Messico Pueblo Magico
Il giorno 1 ce lo siamo lasciati alle spalle, parole chiave: jet lag, cervicale, mare come una piscina, hola amigo, golf cart. Isla Mujeres è molto turistica, adatta soprattutto a chi vuole rilassarsi, non a caso è piena di europei e di gente che vuole staccare la spina per un po’ avendo come unici problemi quale tipo di pesce mangiare a cena e quale drink scegliere. Dopo aver preso da Cancùn l’Ultramar, un battello giallo e blu super futuristico con tanto di intrattenimento live di una band con musica locale nella parte superiore scoperta, siamo sbarcati sull’isola e immediatamente si viene approcciati da varie figure che ti propongono a rotazione, taxi, tequila, sigari e cianfrusaglie varie. Alla lunga un po frustrante ma ci si fa l’abitudine, avremo tempo di assaporare il vero Messico più spartano e crudo con calma. La giornata trascorre bene tra le le passeggiate sotto il sole cocente e la spiaggia, un mare cristallino e coloratissimo, mai visto prima. Playa Norte è infatti una delle migliori dei Caraibi, attrezzata e con un fondale piuttosto basso, ideale anche per le famiglie. Ma lo spirito di avventura ci chiama e dopo un solo giorno lasciamo l’isola , direzione Valladolid. Stay tuned
Le parole chiave del secondo giorno sono: colori, cenotes, nuvole, tacos e CocaCola. Dopo aver dormito quasi 10 ore per recuperare qualche neurone perso durante il viaggio siamo in piedi e siamo ancora a Isla Mujeres, il dubbio è se affittare o meno il caddy, come piace chiamarlo a me, per girare tutta l’isola e inserirla nella lista delle cose fatte, ma alla fine per colpa della fretta e di una trattativa non andata a buon fine per ben 50 pesos, rinunciamo. Il traghetto ci aspetta per riportarci a Cancùn, fortunatamente questa volta c’è meno fila e sapientemente optiamo per rimanere sottocoperta, il sole dell’andata ci aveva bruciato, ma eravamo troppo spavaldi per accorgercene sul momento. Una volta scesi prendiamo un taxi che ci porta alla stazione ADO dei bus, da qui partono tantissimi mezzi per i luoghi più disparati, la nostra meta è Valladolid, a circa 160km di distanza, il tragitto di quasi 3 ore scorre liscio e ci immedesimiamo talmente tanto da guardare un film per intero in messicano, L’incredibile Burt Wonderstone con il buon Steve Buscemi. Ah, il pullman era un prima classe, abbiamo scoperto che alla metà del costo c’era Oriente, un altro sevizio di seconda classe, ma non siamo pentiti, aria condizionata, sedili comodissimi e qualità ci hanno accompagnato per tutto il tempo. Giunti a Valladolid, iniziamo a camminare verso l’hotel, una volta arrivati rimaniamo meravigliati dall’atmosfera, una pace difficile da descrivere, tanto verde e una stupenda piscina tutta per noi. Freddina ma invitante. Doccia veloce e si scende in strada, direzione Convento di San Bernardino e Cattedrale di San Gervasio un bel luogo di aggregazione per viaggiatori. Valladolid si trova nel cuore dello Yucatán infatti si può utilizzare come punto di appoggio per visitare le altre attrazioni del territorio. L’ho trovata una città davvero piacevole da esplorare, tranquilla, poco tusistica, coloratissima, si respira davvero l’aria di un centro coloniale. Nei pressi del centro si trova l’enorme cenote, Zacì, l’ingresso è a pagamento ma niente di preoccupante, i più temerari facevano il bagno, noi ci siamo tenuti per il giorno dopo in previsione della visita a Ik-Kil. Per chi non lo sapesse i cenote sono grotte naturali di acqua dolce formate in seguito al crollo del tetto calcareo ma come ogni cosa legata al mondo Maya, anche i cenotes sono intrecciati alla religione e al mistero. Questi erano infatti considerati le porte d’ingresso terrene per il mondo sotterraneo. Insomma una bomba! La giornata prosegue con l’esplorazione della città in particolare ci siamo soffermati sulla Calzada de los Frailes una via dalle case color pastello che dalla piazza principale arriva al convento. Cenetta in centro in un locale tipico e poi ritorno in hotel per il meritato riposo. Ah la Coca Cola cosa c’entra? È pieno di camion tipici marchiati con il famosoo logo e anche di scritte in tantissimi muri. Insomma, sti messicani hanno sete. In foto: Cenote Zacì
Il jetlag è ormai un lontano ricordo, inizia ad emergere l’energia ⛮ e l’adrenalina, il fisico si sta adattando (poco) al clima tropicale molto umido e spossante, la stagione più calda inizia a marzo e si toccano punte di 40 gradi. Per forza che i messicani vanno piano… Questa mattina proveremo l’esperienza del Colectivo, uno dei mezzi di trasporto più utilizzati dai messicani. Chiunque lungo il tragitto può fermare il colectivo con un cenno e salire. Idem per scendere. Non ci sono fermate e orari fissi Sono furgoncini non all’ultimo grido ma la loro versatilità fa passare tutto in secondo piano. La nostra tappa è Chichén Itzá uno dei più famosi complessi archeologici Maya, il sole cocente rende tutto particolarmente faticoso data l’ampiezza del sito ma con calma siamo quasi riusciti ad esplorarlo tutto. Anche questo è molto turistico ma in fondo quale luogo storico non lo è? Essendo amanti della natura e non contenti di aver visto un solo cenote, dopo esser tornati in hotel prenotiamo un taxi, molto comodo per gli spostamenti brevi e dopo una breve corsa siamo ai cenotes Xkeken e Samula. Dal foro del soffitto un fascio di luce illumina l’acqua verde smeraldo che riflette la luce sulle stallattiti a canne d’organo che pendono dal soffitto e radici dei pioppi che scendono a bere. Davvero suggestivo. La sensazione è strana, il posto è quasi desolato, pieno di banchette con messicani che vendono vario artigianato, non è chiaro se è originale o fatto in serie, ma sono tantissimi a fronte di una decina scarsi di visitatori. Terminata la visita ci dirigiamo all’uscita dove ci aspetta un taxi, questa volta blu e più messicano degli altri! Torniamo a Valladolid per la cena, decidendo come sempre il ristorante sul momento, infatti ne gli hotel ne il resto è stato minimamente pianificato in precedenza. Avventura pura!
Premessa: Il giorno 4 è stato un po’ deludente, viaggiando zaino in spalla senza un preciso itinerario è difficile incastrare sempre tutto alla perfezione, spesso bisogna fare i conti con gli spostamenti, i bus in ritardo e alcune scelte errate o dubbie. La mattina inizia piuttosto bene, alle 7 siamo in piedi, non in formissima ma in piedi. Saldato velocemente l’hotel ci dirigiamo alla ormai amica stazione ADO. Da qui prendiamo un bus, sempre prima classe perché quello di seconda ci impiega 1 ora in più e parte dopo 2 ore. Il viaggio è buono, svolto quasi in ibernazione data la temperatura interna da freezer, ma arriviamo sani e salvi a Merida, una città enorme, un caos infernale, ci lasciamo trasportare dal flusso cittadino e arriviamo in hotel distrutti, 20 minuti di camminata con 25kg sulle spalle. Nemmeno il tempo di appoggiarci che siano di nuovo in pullman per andare a visitare Uxmal, altro sito archeologico super cool a 1.30h dalla città principale. Per una serie di coincidenze succede che aspettiamo quasi 2 ore, complice il bancomat rotto e in cassa accettano solo efectivo, ovvero contante.. Ma i messicani le pagano le tasse? Una volta dentro parte l’esplorazione, rispetto a chichen itza il sito è più piccolo ma c’è la possibilità di salire in cima alla piramide, gli scalini sono davvero ripidi, quei furboni dei maya li salivano lateralmente. Il sito è molto bello, conservato in discreto stato, addirittura è rimasto sepolto sotto una fitta vegetazione sino alla sua riscoperta da parte degli archeologi nel XIX secolo. https://it.m.wikipedia.org/wiki/Uxmal Primo crollo psicofisico, il caldo torrido, l’afa, una scorretta idratazione fanno si che ci sia un down importante almeno da parte mia, per fortuna all’uscita c’è il chiosco per rifocillarsi. Batterie ricaricate di un onesto 20%. Sono le 17 e la speranza è che il bus passi entro breve. Morale: 1 ora e trenta di attesa con zanzare e moscerini che fanno festa. Nemmeno il repellente acquistato poco prima funziona, quello buono è rimasto sapientemente in hotel. Tornati a Mérida, sconvolti, procediamo come zombie per il centro, rispetto a Valladolid le distanze sono doppie se non triple quindi si sgamnetta di brutto, la città è viva, colorata, musica ovunque, qui tutti sembrano andare di corsa ma non, troppo, la sensazione è positiva ma siamo stanchi per lasciarci andare, quindi puntiamo diretti al ristorante Al Patio, un locale molto esclusivo con un cortile interno e musica live di intrattenimento. In ordine sparso ricordo, Manà, Miguel Bosè (perchè?!?) e Jarabe De Palo. La serata si conclude qui. Il giorno 5 sarà un giorno di svolta.
Il giorno 5 è un giorno di svolta, o meglio di scelte importanti. Scegliere che direzione prendere, cambiare stato e allontanarsi dall’aeroporto di ritorno o avvicinarsi e esplorare più a fondo lo Yucatan? La seconda. Per vari motivi. Il primo, le distanze infinite, parliamo di 12 ore di bus in notturna solo andata per arrivare nello stato del Chiapas, un altro motivo è la stanchezza, fino ad ora abbiamo cambiato hotel ogni notte, prenotato la struttura addirittura alle 19.00 del giorno stesso, molto emozionante e avventuroso ma facendo un rapido calcolo, se avessimo preso la direzione ipotizzata non avremmo avuto tempo per rilassarci, mai. Senza considerare l’ambiente più ostile di quelle zone con conseguente stress aggiuntivo. Questi 5 giorni sono stati una tirata unica, una media di 18km giornalieri a piedi, qualcuno direbbe chi ve l’ha fatto fare? Nessuno. O meglio, la curiosità, lo spirito di avventura, poter decidere in qualsiasi momento che strada prendere, perdersi e ritrovare il proprio ritmo essendo padroni al 100% di tutto, senza vincoli. Ci piace così. La giornata inizia a Mérida, con un’unica priorità, cambiare i soldi, siamo rimasti a secco e urge un Change, si è vero abbiamo la carta di credito ma non tutti la accettano, in proporzione sono più avanti che noi sotto questo aspetto, ma mai quanto l’Indonesia, a Bali anche i carretti lungo la strada hanno il pos. Ovviamente quando ne hai bisogno non è mai dietro l’angolo. 15 minuti a abbiamo il contante, così ci muoviamo verso la stazione dei bus direzione Celestún, una riserva naturale con dei bellissimi fenicotteri rosa, davvero rosa, non come i nostri che sono sbiaditi. Celestún è un oasi di pace, c’è il mare, la sabbia chiara, si sta bene ed è davvero poco turistica. È in pratica un lungo estuario che si addentra per più di venti km nell’entroterra yucateco, grande circa 320km quadrati, dove vivono più di 300 tipi di uccelli. Il progetto prevede un’escursione in barca a motore di circa 2 ore con tappa dagli amici con le gambe sottili e una bellissima foresta di mangrovie. Il nostro barcaiolo è un pazzo scatenato, spinge il motore Yamaha da 60cv oltre il limite e ci sembra di volare, la prua è più in alto di almeno un metro rispetto a noi e la barca sferza l’acqua in maniera davvero violenta. Dopo qualche attimo di destabilizzazione noi e gli altri occupanti del mezzo, una famiglia di sudamericani e una coppia sulla sessantina di Toronto, ci lasciamo andare e ci godiamo il vento che più che accarezzarci ci sposta letteralmente. Qualche minuto di pace, il motore si spegne e iniziamo ad ammirare il paesaggio, sembra di essere in un film, qualcosa come Anaconda con JLo. ♁ Ci facciamo lasciare sul ponte principale e decidiamo di tornare a piedi, 2km di puro asfalto. Qui avviene la svolta, invece che procedere ad ovest andiamo ad est, ☼ puntando a Izamal, una piccola cittadina, a 70 km da Mérida. 2 ore di bus rigorosamente in piedi con tutti i messicani che tornavano dal lavoro, sudati. Mérida, la chiamano la città gialla. Arrivati a sera inoltrata ci rechiamo all hotel, una Hacienda super nuova con piscina e ogni tipo di confort, peccato che i gestori sono tutt’altro che simpatici. Poco male, doccia e si torna in centro. È un po’ tardi, circa le 21.45 e la speranza di trovare del cibo a quest’ora è remota, troviamo un ristorante del quale farò il nome, EL TORO. durante l’attesa con la coda dell’occhio vediamo qualcosa sfrecciare sul pavimento, un bellissimo scarafaggio di almeno 3cm. Chissà se ci sono anche in cucina. Esperienza da dimenticare, si torna a dormire un po’ demotivati, domani vedremo questa città di giorno, chissà cosa avrà da offrirci.
Dopo lo scarafaggio ci svegliamo a Izamal nella hacienda dove alloggiamo, ci sono spazi enormi, questo hotel ha un potenziale altissimo ma c’è un solo problema, i gestori non parlano, non è che non parlano la lingua, anche perché ci proviamo in spagnolo, in inglese, non parlano proprio. Anche la colazione è difficoltosa causa mancanza materie prime, il gestore si assenta una ventina di minuti per andare a comperare frutta e il resto. Potrebbe sembrare anche genuina come cosa ma nel frattempo veniamo assaliti da mosche e moscerini. La colazione ‘Continental’ procede abbastanza bene ma nello zucchero comune, quello del barattolo, pur essendo sigillato ci sono 3 formiche che scorrazzano felici. Altra regola, prendere cibo e bevande il più possibile confezionate. Non è una regola assoluta ma se si vuole evitare di prendere qualche virus è sufficiente seguire le regole del buonsenso. Decidiamo di andare a vedere la città gialla, perché di notte tanto gialla non era e finalmente giungiamo in centro. Entriamo anche nel piccolo museo interno dove sono conservati alcuni cimeli riguardanti la visita di Papa Giovanni Paolo II nel 1993. L’attrazione principale è però il convento di Sant Antonio da Padova. . Il monastero venne costruito tra il 1549 e il 1562 sotto la direzione del frate Diego de Lainda, appartenente all’ordine dei francescani, edificandolo sopra le rovine di un centro per il culto del dio maya supremo Itzamnà e del dio sole Kikich-Kakmò. Settantacinque archi danno vita all’atrium, il secondo cortile porticato più grande del mondo, preceduto in dimensioni solo da un’ eccellenza italiana, quella di San Pietro in Vaticano. Continuiamo l’esplorazione del pueblo magico addentrandoci nel mercato del paese per finire poi nel reparto carni, vediamo situazioni molto lontane dal nostro modo di concepire le cose, ma davvero caratteristiche. È un misto di suoni e tradizioni locali. Un po’ di spesa per il viaggio che ci attende e siamo in bus, abbiamo deciso di andare a Playa del Carmen, una location diametralmente opposta da quelle visitate fino ad ora, turismo di massa, caos, ristoranti, discoteche, auto, in pratica come essere a Riccione. Faremo un paio di giorni qui per cambiare approccio e avere un contrasto netto con quanto vissuto in precedenza, un ritorno alla civiltà, o forse all inciviltà. Dopo oltre tre ore di pullman siamo a Playa come viene chiamata per abbreviare, è tardi e ci concediamo solo un breve giretto e una cena con una pizza prima di andare a dormire. Domani avremo modo di visitare la città e la famosa Quinta Avenida sperando di non cadere nella trappola di comprare un sombrero.
Siamo a Playa del carmen nello stato di Quintana Roo, ex villaggio di pescatori ora centro di svago, divertimento e opportunità. Un paese con una crescita demografica spaventosa, più del 20% annuo. Le aspettative non sono alte ma finalmente è possibile calare per un po’ i ritmi, giusto per un paio di giorni scarsi, poi si cambia ancora. Lo scopo della giornata è girare senza una vera meta, perdersi tra le viuzze del paese e se rimane del tempo andare qualche ora al mare, dico qualche ora perché il sole è veramente senza pietà e non vogliamo passare i giorni successivi in barella La colazione dell’hotel non ci soddisfa, ne facciamo un’altra in un localino davvero curato con la scusa di ascoltare il concertino live che il pub offre. Sarebbe bello se in riviera romagnola avessimo delle band come questa, spesso, soprattutto al mare, il massimo che si trova è qualche cornacchia che fa karaoke con canzoni passate di moda. Trascorriamo quasi un’ora in relax e poi ci muoviamo verso il cuore della città. Troppo caldo e il mare non è così bello, molto meglio quello di Isla Mujeres. Il centro è il festival dello spreco, negozi di multinazionali con porte aperte e aria condizionata a palla, bancarelle, venditori ambulanti, le facce incrociate sono tutto fuorché messicane, si sta bene, ma non si respira nulla di caratteristico, si percepisce solo una caricatura dei classici luoghi comuni della zona. Spesso trovo difficile comprendere come alle persone piaccia la fila, il caos, i prezzi alti e fare su e giù non vedendo nulla di interessante. I prezzi di playa sono allineati con l’Italia, qui vanno di moda soprattutto i dollari americani. Ci sono zone più decentrate come Playacar, una comunità privata dove al suo interno si trovano i resort più esclusivi della zona. Decidiamo di andare nella lingua di spiaggia di questa località, ce l’hanno consigliata in quanto molto meno affollata rispetto playa del carmen ed il mare è sempre cristallino e con tantissime sfumature. Ci stendiamo per meno di un’ora e siamo di nuovo in giro, oggi non troviamo pace, la giornata passa in fretta girovagando per la città, torniamo in hotel e ci stendiamo sulla bellissima amaca per pianificare un minimo il giorno successivo e godere di un raro silenzio. La sera proviamo un ristorante italiano e abbiamo il piacere di scambiare due chiacchiere con la titolare, Giusy, in Messico da 6 anni ma ormai stanca dei ritmi di lavoro così serrati, dice che vuole andare in Portogallo. Caffè, due passi e si torna a letto.
Meta di oggi: Tulum, non Tuolumne in California come la canzone di Eddie Vedder in Into the wild. Siamo sempre in Messico. Tulum è una città di circa 30 mila abitanti, molto tranquilla e piacevole, si trova sula costa caraibica all’estremo sud della riviera maya. Siccome il Colectivo ci ha impiegato un po’ di tempo a portarci qui, abbiamo fatto fatica a svegliarci puntuali ed è già mattina inoltrata, decidiamo di affittare delle biciclette per l’onesta cifra di 100 pesos per un giorno intero. Ciò ci rende autonomi e più veloci, mi sento un po’ come Mattia Miraglio quando decise ad un certo punto del suo giro del mondo a piedi di cambiare strategia e continuare in bici, noi lo faremo per ventiquattro ore. L’attrazione principale è il sito archeologico di tulum ovvero rovine maya a picco sul mare, distano due km che percorriamo a bordo del nostro velocipede. Giunti sul posto rimaniamo sorpresi dal costo del biglietto di ingresso quasi irrisorio rispetto ad altri siti più blasonati, entriamo senza aspettative ma veniamo abbondantemente ripagati. In primis c’è tranquillità, non ci sono la calca di chichen itza e i venditori ambulanti, poi è ventilato e infine ci sono le iguane, tantissime iguane che sembrano le padrone del posto. Il mare ha sempre un certo appeal e rende tutto più romantico. Voto 8+. Il resto della giornata prosegue tra cocktail bar, centro cittadino e ozio. Giriamo in lungo e in largo la via principale piuttosto lunga andando alla scoperta dei vari negozi e fermandoci di tanto in tanto a gustare ciò che offrono i vari localini. Anche qui il turismo è forte, ma è meno invasivo e il mood è quasi hippy, ragazzi con monopattini elettrici, rasta con cani che passeggiano, altri che lavorano con il proprio Mac e indossano cuffie all’ultima moda, insomma la gente qui vuole rilassarsi e stressarsi poco. Lasciamo indietro la zona hotelera per il giorno seguente che sarà dedicato quasi completamente al mare e alla prenotazione di alcune escursioni per i giorni successivi.
Tulum, la città dai mille volti. Dopo aver apprezzato la movida del centro è ora di esplorare anche le zone limitrofe non prima di aver fatto colazione. La città è strutturata in modo strano, è presente una via principale carrabile molto trafficata che ogni volta che si attraversa da una parta all’altra si è fieri di non essere stati investiti, i negozi e le attività sono disseminati sui marciapiedi di entrambi i lati. Si può trovare di tutto, farmacie, minimarket, banche, negozi di telefonia, tutto l’indispensabile per sopravvivere per un bel po’ di tempio senza pensieri. Questa è la zona pueblo, la spiaggia purtroppo dista qualche km ma ci sono le bici, i taxi o i colectivo che risolvono il problema, questa volta scegliamo il mini bus, ci mancava molto stare in 15 nello spazio di 8 persone, emozione pura. Arrivati alla zona hotelera ci facciamo scaricare in un punto a caso e grazie a Google Maps, giungiamo nello stabilimento balneare, se così si può chiamare, che una ragazza ci aveva indicato il giorno prima. Il posto si chiama Taqueria la Eufemia e una delle recensioni sul web cita testualmente: “I went there with an open mind after reading the reviews”. Troviamo due puff dove piazzarci e per circa 3 ore non ci muoviamo di lì se non per fare qualche bagno rigenerante. Acqua un po’ mossa ma piuttosto pulita. Questo luogo hippy è davvero cool, ricorda molto il reggae station di Cesenatico. Decidiamo che abbiamo preso sole a sufficienza e torniamo indietro, questa volta iniziamo il rientro a piedi con la consapevolezza che un colectivo passerà di qui a poco. Illusione. Ne passano due ma al nostro cenno tirano dritto, sono pieni all inverosimile. Dopo circa 30 minuti mi butto in mezzo alla strada e costringo il terzo a fermarsi; saliamo e tutti belli appassionatamente torniamo al pueblo. Cenetta on the road. Stasera si cerca di andare a letto presto, la sveglia è puntata alle 6.20. Bacalar ci attende. Dopo circa 30 minuti di sonno, in piena fase rem vengo svegliato brutalmente per un errore grossolano, la colpa? Il fuso orario italiano che ha ingannato Elisa, pensando di essere in ritardo quando invece era ancora l’una di notte. Tachicardia. Con fatica ci si riaddormenta.
Ore 6. Hotel ArcoIris. Tutto tace. Ci prepariamo mentre fuori è ancora buio in attesa che ci passino a prendere, un minivan arriverà a minuti per portarci alla laguna di Bacalar, un luogo magico, che si trova a 200 km a sud di Tulum, in una zona naturalistica davvero spettacolare, nell’immediato entroterra che corre parallelo alle coste del Quintana Roo, è una delle località più spettacolari del Messico, dicono. È una località molto raffinata, la cittadina si affaccia appunto sulla cosiddetta Laguna dei sette colori, chiamata così per le suggestive sfumature cromatiche delle sue acque, che vanno dal turchese all’azzurro, dal ceruleo al blu intenso. Un arcobaleno di colori davvero suggestivo! Il viaggio è piuttosto lungo e forse per la prima volta avvertiamo davvero il sonno. Giunti sul posto accompagnati da Karen una simpaticissima ragazza messicana e l’autista ci avviciniamo al porticciolo, dove ci aspetta un bellissimo catamarano, oggi siamo fortunati, siamo noi due, Stef, una ragazza tedesca e una coppia di messicani, provenienti da città del Messico. La nostra guida nonché pilota del mezzo è Pato, un Italo argentino molto preparato. La giornata è ventosa e gioca a nostro favore, dominiamo le acque come dei veri pirati e la traversata passa liscia con le spiegazioni di Pato riguardanti la biosfera e al delicato ecosistema che la circonda. Il tour comprende tre stop, compreso un bagno rinfrescante dentro la laguna. Visitiamo anche un cenote all’interno della laguna, è incredibile passarci sopra con la barca, si vede l’acqua che da azzurro diventa blu scuro, guardando verso il basso si intravede lo strapiombo, pareti verticali che scendono per decine e decine di metri. Il mare sarà il nostro compagno per altre ore fino all’ora di pranzo. La fame inizia a farsi sentire e per recuperare le energie ci portano in un posticino davvero carino vicino ad un pontile. Trascorriamo in spensieratezza del tempo qui e poi di nuovo a bordo per andare a visitare la città di Bacalar e poi di nuovo alla base. Il ritorno è previsto per le 18 circa. La giornata è stata lunga, quasi 12 ore di tour ma ne è valsa sicuramente la pena. Andiamo a letto felici, domani ci aspetta sian ka’an, una riserva naturale nei pressi di punta Allen.
Ci risiamo, sono le 7 questa volta, appena in tempo per vedere l’alba Forse riusciamo a usufruire della colazione compresa con il pernottamento, il giorno prima ce la siamo giocati, i messicani se la prendono con comodo. Ci mettiamo a tavola e ordiniamo tutto il possibile, sarà una giornata lunga, meglio partire in forma. Caffè doppio, frutta, pancake , succo e in un attimo sono le 7.50. Ma non dovevano passare alle 7.30? Rapida chiamata con la Sim messicana al numero messicano che ci hanno fornito e ci rendiamo conto che c’è stato un misunderstanding, dobbiamo andare noi da loro. Poco male, il punto di raccolta dista meno di 10 minuti a piedi. Qui veniamo smistati e finiamo in un minivan con alcune olandesi e austriache. W l’Europa. Il viaggio è relativamente breve ma la strada è quasi impraticabile, dossi come se piovesse, buche e gli sballottamenti la fanno da padrona. Arriviamo in uno strano luogo, sembra di essere nella giungla, ma qui è tutto vero, non è costruito ad hoc per i turisti. Veniamo accompagnati sul pontile dove prenderemo la prima imbarcazione a motore. Pochi minuti dopo essere partiti scorgiamo un coccodrillo in mezzo alle mangrovie, bell’inizio, mi sento come Chris Redfiled in resident evil 5 quando sopra al battello esplora le impervie paludi. La giornata è perfetta, cielo blu intenso e come sempre tante nuvole bianche come cornice. Arriviamo a Punta Allen, un piccolo villaggio all’interno della biosfera di Sian Ka’an, situato al culmine della penisola di Boca Paila. Sian ka’an vi dice qualcosa? A Mirabilandia, la zona del katun si chiama nello stesso modo ed è dedicata proprio a questa zona. Il paesino pur essendo il più grande di quelli presenti nella biosfera ha soli 500 abitanti e per raggiungerlo via terra c’è una sola stradina, sterrata e abbastanza sconnessa, che lo collega con Tulum da cui dista circa 50 km. L’elettricità è garantita da un generatore, attivo due volte al giorno: dalle 11 alle 14 e dalle 19 alle 24. La distanza dalle città e la relativa difficoltà nel raggiungerlo ha fatto si che Punta Allen rimanesse un luogo totalmente incontaminato e a se stante. I chilometri di costa che si devono percorrere sulla stradina che corre lungo la penisola di Boca Paila solo solcati da spiagge bianche e mare cristallino, talmente limpide e solitarie che possono disorientare il visitatore. Ma per noi non è un problema, ci siamo arrivati via mare evitando tutti i disagi. Saliamo su un’altro mezzo più grande pronti per affrontare il mare aperto, in lontananza è possibile scorgere un faro, sembra di essere all’interno di Alan Wake, un mix tra sogno e realtà. Pochi minuti dopo scorgiamo delle ombre sotto il pelo dell’acqua, sono dei bellissimi delfini che nuotano velocissimi insieme a noi e ci precedono come voler indicare la strada.. Di tanto in tanto riaffiorano per riempire i polmoni anche se a noi piace credere che sia per dare spettacolo. Davvero emozionante. Poco più avanti una tartaruga marina gigante fa la sua comparsa, è davvero enorme, peccato non poter immergersi con lei, qui è vietato , la biosfera protetta ha un ecosistema molto complesso, simile a Bacalar. Ci spostiamo ancora più avanti dove è invece possibile fare snorkeling, muniti di maschera e boccaglio giù in acqua alla ricerca della barriera corallina, non perfettamente conservata ma pur sempre uno spettacolo della natura. L’ultimo step prevede un bagno in una piscina naturale, qualcosa di surreale, colori super saturi e acqua trasparente nel vero senso della parola, un paradiso. La guida aveva anche portato una bottiglia di tequila per chi voleva provare l’ebbrezza di bere un sorso immerso nell’acqua. Nuovamente a bordo puntiamo verso il villaggio dei pescatori di Punta Allen per un pranzetto a buffet, la location è da sogno, piscina, capanne e sabbia bianca. Finito di mangiare ci aspettano 10/15 minuti di camminata per raggiungere la lancia che di riporterà indietro e durante il cammino è possibile curiosare in che modo vivono i locali, qui il tempo si è davvero fermato. Alle 16.30 siamo in hotel, il nome è invitante, Secret Garden, una struttura leggermente decentrata dalla via principale avvolta dal verde dove a comandare sono alcuni uccellini piuttosto canterini che fanno da sottofondo per il meritato relax. Doccia, giro in centro e si conclude un’altra giornata davvero ricca di emozioni.
Ci svegliamo con calma ma non troppo, siamo sempre a Tulum, abbiamo fatto base qui in quanto è una cittadina strategica per gli spostamenti e si sta relativamente bene. Non sarà il vero Messico, spartano e crudo ma non è nemmeno così estremo nel senso opposto, è un buon compromesso soprattutto per la parte finale del viaggio quando si inizia ad accumulare un po’ di stanchezza. Si accumula stanchezza ma si entra anche in uno stato psicofisico differente, ci si abitua ai ritmi e il fisico si adatta alle situazioni più rapidamente, si percepisce in modo diverso la fame, la spossatezza e tutto il resto, è proprio vero che le abitudini ci rovinano! Avessimo avuto più tempo avremmo sicuramente esplorato il Chiapas con San Cristóbal, Palenque e tanto altro ma come dicevo nel primo post bisogna fare delle scelte, senza troppi pentimenti. Decidiamo di trattarci bene con una super colazione da Paquino, un locale molto gettonato con una vasta scelta, anche oggi frutta, caffè, brioches, yogurt e granola. Il bus ADO ci attende per portarci a Cancún, la città dove tutto è iniziato. Purtroppo il bus non è all’altezza degli altri e tra aria condizionata gestita malissimo, sedili sgangherati e odore di water intasato, il viaggio di quasi 2.30h passa in modo non troppo piacevole. Scesi a Cancún il delirio: traffico, clacson, cappa di caldo africano e tanta gente che vuole venderti qualsiasi cosa; arriviamo in hotel ci riprendiamo un po’ e di nuovo in strada alla ricerca di un luogo un po’ più tranquillo, ma qui accade qualcosa.. Notiamo centinaia di persone ferme in strada, alcuni seduti altri in piedi in attesa. C’è un vento forte e il cielo plumbeo, il brutto tempo sta per arrivare, in lontananza si sente un suono ridondante di tamburi… Cosa stanno aspettando tutti? Aria di presagio. Semplice, aspettano il carnevale. Dopo pochissimo tempo iniziano ad arrivare i carri allegorici, veniamo investiti dalla musica e dal folklore, colori e suoni potentissimi, la città si trasforma in una enorme festa, addirittura Elisa viene coinvolta a ballare in mezzo ad un cerchio formato da persone, tutto è surreale. Dopo aver trascorso un’oretta nel bel mezzo dei festeggiamenti ci decentriamo per raggiungere Parque de las Palapas, una tipica piazza messicana dove ogni giorno la gente viene per godersi la brezza, stare con gli amici e lasciare liberi i ragazzi per un po’. Su uno dei lati della piazza c’è una fila di ristoranti economici, ci sono poi chiostri gastronomici che vengono allestiti anche di sera. Dopo il tramonto si possono trovare degli artigiani che vendono le loro merci esposte su carretti di legno. Un altro posto fantastico per vivere la quotidianità locale. Che dire siamo stati fortunati a beccare il primo giorno di carnevale in modo completamente casuale, abbiamo evitato appositamente la zona Hotelera dove sono ubicati i più grossi Resort della città in quanto poco caratteristica.