Meraviglie della Norvegia meridionale

Itinerario di viaggio Bergen-Balestrand-Flam-Oslo in aliscafo (Bergen-Balestrand-Flam) e treno (Flam-Myrdal con la storica Flåmsbana e Myrdal-Oslo) alla scoperta del Sognefjord e del ghiacciaio Jostedalsbreen.
Scritto da: picus
meraviglie della norvegia meridionale
Partenza il: 16/06/2019
Ritorno il: 23/06/2019
Viaggiatori: 4
Spesa: 2000 €
Io e Ilaria abbiamo scelto la Norvegia meridionale per il viaggio di nozze. Ci accompagnano le nostre bimbe, Sabina di 8 anni e Margherita di 1. Consigliati dall’agenzia, abbiamo scelto uno degli itinerari proposti dal catalogo di Giver Viaggi che ci porterà da Bergen a Balestrand a Flåm e infine a Oslo, in un percorso che faremo da soli, con la prenotazione di alberghi e spostamenti.

Partiamo il 16 giugno 2019 da Roma per Bergen con volo della Norwegian che rispetta l’orario. Eravamo preoccupati dei possibili fastidi di Margherita per un volo di circa tre ore e mezza, ma la bambina sopporta benissimo l’esperienza, accolta con un sorriso dalla hostess che ci fornisce la sua cinta aggiuntiva, da agganciare alla nostra, e il suo set di salvataggio. Il sorriso della hostess e degli altri passeggeri scandinavi è un’anticipazione dell’accoglienza verso i bambini che riscontreremo in ogni luogo Norvegia: il paese è giovane e continuamente in rinnovamento e l’alto numero di nascite fa sì che i bambini siano sentiti come elemento naturale e piacevole della società. Tutti, giovani, adulti e anziani riservano loro un sorriso e si fermano un momento a giocare con loro, superando l’ordinaria ritrosia di cui i norvegesi avvolgono i rapporti personali con sconosciuti.

All’aeroporto di Bergen siamo accolti da un tocco inaspettato di umorismo norvegese: una scritta enorme appesa sulla roccia antistante l’edificio che recita “Bergen ?”, quasi a mettere in dubbio di essere arrivati nella giusta destinazione. O a suggerire di fermarsi a pensare. Sto andando dove volevo andare? Proprio qui volevo venire? Noi ci rispondiamo affermativamente e prendiamo il pullman per il centro città, che ci attende, secondo le indicazioni, immediatamente all’esterno dell’aerostazione. Un comodo Flybus, che ci porterà a Festplassen, la piazza di Bergen nei pressi dell’insenatura portuale e vicina al nostra albergo. Faccio vedere la stampa dei biglietti, prenotati e pagati on line (i ragazzi fino a 16 anni viaggiano gratis), all’autista che, molto gentilmente, conferma che stiamo prendendo il pullman giusto e ci indica dove mettere i bagagli a bordo del mezzo. Arrivati a destinazione, si assicura che scendiamo e ci saluta cortesemente, distogliendo rapidamente lo sguardo, come d’uso da queste parti, dove la riservatezza è uno stile di vita.

Bergen ci accoglie con una giornata assolata di primo caldo quasi estivo: i 25° invogliano molti a stendersi su qualsiasi striscia di prato e a prendere il sole. Non è difficile comprendere questo desiderio di luce e calore, se si pensa che questa è una città battuta dalla pioggia per più di due terzi dell’anno.

L’albergo, dove soggiorneremo due giorni, è l’Oleana, a pochi passi dalla Festplassen. Non sembra neanche un albergo, a prima vista, ma un incrocio tra un raffinato ristorante e una boutique, con una reception confinata in un angolo del banco del bar, tanto che per sicurezza chiedo al receptionist, che non sembra troppo stupito dalla domanda: “This is the hotel?”. L’albergo è un ambiente di stile, moderno e ricercato, che a Sabina piace molto. E anche a noi. Le camere non sono molto grandi, soprattutto il bagno, ma molto ben arredate e con letti molto comodi e per chi dedicherà i prossimi giorni a lunghe camminate è un dettaglio importante.

Il primo pomeriggio a Bergen lo dedichiamo alla visita della zona portuale. Bergen, antico centro vichingo e una desse sedi della lega anseatica, presenta tracce del passato nell’antica zona portuale di Bryggen, dall’altra parte del molo rispetto al nostro albergo e alla zona della Festplassen e ai piedi delle colline circostanti. I vicoli di Bryggen conducono in un ambiente inaspettato fatto di edifici di legno che sembrano apparentemente instabili e storti. Pare che in parte questo apparente dissesto sia stato causato dall’esplosione di una nave da guerra ancorata nel vicino molo nel 1944. Nei momenti in cui non è invasa dai turisti, Bryggen è capace di restituire un fascino particolare. Passeggiamo per un po’ nelle sue strade, fino a riuscire alla chiesa di origine medievale di S. Maria. Riscendendo verso il porto decidiamo di concedere a Sabina un tocco di sapore conosciuto e ci fermiamo dal McDonald vicino al molo, nel quale veniamo a contatto con una delle caratteristiche della Norvegia: la particolare lentezza nello svolgere le attività. Benché siano particolarmente rispettosi degli orari, laddove si tratti di rispettare una tabella, nelle attività non strettamente vincolate dal tempo se la prendono comoda. Lenti nel prendere ordinazioni e lenti nel preparare quanto richiesto. L’aspetto ci incuriosisce più che infastidirci, del resto la vacanza è anche una sospensione della fretta in cui siamo solitamente immersi. Sabina è, tuttavia, colpita negativamente dall’assenza di giochi nel suo happy meal, rendendosi così conto delle differenze tra i paesi! Noi piuttosto notiamo che le cannucce sono di cartoncino leggero e riciclato, indice del rispetto per l’ambiente che contraddistingue questo paese pulitissimo, dove anche il semplice netturbino è attrezzato con macchinari all’avanguardia capaci di far splendere il selciato. Ci accorgiamo, purtroppo, che la carta delle cannucce non ha un piacevole effetto sul sapore della bibita: inconvenienti del comportamento ecologico!

Stanchi dal viaggio, decidiamo di riposarci, sfidando il chiarore della notte: il sole, infatti, pur scendendo sotto l’orizzonte, continua a produrre i suoi effetti senza pausa, rischiarando perennemente il cielo.

Il giorno dopo lo dedichiamo all’esplorazione del monte Fløien, sovrastante la zona portuale, a cui si accede con la funicolare. La vista sulla città che si gode dal punto di arrivo è spettacolare e spazia su tutto il fiordo di Bergen. Un’ampia area di giochi per bambini ci occupa per un po’ di tempo, finché ci inoltriamo nei diversi percorsi che si inoltrano per il complesso di alture. Uno dei sentieri ci porta ad un parco avventure, che attira una folla di bambini che giungono qui in gruppo, forse da una scuola o da un centro estivo. Anche Sabina si lancia a provare i vari strumenti, arrampicate, ponti tibetani, ponti sospesi e i più comuni scivoli. Un altro sentiero ci conduce a un piccolo lago, dove troviamo anche uno spazio attrezzato per barbecue. Molto spiritosi i cartelli che troviamo appesi agli alberi che costeggiano il sentiero: “Don’t feed the trolls”, “Don’t scare the little dinosaurs” e il più filosofico “If nothing goes right, turn left”. Altro esempio di umorismo norvegese, dopo il “Bergen ?” dell’aeroporto. tra l’altro, l’aria che si respira tra questi sentieri immersi nel silenzio verdeggiante delle conifere sembra quasi suggerire che un troll possa comparire da un momento all’altro.

Ridiscesi a valle, ci perdiamo per le stradine del quartiere posto sul lato opposto del molo di Bryggen, anche qui immersi nel silenzio delle case residenziali, che a Sabina piacciono molto, sia per la forma con il tetto spiovente, sia per il legno colorato di cui sono fatte.

La sera ceniamo al mercato del pesce: fish and chips per tutti nello stand coperto che offre posti a sedere alle spalle della zona di vendita. La scelta gastronomica qui è ampia: salmone, merluzzo anche nella forma di stoccafisso e baccala, aringhe e paella, notiamo nell’ordine, e i prezzi, per il sistema norvegese, sono economici, tra 150 e 200 kron a testa.

Il giorno dopo partiamo in aliscafo alla volta di Balestrand. L’imbarcazione, ampia e comoda della compagnia Norled, si stacca dallo Strandkaiterminal, sul lato opposto rispetto a Bryggen, e si inoltra presto nel Sognefjord, il fiordo più lungo della Norvegia, che si inoltra per più di km 200 all’interno del continente. L’aliscafo ha anche una piccola zona attrezzata riservata al gioco dei bambini più piccoli e, ovviamente, un bagno attrezzato con fasciatoio. Il clima mite consente di godersi il panorama anche dall’esterno dell’aliscafo. A mano a mano che ci inoltriamo nel fiordo, aumenta la magnificenza dei monti che veramente sembrano sorgere dall’acqua, qua e la punteggiati da isolate abitazioni colorate, che fanno sorgere spontanee domande sulla possibilità di abitare quei luoghi. Eppure qualcuno ci vive, anche d’inverno, nel buio e tra la neve.

Arriviamo a Balestrand verso mezzogiorno. Troviamo ad aspettarci il proprietario dell’albergo Midtnes che carica i nostri bagagli sul pulmino e ci invita a presentarci in hotel dopo un paio d’ore per lasciare il tempo di preparare le camere. Occupiamo il tempo passeggiando per il piccolo borgo, di cui ci colpisce piacevolmente in particolare una caratteristica: benché sia un luogo frequentemente battuto dai turisti, non presenta nessun negozio specificamente dedicato ai souvenirs. Al contrario, siamo attirati da una piccola bottega, con annessa esposizione di quadri, che vende cartoline e piccoli bozzetti realizzati a mano. Prendiamo nota di un paio di ristoranti per l’immediato futuro, e facciamo una piccola spesa in uno dei supermercati del posto, il Joker Market, una catena economica che ritroveremo in altri luoghi, insieme alla Coop, presente anche qui.

Scopriamo che l’albergo è immediatamente al di sopra della chiesa di S. Olav, un edificio interamente in legno con tetto a barca rovesciata, secondo l’uso medievale scandinavo, fatta costruire da una cittadina inglese nella seconda metà del XVIII secolo, segno delle prime frequentazioni turistiche dei luoghi. Il Midtnes offre una splendida vista sul fiordo e, soprattutto, un edificio comune arredato come una dimora dell’alta borghesia dei secoli passati, impreziosita anche da pregevoli oggetti di antiquariato. Ilaria rimane estasiata a contemplare una antica macchina da scrivere. Anche la colazione viene servita in una sala con una magnifica vista sul fiordo.

Per cena scegliamo uno dei locali intravisti in precedenza, il Vikingertreff, una sorta di ristorante fast food dove si ordina e paga alla cassa e si attende di essere serviti a tavola. La carne degli hamburger che scelgono Ilaria e Sabina sembra molto buona e abbondante, la pizza che scelgo io è molto sottile e, tuttavia, guarnita in maniera saporita. Anche qui i prezzi sono medio-bassi, secondo lo standard norvegese.

Il giorno dopo alle 8 salpiamo verso un ramo del Sognefjord che si inoltra fino a Fjaerland. Margherita, che sta apprezzando molto questo viaggio, attratta come suo solito dalle persone e dalla varietà dei paesaggi, si diverte a percorrere a gattoni tutto l’interno dell’imbarcazione e a salutare i pochi altri passeggeri; io ogni tanto salgo sopra, all’esterno, cercando di cogliere l’aria del fiordo, il silenzio dell’acqua tra il grigio e il blu, le distese verdi, le cascate che qua e là si aprono la strada a precipizio giù per le pendici dei monti.

Fjaerland è un piccolo paese caratterizzato da librerie e chioschi di libri usati posti lungo l’unica strada, dove chiunque può prendere libri lasciando 20 kron nella cassetta predisposta o pagando presso l’ufficio turistico, che ospita una grande libreria con testi anche in inglese e tedesco.

L’escursione verso le lingue del ghiacciaio Jostedalsbreen prevede un passaggio in pullman che fa tappa al museo del ghiacciaio recentemente costruito a circa due chilometri da Fjaerland. Il museo piace moltissimo a Sabina, perché, oltre a offrire film e ricostruzioni multimediali e interattive sull’ambiente e le sue trasformazioni, dà anche la possibilità di sperimentare alcuni fenomeni fisici legati al fenomeno delle glaciazioni e dei ghiacciai.

Lo Jostedalsbreen è il ghiacciaio più vasto del continente europeo e dalla parte di Fjaerland si spinge con le due lingue di Supphellebreen e di Bøyabreen, entrembe raggiungibili a piedi dopo la sosta in aree attrezzate con servizi. I ghiacci di Supphellebreen, da cui sono stati ricavati i blocchi per il podio utilizzato nelle olimpiadi invernali di Lillehammer, si sciolgono generando un torrente che fluisce nel fiordo. A Boyabreen, a cui si arriva cercando di evitare le mucche che spadroneggiano lungo la strada prima di accasciarsi nei prati circostanti, le acque cadenti da ghiacciaio generano un piccolo lago.

Tornati a Balestrand, scegliamo per la cena l’altro ristorante che avevamo notato all’arrivo, il Gekkens, che fonde piacevolmente insieme cucina locale e cucina orientale, con l’apprezzamento di tutti.

La mattina dopo, alle 7, siamo già per strada, spinti dalla curiosità di scoprire i luoghi che ancora ci sono rimasti ignoti. In attesa della colazione e del successivo imbarco per Flåm, ci spingiamo a ovest lungo il fiordo fino ai tumuli vichinghi del cosiddetto re Bele, due alture sotto le quali sono stati trovati resti di sepolture del passato, e a una piccola spiaggia di sabbia, protetta da due piccoli moli artificiali. Che qui d’estate qualcuno abbia il coraggio di bagnarsi, del resto, lo abbiamo scoperto ieri, quando abbiamo notato un tizio che nuotava in queste acque.

Alle 11 riprendiamo lo stesso aliscafo che ci ha portato qui alla volta di un altro piccolo ramo del Sognefiord e dello scalo di Flåm, un borghetto ancora più piccolo di Balestrand, tuttavia infestato da negozi di souvenirs, perché qui vi fanno scalo anche le crociere. Di fatti troviamo ben due colossi del mare ormeggiati l’uno al porto, l’altro nelle vicinanze e una marea di persone che si muovono nella piccola area, dove apprezziamo il museo storico della Flåmsbana, la linea ferroviaria con la pendenza del 18% scavata nella roccia nella seconda metà del XX secolo per garantire il collegamento del fiordo con l’interno, e una area di gioco per bambini, dove Sabina si diverte e Margherita si rotola sull’erba. A parte il disturbo della presenza dei croceristi, che verso sera scompaiono inghiottiti dalle navi che salpano, il posto incanta e affascina, chiuso da monti alti a strapiombo sul fiordo. Ancora più incantevole è la nostra sistemazione, costituita questa volta non da un albergo, ma da un appartamento con vista sul fiordo. I Flåm Marina Apartments, raggiungibili con una breve camminata lungo il molo, presentano alloggi nuovi e molto belli, da cui si ammira in tutta la sua potenza il paesaggio circostante. Sabina è contenta di avere una camera tutta sua e si impossessa della parte alta del letto a castello; Margherita si lancia subito all’esplorazione del luogo, e noi progettiamo la cena che questa volta ci cucineremo in prima persona.

Il giorno dopo prendiamo il treno della Flåmsbana, che rivela paesaggi fantastici nel breve, ma lento tragitto di km 20: strapiombi, gallerie, cascate si susseguono invitando a guardare e fotografare. A Kjosfossen il treno si ferma per consentire ai viaggiatori di scendere e di ammirare l’imponente cascata, la cui contemplazione è accompagnata da musiche di ispirazione celtica e da una danzatrice in rosso che balla a fianco delle acque.

Il capolinea della Flåmsbana a Myrdal non offre altro che un luogo di transito per l’attesa del treno per Oslo. Immagino, tuttavia, che anche questo posto diventi affascinante d’inverno, nell’isolamento della neve: solo l’edificio piccolo della stazione, che contiene una microscopica sala d’attesa, un negozietto di souvenir e un bar, posto tra i binari della Flåmsbana e i binari della linea Bergen-Oslo, circondato e sovrastato dalle montagne. Mentre fuori piove, Sabina è felicissima di aver trovato e acquistato una maschera da troll, che si diverte a sfoggiare, insieme a un altro bambino. Margherita dorme serena nel marsupio che in questo viaggio di spostamenti anche per sentieri ha costituito una felice risorsa per noi.

Il treno per Oslo, proveniente da Bergen, arriva e parte in orario e ci conduce nella capitale in un lento viaggio di più di cinque ore, attraverso un bellissimo panorama.

La sera del 21 giugno Oslo ci accoglie con una debole pioggerella. L’albergo Scandic Victoria, tra il parlamento e il porto, offre un comodo soggiorno e la sua collocazione ci fa scoprire che in questi giorni la città ospita l’Oslo Pride, manifestazione a cui, come ci rendiamo conto nei giorni successivi, partecipano tutti, giovani, adulti, bambini, di tutti i colori, i generi e le età, colorando la città di allegria e libertà. a parte qualche caso di isolata ubriachezza, tutto sembra scorrere senza intoppi e senza la presenza di polizia, se non qualche sparuto rappresentante, in una grande testimonianza di ordinata autoregolamentazione. Ogni sera si svolge la festa in musica nello spazio allestito tra il Parlamento e il Teatro nazionale, mentre il giorno successivo al nostro arrivo, migliaia di persone percorrono le strade del centro in un colorato e chiassoso corteo nel quale ci infiliamo anche noi per un breve tratto. Margherita si muove felice e rapita al suono della musica; Sabina balla e si guarda intorno allegra e stupita del ridotto o assente abbigliamento di alcune ragazze: “Ma perché sono nude? Hanno caldo?”, ci fa divertire con le sue domande innocenti. “Per vivere il senso di libertà”, le rispondiamo, mentre ci sganciamo dal corteo diretti verso il porto, che nella parte della zona vecchia, offre una serie di locali lungo il molo.

La mattina di sabato 22, la dedichiamo al Parco Vigeland, un’ampio spazio verde nella zona diplomatica della città, all’interno del più vasto parco Frogner, che ospita le statue dello scultore Gustav Vigeland, rappresentanti i vari aspetti delle relazioni tra uomo e donna e tra genitori e figli.Sabina è molto colpita dalle statue e vuole replicare in foto una composizione scultorea che raffigura un abbraccio tra padre e figlia; poi, mentre siamo seduti all’ombra in un angolo del parco, dedica a me a a Ilaria un ballo come dono di nozze, muovendosi al suono della musica che proviene da un palco retrostante, dove si stanno svolgendo le prove acustiche per un evento della sera.

Rientrati verso il centro con il tram 12, al costo di 36 kron per gli adulti, e 18 kron per Sabina come minore di 16 anni, scendiamo all’altezza del molo nuovo, a est del vecchio, dove, a fianco della stazione ferroviaria, si innalza l’iceberg del Palazzo dell’Opera, che per tipo e collocazione, presso l’acqua della baia, ricorda l’Opera di Sydney. Diversa è, però, la forma di questo colossale edificio in marmo e vetro, che ricorda, appunto, un iceberg e consente, attraverso la salita sulla copertura digradante verso il terreno, di salire e ammirare dall’alto il panorama del fiordo di Oslo. Sembra che qui, d’inverno, qualcuno affronti anche la fatica di sciare lungo le pendici del lungo tetto. L’interno presenta la bellissima struttura in legno della cavea, che ricorda un insieme di canne d’organo.

Il pomeriggio lo dedichiamo ai giardini del Palazzo reale, che ospitano anche curiose sculture che sembrano uscite da Alice nel paese delle meraviglie. Ci dirigiamo quindi verso Teatergaten, dove un artista coreano-americano, Do Ho Suh, ha creato un’installazione artistica permanente che aveva attirato la nostra attenzione quando l’avevamo notata sui social: una serie di piccole sculture rappresentanti uomini, donne e bambini che emergono dal pavimento stradale, sollevandone le lastre, quasi a significare la forza della coesione che consente al gruppo di emergere e imporsi alla luce.

Le cene a Oslo hanno presentato aspetti differenti: la prima sera abbiamo gustato deliziosa carne presso la bisteccheria Hereford, un bel locale in legno, molto accogliente, lungo Rosenkrantz Gate, dove abbiamo testato i veri prezzi norvegesi; la sera successiva ci siamo accontentati della catena Peppes Pizza, dove, in cambio di piatti non disprezzabili, abbiamo ricevuto un servizio alquanto sbrigativo e poco cordiale.

Domenica 23 giugno ci dirigiamo verso la stazione per prendere il treno espresso per l’aeroporto, anche questo, come il trasporto dall’aeroporto di Bergen in città, prenotato e pagato on line e anche questo gratuito per i ragazzi al di sotto dei 16 anni. Un messaggio della compagnia aerea ci annuncia il ritardo della partenza di cinque ore, che decidiamo di trascorrere rivisitando il centro della città. L’express train ci porta in venti minuti scarsi all’aeroporto di Gardermoen, dove sfruttiamo il voucher per il pasto, che ci è stato dato come indennità per il ritardo e spendiamo gli ultimi kron che avevamo cambiato. Fra l’altro, in tutta la Norvegia il pagamento in contanti è residuale: dovunque, anche nei centri più piccoli, sono attrezzati per i pagamenti elettronici, che considerano la scelta primaria, tanto che alcuni esercizi la prevedono come unica soluzione. Pertanto, è preferibile non effettuare cambi o cambiare una somma minima, se ci si vuole sentire sicuri contro eventuali malfunzionamenti digitali, e utilizzare carte di credito o prepagate.

L’aeroporto, molto grande, offre diverse possibilità di acquisto e ristorazione e anche vari luoghi di passatempo per bambini, che sfruttiamo ampiamente, fino a prendere il volo che a mezzanotte e mezza del 24 giugno ci riporta a Roma.



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