Messico tra Maya e topes
Partecipanti: Cinzia, Luca e Tania – Periodo: 1-21 dicembre 2012
Quando ho proposto il Messico a Luca come meta del nostro prossimo viaggio, non era molto d’accordo. A suo parere era troppo turistico per cui più caro, troppa gente e poca autenticità. Tania invece, che vive in Finlandia da un anno, ha chiesto solo la garanzia di tanto sole, caldo e dormite chilometriche… Sono stati contraddetti tutti e due! Abbiamo girato Yucatán, Chiapas e Quintana Roo in piena solitudine, con modica spesa e, purtroppo per Tania, ci siamo svegliati tutte le mattine non più tardi delle 8, causa luce intensa e grande casino da parte dei locali!
Eppure entrambi sono concordi nel dire che ho scelto una meta veramente indimenticabile…
Ma partiamo dall’inizio!
Prenotiamo con circa tre mesi di anticipo un volo Malpensa – Gatwick e, da qui, un altro volo diretto da Londra a Cancún. È la combinazione che ci ha permesso di risparmiare di più evitando una sosta in America, dove le pratiche doganali, a detta di tutti, sono una tortura cinese.
Si arriva alla meta in perfetto orario, l’auto che abbiamo prenotato dall’Italia è pronta nel parcheggio e l’incaricato gentilissimo, dopo aver esaurito in breve tempo le formalità per il noleggio, ci fa strada con la sua macchina fino al nostro albergo, anch’esso prenotato prima della partenza. E non vuole neanche la “propina”!
All’albergo non risulta la nostra prenotazione, anche se attraverso il sito (Hostelbookers.com) abbiamo pagato ben 2 euro per tale servizio, ma per fortuna le camere non mancano e io e Tania che siamo sveglie dalle 3 di notte crolliamo a dormire, mentre Luca, che ha russato per tutto il viaggio, vaga tutta notte per le strade semideserte della città.
Al mattino, svegli per tempo (alle 4 a causa del jetlag) ci dirigiamo alla prima delle nostre mete Cobá, il sole è alto e caldo e si respira veramente aria di vacanza. Le strade sono abbastanza belle e le piccole botteghe ai lati ci offrono ampia scelta di cibi e bevande.
Cobá, la nostra prima piramide, ci resta nel cuore. Si passeggia nella giungla, Tania sempre in cerca di ragni di cui ha il terrore, quando ad un certo punto ce la vediamo davanti, tanto maestosa quanto impressionante nella sua altezza. Io non mi lascio distrarre, parto subito alla scalata, anche perché essendo la più pigra e fuori forma, marito e figlia, mi bruceranno in breve tempo. E invece arriviamo tutti insieme e giunti in cima, un forte acquazzone fa scappare i pochi altri turisti presenti. Io, accaldata come raramente mi succede, mi faccio lavare dalla pioggia che dura esattamente 2 minuti e poi, guardandomi intorno, mi sento in cima al mondo, giungla a ogni lato, fino a dove il mio occhio – decisamente miope – riesce a vedere.
Lasciamo a malincuore questa prima meraviglia per dirigerci a Valladolid. Il paesino è in festa, tutto illuminato per le festività natalizie ed è piacevole il solo passeggiare nelle viuzze e nella bella piazza.
Terremo questa città come base per le nostre prossime mete.
Oggi primo incontro con un cenote, per la precisione quello chiamato Samula. Non voglio usare iperboli per descriverlo, ma è stato un colpo di fulmine! Dopo questo, per tutto il viaggio saremo attirati come calamite dalle indicazioni “cenote” e, della decina in cui ci siamo tuffati, non ce n’è uno a cui rinuncerei. L’acqua è tiepida, trasparente, centinaia di pesciolini ti mordicchiano delicatamente facendoti un piccolo massaggio, l’ambientazione è quasi fiabesca. Ok, si è capito il mio entusiasmo no? Io avrei voluto rituffarmi nel suo gemello, che si trova ad un centinaio di metri, ma Luca mi bacchetta sul tempo, abbiamo Chichén Itzá davanti, per cui proseguiamo verso le rovine più famose del luogo, sperando di non trovare troppa folla.
Prima di arrivare al sito, ci fermiamo alle Grotte di Balankanche poco distanti. La guida e il bigliettaio sono comodamente sdraiati in amaca a fare la pennichella mattutina e ci dicono che si può entrare solo in gruppi di minimo 10 persone, causa risparmio illuminazione. Ci consigliano di ritornare nel pomeriggio, quando c’è più movimento.
Proseguiamo per Chichén Itzá e non c’è che dire, anche questo sito merita: un po’ più turisti, un po’ meno selvaggio, molto vasto e senz’altro interessante, anche se il fatto di non poter salire sulla piramide toglie un pizzico di fascino al tutto. Per spezzare la visita a questo sito, nel primo pomeriggio ritorniamo alle grotte, ma siamo sempre noi tre, anzi in due, perché Luca odia i posti chiusi e nuovamente interrompiamo la pennichella degli addetti. Grave dilemma, ritorniamo subito alla piramide per vedere il tramonto o aspettiamo fiduciosi l’arrivo di altri speleologi? Aspettiamo e dopo una mezz’oretta, giunge un turista solitario… La guida si impietosisce (anche perché in tutta la giornata siamo stati gli unici clienti) e ci fa entrare. Il giro è veloce, la grotta non è nulla di eccezionale, c’è un caldo opprimente e mi devo pure trascinare Tania che pretende di visitare la grotta ad occhi chiusi, perché sul suo cammino ha intravisto una specie di (mostruosamente colossale) ragno morto. Certo che la guida non fa nulla per rasserenarla, anzi a mo’ di incoraggiamento non fa che ripeterle che ci sono ragni molto grossi, ma nessuno dei quali è velenoso… Non ha capito che il problema è sommare la parola ragno con grosso, già Tania si vede a combattere una battaglia persa in partenza causa fuga, con il ragno del Signore degli Anelli!
Usciamo un po’ frastornate e deluse e ritorniamo a Chichén Itzá per completare la visita. Purtroppo le notizie della Lonely Planet sono poco aggiornate: il sito chiude alle 16,30 anziché alle 17 e i guardiani incominciano a sbatterci fuori, non sempre con gentilezza, alle 16, proprio nel momento in cui la luce è migliore. Anche lo spettacolo notturno in teoria incluso nel prezzo del biglietto è soppresso fino a data da destinarsi, un vero peccato.
In serata Luca vede uno spettacolo di canti e balli etnici, noi due donne invece ci buttiamo sul letto, sfinite dalla lunga giornata… Lo avevo già detto che siamo un po’ pigre?
Di nuovo in viaggio, direzione Río Lagartos. Sulla strada facciamo una sosta a Ek Balam.
Non dirò più quanto sono belli, questi posti, quello che posso dire è che eravamo praticamente in 10 su tutto il territorio, che con grande soddisfazione e non poca fatica siamo saliti sulla nostra seconda piramide e poi, dopo una camminata di 2 chilometri (ma per i più pigri ci sono bici a noleggio e risciò) giungiamo ad un altro cenote imperdibile. Questa zona è gestita molto bene da una cooperativa maya che, facendo pagare prezzi onesti, ha reso particolarmente interessante questa visita. A parte il bagno nelle suggestive acque cristalline, ci si può arrampicare sulle pareti, tuffarsi con la corda in stile Tarzan e fare quello che loro chiamano “la tirolesa”, ossia lanciarsi imbragati ad un cavo di acciaio, da un punto all’altro del cenote, a trenta metri di altezza, con la caverna e le sue acque azzurre che si aprono al di sotto. Potevamo farci mancare questa emozione? Assolutamente no, infatti io e Tania le più coraggiose, ci lanciamo urlando sopra le limpide acque, sperando di arrivare dall’altra parte sane e salve!
Dopo tante avventure, fermarci al loro punto di ristoro e farci preparare un pranzo abbondante, distesi su una comoda amaca, è la classica ciliegina sulla torta.
A Río Lagartos arriviamo nel tardo pomeriggio e scopriamo che le cabañas consigliate dalla Lonely non esistono più, trascinate in mare da un uragano 5 anni prima, ma subito veniamo presi sotto l’ala da un capitano di barca che in quattro e quattr’otto ci trova una stanzetta sul molo e ci organizza un bel giro per il giorno dopo.
Alle otto siamo in partenza con la nostra barchetta, tre splendide ore per vedere fenicotteri rosa, alligatori, aquile, pellicani e un’altra decina di uccelli strani di cui non ricordo il nome. Con una tappa al mare rosa, dove l’alta concentrazione di sale ci fa galleggiare senza fatica e il paesaggio è così ultraterreno da sembrare lunare, un’altra pausa alle saline per spalmarsi di argilla bianca e tre ore di sosta in una spiaggia bianca e solitaria solo per noi.
Ritorniamo mezzi ustionati per raggiungere prima di sera Mérida, dove troveremo il nostro nuovo alberghetto, quasi in centro città. È una bella città, tutta illuminata (come del resto anche le altre), da migliaia di luci natalizie. Ovunque ci sono lavori di ristrutturazione ed abbellimento, con il chiaro intento di conservarne la bellezza architettonica. Ovviamente il traffico è impossibile, ma ci siamo abituati, basta prendere le cose con molta calma. Approfittando della relativa vicinanza decidiamo di visitare Uxmal, percorrendo la tanto decantata Ruta Puuc… Direi che se ne può anche fare a meno, niente di diverso da una normale strada in mezzo a campi e boschi, funestata da numerosi topes! Invece il sito merita proprio un bel giro, anche se noi ci trasciniamo abbastanza stancamente, spostandoci da un’ombra all’altra per sfuggire al sole implacabile sulla nostra pelle già scottata.
È particolarmente insolito l’incontro ravvicinato con le iguane che ci guardano indifferenti dalle loro postazioni al sole. Ne troveremo anche in altri posti, ma qui ce ne sono veramente tantissime.
Proseguendo per la Ruta Puuc visitiamo anche Kabah, dove c’è poca cosa in più rispetto a quello che si vede dalla strada: risparmiate il prezzo del biglietto! Di ritorno a Mérida, ci proponiamo di farci un giro un po’ più lungo e articolato per il centro, ma il traffico che affligge anche i pedoni e la stanchezza ci fanno ritornare in breve tempo all’ovile. Domani ci attende una lunga tratta stradale fino a Palenque.
Non ho fino ad ora parlato di un fenomeno migratorio che abbiamo incominciato a notare a Valladolid e che ci accompagnerà fino al 12 dicembre a San Cristobal: l’esodo dei “madonnari”.
Sembra che in questo periodo circa un milione e mezzo di messicani si muovano contemporaneamente, utilizzando ogni mezzo possibile, per effettuare un pellegrinaggio come devozione alla Madonna. Per cui le strade sono sempre più piene di personaggi di ogni età, bardati in costumi locali, chi a piedi nudi, con fiaccole fumose in mano e fiamme che lambiscono i capelli, correndo o camminando stancamente, chi in bici, autobus, motocarri, camion, macchine, ecc. ornati di festoni colorati e con clacson e sirene di ambulanza sempre accese, giorno e notte. Madonne dipinte, scolpite, disegnate ovunque, si fermano in ogni paese sul loro tragitto e pregano in ogni chiesa. A volte buttano caramelle ai bimbi in attesa lungo la strada. In solo 30 chilometri abbiamo contato ben 45 comitive di questo tipo. La notte si fermano a dormire in un prato o parcheggio e si lavano dove possono nei fiumi o nei laghi.
In un primo momento godiamo di questo spettacolo inaspettato, ma con il progredire del viaggio e l’imbruttirsi delle strade, incominciamo lentamente ad odiarli! Nella loro allegra esuberanza, corrono e saltano in mezzo alla strada, fanno gruppo impedendo alle macchine di procedere, distraggono dalla guida fino a farti “inciampare” in uno dei malefici tope non segnalati… Insomma, mentre Luca o Tania guidano, gli altri due collaborano per evitare spiacevoli incidenti!
Non ho trattato neanche dei famosi tope, che ovviamente non sono la versione femminile del topo e neanche il vezzeggiativo un po’ scurrile con cui vengono definite le donne, bensì i dossi infernali che impestano le strade, soprattutto quelle del Chiapas. Ce ne sono di ogni forma e tipo, potrei scriverci un trattato, ma sono innumerevoli, spesso non segnalati e assolutamente distruttivi se non sono presi a macchina praticamente ferma!
Comunque sopravviviamo e arriviamo a Palenque in serata dopo 9 ore di viaggio. Questa città è quella che ogni guida definirebbe “vivace”… In effetti è piena sia di turisti che di persone del luogo che, complice l’atmosfera natalizia, approfittano di ogni momento per fare festa. Carri allegorici, concerti e danze, ravvivano la serata. Un’infinità di piccoli negozi offrono le loro specialità a prezzi modici.
Il giorno dopo abbiamo in programma la visita al sito archeologico che si trova all’interno di un parco, per cui i biglietti di ingresso sono due. All’interno di questo parco esistono sistemazioni alberghiere e anche un campeggio, per chi vuole rilassarsi in mezzo alla natura, ma penso che i prezzi siano decisamente più alti che in città.
La visita al sito circondato dalla giungla è come sempre interessante, purtroppo non si può più entrare nei sotterranei della piramide dove era custodita la tomba del regnante di turno, malgrado ciò le rovine sono sempre molto suggestive e il piccolo museo adiacente è ben allestito.
Oggi giornata d’acqua, non perché piove, ma perché ci tuffiamo in tre bellissime ambientazioni paesaggistiche. Prima tappa è la cascata di Misol Ha, ci si può fare il bagno, anche se di prima mattina l’acqua è un po’ freddina e un sentiero che passa dietro la cascata, ci conduce all’interno di una grotta assolutamente buia in cui si sente scrosciare altra acqua, il fatto di non vedere quasi niente, malgrado la luce della torcia e il forte rumore che riverbera sulle pareti, fa piuttosto paura, per cui siamo ben felici di uscire nuovamente alla luce del sole.
Proseguiamo per Agua Clara, che è un’ansa di un fiume il cui letto è calcareo, per cui in questo punto l’acqua illuminata dal sole prende dei colori stupendi. Oltre tutto siamo gli unici turisti a godere di questo spettacolo.
L’ultima tappa sono le famose cascate di Agua Azul e, devo dire la verità, meritano la loro fama. Anche qui i colori sono spettacolari e i giochi di luce che forma l’acqua ci fanno rimanere a bocca aperta e desiderosi di tuffarci. All’inizio del percorso, ci sono veramente tante persone che ammirano il paesaggio e si bagnano nelle acque chiare ma, con un minimo di fatica, si può risalire il percorso delle cascate, fino a raggiungere dei punti molto più isolati in cui godere appieno di questa meraviglia. Concludiamo il tutto con un buonissimo pranzo a base di pesce appena pescato, cucinato in un baracchino vista cascata.
Il nostro viaggio estenuante su strade di montagna piene di curve, topes e “madonnari” prosegue con sosta per la notte a Ocosingo. Questo paese, non particolarmente interessante, ha in compenso un mercato abbastanza caratteristico. Forse è il posto dove abbiamo incontrato più persone vestite con abiti tipici della loro etnia. Arrivano in comitiva, trasportati da camion e le donne con i loro bambini formano dei gruppi ciarlieri e coloratissimi.
Visita al sito di Toniná. In mezzo a campi coltivati e su una strada non proprio bellissima arriviamo alle rovine, la cui piramide si vede da molto lontano. In effetti la nostra impressione è che sia quella più alta fra tutte quelle viste in questa vacanza.
Siamo completamente soli, nessun turista a condividere la faticosa salita sugli scalini sconnessi di questa grandissima costruzione. Anche lo sguardo spazia indisturbato per chilometri di distanza… (era da anni che desideravo utilizzare questa espressione poetica!). Direi che è anche l’unica piramide delle tante viste e conquistate, che mi ha dato un senso di vertigine sia nel salire che nel discendere. Un piede messo male e la vacanza si interrompe tragicamente e la barella rudimentale appoggiata alla base dei gradini, non presagisce niente di buono! Comunque aggrappati come gechi, anzi qui è meglio dire come iguane, arriviamo alla vetta e ne discendiamo illesi e, udite, udite, è l’unico sito in cui si entra senza pagare il biglietto!
Proseguiamo nel viaggio con una breve tappa alle cascate di Mesbiljà, un bel posticino ma con acque troppo fredde per noi donne, solo Luca ha il coraggio di farsi un bel tuffo.
Nel tardo pomeriggio raggiungiamo San Cristóbal, una città molto particolare fatta di vie e sensi unici che si intersecano in maniera geometrica. Raggiungiamo senza difficoltà il B&B;, segnalato dalla guida e chiediamo alloggio. Ci propongono una sistemazione alternativa per mancanza di posti e ci troviamo a pernottare in una specie di garage umido, gelido e veramente squallido.
La pigrizia ci induce a rimanere malgrado la pessima scelta, ma ci riproponiamo di starci il meno possibile.
In questa città a 2100 m. slm, l’aria è frizzantina… Soprattutto di sera, abituati bene come è stato finora, soffriamo un po’ il freddo. Malgrado questo, rimane molto interessante girare per le sue strade con edifici molto particolari e passeggiare osservando le numerose bancarelle che riempiono i mercatini.
Oggi ci dedichiamo alle comunità etniche. Ci hanno consigliato di visitare oltre a San Juan Chamula e Zinacantán anche San Andrés, che non facendo parte degli itinerari turistici classici, è rimasto quasi inesplorato. In effetti siamo gli unici tre stranieri e subito ci rendiamo conto che gli sguardi dei residenti non sono curiosi, ma fra l’indifferente e l’ostile. Qualcuno si lamenta delle fotografie che facciamo alla piazza, anche se ci guardiamo bene dal includere le persone che chiaramente non gradiscono. Il momento più surreale lo viviamo in chiesa, dove entriamo discretamente visto che non c’è esposto nessun divieto. Ci guardiamo attorno per non più di un minuto in quanto l’interno è abbastanza spoglio, ma mentre stiamo uscendo ci raggiungono di corsa due uomini che ci sbarrano la strada. Le persone di etnia Maya sono abbastanza basse, ma questi due signori non superano il metro e trenta, praticamente non ci arrivano al petto. Sono vestiti con giubba e pantaloni in vello di pecora e a braccia allargate ci impongono un “pizzo” di 500 pesos per uscire dalla chiesa, pena la denuncia alla milizia. Non c’è tema di incomprensione, perché Tania parla perfettamente lo spagnolo, loro sostengono che è la multa per essere entrati in chiesa, macchina fotografica al collo senza il loro permesso… Ma dove sta scritto? Ovviamente non paghiamo, al massimo siamo disposti a lasciare una modica offerta per scusarci dell’involontaria effrazione, ma loro insistono. A questo punto chiudiamo il discorso, o si va dalla polizia oppure ci fanno uscire a costo di sollevarli di peso e spostarli un poco più in là. Questa minaccia li fa desistere e ognuno va per la sua strada. Noi riprendiamo la macchina pensierosi, sarà il caso di visitare gli altri due paesi? Ma visto che San Juan è proprio sulla strada, ci ritentiamo. Qui l’accoglienza è l’opposto… Non siamo ancora scesi dall’auto che ci ritroviamo circondati da almeno 5 ragazzine che, presentandosi tutte con il nome di Juanita, vogliono venderci i loro manufatti. La strada principale ha bancarelle da entrambi i lati e fuori dalla chiesa ci sono almeno tre comitive di turisti in attesa della visita. Come a San Andrés, anche qui il paese non offre grande interesse architettonico e ancor meno particolarità etniche, per cui di comune accordo rinunciamo alla visita di Zinacantán e decidiamo di dedicare più tempo a San Cristóbal.
Da questa città a Tuxtla Gutierrez c’è un’autostrada, ma noi lo scopriamo solo al ritorno, per cui ci sciroppiamo altre 2 ore di strada di montagna per raggiungere il Cañón del Sumidero.
La partenza dei battelli è a Chiapa de Corzo, arriviamo all’imbarcadero, indossiamo i giubbotti salvagente e partiamo per la nuova avventura. Ne vale veramente la pena! Il sole splende, le pareti della gola incombono ripide su di noi, alcuni coccodrilli si scaldano al sole e il percorso fluviale con tanto di guida dura parecchio. Poi noi decidiamo di fermarci nella tappa intermedia, per visitare il parco con gli animali, purtroppo rinchiusi in gabbie fatiscenti. Viviamo un’altra avventura percorrendo oltre 500 metri di giungla sulla “tirolesa” sospesa a grande altezza. Io e Tania non ci facciamo mancare, da tipiche turiste, la foto di rito con tucani e pappagalli!
Al rientro decidiamo di pernottare a Chiapa de Corzo che è uno dei paesini più pittoreschi di tutto il percorso. Come sempre le luci natalizie rendono vivace la città e ovunque sono appese zucche di ogni dimensione, svuotate e dipinte a colori vivaci.
Oggi la nostra meta è Frontera (da cui non è possibile passare al Guatemala, visto il fiume che funge da frontiera naturale). Intendiamo fermarci qui per visitare il sito di Bonampak, chiamato la “Cappella Sistina” del Messico e Yaxchilán. In queste aree non ci sono più i Maya, ma i Lacandoni che, ci accorgeremo presto, hanno fatto un grande business delle loro zone.
A un certo punto, a 20 chilometri da Frontera, la strada diventa quasi impraticabile, è buio, siamo circondati dalla giungla ed è appena finito un acquazzone che ha riempito le enormi buche sulla strada di acqua, tanto che a volte sembra di guadare dei fiumi. Arriviamo in questo paese alquanto desolato e cerchiamo una soluzione per la notte. La situazione più economica è un “eco lodge”, che di ecologico ha solo la mancanza di bagno in camera e acqua calda nei bagni condivisi. L’unico ristorante è quello dell’albergo, molto caro e di pessima qualità. Ci informiamo sul prezzo del battello per la visita a Yaxchilán, e scopriamo che è veramente esagerato. Ovviamente, non esistono banche, cambi e non accettano altra valuta se non i pesos e la banca più vicina è a Palenque. Facciamo 4 conti, non ci stiamo con i soldi. Rimandiamo le decisioni al giorno dopo.
Tentiamo in tutti i modi di contrattare il prezzo del battello per riuscire ad effettuare questa escursione, ma non se ne parla, per cui passiamo oltre.
Arriviamo all’ingresso del sito di Bonampak giusto in tempo per assistere ad una lite fra alcuni lacandoni e tre turisti. Stanno discutendo perché dopo essere stati vessati economicamente a Yaxchilán, hanno scoperto che anche per andare a queste rovine ci sono circa 10 chilometri che devono essere percorsi o a piedi o in alternativa, pagando profumatamente uno dei locali che farà da Caronte… Ovviamente ci uniamo alla discussione, anche perché noi abbiamo la macchina e saremmo pure disposti a dare un passaggio gratis ai 3 ragazzi. Anche qui, non c’è spazio per la contrattazione, o prendere o lasciare, gli altri lasciano, noi non ce la sentiamo dopo tutta la strada percorsa a rinunciare anche a questa visita, per cui paghiamo, sperando che all’uscita ci sia qualcuno ad aspettarci, non si sa mai che visto il malumore da entrambe le parti, non ci facciano qualche brutto scherzo.
Il sito è molto piccolo e a parte gli affreschi, c’è poco altro da vedere. Però bisogna ammettere che il restauro è stato fatto bene e i colori sono molto vivaci, è bellissimo immaginare vedendo questi scorci di pittura, come doveva presentarsi una piramide nel suo periodo di splendore.
Finita la visita e costatato con gioia che il nostro driver ci aspetta all’uscita, riprendiamo l’auto e ritorniamo a Palenque per la sosta notturna.
Anche oggi lungo viaggio direzione Chetumal. Breve sosta a Calakmul, dove decidiamo di non entrare per lo stesso motivo di Bonampak, si deve pagare un autista privato che ci porti al sito, ma non è detto che poi ci facciano entrare per imprecisati motivi, nel dubbio proseguiamo e visitiamo invece le rovine di Becan che non si distinguono certo per il loro interesse.
Arrivati a Chetumal e sistemati in un modesto alberghetto, ci rechiamo in città per un’ottima e abbondante cena con accompagnamento di musica anni ’70, sparata ad altissimo volume.
Prima tappa cenote Azul… L’ho già detto che vado pazza per i cenote? È bellissimo, l’acqua è estremamente calda e si entra pure gratis! Dopo tanti tuffi e altrettante fotografie, ci rechiamo alla Laguna Bacalar. Con una barchetta per noi tre soli più il “capitano”, visitiamo cinque cenote le cui acque dolci formano la laguna, separata dal Mar dei Caraibi da una striscia di terra. Questa laguna in passato è stata più volte invasa dai pirati che percorrendo piccoli canali, arrivavano fino a terra, depredando i nativi. Per questo motivo sulla costa svetta un bel castello fatto in pietra locale.
Tania dopo questo giro ha deciso che è il suo habitat naturale, sole, natura, cenote, acqua dolce e calda… Insomma tutto a portata di mano e con pochi ragni in circolazione! Solo qualche piccolo caimano…
Tulum, ultima tappa del nostro percorso. Ci rimangono tre giorni da passare in tutto relax al mare. Ma io e Luca ci conosciamo, non resistiamo più di mezza giornata in spiaggia e Tania anche se combattuta fra il desiderio di dormire a lungo e crogiolarsi al sole e venire con noi in esplorazione dei dintorni, ci segue, ha troppa paura di perdersi qualcosa di bello!
E, infatti, scopriamo bianchissime spiagge di cui la palma d’oro va alla Playa Xcacelito, quasi deserta e con un minuscolo cenote nei pressi, riserva naturale dove si riproducono le tartarughe (noi troviamo solo i gusci vuoti!), il cenote Cristal e il cenote Escondido. L’ultimo, denominato Casa Cenote, ce lo vediamo almeno due volte tanto è perfetto. Non ci facciamo mancare neanche la riserva Punta Laguna, vicino a Cobá dove, accompagnati da una guida, andiamo a caccia delle scimmie ragno, che si spostano da un ramo all’altro, seguendo la vecchia capo branco.
Mi dimenticavo il sito archeologico di Tulum! Non che non sia bello, visto che si affaccia sul mare, ma rispetto ai precedenti, molto elementare e a differenza degli altri decisamente più affollato. Tutte queste dritte ce le dà il nostro albergatore, il classico “romano de Roma”, che vive qui da 7 anni e ormai conosce ogni angolo pittoresco della zona e ci sa consigliare i posti più isolati, caratteristici e nel contempo meno costosi.
Il mattino del 20 dicembre, ci vede molto abbattuti in viaggio verso l’aeroporto di Cancún, questa vacanza e questo scorcio di Messico ci hanno dato grandi emozioni e quindi ci spiace lasciarlo.
Restituiamo la macchina senza problemi e anche il viaggio di ritorno, a parte il trauma del cambiamento climatico, è perfetto.
CONSIGLI PRATICI
– È un viaggio che si può organizzare tranquillamente da casa senza grosse difficoltà. Il WiFi si trova ovunque e lo spagnolo, per noi italiani, è facilmente comprensibile
– L’auto si può noleggiare solo con carta di credito e patente italiana. Non serve la patente internazionale. Noi siamo stati fermati svariate volte dalla polizia che ha controllato patente e libretto e ci ha fatto proseguire senza nessun problema.
– Ci sono numerosi posti di blocco ma in genere non bloccano i turisti e quando succede sono sempre gentili ed educati.
– Le strade sono tendenzialmente belle se non fosse per l’immancabile presenza di dissuasori spesso non segnalati. Occorre anche prudenza nella guida perché moltissimi villaggi “vivono” sulle strade, per cui c’è pericolo di attraversamento animali ma soprattutto bimbi. Alcuni molto ingegnosi, organizzano dei piccoli posti di blocco stendendo una corda da un capo all’altro della strada, per fermare le macchine e vendere frutta, acqua o altri generi di conforto.
– La strada da Palenque a San Cristóbal non è estremamente lunga ma è stretta, piena di curve e topes. Bisogna considerare una giornata intera per percorrerla tutta, o un’eventuale sosta a Ocosingo per spezzare il tragitto, soprattutto se si decide di visitare le cascate, Agua Azul e le rovine lungo il percorso.
– L’acqua è sempre bene acquistarla in bottiglia, ma frullati, gelati, frutta e verdura lavate con acqua locale, non ci hanno mai creato problemi, alla faccia della “maledizione di Montezuma”!
– Il cibo tipico messicano, è abbastanza buono e vario, generalmente non è particolarmente piccante, ma spesso lo accompagnano con delle ciotoline di salsa che consiglio di assaggiare prima di versarsene abbondantemente nel piatto, alcune sono veramente infernali.
– Il clima in questo periodo è ottimo, solo un po’ freschino la sera in montagna, pochissime zanzare e ancor meno pioggia.
– Pochi gli alberghi che accettano le carte di credito e il dollaro è preferito all’euro.
– Ho utilizzato la Lonely Planet come guida, poco attendibile su prezzi, orari e alberghi.
E ovviamente i diari di viaggio di chi c’è già stato.
– Per gli alberghi ho preso spunto da Booking.com, attendibile e con prenotazione gratuita. Invece, Hostelbookers.com ha richiesto 2 euro per la prenotazione, ma quando siamo arrivati all’hotel, non erano stati avvisati, decisamente lo sconsiglio.
– La “propina” è la mancia, ed è molto gradita, in alcuni casi, pretesa. Ma noi siamo italiani e abbiamo imparato dalla culla l’arte di fare gli gnorri, per cui l’abbiamo lasciata solo a chi la meritava veramente.
Spesa procapite: tutto compreso 1700 euro.
Cambio: 1 euro = 16,854 pesos.
Visti: se non si passa dagli Stati Uniti, non servono visti d’ingresso.
Voli: EasyJet, Milano MPX – Gatwick, , AR 154.54 euro a persona.
British Airways, Gatwich – Cancun, AR 703 euro a persona
Noleggio auto: Avant Rent a Car, (avant@avantrentacar.com), 534 euro per una Dodge Atos 4 posti.
Precisi, rispettosi dell’orario, ottima comunicazione via mail in inglese o spagnolo, macchina senza problemi. Niente anticipi.
Chilometri percorsi: 3750, 120 euro di benzina!
Escursioni in barca
Rio Lagatros: 35 euro a persona. Flamingos Tours, il responsabile si chiama Kemel Roman e tutti indossano una maglietta verde con il logo. Molto organizzati, ci hanno dedicato tanto tempo e molta cura nel descriverci le particolarità del luogo. Tel.: 01(986)8620243. Cell.: 9868618386
Canyon del Sumindero: 10 euro a persona. Battelli con circa 30/40 persone. Attenzione se vi fermate nel parco e ritornate con un altro battello, non dovete pagare un prezzo aggiuntivo… Alcuni furbetti ve lo chiederanno!
Laguna Bacalar: 11 euro a persona. Un bel giro anche se molto più breve dei precedenti. Il capitano però ci ha descritto per filo e per segno tutte le bellezze di questo scorcio acquatico.
Siti e parchi: Uxmal è stato il più costoso con i suoi 10 euro di entrata, seguito dai 9 euro di Chichén Itzá. Per gli altri il biglietto di ingresso ha una media di 3 euro a testa.
Punta Laguna: 25 euro per tutti e tre.
ALBERGHI
Tutti i prezzi sono per una camera a 3 o 4 letti per notte, con ventilatore, e WiFi.
Cancún: Hotel Terracaribe, Av. Lopez Portillo 70, info@terracaribe.com. Molto carino e pulito, con piscina e Jacuzzi. Difficile da contattare tramite mail. 26.50 euro camera a 3 letti.
Valladolid: Hotel Posada Osorio, Calle 40 183b. In zona centrale, con parcheggio interno. Ottima sistemazione. 23.50 euro.
Río Lagartos: Cabañas Las Escondito. Posizionata sul molo dove partono le barche per l’escursione. Sistemazione molto modesta, non eccessivamente pulito, ma ambientazione spettacolare. 14.55 euro.
Mérida: Hotel Las Dalias Inn, Calle 57 No 435. Zona centrale, con parcheggio interno e piscina. Buona sistemazione. 29 euro.
Palenque: Hotel Quinta Santa Elena, Avenida Jorge de la Vega Domínguez, S/N. Posizione centrale, piscina, parcheggio interno. Camere grandi e pulite. Da non prendere assolutamente quelle al piano terreno che danno sulla strada, perché non si dorme tutta notte! 20 euro.
Ocosingo: Hotel Maya Mi Sol, sulla strada principale. Sistemazione discreta. Personale molto gentile. 20 euro.
San Cristóbal de las Casas: B&B; Le Gite del Sol, Francisco I. Madero 82 Esquina con Vincente Guerrero. legitedelsol@hotmail.com. Posizione centrale. Camera pessima, umida e minuscola, situata a 50 metri dal complesso principale dove si serve la colazione del mattino. In compenso i proprietari, francesi, sono molto gentili. 19 euro.
Chiapa de Corzo: Posada los Faroles, Barrio San Jacinto. Buona sistemazione in zona centrale, ma personale abbastanza maleducato, musica ad altissimo volume fino a tarda notte e risa e urlacci di prima mattina. 20 euro.
Frontera: Hotel Centro Ecoturistico Escudo Jaguar, Comunidad Zona Lacandona. Ambientazione caratteristica circondati dalla giungla. Bagni in comune, doccia fredda. No WiFI. Personale scortese. 20 euro.
Chetumal: Posada Costa Azul, Av. Insurgentes 170 Col. Saop, Entre Carlos Lazo y Lope de Vega.
Lontana dal centro città e da ristoranti. A differenza di quanto pubblicizzato, non è un B&B;, non ha il WiFi e il personale è indifferente e maleducato. Decisamente troppo costoso rispetto a quanto fornito. 23 euro.
Tulum: Hotel La Luna Gitana, Av. Satélite, Tulum Pueblo. Zona centrale, 3-4 km dal mare. Camere e letti molto ampi. Edificio caratteristico anche se modesto. Compensa decisamente le sue carenze con la simpatia e la disponibilità dei proprietari che si fanno in 4 per rendere il soggiorno molto interessante.