Mauritius: perla dell’oceano indiano
Avevo prenotato l’hotel vicino alla stazione privilegiando la vicinanza e la comodità, a discapito della qualità vista la zona, in quanto la mattina saremmo dovuti partire molto presto.
L’hotel era si vicino alla stazione, ma dalla parte opposta all’ingresso! Abbiamo trascinato le valigie per più di mezzora, finché non siamo arrivati . L’hotel è una struttura fatiscente alla fine di Via Giolitti, con annesso night club. Lasciati i bagagli in camera usciamo per approfittare della serata romana a nostra disposizione. Prendiamo la metro e scendiamo a Barberini, in Via Veneto per andare in un ristorante napoletano dietro all’ Ambasciata Americana, dove eravamo stati circa 9 anni fa. La serata è deliziosa e scegliamo un tavolino in veranda all’aperto. Dopo cena scendiamo a Trinità dei Monti, Piazza di Spagna, via Condotti e Via del Corso, concludendo la serata con un gelato alla Fontana di Trevi. Sfiniti e soddisfatti rientriamo in hotel. Ma c’è una città più bella di Roma??! 14 OTTOBRE Sveglia alle 6 e stessa sfacchinata di ieri per tornare con i bagagli alla stazione per prendere il Leonardo che ci avrebbe accompagnati a Fiumicino. Partiamo alle 6.52 (preso al volo perché non avevamo i biglietti e a bordo non ne fanno!) e arriviamo dopo 40 minuti all’interno dell’aeroporto. Dopo il check in finalmente è ora di fare colazione.
Alle 9 inizia l’imbarco. Decollo alle 10.30 e scalo a Milano, dove ci fanno scendere nella sala d’attesa dove aspettavano i passeggeri in partenza da Malpensa. Aspettiamo un’oretta che gli addetti riassettino l’aereo appena rientrato da Mauritius, prima di imbarcare tutti quanti.
Alle 12.30 si riparte davvero verso gli 8859km che ci separano dall’Isola dell’Oceano Indiano. Il viaggio non è dei migliori: i sedili sono stretti, ma questa non è una novità. Nonostante sia giorno ci fanno tenere i finestrini abbassati per tutto il viaggio; durante le 11 ore di volo ci offrono il pranzo ed un misero panino che ingozziamo in fretta e furia poco prima dell’atterraggio. Degna di merito la scelta dei film ed i giochi proposti dai video presenti in ogni sedile.
Ore 1.10 locale atterriamo all’aeroporto Plaisance. Nel corridoio che porta al controllo passaporti, incrociamo i passeggeri in rientro in Italia: invece delle solite corone di fiori , dalle vetrate ci danno il benvenuto con “simpatici” cartelli tipo “Andatevene finché siete in tempo…Piove sempre…Non ci sono che gechi e pipistrelli…” nonché note di demerito verso alcuni tour operator. Stanchi e poco ricettivi, preferiamo pensare sia uno scherzo…Siamo a Mauritius o no?!? Per fortuna a risponderci ci pensa un sorridente Dodo! Recuperati i bagagli all’uscita, ci attende un’ulteriore conferma: ci accoglie una perfetta tempesta tropicale! Pioggia e vento da piegare le palme, unico indizio a ricordarci che …Siamo a Mauritius!! Il pulmino della In Viaggi ci accompagna al nostro hotel, dalla parte opposta dell’isola, circa un’oretta di strada. Nelle guide avevo letto di un’affascinante natura selvaggia, e primitiva, invece mi ritrovo in un’isola che non ha niente a che vedere con il terzo mondo. Qui le strade e le strutture sono moderne e ben attrezzate. Sono le 3 quando arriviamo esausti al Coralia Club Mont Choisy nell’omonima località. Per fortuna qui non piove più ed il cielo sembra stellato, questo avvalora le voci che dicono che in questo periodo sono frequenti piogge nella costa Est. In hotel tutti dormono e le luci sono spente, anche quelle della nostra camera che si rifiutano di accendersi finché un addetto non interviene, ed ecco una incantevole stanza in perfetto stile coloniale, con le pareti colorate, un letto a 2 piazze e mezzo enormi coperte di cuscini; il terrazzo si affaccia sul giardino e offre la vista sul mare (di cui ora sentiamo solo il rumore) 15 OTTOBRE Dopo il viaggio e l’arrivo in hotel ne mezzo della notte, per questa mattina avevamo fissato la sveglia…Ad oltranza! Nel pieno del nostro primo sonno Mauriziano, alle 8 squilla il telefono…Come un suono proveniente da un altro mondo. La reception c’informava che l’istruttore di sub contattato da Andrea dall’Italia, era lì. Caspita che efficienza…E senza nemmeno avergli dato appuntamento…Ringraziamo e ci accordiamo per risentirci. Quando alle 10 ci alziamo per andare a fare colazione il receptionist ci avvista che il tipo del diving era ancora la ad aspettarci! Così incontriamo un tipetto troppo buffo, nero, basso e grassottello, assistente dell’istruttore di sub (uff!) con il quale Andrea concorda un’immersione…Immediatamente. Presa la sua attrezzatura, con il tipetto raggiunge il centro sub di Trou aux Biches. Nel frattempo io raggiungo il gruppo della In Viaggi per la riunione introduttiva con l’assistente locale, Veni che ci spiega il funzionamento dell’hotel e le escursioni proposte dal tour operator (a prezzi molto europei!). L’hotel è un 3 stelle, ma molto carino: tipico stile coloniale, con un corpo centrale dove si trova la reception, il ristorante, il bar e 2 negozietti. Le camere sono distribuite nelle casette sparse nel giardino tropicale, tra palme e bouganville: sono a 2 piani, con la veranda o il terrazzo. C’è una grande piscina e 2 piccole idromassaggio. Vicino alla spiaggia c’ un ristorantino più piccolo con dei tavolini sotto a dei gazebo direttamente sul mare. Al termine della riunione vado in spiaggia a fare una passeggiata anche fuori dall’hotel, fino alla spiaggia pubblica di Mont Choisy. All’inizio della baia c’è un bell’altare induista, costruito sopra degli scogli: una famiglia stava portando offerte: vassoi di cocco, banane ed ananas, bruciavano incenso e candele, lavavano le statue variopinte con acqua e latte.
Rientro in hotel ed è ora del primo bagno…L’acqua non è proprio un brodo, ma almeno rinfresca dal sole cocente. La spiaggia dell’hotel è una piccola lingua di sabbia con un’unica fila di ombrelloni in paglia e lettini sparsi: è piccolina, ma c’è spazio per tutti! C’è anche un pontile per gli sport acquatici: pedalò, kayak, barca con fondo di vetro e per lo snorkeling e sci d’acqua, il tutto incluso nelle quote! Alle 13 torna Andrea, soddisfatto dall’immersione e per la flora e fauna trovata nei fondali…Peccato non averla potuta documentare con la macchinetta impermeabile lasciata a casa.
Alle 14 pranziamo al ristorante sulla spiaggia: antipasto al buffet e piatto principale servito, pesce alla griglia, riso, dolce, frutta e caffè…Proprio niente male. Trascorriamo ancora un paio d’ore in spiaggia, poi decidiamo di uscire. Fuori l’hotel, oltre alla sfilza di taxi in attesa di turisti, c’è un supermercato, una banca, un ristorante e poco più. Siamo alla ricerca di un taxi con autista per girare l’isola nei prossimi giorni. Vicino alla banca un ragazzo ci mostra il suo biglietto da visita: si chiama Sanjit, ha auto, pulmini ed un tour operator. Gli dico i giri che vorremmo fare e contrattiamo per il prezzo, concordando per l’indomani il più impegnativo: il Tour del Sud, 40 euro per 2 persone tutta la giornata. Non male! Prendiamo l’autobus per andare a Grand Baie: davvero antidiluviano! I biglietti si fanno a bordo: il controllore chiede dove vai e con una macchinetta a manovella tira fuori uno scontrino. 14 Rupìe a testa! Gli autisti guidano davvero come pazzi! Sono da poco passate le 17 e scendiamo appena vediamo la baia dalla quale ci godiamo un meraviglioso tramonto. Eh si, qui il sole tramonta presto e rapidamente! Visitiamo meraviglioso tempio indù dove dei fedeli stavano pregando. Poco più avanti si trova una grande moschea dal cui minareto proveniva il richiamo per i fedeli. Continuando a passeggiare incontriamo anche una bella chiesa in legno chiesa affacciata sul mare; e poi un tempietto indu nel giardino di una casa, così come un telo rosso sugli alberi o una croce cristiana sui tetti. Che meraviglioso esempio di integrazione! Iniziamo a renderci conto di quali siano le risorse di un popolo in cui convivono e si incrociano diverse etnie come indiani, cinesi, africani ed europei ognuno con le proprie tradizioni e credenze. Ecco come si spiega che ogni turista a Mauritius si senta a casa! Il mosaico di culture è frutto delle diverse ondate di immigrazione che ora coesistono in perfetta armonia (almeno sembra). La conseguenza del melting pot etnico è la diversità religiosa, gastronomica e vestiaria. Nonostante la promiscuità, i confini di razza e di fede sembrano tracciati con precisione, al punto che i quartieri sembrano piccole repubbliche autonome: attraversando la strada dopo i banchi di frutta fresca, inizia il quartiere cinese con i suoi leoni di pietra e le lanterne di carta rossa; dall’altra parte camminano uomini barbuti e donne dall’aria sfuggente con il volto coperto che si dirigono verso il minareto.
Questo crogiolo di razze si traduce in una straordinaria cordialità e gentilezza da parte degli abitanti, ben oltre il tipico senso dell’accoglienza orientale. Riprendiamo il bus e torniamo in hotel. Per stasera hanno organizzato un aperitivo di benvenuto a bordo piscina. Facciamo subito conoscenza con gli altri ragazzi del gruppo In Viaggi: 2 coppie di Terni ed una di Rimini. Da quel momento diventiamo pressoché inseparabili! Si instaura subito sintonia e con loro trascorreremo dei momenti divertenti ed indimenticabili! Intanto le 2 coppie di Terni si aggregano all’escursione di domani, così chiamo Sanjit per dirgli di prendere un pulmino più grande: siamo in 6 e spenderemo 50 euro in totale! Al ristorante prendiamo un tavolo per stare tutti insieme. La cena è al buffet e ci sono un’infinità di soluzioni tra le quali scegliere. Trascorriamo il dopocena a chiacchierare nelle poltrone della veranda dell’hotel finché a mezzanotte non ci diamo la buonanotte. 16 OTTOBRE Come ogni mattina ci svegliamo con il fischiettio degli uccellini nel giardino di fronte alla nostra stanza. Alle 8 andiamo a fare colazione…Una meraviglia di frutta, succhi, cereali, marmellate crêpes, nonché le mie adorate goufre! Alle 8.30, io, Andrea, Silvia, Leonardo, Valeria e Tommaso, andiamo all’incontro fissato ieri con Sanjit, ovvero 100mt dopo l’uscita dell’hotel, per non creargli problemi con gli altri tassisti che stazionano lì di fronte. Ad aspettarci c’era un ragazzo che ci ha accompagnati da lui, che oggi non potrà accompagnarci e questo mi ha fatto storcere un po’ il naso. Sanjit mi ha ribadito “soddisfatti o rimborsati”. Infatti ho dovuto ricredermi: il ragazzo che è stato semplicemente meraviglioso e disponibilissimo! Partiamo in direzione sud, attraversiamo Triolet (seconda città dell’isola) e la caotica Port Louis, fino ad arrivare a Floreal, prima tappa. Qui visitiamo uno dei tanti famigerati outlet di grandi firme: il negozio è molto bello, i prezzo sono un po’ più alti rispetto a quelli che avevo sentito, ma la qualità e l’ originalità della merce sono davvero discutibili. Non siamo molto propensi allo shopping così visitiamo tanto per…(e senza speranza alcuna) l’adiacente fabbrica dei diamanti. Mi colpisce subito una meraviglio sa collana da 98mila…Rupìe!?? Nel bel mezzo del calcolo rupìa-euro guardo bene: il prezzo era già in dollari!!! Cambiamo aria e ci spostiamo verso al fabbrica dei modellini navali. Una bella ragazza mauritiana ci accompagna durante il giro dandoci spiegazioni sulla costruzione dei modellini: c’è una stupenda Amerigo Vespucci che ha richiesto ben 4 settimane di lavoro! In un’altra sala erano esposti altri modelli come il Titanic e il Bounty; arriviamo poi ad una sorprendente esposizione di mappamondi di vari colori e materiali: magnifici! Riprendiamo il pulmino e saliamo a Trou aux Cerf, il cratere del vulcano spento (profondo 65mt e argo 200mt) che in seguito all’esplosione diede origine all’isola. Il cono è rivestito di vegetazione e sul fondo s’è formato un laghetto, anche grazie alle frequenti piogge che caratterizzano la zona. Dalla terrazza lo sguardo può abbracciare parte della costa ovest e dell’altopiano centrale.
Il giro prosegue verso Grand Bassin, il Lago Sacro per i mauriziani di fede induista, bacino naturale che occupa il cratere di un vulcano spento. La leggenda narra che Shiva e sua moglie Parvati si siano alzati in volo sopra l’Oceano Indiano, portando con loro le acque del fiume Gange. Dall’alto videro un’isola di una bellezza abbagliante e Shiva scese su quella distesa fiorita riempiendo con l’acqua sacra un cratere, formando così il lago sacro.
A darci il benvenuto c’è una maestosa statua di Shiva costruita solo qualche anno fa. Il lago è immenso e pieno di pesci; sulle sue sponde sorgono no numerosi templi colorati e riccamente decorati; nell’aria predomina un forte odore d’incenso. C’è un tempio dove tutti possono entrare, scattare foto e persino farsi dipingere un simbolo sulla fronte con della vernice rossa, come benedizione…Il tutto ha un po’ l’aria di un parco a tema. Saliamo a piedi in un altare arroccato più in alto da dove la vista sul lago e dintorni è incantevole.
Procediamo la visita verso le Cascate Alexandra. Nel parcheggio si vendono ananas e spremute di frutta fresca: deliziose, ci voleva proprio. Dei pezzi di ananas ne approfittano anche delle scimmie dispettose che popolano la zona. Le cascate non sono niente di eccezionale, ma la vista che si estende fino alla costa meridionale vale davvero la pena. Altra sosta panoramica è al belvedere delle Black River Gorges, dove l’acqua ha scavato profonde gole in un mare verde. E’ un parco nazionale che protegge ciò che resta delle foreste originarie di Mauritius. La vallata è ricoperta da alti alberi di ebano, eucalipto, felci, liane e preziosi alberi di canfora. E’ un vero paradiso che offre paesaggi magnifici, con il mare sullo sfondo. Continuiamo ad attraversare distese di campi di canna da zucchero, vero cuore pulsante dell’isola, che qui chiamano “oro verde dell’Oceano”. Siamo lontani dalla costa, nel silenzio dei campi e delle foreste: qui il verde si fa più intenso, nutrito da fiumi e torrenti, palme secolari, cascate nascoste fino a Case Noyale, cittadina dove pranziamo al ristorante Margherita. Mangiamo sulla veranda antipasto di gamberetti e pesce o carne alla griglia. Dopo pranzo sosta da Chamarel seguiamo una strada di terra rossa, paghiamo l’ingresso e percorriamo un altro paio di chilometri su una strada tortuosa prima di raggiungere le Terre des 7 Couleurs. Qui Mauritius offre uno dei suoi volti più sorprendenti, grazie alle eruzioni vulcaniche che 8 milioni di anni fa formarono l’isola. Il terreno è caratterizzato da dossi e dune dove si depositarono diversi strati di lava e detriti. Effetti erosivi e agenti atmosferici con il passare dei secoli hanno messo in evidenza ben sette colori che variano in differenti tonalità perfettamente distinguibili dal rosso ocra, al giallo al violetto. La distesa può assomigliare ad un grande pezzo di stoffa spiegazzata, come i sari delle donne indiane, così come le sette terre che non si mescolano, ma restano separate e distinte perfetta metafora dell’isola e delle sue culture così diverse eppure in grado di coabitare in totale armonia. Chiaramente la zona è recintata e può essere osservata dalle passeggiate costruite tutt’intorno. C’è anche un’area dedicata alle tartarughe.
All’interno del parco si possono visitare anche le Cascate di Chamarel, molto alte ma niente di speciale in quanto a portata: sono le acque del torrente Cap che precipitano in una cupa gola circondata da vegetazione tropicale.
Sono ormai le 17 quando scendiamo sulla costa ovest, attraversando campi di ananas e magnifici banani. Lì dall’acqua cristallina emerge lo sperone roccioso di Le Morne Barbant, che s’innalza di 556 mt come una specie di panettone che sembra sorvegliare la laguna corallina creando una cornice tra le più fotografate dell’isola. E pensare che questo luogo da sogno in realtà conserva memorie oscure: su questo luogo inaccessibile si rifugiavano gli schiavi che lo sceglievano grazie ai numerosi nascondigli che il luogo offriva. Ma quando gli inglesi arrivarono fin quassù per annunciare la fine della schiavitù, scatenarono il panico e molti schiavi, credendo che fosse una trappola, preferirono uccidersi gettandosi in mare. Ora ai piedi del monte si susseguono decine di chilometri di spiaggia bianchissima ed hotel di lusso.
Ultima sosta (ormai siamo sfiniti) è a Flic en Flac, pittoresco paesino con una magnifica spiaggia bianca e soffice con il borotalco, contornata da pini marittimi. Si dice che il nome derivi dal rumore prodotto dai passi sul bagnasciuga. Aspettiamo il tramonto poi rientriamo in hotel costeggiando le risaie ed i campi di canna di zucchero in fiamme per facilitarne il raccolto. Sono quasi le 20 quando arriviamo a Mont Choisy dove c’era Sanjit ad aspettarci. Siamo così soddisfatti della giornata ed del nostro autista che lasciamo più di quanto concordato e ci diamo appuntamento a dopo domani.
A cena incontriamo Davide e Federica: dicono che il pomeriggio è stato sempre nuvoloso, infatti poco dopo inizia a piovere. Trascorriamo la serata al bar, ma vista la giornata non ci tratteniamo troppo.
17 OTTOBRE Anche stamattina la sveglia suona alle 8: è giorno d’immersioni. Facciamo colazione insieme e quando Andrea parte io scendo in spiaggia. Ancora non c’è nessuno ed è un peccato perché la mattinata è splendida. Alle 10 iniziano ad arrivare anche gli altri. Quando Andrea è di ritorno, tutti insieme prendiamo la barca con il fondo di vetro messa a disposizione dall’hotel: andiamo verso la barriera corallina a circa un chilometro dalla spiaggia. Durante il tragitto dal fondale non si vede granché, ma una volta infilata maschera e boccaglio lo spettacolo è tutta un’altra cosa! Ci sono tantissimi pesci coloratissimi che ci vengono incontro a branchi, di tutti i tipi, è davvero molto bello, malgrado sia opinione comune che i fondali del Mar Rosso siano tutta un’altra cosa. Purtroppo risaliti in barca il sole è scomparso dietro alle nuvole ed al nostro rientro inizia persino a piovere…Mannaggia! Non resta che ripararci sotto la veranda dell’hotel e sperare che smetta presto. Dopo pranzo le nostre preghiere vengono esaudite ed il tempo ci concede ancora un po’ di sole. Verso le 16 decidiamo di uscire. Andiamo alla fermata di fronte l’hotel per prendere un bus, ma nel frattempo un ragazzo si avvicina e ci propone il suo taxi: 20euro per portarci in giro fino a sera. Nel frattempo arriva l’autobus stipato di gente…Si decide: via tutti dentro al pulmino di Richie, direzione nord, verso Cap Malheureux…O capo sfortunato…Certo che il nome non evoca sentimenti positivi. Infatti contro questi scogli si infransero decine di vascelli, trascinando sul fondo, oltre ai loro carichi di spezie, avorio e porcellane, anche gli interi equipaggi. All’inizio della città c’è un bellissimo tempio e ci siamo fermati a visitarlo: c’erano degli induisti che ripetevano i loro riti, mentre noi turisti come altri gli giravamo attorno incuriositi dai loro gesti (come quello di lavare le statue con del latte), ma non sembra infastidirli affatto nemmeno essere ripetutamente immortalati dalle nostre macchinette fotografiche. L’unica cosa che chiedono è di togliersi le scarpe all’ingresso, dopodichè ognuno è libero di girare e scattare foto. Ma quando un italiano è entrato, ignorando la loro unica richiesta, è stato davvero umiliante per tutti! Usciti dal tempio arriviamo al villaggio con la sua famosa chiesa bianca dal tetto rosso affacciata di fronte alla Isole del nord, ornata da un campanile indipendente. Dopo le foto di rito ed un giro sulla spiaggia per ammirare l’insenatura su cui galleggiano le barche dei pescatori, Richie ci accompagna al centro commerciale Super U a Grand Baie: c’è un’infinità di negozietti. I prezzi non mi sono sembrati molto convenienti se non all’interno del supermercato. Alle 19.30 rientriamo in hotel. Ceniamo tutti insieme e trascorriamo la serata in veranda.
18 OTTOBRE Invece del solito cinguettio degli uccellini, oggi a darci il buongiorno è la pioggia. Quando ci alziamo non piove più, ma il cielo è ancora completamente coperto e non promette nulla di buono. Con i nostri musi lunghi c’incontriamo a colazione: sebbene non ci sia il sole auspicato, decidiamo di partire comunque, con la speranza che sull’altro versante dell’isola il tempo sia più clemente. Oggi il punto di ritrovo con Sanjit è alla pineta di Mont Choisy che raggiungiamo attraverso la spiaggia. Lui, vedendo i nostri volti affranti, continua a ripeterci di non preoccuparci perché presto tornerà a splendere il sole. Attraversiamo l’isola e non si vede un benché minimo spiraglio tra le nuvole persistenti. Nessuno osa dire una parola se non “ma non può piovere per sempre…”. Ci perdiamo tra le piantagioni di canna da zucchero, dove nonostante il tempo, sbucano qua e la squadre di tagliatori con stivaloni, cappelli di rafia e guanti. Con il loro lavoro dissotterrano mucchi di pietra vulcanica che restano lì ammassate senza alcuno scopo. I villaggi si compongono di poche casette in stile tropicale, con i muri esterni dipinti da tinte forti o pastello: giallo, celeste, rosa o blu elettrico e fucsia; hanno tutte un piccolo giardino e la veranda con le tipiche sedie a dondolo. Alcuni delimitano il loro orto da quello del vicino con dei sari colorati.
Arriviamo a Trou d’Eau Douce, porto d’imbarco per l’Ile aux Cerfs. La situazione non è affatto migliorata, anzi, il mare ha perso le sembianze da laguna immortalate nelle guide e ci rifiutiamo di partire…Infondo questi erano i patti con Sanjit: si parte solo c’è sole. Scoraggiati all’inverosimile pensiamo ad una soluzione alternativa per trascorrere la mattinata. La maggioranza decide per una visita ai Giardini di Pamplemousse, visto che sono di strada e permettono di rientrare per il pranzo. Facciamo il rientro percorrendo la costa nord-est. Visitiamo un grazioso tempio indù di Pointe de Flacq, circondato per tre lati dal mare e ci fermiamo ancora alla spiaggia di Poste de Lafayette. Qui lunghe spiagge immacolate lasciano il posto a lunghe distese disseminate di rocce nere vulcaniche dove soffiano forte gli alisei, gonfiando il mare e rendendo il paesaggio più selvaggio. Camminiamo sulle rocce spingendoci un po’ in là per osservare le onde che vi si infrangono…, finché un’onda non investe Andrea e Sanjit che si erano spinti un po’ troppo in là! Verso le 11.30 arriviamo all’ingresso dei giardini e a quel punto l’umore era davvero sotto alla scarpe: pioveva ancora a dirotto e già all’ingresso eravamo bagnati fradici e infangati. Ci sono delle guide all’interno del parco che per 40 rupìe accompagnano i turisti durante il giro. A noi ne è capitata che finalmente è riuscita a migliorare il nostro umore! Si chiama Acher e con il suo italiano strampalato, le sue battute ed i suo aneddoti sugli italiani, ci ha regalato un’ora “nell’ilarità generale”. I giardini dei pompelmi sono considerati fra i più belli al mondo per le collezioni di piante esotiche. Sicuramente i giardini sono molto più belli rispetto a quelli che abbiamo visto oggi noi sotto l’acqua ed in mezzo al fango; e poi in questo periodo dell’anno ancora non ci sono fiori. Qui ci sono oltre 600 specie di piante, dalle palme ai baobab e alle piante del sangue, così chiamate per la loro particolare resina rosso scuro, fino alle famose ninfee giganti, le Victoria Amazzonica, molto impressionanti, le cui foglie (fino a 2mt di diametro) galleggiano nell’acqua e sono in grado di reggere anche 5kg di peso. Purtroppo i loro fiori sbocciano e muoiono nello stesso giorno, cambiando ben 3 volte colore! Acher ci mostra stranezze come l’albero dei wusterl, amato dai tedeschi; l’albero delle “tre spezie in una”, le cui foglie se strofinate emanano il profumo del pepe rosa, chiodo di garofano e noce moscata; una palma che secerne cera ed il talipot che fiorisce ogni quarant’anni poi muore; una vasca di fiori di loto, sacri per induisti e buddisti ed impermeabili: abbiamo provato a gettarci sopra l’acqua! Molte di piante sono state seminate da personaggi come Indira Gandhi o la Regina d’Inghilterra. Alla fine della visita guidata ci fermiamo a guardare il recinto con le tartarughe e quello con i cervi. Torniamo al pulmino, bagnati ed infangati. Sanjit vorrebbe tirarci sui di morale, proponendoci di tutto, ma ormai s’è deciso di tornare in hotel. Dopo pranzo si scorgono i primi raggi di sole…Finalmente! Ci precipitiamo in spiaggia con i nostri costumi ed asciugamani. Restiamo fino alle 18 ad abbronzarci, in acqua, prendiamo il kayak ed il pedalò. Stasera il ristorante propone specialità cinesi: davvero una varietà infinita di cose buonissime. La serata trascorre come al solito in veranda tra musica, pinacolada e biliardo.
19 OTTOBRE Oggi si ripete lo stesso iter di ieri: sveglia alle 7.30, ci affacciamo subito alla finestra…E sole fu! Dopo colazione ripartiamo con Sanjit verso Trou d’Eau Douce, ma molto più speranzosi di ieri. Attraversando il centro dell’ isola è un po’ nuvoloso, ma arrivati all’imbarco splende il sole. Una prima imbarcazione ci accompagna dove il fondale è un po’ più alto per salire sul motoscafo che ci porterà direttamente alla cascata di Ile aux Cerfs, icona impedibile di Mauritius, insieme a l’Ile de l’Est, cui è collegata da una sottile striscia di sabbia durante la bassa marea. Le loro baie, insieme alla costa dell’isola formano una laguna che si distingue per il contrasto fra l’azzurro dei fondali di sabbia corallina ed il blu dell’acqua profonda: un’incredibile piscina naturale! Con il nostro motoscafo superiamo un fac simile di nave dei pirati che accompagna i turisti sull’isola a suon di musica e ron, diversi catamarani, sullo sfondo del magnifico Tousserock, uno degli hotel più belli e lussuosi dell’intera Mauritus, nonché proprietario dell’Ile aux Cerfs. Il motoscafo rallenta in prossimità di un corridoio d’acqua salmastra lambito da mangrovie, con la piccola cascata come sfondo: una specie di fiordo dove l’acqua si getta direttamente nelle acque verdi della laguna.
Ripartiamo con destinazione la spiaggia più famosa di Mauritius: approdiamo al porticciolo di un paradiso di sabbia bianca e colori da cartolina, circondato dalle caratteristiche rocce nere e mangrovie; una tavola verde-azzurra ed una laguna che intensifica il suoi colori fino alla linea del reef la cui spuma che segna il confine con il blu profondo dell’oceano. A ricordarci che non siamo in paradiso però ci pensano i gommoni, le boe gialle, i mercatini, i ragazzi che gridano per invitarti ad un giro con il parapendio o con il bananone. In sostanza, una specie di parco acquatico che deturpa il paesaggio. Camminiamo un po’ finché non scegliamo dove stendere i nostri asciugamani ed iniziare ad esplorare la laguna. Certo che con una laguna e spiagge così incantevoli, l’isola avrebbe tutte le carte in regola per sedurre ogni visitatore, purtroppo l’impronta commerciale ha rubato all’isola parte del suo fascino. Qui le vecchie tradizioni sopravvivono alle esigenze dei turisti per i quali si farebbe qualunque cosa, tranne preservare il fascino di questo eden.
Il sole picchia ed i risultati si notano subito sulla pelle… Verso le 13 la barca torna a prenderci per portarci a pranzo: ancora un giretto sulla laguna prima di attraccare dall’altra parte dell’isola dove sono state sistemate delle tende, tavolini e griglie, all’ombra di filaos, stile Robinson Crusoe. Per “scaldarci” si inizia subito con ron e coca! Il menu prevede pesce marlin, pollo alla griglia ed aragosta. Dopo aver mangiato ritorniamo all’isola, stesi al sole e ammollo nella splendida acqua della laguna.
Verso le 16 cominciamo a preparare le nostre cose ed il cielo inizia a coprirsi fino a piovere a dirotto! Così ci facciamo il rientro in barca sotto l’acqua. Ma non possiamo lamentarci: la giornata è stata bellissima! In hotel la cena è a base di pesce: ostriche e ricci di mare inclusi. Che meraviglia! Per questa sera Sanjit ci ha proposto un programmino a base di ron! Passa a prenderci in hotel verso le 21.30. Con lui c’è anche Michael, un ragazzo della Reunion conosciuto oggi in escursione, che ha lasciato la sua ragazza in hotel per venire con noi! Andiamo in un locale: un ristorante indiano tutto per noi, che poi scopriamo essere di sua proprietà. Insieme ad altri ragazzi si danno da fare per prepararci da bere e stuzzichini tipici indiani come squisite palline di pesce fritto, pollo piccante e patatine. Alle 23.30 rientriamo in hotel tra i vapori del ron! 20 OTTOBRE La sveglia suona alle 8: anche stamattina ci sono in programma immersioni. Faccio colazione con Andrea prima di fiondarmi in spiaggia sotto un sole meraviglioso. Oggi a livello meteorologico è stata la giornata più bella di tutta la settimana ed ha soddisfatto ogni nostra aspettativa di bagni e sole! A poco a poco arrivano anche gli altri. Verso le 11.30 con Silvia e Valeria vado a fare una passeggiata nella spiaggia di Mont Choisy: attraversiamo il tempio indu posto sui massi neri levigati dall’acqua e decidiamo di arrivare fino alla punta estrema della baia, sotto al sole cocente di mezzogiorno! Ci sono tante famiglie mauriziane con i loro bambini che schiamazzano in acqua ed il profumo dei loro pic nic. Questa spiaggia è meravigliosa, completamente pubblica, circondata dalla pineta di casuarine (una specie di pino le cui radici sono in grado di fissare la sabbia) quasi a ridosso del mare, ad ombreggiare sui bagnanti alla ricerca di un riparo dal sole cocente, e sugli immancabili venditori ambulanti con il loro furgoni e la musichetta inquietante da film horror. Arrivate all’estremità nord ci concediamo un bel bagno ristoratore, restando per un po’ a mollo nella stupenda acqua turchese con le alte cime mauriziane a fare da sfondo. C’è una tranquillità ed un silenzio irreale. Inizio a considerare l’ipotesi di investire in una di queste piccole casette affacciate sulla baia e circondate da fiammeggianti flamboyant…Che posto straordinario! Il sole ormai ha praticamente abbrustolito la nostra pelle: meglio rientrare. Ormai è ora di pranzo e andiamo tutti insieme al ristorante. Più tardi torniamo in spiaggia ma per farei meglio ad evitare il sole, così me ne sto un po’ in acqua finché non decido di andare a fare un giro a Port Louis. La mia proposta non è accolta dal gruppo con troppo entusiasmo, ma piuttosto che lasciarmi andare da sola, Andrea a malincuore mi accompagna. Chiamo Sanjit che passa a prenderci alle 5 alla pineta. In 30min arriviamo alla capitale. Port Louis è schiaccata tra il mare e le montagne: alle sue spalle s’innalza il singolare Pouce, con i suoi 812 mt e di fronte il mare sprofonda per oltre 700 mt. La domanda sorge spontanea: “Che ci fa una città a Mauritius?”. E’ troppo grande per un’isola così piccola eppure ha solo 145mila abitanti; ha pochi grattacieli e non rispecchia l’idea classica di capitale.
Di giorno il chiasso è frastornante, intasata da folla chiassosa e frenetica, congestionata dal traffico di autobus strapieni, auto e taxi dalle nove alle cinque. Dopodichè tutti i pendolari rientrano alle loro case nei sobborghi, lasciando la città vuota. Quando arriviamo infatti, il traffico dell’altra mattina è completamente svanito: scendiamo al porto, proprio di fronte al famoso Caudan Center Waterfront. La zona è davvero molto carina e ben tenuta, nuovissima con eleganti centri commerciali, casinò, pub e birrerie affacciati sul mare, così come antichi edifici coloniali o il magnifico edificio in pietra ex Ufficio Postale.
Facciamo una passeggiata e ci gustiamo un buonissimo succo di ananas e papaia spremuti al momento. Il tramonto cambia completamente l’immagine della baia, colorando case ed edifici di rosso ed arancione. Andiamo verso Place d’Armes, un lungo viale ombreggiato da palme, ma lo sforzo fatto da Andrea per accompagnarmi si era esaurito, così ci limitiamo ad attendere Sanjit dove ci aveva lasciati un’oretta prima. Rientrando in hotel lungo la strada vediamo le case mauritiane addobbate a festa, illuminate da lanterne e candele in onore della festa indiana Divali che si svolge ogni anno in ottobre e celebra il trionfo della luce sulle tenebre spirituali. E’ la più gioiosa e animata delle feste induiste: dopo il tramonto le case si illuminano di candele e lanterne per rischiarare il cammino degli dei. Porte e finestre rimangono aperte per lasciar entrare la fortuna. Sono stati allestiti anche grandi tendoni che accolgono intere famiglie, dove si cucina, si mangia e si balla.
Per cena il ristorante dell’hotel stasera propone specialità mauritiane seguite da uno spettacolo di segà, la musica utilizzata dagli schiavi per dimenticare le ingiustizie subite nei campi da zucchero. Oggi ballerine con ampie gonne variopinte e ondeggianti, si muovono al ritmo di questi suoni, fuorilegge fino all’indipendenza, ondeggiando i fianchi., intonando canti sensuali accompagnati da strumenti melodici. Si dice che questa danza sia nata in seguito all’apparizione di un fuoco ad alcuni schiavi in riva al mare. E’ per questo motivo che lo scenario privilegiato sia la spiaggia. Evoca la durezza della vita nei campi e gli strumenti utilizzati sono fabbricati con mezzi di fortuna.
Alle 22 passa a prenderci Sanjit, ma stasera era meno sprint del solito…O come dice lui “super”. Andiamo al casinò di Grand Baie (assomiglia più ad una sala giochi, meglio quello di Trou aux Biches!). Siamo in tanti, così il gestore decide di allestire un tavolo di Black Jack tutto per noi…Se ne sarà sicuramente pentito. Che disadattati: nessuno di noi è veramente esperto ed abbiamo fatto solo una gran confusione, nonché un mucchio di risate! E’ ora di bere qualcosa: si va al tanto declamato Banana Club. Sanjit ci fa scendere lì davanti dicendo che ci avrebbe raggiunti. Intanto noi entriamo cercando inutilmente un posto per sederci. Ma stasera c’è la finale della Coppa del Mondo di rugby tra Inghilterra e Sudafrica e il locale è pieno di tifosi delle 2 squadre. Ci sistemiamo in un angolo quasi sotto allo schermo ed ordiniamo da bere. Di Sanjit nemmeno l’ombra. Usciamo dopo un’oretta e lo cerchiamo tra le auto parcheggiate. Niente da fare. Dopo un po’ che aspettiamo incontriamo dj del nostro hotel che ci fa la cortesia di chiamare dal suo telefono: il poverino s’era addormentato! Ecco perché era così poco sprint: era stanchissimo. Ci ha riaccompagnati in hotel e l’abbiamo salutato con la promessa di tenerci in contatto. In veranda restiamo a guardare la premiazione del Sudafrica con un gruppetto di Sudafricani.
21 OTTOBRE Oggi è l’ultimo giorno…Ed il sole non s’è presentato per salutarci. Ci troviamo alle 8.30 a colazione con Silvia e Leonardo e, una volta abbandonata l’idea della spiaggia, decidiamo di andare a fare un giro a Grand Baie. Prendiamo l’autobus e c’incamminiamo verso il Grand Bazar, il mercato della città per gli ultimi acquisti di souvenir. Sembra di essere in un vero e proprio souk con maglie e braccialetti appesi dovunque ed i venditori che t’invitano a guardare la loro merce. Dal mercato raggiungiamo a piedi il Super U per fare scorta di prodotti locali come spezie, te, vaniglia e ron. Rientriamo in hotel con l’autobus e dopo pranzo un timido sole ci fa precipitare in spiaggia per un po’ finché non si fa l’ora di preparare le valigie e liberare la stanza alle 19.
Ceniamo alle 20 e restiamo in veranda ad aspettare Veni ed il transfer. Intanto ci scambiamo indirizzi e numeri di telefono per tenerci in contatto, soprattutto con Davide e Federica che resteranno ancora una settimana (con una punta d’invidia da parte di tutti noi che tra qualche giorno saremo di nuovo al lavoro!) Alle 23.40 siamo in aeroporto dove rivediamo tutti i passeggeri del volo d’andata. Imbarchiamo alle 2.15 girovagando nell’attesa per i duty free e spendendo le ultime rupìe. L’aereo decolla alle 2.40 e invece di spegnere le luci e lasciarci riposare…Decidono di servire la cena!!! Ma come: all’andata per 11 ore ci hanno praticamente lasciati a digiuno, ora cercano di recuperare.
Alle 11.30 si atterra a Roma: caspita 25° in meno!!! Una volta ritirati i bagagli è il momento di salutare i nostri magnifici compagni di viaggio con il proposito di rivederci presto! Da Fiumicino prendiamo il Leonardo fino alla stazione Termini e poi il treno fino a Civitanova.
Lungo il tragitto, attraversando l’Umbria incrociamo perfino la neve; passata Falconara arriviamo sulla costa: il mare è in tempesta. A casa ci aspetta l’ennesima riunione di condominio e la cassetta della posta piena di bollette…Aurevoir Mauritius!