città.

Siccome abbiamo tempo prima del volo ne approfittiamo per una veloce visita al centro, che dalle ricerche che abbiamo fatto non dovrebbe avere molto altro da offrire se non piazza Aristotele, la Torre Bianca, il lungomare, qualche Chiesa e forse una zona antica ma lontano, che quindi dovendo fare una scelta, saltiamo. Il traffico è pazzesco, ma in qualche modo, e con l’aiuto di google, riusciamo a trovare un parcheggio in cui ci buttiamo immediatamente, ed è uno di quelli dove bisogna lasciare l’auto che viene portata via con l’ascensore. Tutto funziona perfettamente e la nostra Fiat Tipo sparisce nelle viscere della terra al prezzo di 6 euro per 2-3 ore di sosta che prevediamo di fare, un po’ altino ma siamo praticamente dietro alla Torre Bianca.

Ci incamminiamo a piedi e ci arriviamo in due minuti, attraversiamo queste strade infernali e giriamo attorno senza salirci sopra, per oggi di scale ne abbiamo fatte abbastanza! E’ un caldo pazzesco, nel lungo mare che arriva alla piazza non c’è un filo d’ombra, è tutto cemento, di lato i palazzi sono tutti condomini alti e neanche il mare ha la forza di mitigare nulla. Ci apprestiamo all’attraversata e tra il caldo e il rumore delle auto che sfrecciano a velocità sostenuta nella strada che divide la passeggiata dagli edifici sembra di stare in un girone dell’inferno. Proviamo ad attraversare la strada, a rischio di essere investiti, per camminare dalla parte opposta dove le tende dei vari locali che si susseguono promettono un po’ d’ombra ma anche qui si muore, ci saranno 40 gradi, forse di più.

Arriviamo in piazza Aristotele, circa 800 metri dopo la Torre, stremati. Facciamo il giro attorno per stare all’ombra, al centro, le persone sono tutte al riparo degli ombrelloni o dei de-hors dei bar e nessuno si sofferma al sole. Arriviamo dalla parte opposta e anche qui c’è una strada trafficatissima, per cui finiamo il giro in tondo e ci rifugiamo in uno Starbucks più che altro per avere un po’ di refrigerio e riprenderci un attimo.

Prendiamo due bibite fresche e andiamo in bagno. Dopo un pochino troviamo il coraggio di uscire, riattraversiamo la piazza e ci incamminiamo verso il parcheggio percorrendo la strada parallela al lungo mare, che almeno è all’ombra dei palazzi. È molto frequentata, piena di negozi e locali e qui c’è gente che passeggia! Ce la passiamo decisamente meglio fino al nostro parcheggio, che regolare come un orologio svizzero ci restituisce l’auto dalle viscere della terra.

A questo punto non resta che tornare al noleggio auto, che dista una quindicina di chilometri, ma visto il traffico caotico ci mettiamo più di mezz’ora, e dopo aver fatto di nuovo il pieno come da contratto, lasciamo la nostra auto e ci facciamo accompagnare all’aeroporto, dove sulle 20 finalmente ci mettiamo in fila per salire sull’aereo che ci porterà a Santorini.

Atterriamo senza problemi, saliamo su un bus che ci accompagna al piccolo stabile da cui prendiamo immediatamente la valigia e usciamo praticamente senza alcuna altra tappa. Appena fuori puntiamo subito un taxi per andare all’hotel, ci chiede 35 euro perché per andare a Perissa deve circumnavigare il monte, Paso tenta una contrattazione che cade subito nel vuoto, infatti il tassista non fa una piega, torna indietro e dice qualcosa tipo che possiamo anche prendere l’autobus. Ok, qualcosa mi dice che non ha senso mettersi a contrattare….

Con i 35 euro a portata di mano saliamo e partiamo, e così al buio non riusciamo a farci un idea precisa delle bellezze dell’isola ma attraversiamo paesi molto vivaci, ricchi di vita e luci.

25 minuti dopo siamo davanti all’hotel Amelie, entriamo da un portone di legno azzurro con un chiavistello di una volta e alla reception c’è ancora qualcuno anche se sono le 22.30, un ragazzo che ci da le chiavi e ci mostra la nostra stanza n. 111, al piano terra, poco distante dall’ingresso, vicino al bar, alla piscina, alla zona colazione,praticamente possiamo svegliarci e tuffarci direttamente in acqua.

È una struttura che si snoda all’aperto, con gli accessi alle stanze indipendenti e collegati da corridoi coperti da pergolati azzurri su cui affacciano finestre azzurre e terrazzi bianchi, in perfetto stile “isoletta greca” e la nostra camera, nulla di speciale, è comunque accogliente e anche se non troppo moderna è dotata di tutto, frigo, condizionatore, attaccapanni, tendine e oscuranti (che all’estero non sono così scontati). Eravamo un po’ preoccupati perché avevamo letto delle recensioni negative su Tripadvisor, invece a noi sembra carino, senza pretese, ma soddisfacente.

Finalmente una doccia e poi a letto. Domattina penseremo a cosa fare.

VENERDÌ 13 LUGLIO

Ci svegliamo alle 8.15, ma la colazione inizia alle 8.30, qui si respira aria di vacanza già dagli orari. Il letto è un po’ duro (il materasso è appoggiato direttamente sopra ad un cubo di cemento, non ci sono reti) e il condizionatore alla fine è andato tutta notte perché la stanza, forse perché chiusa, era molto calda.

Ci prepariamo e andiamo a fare colazione sotto il pergolato azzurro accanto alla piscina, non siamo i primi ma quasi. Anche la colazione, come il resto della struttura, è senza pretese ma soddisfacente.

Usciamo e a piedi ci dirigiamo verso quello che crediamo sia il centro per cercare di capire come muoverci. In fondo alla nostra stradina attraversiamo un parcheggio e seguiamo la scia di persone che si dirige presumibilmente verso il centro del paese, ma non avendo certezza penso sia più saggio puntare verso il mare quindi viriamo verso destra in una viuzza secondaria che però ci porta dritti nella spiaggia nera di Perissa, avendo comunque già adocchiato alcune attività di noleggio di mezzi di trasporto di vario tipo e di vendita di escursioni in cui torneremo più tardi. È ancora tutto molto calmo, così dopo aver raggiunto l’acqua decidiamo di fare due passi sulla sabbia verso il promontorio in cui si trova anche la zona centrale del paese.

La passeggiata risulta un impresa difficoltosa perché nei sassi si affonda fino alla caviglia,fanno male ai piedi ed essendo neri, già a quest’ora iniziano a scottare. Alla fine, anche se faticosamente, arriviamo in fondo e stendiamo i teli per un po’ di relax. Ci sono parecchi stabilimenti piuttosto sontuosi, con lettini di legno pesante e materassini di pelle sopra legati con corde. Non tardiamo a capire il perché.

Inizia presto a tirare il meltemi, il vento, di cui abbiamo sentito parlare, che soffia nei mesi di luglio e agosto, e come soffia! Alterna momenti di apparente calma a momenti di terribile bora in cui solleva anche l’acqua del mare che arriva a spruzzi fino a noi. Arrivano anche fili di alghe secche, bicchieri di plastica vuoti e pure un materassino di quelli tipo divanetto che si appoggiano per terra, pieni di imbottitura, non di acqua. Direttamente addosso a me! Tutto questo e sono appena le 10.20. Il telo si solleva, i sassi per fortuna no, ma se qualcuno ti cammina vicino si rischia una mitragliata, vado a fare il bagno e l’equilibrio in acqua diventa molto più precario se al vento si somma la ripida discesa che l’acqua ha creato modellando il fondo che digrada subito diventando profondo in pochissimi metri. Però è molto pulita, anche se non particolarmente ricca di colori.

Rimaniamo fino alle 11.30, poi il caldo diventa opprimente e decidiamo di risalire dalla strada. Prima di uscire dalla spiaggia incontriamo un ragazzo italiano che ci da alcune indicazioni su altre spiagge nei dintorni, con tanto entusiasmo sulla bellezza dell’isola. Lo salutiamo e ci incamminiamo per il lungomare, prima di girare verso il paese troviamo due agenzie di escursioni, nella prima c’è un po’ di fila, nella seconda troviamo subito quello che cercavamo: le escursioni in barca!

Con l’agenzia Ankor Travel prenotiamo quindi per domani un escursione in caicco che parte alle 13.30 e si prolunga fino all’ora del tramonto in mezzo alla caldera e soddisfatti proseguiamo lungo il centro guardando i negozi e chiedendo informazioni sui prezzi del noleggio di quad e scooter per i giorni successivi.

Torniamo sul lungomare e proseguiamo in direzione opposta rispetto a dove siamo venuti, c’è solo l’imbarazzo della scelta per decidere dove fermarsi a mangiare, ci sono tantissimi locali, tutti all’aperto, tutti colorati, tutti invitanti, anche se, forse perché è presto, tutti mezzi vuoti, eppure in spiaggia c’è parecchia gente. Capiremo successivamente che ognuno dei locali ha i propri ombrelloni sul tratto di spiaggia di fronte il cui utilizzo è riservato ai clienti, a cui vengono serviti i piatti del ristorante direttamente sulla sabbia, in pratica con una qualsiasi consumazione si può utilizzare l’ombrellone senza costi aggiuntivi. Solo una volta ci è stata chiesta una consumazione minima di 20 euro, ma con il pranzo in due si fa presto. Al momento però ancora non lo sapevamo e così scegliamo un ristorante più o meno a caso, tutto verdino e, capito il giochino, dopo aver pagato il contro (44 euro in due), attraversiamo il lungo mare e ci sistemiamo in spiaggia sotto ad un ombrellone di paglia direttamente in prima fila dove iniziamo una lotta contro il meltemi che ci impegnerà per tutto il resto del pomeriggio, ma stavolta comodi sul lettino.

Nonostante il vento, il sole scotta tantissimo e fino alle 16 non mi azzardo ad espormi nemmeno io, che amo il sole e il mare da sempre, e me la passo leggendo all’ombra e guardando le onde che si infrangono sulla spiaggia nera, poi mi sposto, e spostare questi lettini è faticosissimo, faccio un altro bagno e cerco di non farmi portare via dalle raffiche. È un po’ fastidioso, ma tutto sommato, non essendoci sabbia che vola, si riesce a stare, basta ancorare bene vestiti e borse, al massimo ogni tanto potrebbe volarti addosso qualche materassino.

Un po’ prima delle 18 torniamo all’hotel Amelie e passiamo la successiva ora in piscina gustando moijto e patatine direttamente a mollo. Si sta molto bene, finalmente un po’ riparati.

Dopo la doccia, torniamo per la cena sul lungomare dove ci fermiamo in un altro ristorante a caso e gustiamo un ottimo risotto e un (misero) piatto di polpo per 32 euro, in riva al mare con meravigliosa vista della spiaggia nera, del promontorio e dei catamarani ormeggiati che pian piano si confondono sempre più tra loro con il salire dell’imbrunire serale.

Ci alziamo che è buio e finiamo la serata con una passeggiata dove tutti i locali che oggi a pranzo erano semivuoti hanno ripreso vita e ora sono pienissimi di gente, musica e luci.

SABATO 14 LUGLIO

Stamattina sveglia più tardi, alle 9.15. Il letto è sempre piuttosto duro ma ce la dormiamo lo stesso.

Dopo colazione andiamo in spiaggia esplorando qualche stradina nuova, più diretta rispetto al nostro hotel, che passa attraverso una zona più vip di Perissa. Sbuchiamo direttamente vicino al ristorante dove eravamo ieri ma ne scegliamo un altro, l’Aqua, giusto per cambiare, perché sembrano tutti ottimi. Rimaniamo fino alle 12.30 comodamente accoccolati, poi torniamo un momento in hotel a prendere le cose che ci serviranno oggi: scarpe, cappello e biglietto pagato.

Torniamo in centro e, siccome siamo in anticipo, ci fermiamo nei negozietti per un po’ di shopping, poi alle 13.30 puntuali un pulmino viene a prenderci dalla sede centrale dell’agenzia e partiamo.

Facciamo qualche tappa per raccogliere altri turisti e in mezz’ora siamo al porto vecchio di Fira dove dopo alcuni minuti di attesa, Ianes, la nstra guida di oggi, ci fa salire su un magnifico caicco chiamato Afrodite, che al momento ha le vele raccolte, e alle 14 si parte per la nostra escursione.

Una prima tappa è al porto di nuovo di Fira e da qui la prima visione che abbiamo della caldera è spettacolare. Il paese, che è la capitale dell’isola, rimane arroccato in cima allo strapiombo e sembra debba cadere in mare da un momento all’altro. Ammiriamo la strada che sale e gli asinelli che aspettano i turisti, ma c’è anche una più comoda funivia, mentre facciamo il pieno di altri turisti sul nostro caicco.

Ci sistemiamo in alto e il sole picchia ma almeno c’è una bella arietta.

Ripartiamo in navigazione e in appena un quarto d’ora raggiungiamo l’isola di Nea Kameni, dove c’è il vulcano attivo, ovvero dove tutto è iniziato. E’ molto interessante sapere l’evoluzione geologica di Santorini e, documentandosi prima di partire, si apprezza molto di più la visita al vulcano. Ianes comunque offre spiegazioni semplici anche se in inglese. A grandi linee è bene sapere che prima della grande eruzione avvenuta nel 1630 circa a.C. l’isola aveva una forma circolare che comprendeva tutte le attuali isole presenti nella caldera, ma con la devastante esplosione l’isola collassò su se stessa e il mare si riversò all’interno dell’enorme cratere creatosi, la caldera appunto. Successivi terremoti ed eruzioni hanno modellato l’isola così come è oggi, con la separazione di Thira (antico nome di Santorini) e Thirassia e la formazione di alcune isolette minori. Da qui nasce anche la leggenda (o verità?) sull’esistenza sul fondo del mare dell’antico continente di Atlantide, che, secondo alcuni studi, potrebbe anche essere stata un tempo collegata con l’isola di Creta, data la similitudine di alcuni reperti ritrovati sulla raffinata civiltà che l’abitava.

Il porto naturale in cui attracchiamo è sull’isola di Nea Kameni, creatasi a seguito delle eruzioni del vulcano, qui non c’è nulla, solo una tettoia con dei tavoli, si paga 2,50 euro a testa per accedere perche è una riserva naturale e si entra per cominciare la scarpinata sotto il sole che pian piano, in mezz’oretta di affondamenti e sferzate di vento, ci porta fino alla cima da cui si possono ammirare i cinque coni vulcanici da cui esce qualche rivolo di fumo. Ci sono vari sentieri che è possibile percorrere e che si intersecano tra loro ma finiscono tutti nello stesso posto. Da qui la vista permette di abbracciare tutta la forma a semiluna dell’isola.

Qualche foto e torniamo giù, qualcuno ha affrontato l’uscita con le infradito, ma in discesa a maggior ragione sono necessarie le scarpe da ginnastica, per evitare di affrontare e pestare a piedi nudi i sassi neri. Risaliamo a bordo di Afrodite e ripartiamo alla volta di Hot Spring, sulla vicina isola di Palea Kameni, dove si attracca a circa 50-60 metri da riva, ci si butta in acqua con, volendo, un tubo da piscina, che fa comodo perché ci sono parecchie onde, e si nuota verso la piccola baia dove l’acqua diventa man mano giallastra e caldina. Paso non viene ma io affronto la nuotata, assieme a quasi tutti gli altri passeggeri. Ci fermiamo tutti nella baia a sguazzare, sembra l’affondamento del Titanic al contrario, con tutte queste testoline che escono dall’acqua ridendo e giocando e qualcuno, come me, che ci gira in mezzo placidamente. Alcuni si cospargono il viso di fango prelevato dal fondo, meglio non mettere costumi chiari perché si macchiano, mentre per l’asciugamano non c’è problema perché durante la nuotata di ritorno verso la nave l’acqua torna chiara e ci si pulisce bene. Il rientro, dopo mezz’ora di bagno caldo, è un po’ difficile con le onde contro, ma la distanza non è molta e il galleggiante aiuta tanto.

Risaliamo a bordo di Afrodite dalla scaletta laterale e ripartiamo per Thirasia, dove ci ancoriamo all’interno della baia ma senza scendere a terra, chi vuole può fare il bagno nelle acque riparate, gli altri ammirano il paese che, come Fira e Oia, rimane in alto ed è raggiungibile solo dopo una salita pazzesca e qui non ci sono asinelli o funivie apparentemente. Al posto del bagno noi optiamo per un moijto a bordo mentre ammiriamo il paesaggio attorno a noi, l’acqua è di un blu bellissimo e il sole inizia a calare scaldando tutti i colori attorno a noi.

Verso le 19 è pronta la cena, è stato allestito un buffet al piano di sotto in cui, seguendo le indicazioni della guida, quando è il nostro turno andiamo ordinatamente a riempirci i piatti con ottima cena a base di insalata greca e verde, tzatziki, riso e carne di pollo e maiale, non può ovviamente mancare vino a volontà, cocomero e dessert al cocco, tutto squisito.

Verso le 20, o forse un po’ prima, si riparte. Ci allontaniamo da Thirasia per tornare vicino a Santorini e costeggiamo la costa di Oia (che si pronuncia Ia) mentre il sole inizia a scendere e incendiare l’isola e il mare di giallo e di rosso. Costeggiamo la Chiesina di Agios Nikolaos isolata sull’isolotto ai piedi della città e ammiriamo un po’ più da vicino le casette bianche e blu tanto famose, raffigurate in tutte le cartoline. Giriamo l’angolo e siamo perfettamente posizionati per ammirare uno dei magnifici tramonti di Santorini, di sicuro uno dei più belli della mia vita. Sulla costa la zona è piena di auto, in paese c’è gente collocata ovunque per godere dello spettacolo, noi spieghiamo le vele e la magia è completa.

Con un sapiente mix di musica e leggero ruotamento del caicco, per la successiva ora ammiriamo il sole scendere, ingrandirsi e diventare una palla rossa fino a scomparire nel mare senza l’ombra di una nuvola, bello al punto da meritare un applauso finale, che, scopriremo nei giorni successivi, è usanza di ogni tramonto da qualunque punto dell’isola, ma in quell’istante ha incoronato il momento più emozionante della vacanza.

Il Rientro verso Fira è a ritmo di musica dance e balli, un gruppo di americani sull’isola per un matrimonio che si celebra domani, complice qualche bicchiere di vino di troppo, da spettacolo. Durante la cena abbiamo saputo da alcuni invitati seduti al nostro tavolo, tra cui un italiano, che lo sposo è un militare di stanza in Germania, occupato in missioni speciali nelle zone del medio oriente e alcuni ospiti sono colleghi. Guardiamo i fautori della sicurezza internazionale sbragarsi e lasciarsi andare alle danze più sfrenate a ritmo di I will survive ridendo come matti.

Attracchiamo puntuali alle 21 al porto vecchio di Fira, nella confusione generale siamo gli ultimi a lasciare il porto perché il transfer che deve riportarci a Perissa è un po’ in ritardo. Quando saliamo ci accorgiamo subito che alcuni ragazzi che dovranno fare il viaggio con noi sono piuttosto ubriachi, sono rumorosi e cantano a squarciagola in maniera anche un po’ poco piacevole, ma anche se non importunano nessuno vengono ripresi più volte dall’autista e prima di arrivare a destinazione si sfiora la rissa quando li invita a scendere, invito ovviamente non preso bene dal più brillo dei ragazzi.

Sani e salvi, verso le 22 vengono scaricati a Perissa.

DOMENICA 15 LUGLIO

Anche questa mattina siamo i primi a far colazione e sono già le 9.

Alle 10 siamo davanti al noleggio più vicino e affittiamo un quad per due giorni che ci costa in tutto 70 euro, pare che siamo nella settimana di transito tra la bassa e l’alta stagione e ci applicano il prezzo della bassa. Mentre io vado a comprare un po’ d’acqua, Paso fa una breve lezione di guida con Dimitri, il titolare dell’omonima agenzia, reduce della guerra in Vietnam del 1968 come chiarito dal tatuaggio che ha sul braccio e dalle numerose foto appese nel locale. Prova le marce, le frecce, il parcheggio e via, siamo pronti per partire con il nostro quattro ruote. Passati i primi minuti di leggero timore, Paso prende presto confidenza, a volte pure un po’ troppo.

Usciamo da Perissa in direzione Fira, imbocchiamo il bivio per Akrotiri e assieme ad altri mille tra quad e motorini raggiungiamo Red Beach, una spiaggia dalle sfumature rosse molto famosa. Parcheggiamo abbastanza vicino e percorriamo il sentiero per scavalcare il promontorio che la protegge in compagnia di tanti altri turisti. Lungo il percorso non potevano mancare mercatini di frutta, bibite, souvenir e anche un violinista che intona un bellissimo sirtaki che cade proprio a pennello.

Il vento, che stamattina in hotel non sembrava essersi molto calmato, qui invece non c’è. Dall’alto del promontorio ammiriamo il rosso acceso delle rocce che sovrastano questa stretta spiaggia dall’immancabile sabbia nera, ci sono un paio di stabilimenti precari e il resto è tutta spiaggia libera.

Scendiamo e facciamo un giro fino in fondo per curiosare, ma alla fine scegliamo di accomodarci all’inizio dove c’è un po’ più di spazio. Tra un bagno e un po’ di abbronzatura, notiamo che ogni tanto arrivano delle barchette con dei marinai a bordo che urlano “white Beach, Black Beach” e scopriamo che sono dei taxi che collegano questa spiaggia rossa, alla ‘spiaggia bianca’ e alla ‘spiaggia nera’ e passano ogni mezz’ora. Facendo il biglietto, che costa 10 euro, si può salire e scendere a proprio piacimento per tutta la giornata fino alle 18.30. Lì per lì pensiamo di saltare, convinti di trovare un altro modo via terra più avanti per andare alla White Beach, ma non sarà così purtroppo…

Decidiamo quindi di rimanere un oretta nella Red Beack, mentre continuano ad arrivare tanti e tanti turisti. Quando iniziano a essere troppi leviamo le tende e ripresto il nostro quad arretriamo fino al sito archeologico di Akrotiri, a poca distanza. Paghiamo 3 euro per il parcheggio e 12 a testa per l’ingresso, non prendiamo la guida perché già ci sembrava caro l’ingresso, in realtà forse avrebbe fatto comodo per capire meglio. Ci facciamo bastare quello che abbiamo letto sulla guida e i cartelli informativi in inglese che si trovano qua e là per farci un idea di quello che stiamo vedendo. Il sito è piuttosto grande, interamente coperto da una imponente struttura in legno e vetro che lo protegge e che ci da un po’ di tregua da tutto questo sole. È ovviamente strettamente legato alla storia delle eruzioni di Santorini, in quanto questa antica città è stata completamente sepolta dai detriti dell’esplosione della grande eruzione del 1630 A.C., ma, non essendo stati ritrovati resti umani, è facile presumere che sia stata abbandonata in fretta poco prima del disastro. Sarà la mitica Atlantide quella che ammirano i nostri occhi o giacerà veramente sul fondo del mare come narra la leggenda? Di sicuro la raffinatezza di questa civiltà non può che essere confermata dalla presenza all’interno delle case di una sorta di bagno con lo scarico che recapitava in una rudimentale fognatura (nel 1600 avanti Cristo!), come si può vedere dalla ricostruzione visibile nel monitor in cui si visita virtualmente l’interno di una casa.

Non avendo la guida, la visita risulta relativamente veloce, usciamo che sono già le 13.15 e andiamo dritti in paese per pranzare. Scegliamo il ristorante Portobello, dalla cui veranda guardiamo il passaggio continuo di quad e motorini, ma anche di pullman e auto che vanno e vengono dalla Red Beach. Mangiamo un antipasto, un secondo di pesce (non troppo abbondante), un insalata e un piatto di patatine per 27 euro.

Nel pomeriggio, molto accaldati dal sole continuo, proseguiamo per il faro, nulla di che. Una bella vista, ma si può visitare solo l’esterno e così incontriamo di nuovo il nostro amico meltemi, più sferzante che mai. Siamo al capolinea della strada che percorre questa punta dell’isola, non ci resta che tornare indietro e stavolta facciamo attenzione ai cartelli per cercare un accesso alla White Beach. Non lo troviamo, ma nel girovagare troviamo dei bellissimi scorci che ci fermiamo a fotografare, una chiesetta bianca dalla tipica cupola blu, sola in mezzo al nulla, uno stradello che ci porta in una spiaggia scura sormontata da un hotel di lusso e un altro stradello per la spiaggia di Kameni, dove arriviamo dopo un paio di chilometri di polvere. Chiediamo informazioni al cameriere del bar e ci dice che per la White Beach, se vogliamo, ci affitta la sua barca, ma dobbiamo guidarla noi, e che no, non c’è modo di raggiungerla via terra. Abbandoniamo per il momento l’idea e ci sdraiamo un po’ in spiaggia per un bagno ristoratore, almeno per me, dopo tutta quella polvere….non ci soffermiamo molto perché è veramente un caldo pazzesco e i sassi qui, neri e grandi, oltre a scottare di brutto sono particolarmente scomodi per starci sdraiati sopra.

Giusto il tempo di asciugarmi e riprendiamo la strada in direzione Pirgos, che dista circa una mezz’oretta. Pirgos è una bella cittadina tipica posizionata all’interno dell’isola in alto su una collina. Parcheggiato il quad, che si parcheggia bene dappertutto, saliamo a piedi e ci perdiamo per le viuzze in mezzo alle casette bianche e blu. Qui si respira Grecia dappertutto, nelle strade lastricate, nei negozi con la merce esposta e la musica che invita ad entrare, nei bar con i tavolini fuori e i turisti in cerca di refrigerio, negli asinelli che portano le valigie dei turisti, nel cielo blu, nella magnifica vista sulla caldera di Santorini, nel sole che bacia e brucia la pelle.

Mentre usciamo incontriamo di sfuggita anche una coppia di sposi, non riusciamo a vederli bene e non siamo sicuri, ma ci piace pensare che fossero gli stessi che ieri erano con noi in barca.

Ci fermiamo un momento in un bel bar ombroso per una limonata fresca prima di ripartire in direzione Fira, dove abbiamo intenzione di cenare e guardare il tramonto.

A Fira parcheggiamo un po’ lontano dal centro, non per il quad, ma perché eravamo convinti di fare una furbata superando tutta la confusione che abbiamo incontrato, invece alla fine gira e rigira, siamo dovuti ridiscendere a piedi verso il centro per trovare qualche bel punto panoramico in cui fermarsi. E lo troviamo: ristorante Zafora, un po’ più caro rispetto a come ci siamo abituati, ma con terrazza proprio a tiro di tramonto: abbiamo il primo tavolo a strapiombo sulla città. Man mano che passa il tempo la gente arriva e si posiziona sui muretti lungo la strada che costeggia la parte ovest della città in cerca di un posto in prima fila. Non si vede esattamente la palla di fuco rossa che tocca l’acqua perché ad un certo punto il sole si nasconde dietro ad un isolotto, ma lo spettacolo è garantito lo stesso, i colori e l’emozione sono quelli tanto sentiti e che meritano, come ieri, un applauso finale quando anche l’ultimo spiraglio sparisce e tutto si tinge di blu prima di cadere nel buio della notte.

Ne approfittiamo allora per una romantica passeggiata nelle stradine caratteristiche del centro, in mezzo a tanta confusione, musica, negozi a cui si somma l’euforia dei francesi per la vincita del mondiale di calcio.

Passeggiamo finché non è completamente buio, al che ne approfittiamo per le ultime foto alla città abbarbicata sulla caldera completamente illuminata, e torniamo a riprendere il quad per tornare a Perissa, stanchi e cotti dal sole che ha scottato fino all’ultimo secondo prima di sparire all’orizzonte.

LUNEDÌ 16 LUGLIO

Abbiamo ancora il quad e anche oggi ne approfitteremo per gironzolare su e giù. Partiamo verso le 10 e come prima cosa andiamo in centro per acquistare una camicia a maniche lunghe per me perché ieri mi sono scottata le braccia! Dopo di che torniamo alla Red Beach, ma non per soffermarci qui, vogliamo rimediare all’errore di ieri e raggiungere la White Beach con uno dei taxi boat dagli omini urlanti.

Ripercorriamo il sentiero che costeggia il promontorio e scendiamo dalla parte opposta come ieri, ci stendiamo un po’ al sole nell’attesa della prossima barca. Dalla parte opposta rispetto al parcheggio c’è anche il porticciolo che permette di salire più agevolmente e fa risparmiare la scarpinata, ma lo scopriremo solo al rientro. In sostanza ci sono tre barche che partono tutte dal porticciolo ogni mezz’ora, si fermano a fare il servizio taxi alla Red Beach, proseguono per la White Beach e poi per la Black Beach e tornano indietro fino al porto, dove fanno un po’ di pausa e ripartono per un nuovo giro.

Mentre siamo in attesa arriva un onda più grande delle altre e per un pelo salviamo teli e zaini dall’inzuppamento! Attorno a noi altri sono meno fortunati e i minuti successivi sono tutti uno strizzare e stendere.

Non tarda molto ad arrivare la barchetta, saliamo e quando siamo al largo si ferma in mezzo al mare per riscuotere. In pochi minuti siamo alla White Beach, incastrata in uno spettacolare scenario di rocce che spuntano dal mare, è una spiaggetta di sassi racchiusa da una roccia bianchissima a strapiombo, ovvio che non fosse accessibile via terra, adesso ne abbiamo la certezza!

Scendiamo bagnandoci fino alla vita e tenendo gli zaini sopra la testa. Bellissimo l’impatto, se non fosse che la piccola spiaggia è interamente occupata dagli ombrelloni di paglia, che ovviamente non sono compresi nel prezzo del biglietto benché non ci siano servizi di bar e toilette. Per chi vuole fermarsi poco e non spendere altri soldi nell’ombrellone non c’è un minimo di spazio vitale per appoggiarsi in nessun punto. In un angolino appartato dietro ad un sasso un po’ grande che copre una piccola insenatura, stendiamo un telo in cui ci mettiamo seduti entrambi, impensabile sdraiarsi, sia perché non siamo i soli ad aver avuto quest’idea e lo spazio è veramente poco, sia perché questi grossi sassi fanno veramente male sia sotto i piedi che sotto la schiena.

Faccio un paio di bagni facendo attenzione a non scivolare, il paesaggio attorno è molto bello ma nel complesso l’esperienza si rivela piuttosto faticosa, per i sassi, per la mancanza di spazio e per il caldo tremendo che riflettono le rocce e a cui non si sfugge in quanto non c’è un filo d’ombra neanche a pagarla. Cioè a pagarla si… prendendo l’ombrellone…

Un’ora dopo quando decidiamo di risalire sulla barca, lo facciamo con sollievo. Sulla tappa successiva, la Black Beach avevamo ragione a pensare fosse la stessa vista ieri con il quad: è quel posticino con l’hotel di lusso sopra e come non ci ha ispirato ieri, anche oggi decidiamo di saltarla, tra l’altro sono tutte Black Beach qui, perché la sabbia e le rocce sono nere dappertutto essendo Santorini un isola vulcanica… diciamo che ci hanno voluto infilare anche questa perché il tris di colori faceva scena, ma la Black è un po’ forzata in quanto a spettacolarità.

Rimaniamo allora in barca e proseguiamo per il porto, che nel frattempo ci è stato spiegato essere più vicino al parcheggio rispetto alla Red Beach. Sbarchiamo e prima di riprendere il quad ci fermiamo a pranzo proprio li davanti dove gustiamo un ottimo piatto di crocchette di pomodoro e un fritto di calamari.

Ripartiamo che è sempre caldissimo, la scottatura di ieri ben coperta sotto la camicia nuova bianca, e ci dirigiamo verso Vothonas facendo alcune tappe per fare foto alla caldera dall’alto, notiamo che in questo lato dell’isola ci sono molti resort che non hanno alcuno sbocco sulla spiaggia, perché c’è lo strapiombo della caldera, ma hanno camere con piscina privata e chissà che prezzi.

A Vothonas passiamo senza soffermarci perché già dal quad capiamo che non ha nulla da offrire e allora ci dirigiamo verso Imerovigli che invece è piacevole da visitare a piedi anche se è tutta a scalini. È una zona molto vip, tirata a lucido in ogni angolo, con locali costosi e lussuosi, piscine in ogni dove. Da ogni angolino del paese la fa da padrone il promontorio che si protende nella caldera di capo Skiatos, che, a forza di scendere gradini su gradini, ci troviamo davanti, raggiungibile da un sentiero che sembra sostenuto da un filo di terraferma prima di allargarsi nuovamente ad abbracciare lo sperone roccioso che da l’impressione di voler cadere in acqua da un momento all’altro. Con le infradito non è semplice aggirarsi qua in mezzo. Incrociamo un ragazzo australiano a cui Paso chiede quanto si possa andare avanti e lui si propone di accompagnarci, ma ha le scarpe da ginnastica: il sentiero diventa sempre più difficoltoso man mano che si aggira attorno alla roccia, io desisto abbastanza presto, Paso invece prosegue un po’ poi lo perde di vista anche lui e l’australiano scompare da solo nel ventre della roccia. Perdiamo le sue tracce e quasi ci preoccupiamo un po’. Noi proseguiamo nella direzione opposta dove il sentiero riprende la forma di gradini e scende nella parte che protende in avanti verso il mare. Dopo un paio di curve, più in basso spuntano le cupole blu di un chiesetta e con lo sfondo del mare è un vero spettacolo, ma il sentiero è tenuto male e poco protetto e non ci sentiamo sicuri a proseguire con le nostre ciabattine. Quindi la ammiriamo dall’alto e torniamo verso la roccia, dove di nuovo non troviamo nessuna traccia dell’australiano. Va bè facciamo finta di non averlo mai incontrato… costeggiamo la roccia per tornare ai piedi del paese… che è talmente in alto… che con questo caldo passa la voglia di tornare su! Ma non abbiamo alternativa e iniziamo pian piano a risalire, un gradino dopo l’altro fino a contarne circa 360, in corrispondenza del parcheggio dove abbiamo lasciato il quad. Durante la salita fortunatamente si materializza l’australiano che ci supera dicendo che non sarebbe stato fattibile per noi arrivare in cima, ha avuto paura anche lui. Fradici e senza fiato ci fermiamo al Budda Bar per riprenderci un po’ e bere qualcosa di fresco, siamo in condizioni pietose e siamo in un locale fighetto… tutti quelli visti qui sono così, questa è la Santorini del lusso sfrenato ma noi vogliamo lo stesso bere e riposarci!

Dopo questa faticaccia ripartiamo e andiamo direttamente ad Oia. La strada non è un gran che, perché rimane sul lato opposto rispetto alla caldera e si vede la costa est, che non ha praticamente nulla da offrire a parte le coltivazioni a terrazze.

Per entrare a Oia c’è da fare un lungo giro ad anello che allunga la strada di parecchi chilometri, ma quella diretta è a senso unico in uscita, sicuramente, capiamo poi, per far defluire il traffico in serata, quando quelli che si riversano qui alla spicciolata durante la giornata se ne escono tutti insieme dopo aver guardato il tramonto. Verso l’arrivo iniziano a vedersi anche le indicazioni per i sunset parking.

Troviamo un parcheggio sul punto più a nord della città, molto vicino all’ingresso pedonale, lasciamo il quad e ci incamminiamo a piedi per girare nei viottolini bianchi alla ricerca della migliore inquadratura per le mille foto che scattiamo in cui i soggetti sono sempre gli stessi: casette bianche, cupole blu, mare sullo sfondo. Anche Oia, come Fira, è una cittadina molto bella, in cui si trova esattamente la Santorini delle cartoline e dei depliant, è sufficiente girare senza meta distaccandosi dal percorso principale dove sono tutti i negozi, sia di souvenir che di marche famose che però, almeno qui, ha il vantaggio di essere tutto in piano o quasi e così ci distacchiamo poco, dopo la faticaccia di Imerovigli!

Fino alle 19 passate giriamo avanti e indietro, facciamo alcuni acquisti e ci godiamo l’atmosfera greca cercando di non soffocare dal caldo, ma le vie si riempiono sempre di più di turisti che arrivano da ogni parte dell’isola per la serata.

Dopo aver consultato alcuni menù posti in esterno, piuttosto cari, scegliamo un ristorante leggermente più economico, solo leggermente, perché posizionato un po’ fuori dal centro ma in posizione strategica per il tramonto, che anche qui, come a Fira, è comunque in corrispondenza di un isolotto lontano che impedisce di vedere il sole cadere direttamente in acqua.

Mangiamo discretamente, spendendo un po’ di più rispetto alla media del viaggio e naturalmente ci godiamo il tramonto anche noi che rimane sempre uno spettacolo. Sotto di noi, nel parcheggio e lungo la strada, è pieno di gente, tutta persone che, dopo l’applauso di rito, si riversano nel centro di Oia creando un mega ingorgo pedonale in cui rimaniamo incastrati anche noi per un buon quarto d’ora prima di riuscire pian pianino, un passettino per volta a trovarci in un punto in cui riusciamo almeno al muoverci, anche se la folla rimane comunque tanta. Ultime foto di rito mentre la città si illumina e sul far del buio, per caso, troviamo in una traversa laterale un punto in cui si vedono vicine le due famose cupole blu raffigurate in tutte le cartoline e i depliant.

Troppo tardi per la luce migliore per le foto, ma pazienza, è ora di tornare indietro, per arrivare a Perissa servirà un oretta di quad e siamo pure senza benzina. Torniamo sui nostri passi, arriviamo al parcheggio e troviamo il quad spostato da un’altra parte, al suo posto un auto. Ecco, ottima idea per parcheggiare. A parte che ora è in mezzo e chiude un auto, ma è così facile spostare questi trabiccoli? ci chiediamo mentre controlliamo che sia tutto a posto. Quindi sarà molto semplice anche rubarli, mi vien da dire, eppure non abbiamo mai avuto la sensazione di pericolosità durante questa vacanza.

Per la cronaca: da Oia fino a Fira non ci sono distributori di benzina, almeno non sulla strada principale. Se ci sono altre strade, non le abbiamo trovate. Arriviamo quindi a Fira con il serbatoio al limite e tiriamo un sospiro di sollievo quando incontriamo il primo.

Rientriamo a Perissa con la prevista ora di viaggio che sono ormai quasi le 23.

MARTEDÌ 17 LUGLIO

Ultimo giorno a Santorini. Non abbiamo fretta, oggi non abbiamo in programma assolutamente nulla.

Dopo colazione andiamo a restituire il quad puntuali alle 10 e poi a piedi ci dirigiamo n spiaggia, dove scegliamo un locale a caso per prendere un ombrellone e siccome è molto presto per gli standard locali, lo troviamo in prima fila, davanti ad un coreografico ammasso di sassi che si presta per delle belle foto. Ci informano che l’ombrellone è gratis se si consuma per almeno 20 euro al bar/ristorante, non c’è problema tanto abbiamo intenzione di pranzare qui e presumibilmente di non muoverci per tutto il resto del giorno.

E così facciamo, ce la passiamo a leggere, tra sole e ombra, bagni in mare e corse sulla sabbia nera che scotta già di prima mattina, il massimo sforzo è girare un po’ i lettini e ordinare il pranzo, che poi ci viene servito direttamente sotto l’ombrellone da una cameriera cotta dal sole più di noi, e che ci gustiamo comodamente sdraiati utilizzando il tavolino in dotazione. Altri ombrelloni hanno addirittura un campanello per chiamare il servizio.

Anche il pomeriggio trascorre così, nel relax più totale, il sole cocente amplificato dal nero della sabbia è quasi insopportabile e nonostante passi molto tempo all’ombra, mi prendo una bella bruciacchiata anche oggi.

Verso le 18 torniamo al nostro hotel Amelie, dove facciamo una rinfrescante nuotata in piscina e beviamo l’ultimo moijto, finché arrivano le 19.30, quando andiamo a fare la doccia e preparare la valigia prima di uscire per cena. Con un po’ di difficoltà prenotiamo un transfer per l’aeroporto per domattina, l’addetta alla reception ci garantisce che è sufficiente partire da qui un ora e mezza prima del volo. Sarà, ma non siamo molto convinti.

Torniamo sul lungomare e scegliamo un ristorante più o meno sempre a caso, il Noma, e anche stavolta con 32,50 euro gustiamo un ottima cena a base di pizza e risotto di mare, acqua e birra. Ultima passeggiata sul lungomare e poi a nanna, domani si torna a casa.

MERCOLEDÌ 18 LUGLIO

Non c’è il tempo di fare nulla perché abbiamo il volo alle 10.50, ma giusto per sicurezza andiamo in reception prima delle 9.15 concordate con l’addetta di ieri, precisamente alle 8.45, e l’addetto di oggi infatti ci dice che è troppo tardi e che dovremmo partire ora. Appunto.

Si dà da fare per contattare il transfer e farlo arrivare il prima possibile, ma alla fine arriva alle 9.10. Preoccupazione inutile: quando arriviamo all’aeroporto siamo bloccati fuori per tutta l’ora successiva. Per i voli verso Venezia e Milano sono state predisposte due file all’esterno dello stabile in cui ci accodiamo anche noi e man mano che passano i minuti senza che nessuno ci venga a dire nulla, capiamo, andando all’interno a turno per capire qualcosa, che l’aeroporto di Santorini è notevolmente sotto dimensionato rispetto all’afflusso di turisti che vi arrivano durante la stagione estiva e tutto e tutti sono nel pallone più totale.

Dentro c’è un muro di persone che devono essere imbarcate su altri voli, accalcate verso i check in e nessuno a cui chiedere informazioni. L’unica consolazione è che le file per Venezia e Milano sono talmente lunghe che sull’aereo dovrebbero accorgersi che manca un po’ di gente.

Alle 10 la situazione non è cambiata. Alle 10.15 inizia a muoversi qualcosa e in rapida successione succede che: un addetto inizia a far scorrere la fila per far entrarci entrare in aeroporto, dentro siamo tutti ammassati e procediamo in avanti facendoci trascinare dalla massa senza sapere esattamente dove stiamo andando. Ad un certo punto iniziamo a sentire qualcuno in lontananza che urla “Venice” e tutti attorno a noi alzano le mani. Sgomitando raggiungiamo l’addetto urlante, che ci invita a fare velocemente il check in, poi a correre verso destra a lasciare la valigia, poi a ripercorrere il tratto dei check in verso sinistra sgomitando per far il controllo dei bagagli a mano. Dopo il controllo siamo invitati ad entrare in una minuscola saletta già piena di gente, ma non la stessa gente del nostro volo, bensì quella del volo dopo. Dall’altra parte della saletta un altra addetta urla “Venice” e contemporaneamente sentiamo all’altoparlante “ultima chiamata per Venezia”. E così saltiamo valigie, spintoniamo persone, e malamente arriviamo ad uscire e a salire sul bus che ci porta all’aereo dove saliamo alle 10.45.

Tutto normale, ci dicono le hostess, quando c’è molta gente, non si riesce ad avere un organizzazione migliore perché mancano spazi e addetti. Bene. Peccato che se c’è qualcuno un po’ meno sveglio di noi, in una confusione del genere, è facile che l’aereo lo perda!

A parte questa pittoresca giornata finale, dove comunque alla fine è andato tutto bene, sia Meteore che Santorini sono luoghi meravigliosi, che meritano sicuramente un viaggio. La Grecia continentale è molto economica e varrebbe la pena di visitarne la storia in maniera più approfondita, cosa che faremo in occasione di un altro viaggio. Santorini è sicuramente più dispendiosa, inflazionata dal nome che negli anni è sempre stato associato al lusso. In realtà se confrontata con la Grecia continentale è molto più cara, è vero, ma se confrontata con alcune zone turistiche italiane, tipo la riviera romagnola dove viviamo noi, non è poi così tanto più dispendiosa. Ovvio il modo di spendere c’è: ci sono moltissimi resort e ristoranti dove è possibile lasciare uno stipendio per un giorno, ma ci sono anche tanti luoghi dove si spende il giusto, alla portata delle tasche di tutti, basta avere ben chiaro cosa si cerca. Il mare si può fare, non c’è dubbio, ma non è l’isola ideale per il soggiorno marittimo di famiglie con bambini: le spiagge sono tutte concentrate nella zona di Perissa, sono di sassi neri che, come più volte riportato nel diario, scottano tantissimo per tutto il giorno e i bimbi non riescono ne a giocare ne a correre, in più il fondo è molto ripido e l’acqua diventa alta subito a riva. I paesi sono tutti salite e discese e gradini e i parcheggi per le auto piuttosto scarsi, per cui, ottimo il quad o lo scooter per muoversi, abbiamo visto anche molti pullman di linea, ma non li abbiamo mail usati.

Nel complesso è stata un ottima vacanza, in generale consigliatissima senza farsi frenare della generale credenza dell’eccessivo costo, a cui si può tranquillamente porre rimedio.



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