Messico, Guatemala e… Cile

Appena tornati forse è difficile essere oggettivi sul viaggio appena concluso, ma dall’altro lato i ricordi sono più freschi e forse più utili per eventuali persone interessate... Mi sono laureato a fine aprile e inizierò a lavorare a metà luglio. Avendo due mesi e mezzo di “vacanza” da tempo ero deciso a viaggiare almeno per un mese,...
Scritto da: Matteo Cortese
messico, guatemala e... cile
Partenza il: 28/05/2002
Ritorno il: 25/06/2002
Viaggiatori: da solo
Spesa: 3500 €
Appena tornati forse è difficile essere oggettivi sul viaggio appena concluso, ma dall’altro lato i ricordi sono più freschi e forse più utili per eventuali persone interessate…

Mi sono laureato a fine aprile e inizierò a lavorare a metà luglio. Avendo due mesi e mezzo di “vacanza” da tempo ero deciso a viaggiare almeno per un mese, per approfittare di un’occasione che non si ripeterà almeno per un po’ di tempo… La destinazione è stata fin dall’inizio l’America Latina, inizialmente tutta, poi con un po’ di informazioni aggiuntive ho deciso di focalizzarmi su Messico, Guatemala e Belize. Un mese può essere sufficiente per farsi una buona idea di questa zona senza spendere troppo. Dopo aver perso quasi un mese a cercare di convincere vari amici a unirsi ho capito che non valeva la pena perdere altro tempo e ho deciso di partire da solo. La decisione è stata facilitata dal fatto che uno dei motivi principali del viaggio era re-incontrare un amico messicano che non vedevo da due anni e mezzo e dal cambiamento di programma, che ha portato all’esclusione del Belize e all’introduzione del Cile, dove vive un altro mio ottimo amico. In questo modo la prima e l’ultima settimana sarebbero state in compagnia di amici esperti del luogo e solo nelle due settimane centrali sarei stato solo.

L’unica cosa pre-fissata erano le date dei voli da e per l’Italia e dal Guatemala a Santiago del Cile; per il resto mi sono lasciato il massimo della flessibilità. Sono partito il 28 Maggio e sono tornato il 25 Giugno.

Ho passato i primi 3 giorni a Città del Messico ospite del mio amico. Mexico è una città incredibile. 25 milioni di persone, traffico incredibile, smog, pericoli di vario genere, ma dall’altro lato una città che offre tutto quello che una grande metropoli può offrire oltre all’altmosfera allegra e confusionaria tipica di qualsiasi posto in Messico. Spostarsi da un posto all’altro della città può voler dire passare ore in un mezzo di trasporto, sia una macchina, un taxi, un pesero o la metropolitana. I prezzi sono generalmente bassi rispetto all’Italia, anche se le uscite serali non si sono rivelate particolarmente convenienti. Ho dedicato il primo giorno alla visita della città e dei posti più famosi, in particolare el zocalo e i dintorni, con varie chiese, mercatini, monumenti, venditori ambulanti, e poi il museo di antropologia, con una delle collezioni relative alle popolazioni indigene più ricche al mondo. Il secondo giorno con un autobus di linea sono andato a Teotihuacan, uno dei siti più famosi, anche grazie alla vicinanza alla capitale. La cosa bella di viaggiare a inizio giugno è che in quasi tutti i posti in cui sono stato non c’erano praticamente turisti, il che significa niente code, foto ai monumenti e non ai turisti che li circondano ammassandosi e, diverse volte, prezzi più bassi. Dall’altro lato, i venditori ambulanti si ammassano continuamente sulle poche cavie e questo a lungo termine può essere un po’ pesante.

Nel pomeriggio un’amica del mio amico mi ha portato a Xochimilco, zona a sud della capitale dichiarata partimonio protetto dall’Unesco caratterizzata da canali navigabili che circondano giardini e case che un tempo non esistevano. E’ possibile capire o meglio immaginare come gli indigeni abbiano costruito artificialmente la città sulle acque (e quindi perchè il terreno in città non sia proprio piatto…). Si possono noleggiare dei battelli e rilassarsi bevendo qualche Corona ghiacciata al fresco, incrociando magari battelli con gruppi di mariachi o battelli con feste organizzate da giovani locali. La zona intorno alla chiesa invece è molto viva fino a sera. Abbiamo avuto la fortuna di capitarci il giorno di una festa religiosa, con un ambiente particolarmente vivace, costumi tipici, etc.

Il giorno seguente siamo andati a Tepoztlan, a un’ora circa di autobus al sud di Mexico, in direzione di Taxco. E’ una cittadina abitata da molti stranieri in cerca di “energia”, con un’atmosfera un po’ esoterica, e soprattutto con una piramide costruita in cima a una collina che offre una splendida vista della città e del panorama circostante. La salita però non è innocua. Serve quasi un’ora di camminata (e in certi punti quasi di arrampicata) per un sentiero scosceso, con il tipico caldo umido a volte quasi soffocante, senza dimenticare che si parte già quasi da 2000 metri e l’altitudine può essere un fattore…

Qui finisce la mia avventura a Città del Messico. Rimane molto difficile dare un giudizio sulla città, visti i tanti contrasti, comunque credo abbia un suo fascino, nonostante non credo riuscirei a viverci per più di qualche giorno/settimana. Le varie guide mettono all’erta dei pericoli che si possono incontrare, e purtroppo non esagerano. Non mi è successo niente, ed è bastato fare un po’ di attenzione per strada e sui mezzi pubblici, però sono i messicani stessi a riconoscerlo. Sembra quasi assurdo vedere come sui taxi facciano sempre capire di essere perfettamente a conoscenza di dove siano e dove debbano andare, per evitare a) che il taxista faccia un giro più lungo per far crescere il prezzo del viaggio (ipotesi ottimista); b) che il taxista vada dove vuole per approfittare (in vari modi) degli sventurati passeggeri (ipotesi pessimista ma assolutamente non irreale, soprattutto per turisti con conoscenza traballante dello spagnolo).

In serata con il mio amico abbiamo preso il bus per Veracruz, sulla costa atlantica, per trascorrere il weekend dove è cresciuto. Il cambio di clima è stato evidente non appena scesi dal pulman alle 3 di notte. In camera il termometro segnava 30 gradi, che sommati all’umidità non preannunciavano niente di buono. Per fortuna i condizionatori hanno portato in fretta la situazione sotto controllo. Veracruz è famosa soprattutto per il clima festaiolo degli abitanti, non certo per essere una città bellissimma. Ha comunque un centro coloniale carino, che abbiamo però visitato a tardo pomeriggio per avere condizioni climatiche un po’ più accettabili. La sera in compenso lo spirito allegro del luogo è venuto fuori, abbiamo girato alcuni bar e discoteche ed è stata senza dubbio una bella serata. La domenica è stata necessaria per recuperare il sonno perso nei giorni precedenti e per rilassarsi un po’ in spiaggia, con abbondanti dosi di crema solare…

Domenica sera è poi iniziata la mia avventura solitaria nel sud del Messico. Ho fatto quasi tutti i trasferimenti in Messico in bus di notte, in modo da perdere il minor tempo possibile nei trasferimenti, ed è una scelta che consiglio a tutti. Ci sono alcune “rotte” più a rischio di assalti (di notte ma anche di giorno), ma sono generalmente segnalate sulle guide. Io non ho avuto acun problema di questo tipo, e sono rimasto sorpreso dalla qualità del servizio offerto dalle compagnie. Ho sempre viaggiato su pulman di prima classe e a volte (dove possibile) su quelli executive, che per pochi dollari in più offrono sedili più reclinabili, molto più spazio per le gambe (visto che sono alto quasi 1m90), acqua, bibite e caffè a volontà, oltre naturalmente al bagno e all’aria condizionata presenti anche sugli altri. Considerando i prezzi medi in Messico i bus non sono particolarmente economici, però le distanze sono notevoli, e viaggiando di notte si risparmia il costo di una notte in albergo. Si può risparmiare viaggiando in pulman di seconda classe, che però si fermano ovunque con conseguenze per tempi totali e puntualità, che non hanno bagno e a volte nemmeno aria condizionata e possono essere spesso pieni, costringendovi a aspettare il successivo o a fare il viaggio in piedi.

Dopo 6 ore di viaggio lunedì mattina sono arrivato ad Oaxaca, capitale dello stato di Oaxaca, appena a nord del Chiapas. Città molto bella, coloniale, con molte chiese, case basse in stile tipico e atmosfera da città benestante di provincia. Ho avuto modo di girare e visitare la città, il mercato, le chiese, i pochi musei, vedere il continuo via-vai di persone, turisti e venditori ambulanti intorno al zocalo, gustarmi qualche gelato nella piazza davanti alla chiesa della Merced (incredibile quello al tuna, il nostro fico d’india), mentre il giorno successivo sono stato a vedere il sito di Monte Alban, molto bello e interessante, pur non essendo particolarmente grande (meglio, c’è meno da camminare sotto il sole che scalda parecchio…), e molto vicino alla città (una mezz’oretta con un autobus-navetta privato per qualche dollaro andata e ritorno).

E a proposito di siti, la tappa successiva è stata Palenque, uno dei siti maya più famosi (con Tikal, Guatemala, e Copan, Honduras). Altro viaggio di notte, e nuovo scontro con il clima caldo umido all’uscita del bus. La città di Palenque è, a mio parere, assolutamente priva di fascino, quindi dopo colazione (guardando Francia-Uruguay alla tv del bar) ho subito preso un colectivo che per 7 pesos (circa 70 centesimi di dollaro) porta alle rovine (provate a chiedere il prezzo nelle agenzie…) con il mio zaino, che ho poi lasciato in deposito (1$) all’ingresso del sito. Il posto è davvero impressionante, tutto intorno c’è la giungla, con le scimmie urlatrici che si fanno sentire, molte rovine sono ancora da scoprire in mezzo alla vegetazione fittissima, e il sito è ricco di rovine. L’unico aspetto negativo, oltre al cielo abbondantemente coperto di nuvole, è stato il fatto che l’interno della tomba più famosa era chiuso, qundi niente tesoro…

Tornato in città verso mezzogiorno, ho deciso di ripartire appena possibile per San Cristobal de Las Casas, sempre in Chiapas ma dal clima e dal fascsino ben diversi… Per fare circa 100 km servono più di cinque ore di pulman, visti i sali-scendi e le curve continue. E’ dura per chi soffre il pulman, nonostante i paesaggi siano incredibili (regione montuosa, molto verde, con vari villaggi ai lati della strada che sembrano fermi a molti anni fa, con baracche solo in legno o lamiera, e vita molto semplice). San Cristobal è un’altra città coloniale, più piccola e meno ricca di Oaxaca, ma dai colori molto più vivi, vista l’abbondanza di indios che tuttora vivono qui. Il mercato è affollato di donne che fanno la spesa con i costumi tipici del loro paese o della loro famiglia, dai colori caratteristici e dai ricami molto fini. Molti fanno fatica a parlare spagnolo, e le contrattazioni stesse spesso sono nei vari dialetti locali. Anche qui ci sono chiese molto ricche di decorazioni sia all’esterno che all’interno, e in cui è normale vedere persone pregare ardentemente il santo protettore o offrirgli canzoni con un gruppo musicale, il che rende l’atmosfera molto allegra. E’ un buon posto per iniziare a fare acquisti di prodotti tipici, anche perchè alcune cose sono decisamente diverse da quello che si trova in Guatemala, ma ovviamente i gusti sono personali. Anche qui la vita notturna è attiva, con un contrasto abbastanza forte tra i giovani benestanti che passeggiano in centro la sera ben vestiti alla ricerca di questo o quel locale e i bambini indios che girano per la piazza per vendere prodotti tipici o per pulire le scarpe ai turisti fino a tardi e non certo altrettanto ben vestiti. Per serate più tranquille è possibile sedersi in una panchina nel zocalo ascoltando la musica dal vivo proveniente dal caffè situato in centro alla piazza.

La domenica mattina sono partito alla volta del Guatemala. E’ relativamente semplice. Ci sono pulman di prima classe che in circa 3 ore portano a Ciudad Cuahutemoc, ultima città messicana prima del confine, dove c’è il controllo di polizia per uscire dal paese, poi taxi collettivi portano alla frontiera vera e propria (le guide segnano il prezzo di 1$, a me ne hanno chiesti 2$ anche perchè ero solo sul “taxi”), dove ci sono i controlli guatemaltechi, i cambiasoldi e i pulman per proseguire. I controlli dipendono da persona a persona. A me non hanno controllato i bagagli e mi hanno chiesto 2 dollari. Nessuno (guide comprese) è riuscito a spiegarmi se la richiesta fosse legittima o meno, ma finchè l’importo è basso forse è meglio non creare problemi ulteriori e risolvere tutto molto in fretta. I cambiasoldi non offrono tassi molto vantaggiosi, però essendo domenica pomeriggio e dovendo pagare il bus, un albergo e la cena prima di poter trovare una banca aperta non ho avuto scelta. Da qui i viaggi hanno iniziato ad essere una avventura, ma con un po’ di spirito di adattamento possono essere particolarmente interessanti. Tutti i bus sono vecchi scuolabus americani riverniciati, “arredati” con gadget particolarmente kitch, con super-autoradio che sparano musica a tutto volume per tutto il viaggio e soprattutto con un numero illimitato di passeggeri. In teoria dovrebbero esserci due posti per sedile, ma spesso mi è capitato di sedermi con altre 3 persone sullo stesso sedile, con spazio quasi inesistente per le gambe. Oltretutto, nonostante le distanze siano relativamente brevi, i tempi di viaggio sono lunghissimi (e imprecisati, visto che si parte a discrezione dell’autista, quando ritiene che il bus sia sufficientemente pieno), vista l’anzianità dei mezzi, le strade tortuose con grandi sali-scendi e il numero di persone che questi mezzi devono trasportare. In compenso, il prezzo è spesso irrisorio, anche quando i prezzi sono “speciali” per i turisti (di solito il doppio, e nonostante tutto non ho mai speso più di 2 dollari per una tratta). Il segreto sta nell’informarsi del prezzo con una persona del luogo, magari il vicino di posto, sul prezzo e dare i soldi giusti al controllore o quantomeno senza chiedere il prezzo, supponendo di esserne a conoscenza, e in questo caso hanno poco margine per approfittarne. La mia prima tappa in Guatemala è stata Quetzaltenango, chiamata più semplicemente Xela. Si riconosce subito la differenza col Messico. Il Guatemala è più povero, le città generalmente più trascurate, ma probabilmente i paesaggi sono più belli, molto verdi e con moltissimi vulcani, alcuni dei quali attivi. I prezzi per mangiare e dormire però non sono particolarmente più bassi. A Xela in realtà ho solo passato la notte, visto che la mattina successiva, dopo aver cambiato un po’ di dollari, ho preso un bus per Zumil, piccolo paese a 10 chilometri da Xela in cui il lunedì è giorno di mercato. Il posto è appena segnalato dalle guide, ma è stato forse il posto più bello che ho visitato. Il mercato era un’esplosione di colori, data dai prodotti venduti (frutta, verdura, carne, anche oggetti per la casa, ma assolutamente niente per turisti) e dai vestiti delle donne ma anche degli uomini che compravano e vendevano. Non ho incontrato un solo turista per tutto il tempo che ho trascorso nel paese, e gli sguardi stupiti e anche un po’ scontrosi delle persone mi hanno fatto immaginare che non sia proprio la norma, ma probabilmente questo fa sì che il posto sia ancora così autentico. Assolutamente niente a che vedere con Chichicastenango… Ho anche potuto vedere uno dei tanti San Simon (o Maximon, a seconda dei posti) esistenti in Guatemala. Si tratta di una sorta di divinità pagana, non riconosciuta dalla Chiesa, a cui gli indios si rivolgono per qualsiasi favore, personificata da un pupazzo a grandezza quasi naturale, vestito di tutto punto con completo, cravatta, cappello, sigaro in bocca, seduto su una poltrona e custodito a rotazione da una famiglia del villaggio per un anno. Le persone si recano nella casa della famiglia per pregare e lasciare regali come candele o (meglio) sigari o bottiglie di superalcolici (meglio se rum o tequila, ma viste le condizioni economiche molto più spesso alcolici locali più economici). Ovviamente io, turista, ho dovuto pagare per entrare, ma lo considero come un’offerta a San Simon…

Nel pomeriggio, rientrato a Xela, sono ripartito per Panajachel, il centro principale sulle rive del lago Atitlan, da molti considerato come uno dei laghi più belli al mondo. Si tratta di un antico vulcano sprofondato, circondato da una serie di vulcani, che offre un panorama mozzafiato. Purtroppo, viaggiando in questo periodo (da giugno a settembre) raramente si riesce ad avere un cielo perfettamente sereno, dato che si tratta della stagione delle piogge, ed anche al mattino, quando le condizioni sono migliori, spesso le cime dei vulcani sono ricoperti da gruppi di nuvole nonostante il cielo sereno. Panajachel è stato probabilmente il posto con il maggior numero di turisti o di stranieri in generale, visto che molti si sono trasferiti qui vista la bellezza del posto e il basso costo della vita. E’ anche un posto molto famoso, soprattutto per gli americani, per le scuole di spagnolo, così come Antigua Guatemala. Nell’unico giorno in cui mi sono fermato ho fatto un giro del lago in barca, arrivando al paesino di Santiago dall’altro lato del lago e non molto altro, anche perchè, come tutti i giorni, a metà pomeriggio ha iniziato a piovere fino a sera, quindi le giornate in Guatemala sono abbastanza corte (e col buio, soprattutto nelle città più grandi, non è particolarmente consigliabile camminare per strada da soli). Il giorno seguente mi sono trasferito ad Antigua, che è stata la mia base per gli ultimi giorni trascorsi in Guatemala. Da lì il giovedì sono andato a Chichicastenango (un po’ ingenuamente non ho guardato bene la cartina, avrei notato che Chichi è molto più vicina a Panajachel che ad Antigua) per vedere il tanto famoso e decantato mercato, che si svolge il giovedì e la domenica. Dicono che la domenica sia più interessante perchè è giorno di messa e quindi ci sono molte più persone dei posti con i loro riti religiosi decisamente stravaganti. Il giovedì c’erano quasi solo turisti. In realtà al centro della piazza dove il tutto si svolge, e dove si trovano anche le due chiese più iportanti, si svolge il mercato di frutta, verdura etc. Per gli abitanti del posto, però il tutto subisce l’influenza del turismo.Il mercato non è altro che un continuum di bancarelle con prodotti tipici per turisti a cui sia aggiungono tutte le persone che inseguono i turisti anche per ore pur di vendere il loro telo, la loro tovaglia o il lor pupazzetto magnetico da attaccare al frigo. Personalmente è stata una delusione, nonostante alla fine anch’io mi sia messo a fare un po’ di “shopping” per non tornare a casa a mani vuote e alla fine la giornata è passata velocemente, considerando anche i tempi eterni necessari per contrattare (e far sccendere a volte anche del 90% il prezzo inizialmente chiesto). Infine ho passato gli ultimi due giorni a visitare Antigua, altra bella città coloniale, anch’essa circondata da vulcani, e perennemente colpita da terremoti che sventrano palazzi e chiese dando alla città un’aria un po’ decadente molto particolare. Culturalmente si tratta di una città attiva, con tante librerie, cinema, bar e ristoranti, anche visto l’alto numero di stranieri che vi passano qualche notte di passaggio o qualche mese a imparare lo spagnolo. Anche qui il zocalo è molto piacevole, con un gran via-vai, e un po’ di fresco all’ombra degli alberi. Ho preferito rimanere ad Antigua senza andare a Guatemala (la capitale) vista la pericolosità della città sottolineata dalle guide che avevo, anche se dalle foto che ho visto presenta monumenti interessanti.

La domenica mattina sono andato all’aeroporto e sono partito alla volta di Santiago, Cile, per trascorrere l’ultima settimana di viaggio in compagnia di un altro mio amico. Non mi dilungherò molto su quest’ultima parte visto che è stata soprattutto una settimana di relax e divertimento, non molto di particolarmente culturale. Comunque il Cile, e in particolare Santiago, assomiglia abbastanza all’Europa, anche per quanto riguarda la gente, visto che molti degil abitanti sono discendenti di emigrati europei. La città ha il suo fascino, con le vie molto larghe, tanto verde, strade piene di gente soprattutto nel tardo pomeriggio o all’ora di pranzo e con le montagne alte che la circondano. Il grosso aspetto negativo sta nel fatto che le montagne non consentono il circolo dell’aria, di conseguenza l’inquinamento è particolarmente elevato, e la cappa di smog è sempre particolarmente evidente.

In sommario, un mese di viaggio, esperienze molto diverse, ma nel complesso un’esperienza da consigliare caldamente a chiunque. E’ necessario un po’ di spirito di adattamento e di avventura, ma l’esperienza non è paragonabile a quello che si avrebbe con un viaggio organizzato, in cui si vede solo quello che altri vogliono farvi vedere e soprattutto non si viene affatto a contatto con la gente del posto. In ogni trasferimento che ho fatto, in particolare in Guatemala, ho sempre conosciuto persone interessate a sapere cosa pensavo del posto, cosa succedeva in Italia e pronte a raccontarmi storie interessanti o a darmi consigli spesso impagabili, nonostante il mio spagnolo lasciasse molto a desiderare. In realtà, prima di partire non avevo mai studiato la lingua. Ho semplicemente comprato un dizionarietto e il Bignami della grammatica spagnola qualche settimana primadi partire per darmi un’infarinatura, e la mia conoscenza è progressivamente migliorata parlando (o, almeno all’inizio, cercando di parlare…) con la gente, tanto che dopo un mese non avevo più grossi problemi a capire e in qualche modo mi facevo capire. Non posso dire di sapere lo spagnolo, ma so di poter sopravvivere senza grossi problemi. Purtroppo, durante il viaggio ho visto scene patetiche di altri italiani in viaggio convinti che lo spagnolo sia uguale all’italiano e che quindi non si sforzavano nemmeno di provare a dire mezza parola in spagnolo. Ovviamente la comunicazione diventava difficile, se non impossibile. Stesso discorso per gli stessi italiani alla ricerca disperata del pane sulla tavola o di un pollo arrosto che il ristorante non aveva, sostituendolo degnamente con ottimi piatti di cucina messicana. In questi aspetti credo sia necessario un po’ di spirito di adattamento, anche perchè ci si ha solo da guadagnare, visto che, a mio parere, un viaggio deve andare al di là della semplice visita a città o rovine, ma deve essere un modo per capire, nel limite del possibile, come si vive e si pensa in un determinato posto, cosa che viaggi organizzati non possono generalmente offrire.

Se già prima ero affascinato dal Sud America solo per le persone che avevo conosciuto, pur senza esserci mai stato (se non una settimana tra Città del Messico e Yucatan, ma posti come Cancun non dovrebbero nemmeno essere chiamati “Messico”), al ritorno la voglia di tornarci è ancora maggiore, anche perchè ci sono ancora tanti posti e paesi da scoprire, tutti però legati dallo spirito latino che unisce tutto il continente e che lo rende così affascinante.

Spero di essere riuscito a dare, almeno in parte, l’idea di quello che è stato il mio viaggio, e invito chiunque sia interessato o abbia domande più specifiche a contattarmi senza problemi.

Buon viaggio a tutti…



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