Mauritius e Rodrigues low cost
Indice dei contenuti
Dopo Maldive, Zanzibar e Seychelles ci siamo perdutamente innamorati dell’Oceano Indiano occidentale, dei suoi colori e delle sue atmosfere sospese fra Africa e Oriente, fra sogno e realtà. Guardando l’atlante nei mesi invernali in cerca di ispirazione per il nostro viaggio di giugno, le Isole Mascarere stavano proprio lì, al largo del Madagascar, e ci attiravano con il loro curioso nome dovuto al navigatore portoghese Pedro Mascarenhas che per primo arrivò a Réunion nel 1513. L’arcipelago comprende isole fra loro diversissime per conformazione, popolazione e genere di turismo: Mauritius, Rodrigues, Agalega, Saint Brandon, Réunion e Tromelin. Le prime quattro costituiscono la Repubblica di Mauritius che ha proprio nell’isola di Mauritius il suo centro politico e amministrativo, in virtù della sua maggiore estensione e concentrazione di popolazione, circa 1.270.000 abitanti; Rodrigues è la seconda isola della Repubblica con i suoi 40.000 abitanti, seguono le due Agalega, perennemente unite e separate dalle maree, che contano 300 persone, mentre gli isolotti Saint Brandon hanno un solo villaggio che arriva a non più di 40 anime. Réunion è un pezzo di Francia vero e proprio, una delle sue regioni d’oltre mare, ha 840.000 abitanti, ci trovi l’Euro e il Carrefour; Tromelin è invece una perduta e dimenticata ellisse di sabbia con 4/5 abitanti, un possedimento francese ma sganciato da Réunion. Inizialmente, avevamo pensato alla classica abbinata Mauritius e Reunion, ma dopo esserci meglio documentati, considerata anche la nostra indole profondamente e inguaribilmente marina, Reunion cedeva il passo a Rodrigues. Per il nostro viaggio al Tropico del Capricorno abbiamo scelto, come già per le Seychelles, il mese di giugno: bassa stagione turistica, inizio dell’inverno australe e della stagione secca dominata dai freschi alisei di sud est, periodo ideale per una vacanza itinerante. Il nostro, infatti, è un vero e proprio viaggio, libero dalle regole, dagli orari e dagli schemi dei pacchetti turistici, niente resort e niente gite organizzate, partiamo guidati solo dal nostro entusiasmo e dal desiderio di scoprire questo angolo di mondo: 16 giorni intensi in cui si alternano esplorazioni a piedi e on the road, sport e relax, full immersion fra la gente del posto e contemplazione di paesaggi meravigliosi, spuntini veloci e cene succulente sempre a base di cibo locale. Non abbiamo visitato due isole ma due mondi.
Mauritius è senza dubbio una star dei cataloghi turistici e non ha bisogno di grandi presentazioni, la conoscono tutti, ma forse nessuno riuscirà mai a conoscerla fino in fondo; non è grandissima, lunga circa 60 Km e larga 47, quasi rotonda, belle spiagge bianche, mare turchese, vegetazione costituita principalmente da canna da zucchero e piantagioni di ananas. A Mauritius il paesaggio è piuttosto pianeggiante, ma non mancano montagne solitarie e rocciose, laghi, antichi crateri, torrenti, cascate e fitte foreste. Il suo tratto più caratteristico resta però il gran mosaico di genti, usi e costumi: indiani, creoli, cinesi ed europei si mescolano come le chiese, i templi indù, le moschee e i tempietti cinesi. Su una rivista locale ho letto una bellissima battuta che rende bene l’idea “…i Mauriziani? L’unica cosa che hanno in comune fra loro è che non hanno nulla in comune”. Eppure qualcosa in comune noi lo abbiamo trovato, tutti amano moltissimo chiacchierare, ogni occasione e scusa sono buone per fare domande e intavolare una conversazione, nei confronti dei turisti, sono generalmente “scafati” e avvezzi ad un contatto “commerciale”. Quattro secoli di sfruttamento europeo, che ancora continua tramite i cataloghi dei tour operator, hanno sicuramente tolto a Mauritius gran parte del fascino della bellezza originaria che, faticosamente, appare ancora a tratti, pur se in modo prorompente in luoghi come Le Morne, il Black River Gorges Park, l’Ile aux Cerfs o la costa meridionale.
Rodrigues, invece, è praticamente sconosciuta, oscurata dalla fama delle vicine Mauritius e Reunion, se ne sta defilata, come una bella Cenerentola, in mezzo all’Oceano Indiano, 650 Km a nord est di Mauritius, circondata da ben 200 km quadrati di laguna corallina dai colori prodigiosi con tutte le sfumature possibili di blu, turchese e verde. Rodrigues è un isola piccina, 20 km di lunghezza e 10 di larghezza, ma ricca di sorprese e perfasa da un fascino irresistibile; una primitiva terra di origine vulcanica con splendide spiagge candide, incontaminate e spazzate dal vento, piattaforme calcaree ricche di magnifiche grotte, sia sulla terraferma che nel mare. A Rodrigues la gente è nera e ancora povera, aperta ai visitatori e al contatto umano in modo spontaneo e genuino, l’atmosfera che si respira sull’isola è molto difficile da descrivere, ma un viaggio fin quaggiù è una esperienza intensa e, credo, unica, tanto da lasciare il segno. Bene, se avete già in mano le valigie e avete fretta di partire, in fondo al diario, trovate il nostro Infomemo con tutte le notizie e le dritte di ordine pratico; scoprirete che è facilissimo organizzare in totale “fai da te” un viaggio in questi luoghi e che non vi costerà un capitale. Se invece avete ancora voglia di leggere e siete curiosi di sapere come è andato il nostro viaggio, il racconto continua…
…siamo dunque rimasti a Francoforte… il volo Condor per Mauritius parte alle 15.30, abbiamo tutto il tempo per pranzare e girovagare per l’immensa aerostazione fra negozi di gadget e abbigliamento bavarese, souvenir e prodotti tipici, una immensa edicola piena di riviste inimmaginabili e persino una lunga galleria popolata da numerose agenzie turistiche che offrono viaggi last-minute nel vero senso della parola. Le ispezioni dei bagagli a mano sono molto minuziose e snervanti, ma finalmente siamo sull’aereo e si decolla: vengono subito consegnate le schede per il visto e alle 17.30, secondo gli usi tedeschi, ovviamente, viene servita la cena. Quindi, mascherina sugli occhi, tappi nelle orecchie e una pasticca di valeriana ci consegnano serenamente al sonno e ai sogni.…siamo in vacanza!
RODRIGUES: UNA PICCOLA ISOLA RACCHIUSA IN UNA IMMENSA BOCCIA DI VETRO AZZURRO
Arriviamo all’aeroporto di Mauritius con le prime luci dell’alba e ritirati i bagagli ci trasferiamo nell’area partenze per effettuare il nuovo check-in per Rodrigues. Sbrigate le formalità di imbarco ci sistemiamo nella longue di attesa e curiosiamo il duty-free, i souvenir e soprattutto le pubblicazioni della fornita libreria dove acquistiamo cartine stradali utili al nostro viaggio e un interessante atlante geografico; dalle vetrate si vede solo la pista di atterraggio contornata da una verde distesa di canna da zucchero e sullo sfondo il profilo aguzzo di lavici monti bruni che contrastano su un cielo tipicamente tropicale percorso da grandi nuvole bianche e grigie. Sono le prime immagini della nostra vacanza ma tutto resta ancora avvolto nel più profondo mistero. Finalmente, alle 11.30, il turboelica di Air Mauritius si alza, riusciamo a intravedere per pochi istanti la grande baia azzurra di Mahebourg, poi, per 1 ora e mezza, sorvoliamo solo la grande distesa d’acqua dell’Oceano Indiano passando fra bianche nuvole di panna, scampoli di cielo blu, acquazzoni violenti ed arcobaleni, quindi appare dal nulla una lunga striscia di spuma bianca che distende davanti a se il drappo turchino di una grande laguna, chiarissima, immensa: ecco Rodrigues, una piccola isola racchiusa in una immensa boccia di vetro azzurro.
Le prime impressioni e La Belle Rodriguaise
L’aeroporto di Plaine Corail è piccino, quasi una grande e accogliente villa coloniale, la pista finisce sulla riva del mare; fuori ci sono pick-up che aspettano i viaggiatori e concordiamo per 700 rupie (ca 17 euro) il trasferimento a La Belle Rodriguaise dove abbiamo prenotato il nostro soggiorno. Aldo si siede davanti accanto al simpatico Jean Bruno e tratta subito il noleggio di una motocicletta: Jean chiama un conoscente e viene concordata la consegna del mezzo al nostro arrivo a La Belle Rodriguase. Io me ne sto dietro con il bimbo di Jean che divora soddisfatto, una dopo l’altra, le caramelle che gli offro; dal finestrino dell’auto, le prime impressioni dell’isola sono forti e contrastanti. La parte dell’isola dove si trova l’aeroporto sembra, a primo sguardo, un piatto tavolato piuttosto brullo e poco interessante, poi la strada si arrampica svelta fra rocce vulcaniche coperte da una ricca vegetazione e si immette, a quota 300 – 400 mt, sulla strada principale dell’isola che corre lungo la dorsale montuosa dello spartiacque attraversando longitudinalmente tutta l’isola e le località di Quatre Vents, Mont Limon, Mont Lubin, Grande Montagne, i cui nomi sono di per sé significativi. Da questa strada principale, in ogni direzione, scendono a pettine verso il mare, ripide e tortuose, tante altre stradette ed è subito evidente che non esiste una strada costiera che gira tutto intorno all’isola: nonostante le sue piccole dimensioni e una altitudine modesta, Rodrigues dà subito la sensazione di un’isola veramente irta. Lungo la via incontriamo molta gente, in cammino, in motocicletta, in attesa alle fermate dei bus, davanti a piccoli negozietti con le borse della spesa: la popolazione è interamente di origine africana, vestita all’occidentale con capi estivi ed autunnali combinati in modo molto fantasioso e soggettivo, cappelli di paglia, cuffie di lana, cappellini da baseball o semplici fazzoletti annodati sul capo, riparano da vento, pioggia e sole, tutti i motociclisti, incredibilmente, portano il casco. Sparse ovunque le casette, semplici ma molto ordinate, con il bucato che sventola allegro, minuscoli giardini, alberi da frutto e orticelli circondati da una vegetazione rigogliosa, non sembra per nulla un paese arretrato eppure c’è qualcosa che “spiazza”: la sensazione di essere, per qualche motivo, tornati indietro nel tempo. Quando il taxi si tuffa giù per la strada che conduce a Gravier questa sensazione si fa ancora più forte, per non parlare poi quando arriviamo allo sparuto gruppo di case che dovrebbe essere il paese, intuibile solo dalla presenza del market, la fermata del bus, il campo da football e una sorta di bar. Qui la strada asfaltata finisce e imbocchiamo uno sterrato molto sconnesso che attraversa campi coltivati e zone boschive, incontriamo micro fattorie e animali al pascolo, costeggiamo un piccolo fiume e poi il mare: se non avessimo incontrato una bella freccia di legno lucido con l’indicazione “La Belle Rodriguaise – Table d’Hote” avremmo proprio pensato di aver sbagliato strada. E invece Jean, dopo 3 km di sballottamento, ci deposita proprio a La Belle Rodriguaise dove il suo amico ci sta già aspettando con una bella motocicletta rosso fiammante, nuovissima e luccicante: il contratto consiste nel mostrargli la patente, pagare il prezzo pattuito e una stretta di mano.
Eccoci dunque a La Belle Rodriguaise, 3 belle casette in stile creolo, 4 stanze ciascuna, tetti turchesi smerlati di pizzo bianco, adagiate su un breve pendio erboso che scivola verso la spiaggia e il mare; più in alto una terrazza con una piccola piscina e la grande casa di Francoise Baptiste, la padrona di casa, dove ci si ritrova per i pasti e per fare due chiacchiere. Intorno niente altro che natura. La camera che ci viene assegnata è veramente deliziosa e siamo entusiasti dello spettacolo che si gode dalla grande vetrata: l’oceano, la laguna e la natura circostante saluteranno ogni giorno il nostro risveglio insieme al sole che si alza dritto dal mare! Ci infiliamo una felpa leggera e ci avventuriamo subito lungo la spiaggia che sta proprio sotto di noi: c’è bassa marea e la laguna si frammenta in specchi luccicanti, il sole inizia la sua discesa colorando di rosso fuoco le nubi che veleggiano sull’orizzonte oltre la barriera corallina, il vento gagliardo pettina l’erba argentea, scompiglia le fronde degli alberi e i nostri capelli. L’atmosfera sospesa e senza tempo di Rodrigues, le sue prime immagini di tropico inusuale e inaspettato, ci conquistano subito. Il vento è il vero signore di Rodrigues, dobbiamo imparare a seguire la sua voce, le sue canzoni e le sue storie, solo così riusciremo ad assaporare l’isola nella sua essenza, lentamente, con tutto il rispetto che merita. Alla sera incontriamo gli altri ospiti della maison e intorno al lungo tavolo siamo in 10 adulti e 5 bambini, tranne noi, tutti francesi o francesi di Reunion; il buffet è fumante e profumato, le pietanze sono per noi tutte nuove. Francoise, sull’isola, è una cuoca rinomata, ha pubblicato libri di cucina e recuperato tutti i piatti della tradizione culinaria Rodriguaise: mentre serve stuzzichini ci illustra i vari piatti e ci suggerisce come abbinarli fra loro per gustarli al meglio. L’atmosfera della Table d’Hote si rivela subito una esperienza molto simpatica e gradevole, sedere ad un unico tavolo facilita la socializzazione, anche se non si parla perfettamente la stessa lingua ci si capisce e lo scambio di informazioni è utile e prezioso, sempre. Alla fine del pasto Francoise serve personalmente un fantastico dessert e una profumata tisana calda che ci ripagano di ogni stanchezza e ci fanno sentire come a casa, poi, sedendosi con noi a tavola, ci racconta che La Belle Rodriguaise è una struttura piuttosto recente, che la sua famiglia fino a poco tempo fa gestiva solo l’ Auberge de la Montagne perché un tempo gli unici turisti che arrivavano a Rodrigues erano escursionisti che facevano lunghe passeggiate sui sentieri che si snodano fra mare e montagna e tornavano al crepuscolo esausti alla loro pensione. Questo turismo esiste ancora, ma la frequenza dei voli e la costruzione di un paio di hotel di standard internazionale, hanno portato a Rodrigues anche altri turisti, più interessati alle attività sportive marine come il diving e il kitesurf, ma non per questo meno affascinati dal suo ambiente incontaminato. Così è nata l’idea di costruire questa nuova Table d’Hote proprio sul bordo della laguna, in posizione ottimale per fare kite e raggiungere a piedi il miglior spot dell’isola, Anse Mourouk. Anche Pascal e Domique, una giovane coppia di Reunion, sono arrivati fin qui per questo e ci danno subito indicazioni per la scuola di kite di Youl dove hanno iniziato ieri la loro prima lezione.
L’incanto delle spiagge dell’Est e i contadini di Riviere Banane
Il sole sale dal mare dritto davanti a noi, arriva caldo sulle nostre coperte e ci invita ad alzarci. La colazione è pronta alle 7.30 e alle 8.30 siamo già in partenza per Anse Mourouk. Costume da bagno, maglietta, felpa leggera, gambe nude e infradito, un asciugamano e una bottiglia d’acqua nello zainetto, non serve altro e ci incamminiamo lungo la spiaggia. La sabbia è compatta e si cammina benissimo, i colori nella limpida luce del mattino sono smaglianti e i contrasti vividi, nette strisce di colore: l’azzurro intenso del cielo, il turchese cangiante della laguna, il bianco accecante della sabbia, il verde brillante dell’erba, lo smeraldo scuro delle casuarine. Già, a Rodrigues, lungo le spiagge, non ci sono palme da cocco a disegnare il paesaggio tropicale come vorrebbe l’immaginario collettivo, ma solo alberi di casuarina, una pianta originaria dell’Indonesia e dell’Australia sudorientale che assomiglia vagamente al pino per via delle fronde composte da lunghi aghi e dalla piccole pigne che produce; sono alberi molto eleganti, alti anche più di 30 mt con tronchi dritti e rivestiti di corteccia chiara, sfidano diritti i venti più impetuosi e formano dei bellissimi boschetti sotto i quali cresce un tappeto di morbida erbetta. Spiaggia dopo spiaggia, arriviamo alla punta di Paté Reynieux dove il vento è molto più intenso e dove si trova l’Hotel Mourouk Ebony. Ai piedi dell’hotel c’è una fila di 10 ombrelloni di paglia (gli unici che vedremo insieme a quelli del Cotton Bay Hotel a Pointe Coton) e la scuola Kite For Fun che sta preparando le sue ali colorate. Poco oltre, continuando sulla spiaggia, troviamo la scuola Osmowings avviata e gestita da un bretone, Jerome Brannelec, che ha deciso di trasferirsi qui, poi la tenda rossa della scuola di John, un giovane e gioviale creolo, che sta preparando la sua attrezzatura, infine, proprio alla foce del fiume Mourouk, nel cuore della vera e propria Anse Mourouk, troviamo la scuola di Youl, The Nest Kitesurfing School. Anse Mourouk, grazie alla sua particolare natura, è divenuta presto uno degli spot più leggendari fra il popolo dei kiter: ansa riparata di 7 x 5 km, acqua a temperatura calda, profondità massima di 2 mt, alisei costanti fra i 15 e 30 nodi, un luogo perfetto per chi ama questo sport e la natura selvaggia. Intorno alla tenda grigia, che è il loro quartier generale, incontriamo Youl, il grande capo, Natò e i ragazzi della scuola. Durante il nostro soggiorno a Rodrigues passeremo sempre con loro una mezza giornata, mattina o pomeriggio, dedicando l’altra mezza giornata alla scoperta dell’isola; per il pranzo si mangia con loro, la mattina Youl ordina ad un take away gli spuntini desiderati che una donna porta ben caldi in un cesto verso mezzogiorno. Torniamo con la marea alta, zigzagando fra le rocce scure di lava e la sabbia bianchissima, incontriamo un gruppo di simpatiche caprette bianche e nere che brucano l’erba, più avanti un gregge di pecore con tanti teneri agnellini che dormono uno accanto all’altro: siamo sconcertati da tanta solitudine e tranquillità, sarà sempre così, ogni giorno, capre e pecore saranno gli spiaggianti che incontreremo ogni mattina. Per la prima escursione motociclistica prendiamo direzione Est.
Da Gravier risaliamo lungo la montagna e l’aria si fa sempre più fresca, in moto il giubbino antivento ci vuole proprio; a Grand Montagne giriamo a destra seguendo l’indicazione per Pointe Coton. La strada è bella e restiamo incantati dal mix armonioso di vegetazione, case, uomini e animali che scorre intorno a noi, appena superato il paesino di Roche Bon Dieu il panorama si apre verso il mare e la sosta fotografica è d’obbligo per lo straordinario paesaggio offerto dalle vacche che pascolano, l’ erba argentea spazzata dal vento, le grandi rocce scure che si stagliano su un cielo che minaccia pioggia, la laguna chiara e la barriera corallina furente in lontananza: sembra quasi di essere in Cornovaglia. Al bivio successivo giriamo a destra verso Fumier e Saint Francois. La seconda sosta è presso Anse Ally: una meravigliosa spiaggia che ci ricorda la cretese Preveli, stupenda !! Intanto che rimiriamo il paesaggio, risbuca il sole e il panorama si illumina: il fiume verde che scende lento al mare insinuandosi nel manto di sabbia candida, le pendici rocciose costellate di buffi arbusti dai tronchi argentei e dalla chioma scapigliata da tanti ciuffi verdi nastriformi, una ragazza che conduce una mandria di vacche al pascolo: che meraviglia!! Attraversiamo il piccolo fiume, passiamo accanto ad un cantiere in fermento per la costruzione di un nuovo Hotel, che si preannuncia molto lussuoso, e poi giungiamo alla riparata località di Saint Francois. Un gruppo di case carine, qualche guest house e alcuni ristorantini, ma il vero spettacolo è la baia: una grande e profonda mezzaluna di sabbia chiarissima e un mare calmissimo. Saint Francois è sicuramente una delle migliori località dove soggiornare sull’isola. Continuiamo per la strada che sale verso la scogliera e finisce all’ingresso del percorso pedonale per le spiagge dell’Est, il più famoso itinerario dell’isola. Lasciamo la moto vicino ad un piccolo bar mini market e dal promontorio si offre a noi il paesaggio selvaggio e splendido di Baie de l’Est e delle sue scogliere. Qui la laguna è praticamente inesistente e la barriera corallina è vicinissima alla costa, il mare è blu e ruggente, la scogliera è coperta da un sottile e soffice tappeto di erba verde rotto qua e là da rocce nere: un gregge di candide pecore con i loro agnellini pascola tranquillo, la luce radente dell’inverno tropicale rende la scena quasi commovente. Tornati indietro, al bivio scendiamo verso Pointe Coton, passiamo davanti ad alcune guest-house e alla Table d’Hote di Madame Larose e arriviamo ad un fitto boschetto di casuarine dove c’è la fermata del bus e due piccoli ruspanti punti di ristoro. La spiaggia è molto bella, deserta, sabbia finissima, impalpabile e bianchissima, che contrasta decisa con gli alberi scuri che stanno alle spalle e lo specchio d’acqua verde della laguna immobile che sta davanti. Il fatto che su questa spiaggia riparatissima e balneabilissima non ci sia proprio nessuno, sta nel fatto che, oltre ad essere bassa stagione, il Cotton Bay Hotel è chiuso per ristrutturazione, come pure il suo centro di immersioni, il Cotton Dive, che, in ogni caso, è sempre chiuso in luglio e agosto per le condizioni sfavorevoli del mare. Ne approfittiamo per curiosare i fiori del giardino e raccogliere qualche profumatissimo frangipane.
Risaliamo verso Grande Montagne ma poco prima di arrivarvi svoltiamo a destra scendendo nella verde valle del fiume Riviere Banane. Questa è una delle valli più coltivate dell’isola, le piccole case sono ovunque aggrappate alle pendici delle montagne, alcune sembrano irraggiungibili ma poi si intravede una ripida stradetta o un irto sentiero a gradini: l’unica cosa che sembra importare ai Rodriguesi è avere pace e tranquillità. Intorno alle casette gironzolano polli ruspanti, cani scodinzolanti, caprette curiose e placide vacche. La coabitazione di uomini e animali è di una armonia stupefacente: spesso i veicoli rallentano per far attraversare una chioccia con i pulcini o un gregge di pecore, non è raro vedere qualcuno camminare con uno di questi animali al laccio. Le antiche tradizioni agricole sono state mantenute da molte famiglie che, nei fazzoletti di terra vicino alle loro case, continuano a coltivare mais, fagioli rossi, verze, peperoni, melanzane e altri ortaggi, la canna da zucchero è inesistente. Uomini e donne, li incontriamo così, con i loro grandi cappelli di paglia, chini sulla loro terra, animati da una vera passione per la loro terra, quasi una vocazione. Al termine della strada asfaltata, in prossimità della fermata del bus, prendiamo dritto per una stretta stradina che porta a Pointe Grenade, caratterizzata da una alta scogliera bruno-rossa con una sorta di faraglione sulla punta coronato da punte aguzze che lo fanno assomigliare ad una chiesetta gotica. Tornati alla fermata del bus scendiamo anche per l’altra stradina sterrata che, fra campi di aglio e cipolle, porta alla foce del fiume Riviere Banane oltre la quale si allunga al tramonto Anse Tamarin.
I pescatori di polipi di Port Sud Est e Grand Baie
Anche stamattina il sole splende. La baia di Anse Mourouk è piena di barche e barchette, sulla spiaggia ci sono ancora le caratteristiche nasse e gli attrezzi da pesca appena utilizzati, sullo sfondo, le case dei pescatori di Port Sud Est sono illuminate dal sole del mattino. Il mare: qui la salsedine si mescola ancora con il sudore della fronte. Anche se la diminuzione del pesce e la tentazione di abbandonare gli antichi metodi di pesca per altri più moderni e proficui minacciano le tradizioni del mare, a Rodrigues tutto sembra ancora svolgersi come un tempo e non è raro incontrare le pescatrici di polipi, i leggendari “ourite”, armate di fiocina. Due di queste emblematiche figure della laguna, sedute a gambe larghe sulla sabbia, stanno proprio pulendo gli enormi polipi appena pescati e ce li mostrano fiere per una foto ricordo, intanto una barchetta dalla vela nera si muove veloce lungo la bianca striscia di spuma della barriera corallina e un gruppo di pescatori sistemano le loro barche tirate a riva. Natò sta aspettando Aldo, tutti stanno aspettando che la marea salga per lanciarsi sull’acqua con i propri aquiloni colorati. Anche nel pomeriggio il tempo è buono, con la nostra motocicletta riprendiamo la via della montagna e ci fermiamo su una curva a contemplare estasiati l’immensità e i colori della laguna che si espande, come un tappeto di turchesi cangianti disseminato di isolette, da Gravier fino a Pointe Corail: il Grande Passe, la larga via d’acqua che da Port Sud Est consente alle barche l’accesso all’Oceano aperto, sembra un serpente blu dalle squame lucenti che si muove sinuoso fra i coralli. Dopo Grande Montagne, appena prima di Mont Lubin prendiamo la deviazione a destra per Anse Baladirou. I centri scolastici sono numerosi, dove meno te lo aspetti trovi delle mamme che aspettano i loro bambini e poi li vedi, a piedi, pian piano, incamminarsi insieme verso casa, sparire fra il verde della fitta vegetazione. Mentre lungo le spiagge regnano le casuarine, nell’entroterra dell’isola vegetano rigogliose le palme Latania coi loro grandi ventagli e i pandani con le foglie sottili come nastri, le aloe e i vetiver, i limoni e il mais. La strada asfaltata che percorriamo finisce su un piccolo piazzale rotondo dove c’è pure la fermata del bus, intorno si apre una bruna scogliera che si affaccia sul mare con un bel contrasto cromatico. Poco sotto a destra si scende ad Anse Baladirou, una meravigliosa striscia di sabbia biondo arancio, bordata dal mare più blu che si possa immaginare e da una piattaforma corallina rivestita da ricca vegetazione marina: sullo sfondo troneggia il profilo a guglie di Pointe Grenade. Dal piccolo piazzale asfaltato dove abbiamo lasciato la moto non risaliamo per la stessa strada ma prendiamo lo sterrato che costeggia il mare e in pochi minuti siamo a Grand Baie: una chiesa e una manciata di case che si affacciano su un profondo porto dall’acqua immobile e buia, tanto ferma da sembrare solida. Un numeroso gruppo uomini e donne, seduti sulla riva del mare, puliscono una quantità enorme di polipi che, deposti in grandi mastelli di plastica, sembrano una gande massa gelatinosa e opalescente. La luce bassa che si infila in questo fiordo tropicale rende la scena magica e i grandi polipi sollevati sull’acqua in controluce sembrano strane figure evanescenti. Costeggiamo tutta la baia e riprendiamo la strada asfaltata che ci porta ad Anse aux Anglais, la zona più turistica di Rodrigues. In questa località, a mio avviso la meno affascinante dell’isola, c’è l’unico 4 stelle dell’isola, il Pointe Venus Hotel & SPA, l’hotel Les Cocotiers, la maggior parte dei piccoli hotel e delle guest-house, dei ristoranti e dei negozietti: il contesto, qui, non è certamente selvaggio, anche se è lontano anni luce dalle località turistiche che noi conosciamo. Subito dopo viene Port Mathurin, ma è tardi, non ci fermiamo e prendiamo la strada che sale sulla montagna per tornare a Gravier.
Un viaggio fra le specialità della cucina Rodriguese
Il giorno dopo scendiamo a Port Mathurin per l’ora di pranzo. Ci fermiamo presso uno dei graziosi e pulitissimi gazebo della stazione dei pullman e mangiamo il menù del giorno: zuppa di lenticchie e piatto unico di riso con pollo al curry e salade, il tutto per 240 rupie in due (6 euro), acqua minerale compresa. Oggi è il giorno dedicato alle commissioni: facciamo un giro orientativo per il paese, andiamo in banca a cambiare un po’ di euro e pensiamo anche alla motocicletta facendo il pieno di benzina, dato che l’unica stazione di rifornimento dell’isola è nella capitale. Andiamo anche dal parrucchiere perché Aldo ha deciso di tagliarsi i capelli: il negozio è gestito da un professionale e atletico quarantenne francese che ha mollato la Francia per una giovane e bella creola, il taglio è perfetto, il costo 3 euro, frizione compresa. Con la nostra motocicletta continuiamo lungo la strada che, costeggiando il mare, corre sulla costa nord occidentale dove, esposte alla luce del tramonto, ci sono molte belle case, più o meno in stile coloniale, tutte ordinate e linde. Si susseguono una dopo l’altra Baie aux Huitres, Baie Diamant, Baie Malgache e, dopo Pointe du Diable, la grande Baie du Nord, tutte praticamente prive di spiaggia ed ammantate di mangrovie. La presenza di queste piante che sollevano il tronco dal fango salato con le loro radici accessorie fornisce un indiscutibile tocco paesaggistico a questo tratto di costa ma di fatto rende impossibile l’accesso al mare, d’altro canto la loro funzione è fondamentale e sono state reintrodotte come baluardo alla erosione e difesa della barriera corallina e del suo ecosistema. A Baie du Nord pieghiamo verso l’interno e La Ferme, quindi percorriamo tutta la dorsale montuosa passando per Mangue, Quatre Vents, Petit Gabriel, Mont Lubin, Palissade e Grande Montagne scendendo infine verso Gravier. Questa sera a cena ci sono altre due persone, due giovani australiani che soggiornano in un hotel di Anse aux Anglais e sono venuti a provare la cucina della Table d’Hote di Francoise Baptiste di cui hanno tanto sentito parlare. Francoise sostiene che il suo unico segreto sono gli aromi locali e i sapori della tradizione. L’Ourite, pescato nella bassa laguna, viene da lei cucinato in mille modi, in umido, in insalata e al curry; quello seccato al sole, dal sapore molto spiccato e aromatico, viene cucinato con curry e molto pomodoro in modo che pian piano possa assorbire la salsa tornando tenerissimo. Altre sue specialità sono le salsicce creole, proprio quelle che si vedono stese all’aria ad asciugare fuori dalle case e dei negozi, le tradizionali zuppe o puree a base di mais, patate e manioca, il “riz-may” un miscuglio di riso e mais cotti insieme, l’insalata di papaia, il “poule nef” al curry e la rougaille. Ottimi i saporiti medaglioni di formaggio aromatizzati con timo, bacche di rosa, spezie e zenzero che Francoise acquista da un piccolo caseificio dell’isola. Ma il suo vero capolavoro è la Torta Rodriguese, servita con una crema calda. Avevamo letto che la cucina rodriguese è considerata una delle migliori dell’Oceano Indiano e che il modo migliore per apprezzarla fosse cenare in una Table d’Hote; da bravi buongustai abbiamo così pensato di non perdere un piatto e di soggiornare in una Table d’Hote, mai scelta fu più azzeccata.
Il paesaggio onirico della bassa marea e il paesaggio primordiale di Anse Trou d’Argent
La mattina brilla sempre di una luce adamantina e l’aria fresca e frizzante mette appetito: insieme ai nostri compagni di kite, Pascal e Dominique, siamo sempre i primi a metterci a tavola per la colazione. La saletta da pranzo ha grandi vetrate da cui il paesaggio entra senza ostacoli circondandoci con la sua selvaggia bellezza mentre assaporiamo uno dei momenti più belli della giornata. La ragazza ci porta un piatto di frutta tropicale di stagione, succo di agrumi casalingo, torta fatta in casa, piccole frittelle di pastella di banane, pane appena sfornato e tostato, marmellate casalinghe, rapè di cocco e burro salato, latte, caffè e tè, volendo anche uova strapazzate. La marea oggi è ai minimi, mai vista così bassa, le barche dei pescatori sembrano grandi pesci colorati spiaggiati, tratti di sabbia verdeggianti di alghe si alternano a zone di umido deserto, il mare assume mille sfumature di colore e si rompe in mille pozzanghere, la barriera corallina spuma in lontananza e il suo rombo sembra giungere da molto molto lontano: il paesaggio appartiene più al sogno che alla realtà. Lasciamo le nostre orme sulla spiaggia vergine, alcuni uomini camminano sull’orizzonte con l’acqua alla vita, armati di arpioni e fiocine, uno di loro sta già tornando verso casa con un buon bottino di polipi dai lunghi tentacoli, altri stanno cercando esche smuovendo la sabbia con dei bastoni, due donne in abiti sgargianti arrivano da Port Sud Est con dei grandi canestri sulla testa: oggi anche il fiume Mourouk sembra essersi ritirato e tutto sembra scorrere al rallentatore. Preannunciata da qualche robusta raffica di vento, la marea inizia poi a rimontare e tutto si risveglia: le barche si rianimano caracollando dolcemente sull’acqua che le risolleva, le vele si aprono e si gonfiano, il mare riprende possesso dei prati e dei deserti marini, la laguna torna azzurra e vitale. Nel pomeriggio il tempo è bellissimo, senza un cenno di nubi, quindi decidiamo di fare il sentiero delle spiagge dell’Est, che, bordeggiando la costa, collega Baie de l’Est a Gravier. Considerate le varie esperienze dei nostri compagni di maison, decidiamo di riprendere la strada per Saint Francois, lasciamo la motocicletta vicina al baretto sulla scogliera sopra Baie de l’Est e prendiamo il sentiero. La prima spiaggia che si incontra, vicinissima all’ingresso è Anse Tasman, andiamo dritto e dopo 15 minuti di sentiero, facile e ombreggiato, sbuchiamo all’improvviso sulla mitica Anse Trou d’Argent che è considerata la più bella spiaggia dell’isola. Che dire? Lascia senza parole! Uno specchio di mare turchese e una spiaggia di candida farina racchiusi in un teatro naturale di alte scogliere, altrettanto candide, schiaffeggiate da vigorose onde e ricoperte da vegetazione tenace, la barriera corallina è vicinissima, schiumante e ruggente, le onde oltre di essa sono alte e violacee. Pochi posti al mondo danno una emozione simile, per il contesto primordiale e selvaggio, per il fatto di godere di tanta bellezza in assoluta solitudine, con il sibilo del vento e il fragore del mare come unici compagni. Continuiamo ad esplorare questo tratto di costa e altri scenari meravigliosi si aprono davanti a noi con le maestose onde dell’oceano che arrivano a poca distanza dalla battigia. Seguendo la scogliera a sinistra di Trou d’Argent si arriva ad Anse Philibert, seguendo invece il sentiero che si inerpica sulla scogliera a destra si arriva ad Anse Bouteille: luoghi che evocano nascondigli di pirati, avventure e tesori nascosti. Ogni frammento di questo paesaggio entra nell’anima, parole e pensieri diventano banali davanti alla sua primitiva bellezza, non resta che contemplarlo ed ascoltarlo. Quando arriviamo a La Belle Rodriguaise è ormai il crepuscolo, ma ci sediamo ancora un momento vicino alla piccola piscina a contemplare le nubi sull’orizzonte che si fanno sempre più purpuree mentre il cielo si tinge di malva e di viola. Madame Francoise sta cogliendo un mazzetto di erbe profumate e ci fa annusare l’insolito bouquet: a Rodrigues, intorno ad ogni casa, ci sono piante aromatiche e officinali con cui si preparano rimedi famigliari e tisane e, al termine della cena, la nostra Francoise non manca mai di preparare una grande teiera di citronella e menta per favorire la digestione, riscaldare l’atmosfera e la conversazione.
Tartarughe giganti e volpi volanti, grotte e feluche: il fascino del sud
Alle 9.00 siamo i primi ad entrare nella riserva naturale Francois Leguat Tortoise Reserve che è vicinissima all’aeroporto. Il costo del biglietto varia a seconda del percorso che si sceglie: con 285 rupie, circa 7 euro a testa, facciamo il giro più lungo e visitiamo, accompagnati da una guida, sia la riserva delle tartarughe che le grotte. La riserva è dedicata a Francoise Leguat, un nobile francese protestante che nel 1691 arrivò con 8 compagni a Rodrigues e ci rimase 6 anni lasciando ai posteri una precisa descrizione delle flora e della fauna locale, tanto precisa da aver consentito la ricostruzione, in questa area, dell’habitat naturale delle grandi tartarughe che vivevano sull’isola e che furono sterminate nel ‘700. Il parco, costituito nel 2006, è privato, occupa 18 ettari, ospita 100.000 alberi ed essenze endemiche differenti, due specie di tartarughe giganti, le Aldabra e le Radiate del Madagascar. Le tartarughe vivono indisturbate in un suggestivo canyon calcareo, le Canyon Tyel, e sono davvero moltissime, circa 1.000 esemplari, di tutte le misure e le età, la più vecchia ha 90 anni. Camminando per il canyon si è letteralmente circondati da questi tenerissimi animali che commuovono per la loro goffa andatura e il loro aspetto simpatico e rugoso. Nella riserva vivono anche numerosi esemplari di Paille-en-Queues, grandi uccelli bianchi con una lunga coda, molto simili agli uccelli del paradiso: sono il simbolo delle Isole Mascarene e il logo di Air Mauritius, nidificano nel canyon e tutti i giorni verso le 11.30 tornano dall’oceano dopo la loro battuta di caccia. Altri curiosi abitanti della riserva sono le Grande Roussette o Volpi Volanti, praticamente enormi pipistrelli che si nutrono di frutti: prima della creazione della riserva queste creature notturne erano arrivate a 70 esemplari ed erano a rischio di estinzione, ora sono tornate a 8.000 individui e qualche esemplare è visibile da vicino in una zona recintata con rete metallica. Molto suggestive anche le grotte scavate da fiumi sotterranei nel tavolato di Plaine Corail, questa zona è costituita da un particolarissimo sedimento fossile corallino di colore giallo bruno denominato Aeolian Calcarenite ed i 2.000 ettari di Plain Corail costituiscono la più vasta area di dune fossili delle Isole Mascarene; fino al 2002, anno in cui l’area fu massa sotto tutela, gli isolani venivano qui a tagliare le pietre per la costruzione delle loro case. Terminata la visita si può dare un’occhiata anche al piccolo museo. Prendiamo la strada che porta al mare e scendiamo verso Anse Quitor e Anse Patate, il punto in cui la laguna è più ampia e la barriera corallina lontanissima, quasi invisibile. Quando arriviamo le barche dei pescatori stanno rientrando e l’orizzonte è pieno zeppo di vele bianche, stupende ali di farfalla sospinte dal vento; ci fermiamo sulla riva a guardare queste piccole imbarcazioni che, una dopo l’altra, arrivano veloci alla spiaggia ammainando la vela di schianto, i pescatori le trascinano svelti in secca dove le loro donne li stanno aspettando. Il paesaggio di questa zona è molto diverso dal resto dell’isola e ugualmente affascinante: qui la montagna sembra molto lontana e il mare regna sovrano, la luce è dorata e calda, i colori dominanti sono il giallo e il blu, il verde è praticamente assente, fuori dalle povere case non ci sono pecore o vacche ma solo grandi polipi stesi al sole a seccare con i lunghi tentacoli mossi dal vento come frange, nei cortili non ci sono ortaggi e fiori ma graticci a cui son legati grandi mazzi di pannocchie gialle. Andiamo alla Cattedrale di St. Gabriel, la chiesa più importante dell’isola, immersa in fitto bosco alla fine di un viale di alberi di ebano. La religione cattolica è fortemente radicata in Rodrigues, il 98% della popolazione è praticante e la messa a Saint Gabriel è per gli isolani un appuntamento da non perdere; Papa Giovanni Paolo II ha visitato l’isola nel 1989 lasciando un ricordo indelebile nella popolazione che ne conserva ancora ritratti. La chiesa è di bella fattura, una facciata pentagonale racchiusa fra due massicci campanili di identiche proporzioni, costruita con blocchi di pietra corallina proveniente dalle dune fossili di Plain Corail: l’aspetto nel suo insieme è di grande solidità e severità, nonostante il tentativo frivolo dei candidi contorni delle finestre e dei portali. L’interno, se possibile, è ancor più austero nella sua essenzialità, semplicità e assenza di qualsiasi elemento decorativo, con l’unica concessione di una grande conchiglia tridacna con l’acqua santa posizionata sotto una sgangherata cassetta di latta per le offerte. Eppure, intorno a questa grande chiesa severa, incontriamo un’atmosfera di grande allegria e spensieratezza portata da una numerosa torma di bambini e ragazzini, maschi e femmine, delle età più disparate, in gita scolastica. Torniamo pian piano verso Gravier, assaporando a pieno le immagini che ci scorrono intorno e il particolare charme di questa isola che, ora comprendiamo, deriva tutto dalla calma e dall’armonioso stile di vita dei suoi abitanti. Il ritmo della vita quotidiana a Rodrigues rappresenta ancora la comunione fra l’uomo e il ciclo naturale della vita, la giornata comincia molto presto, con il lavoro, la cura dei campi, degli animali, delle faccende di casa e la pesca; a Rodrigues il buongiorno è nel levarsi del sole, nell’aria stessa. Tutti si salutano e salutano anche noi: i più anziani fanno un cenno sollevando il loro cappello, i più giovani donano un gioviale sorriso o un cenno della mano, sembra che per loro sia una cosa impossibile iniziare la giornata senza un saluto a vicini, conoscenti e passanti. Le abitudini e i costumi dei Rodriguesi si sono certamente evoluti e modernizzati col tempo, ma le persone restano tuttora legate all’essenziale, hanno ancora il gusto delle cose semplici e delle relazioni franche, hanno una naturale fierezza e un forte attaccamento alla loro terra che stupisce e conforta.
A zonzo per Port Mathurin e il suo mercato
Oggi è sabato, il nostro ultimo giorno a Rodrigiues si apre con un alba chiara e luminosa, l’aria è tiepida e andiamo a Port Mathurin. Un paio di km prima della cittadina, dove la strada inizia la sua brusca discesa verso il mare, ci fermiamo presso un locale dal nome curioso, “Coralie la Diffe’rence”, recintato da un muretto dipinto a scene dai vivaci colori. La struttura è gestita da una eccentrica cinquantenne francese che ha una figlia di nome Coralie e un giovane compagno rodriguese di nome Diffe. La gentile signora, originaria di Montecarlo, compare in abito lungo, scialle e collana di perle, è felice di mostrarci il ristorante dove si fa musica dal vivo e la guest-house, di poter scambiare con noi due parole in italiano “..qui ne arrivano così pochi..” e di accompagnarci sulla magnifica terrazza da cui si può ammirare il migliore panorama su Port Mathurin e la sua grande baia. Dall’alto, lo spettacolo è assolutamente imperdibile e splendido, la piccola capitale, affacciata sulla costa settentrionale, quasi sparisce fra la lussureggiante vegetazione che la circonda e sembra ancora più minuscola davanti all’immensità della colorata laguna che le sta innanzi. Visibilissimo è il varco naturale che si fa strada nella enorme barriera corallina e consente l’accesso delle navi al suo porto sicuro: proprio qui, nel lontano 1528, sbarcò il navigatore portoghese Diego Rodrigues, imponendo il suo nome e dando inizio alla storia moderna di questa piccola isola selvaggia e perduta nell’oceano. Da allora tante cose sono cambiate a Port Mathurin, nel 1691 Francois Leguat, sbarcato con i suoi rifugiati ugonotti, costruisce le prime case, nel 1735, con i coloni francesi arrivati in seguito, diventa un vero e proprio paese raccolto intorno ad una chiesa e un porticciolo. Nel 1809 arrivano gli inglesi e gli uffici commerciali, nel 1901 persino la sede della Britain-Australia Undersea Cable. Nel 1968, partiti gli inglesi, l’isola di Rodrigues viene ‘forzosamente’ annessa alla neonata Repubblica di Mauritius e sebbene gli venga riconosciuto lo stutus di regione autonoma, continua ad aspirare e lavorare per una piena sovranità: Rodrigues si sente troppo diversa da Mauritius !! Ed ecco oggi la nostra Port Mathurin, con i suoi 6.000 abitanti, un animato e ordinato mercato, una vivace stazione di bus, una chiesa cattolica, una anglicana e una piccola moschea, vie commerciali con negozi e botteghe artigianali, scuole, banche ed uffici: nessun posto riflette meglio le varie sfaccettature della storia e delle tradizioni di Rodrigues. Il mercato è praticamente quotidiano, ma il sabato mattina è più ricco e rappresenta un appuntamento irrinunciabile; in passato si svolgeva vicino al porto, ma dal dicembre 2011 è stata costruita nuova struttura per ospitare bancarelle e negozietti proprio vicino alla stazione dei bus. I rodriguesi si danno appuntamento qui per acquistare frutta, carne, specialissime salsicce creole, pesci pescati la mattina e le tipiche salse fresche, i piments; tutto si svolge in una atmosfera di ordine, pulizia e tranquillità che è molto inusuale in un mercato africano non turistico ma molto in sintonia con la natura dei rodriguesi . Sui banchi della zona coperta frutti e legumi, in grande assortimento, sono esposti con grande cura e gusto cromatico; sulle bancarelle all’esterno si trovano le infinite file dei vasetti di prodotti speciali come i mazavaroo de piments, una sorta di pesto a base di peperoncino gamberoni o polipo, le confetture di limoni mango o papaia, miele di eucalipto o di fiori di limone. Non mancano i banchi dei dolci che espongono torroni artigianali, magnifiche torte casalinghe e altri dolcetti tradizionali: Marylou, una bella creola stretta nel suo abito a fiori sgargianti, ci offre sorridendo un assaggio delle sue varianti di Torta Rodriguese a base di cocco, papaia, limone o banana. Al mercato è anche evidente che la popolazione di Rodrigues è tuttora dedita alla produzione artigianale di cappelli, borse e cesti, fatti di raffia, foglie di aloe, bambù o vetiver; molte bancarelle ne espongono un campionario di eccezionale varietà e rappresentano sicuramente uno dei più caratteristici souvenir. Le vie dello shopping rodriguese sono Gordon Street e Ricard Street che attraversano il centro con i loro negozi e negozietti straripanti di mercanzie; intorno a Duncan Street sono invece rimaste le poche case caratteristiche, magari un poco fatiscenti ma ricche di storia vissuta, sulla piazzetta davanti a La Residence, lo storico edificio governativo, fanno bella mostra di sé un cannone e i suoi proiettili, l’Ufficio del Turismo occupa una bella casa con porticato ed espone una interessante mostra fotografica. Nella cittadina ci sono anche tante scuole, con i cortili pieni zeppi di ragazzi e ragazze in divisa scolastica, mentre passiamo davanti al collegio St. Barnabas i ragazzi stanno suonando una musica tradizionale e gli allegri accordi si diffondono nell’aria. La bianca Chiesa Parrocchiale dedicata al Saint Coeur de Marie è contornata da un fresco giardino con panchine: è una semplice struttura in legno con il tetto di lamiera, il suo interno è molto essenziale, alle pareti, al posto di quadri e statue di santi, sono appesi solo dei ventilatori, le acquasantiere sono fatte con grandi valve di conchiglia tridacna. Banche e società d’affari stanno tutte riunite intorno ad una ampia piazza con aiuole verdi e un elegante paglione al centro, qui la gente è intenta alle proprie commissioni di carattere economico e le donne passeggiano facendosi ombra con ombrelli colorati. Nel complesso Port Mathurin è una località gradevole ed animata dove vale la pena farci una passeggiata. Mangiamo ancora al primo gazebo della stazione dei bus, questa volta assaggiamo le bignette, che sono delle frittelle di verdure, melanzane, zucchine e cipolle, buonissime, costano 2 rupie al pezzo e con 20 rupie a testa, ben mezzo euro, siamo sazi. Ed è arrivato anche il momento degli addii rodriguesi. Il pomeriggio alla scuola kite salutiamo Natò, i ragazzi e il grande Youl, di cui non dimenticheremo la risata fragorosa e aperta sul suo bel volto creolo; la sera a La Belle Rodriguaise salutiamo i compagni di maison e la padrona di casa Francoise, di cui non dimenticheremo lo charme e la sua fantastica Torta Rodriguese; la notte sotto le casuarine sulla spiaggia salutiamo il cielo e le stelle di Rodrigues, di cui non dimenticheremo proprio… nulla!
MAURITIUS: VIAGGIO INTORNO A UNA STAR DEL TURISMO E AL SUO VARIEGATO MONDO
Alle 7.00 la colazione è pronta e dalle vetrate de La Belle Rodriguese, girando meccanicamente il cucchiaino nella tazza del caffè, guardiamo per l’ultima volta il paesaggio selvaggio e struggente di Rodrigues. Il nostro taxista Jean Bruno, puntuale alle 7.30 suona il clacson, carica le nostre valigie e ci accompagna all’aeroporto. L’aereo si alza alle 9.30, il cielo è chiaro e luminoso, la grande laguna di Rodrigues si stende sotto di noi, immobile e turchina, solcata dalle lente feluche dei pescatori e in quel momento siamo assolutamente convinti che a Mauritius non vedremo nulla di simile. In aereo riordino e rileggo un po’ i miei appunti, cercando di togliermi dalla testa Rodrigues e far posto alla nostra nuova meta… Mauritius… dunque, gli Olandesi, a fine ‘500, sono i primi colonizzatori di un’isola completamente disabitata e ricca di boschi di conifere a cui danno il nome di Mauritius in onore di Maurizio di Nassau, signore d’Orange dal 1585 al 1625. Durante la loro dominazione vengono introdotti cervi e cinghiali, ma si estinguono animali autoctoni e rari, primo fra tutti il leggendario Dodo, ora icona dell’isola, immortalato su magliette, souvenir e ogni gadget. Dall’Africa vengono trasferiti a Mauritius schiavi neri destinati alle immense piantagioni di canna da zucchero che pian piano prendono il posto dei boschi. Nel 1715 l’isola passa ai Francesi, in un secolo costruiscono molte strade, il primo zuccherificio moderno e lasciano un segno indelebile nella lingua locale che diventa il creolo. Agli africani si aggiungono pian piano indiani e cinesi. Gli Inglesi arrivano nel 1810 e ci restano per 150 anni, aboliscono la schiavitù, lasciano la guida a destra e la lingua ufficiale. L’indipendenza segna l’affermazione della dominante classe di etnia indù su quella creola di etnia africana, nasce la nuova bandiera multicolore, arrivano grandi industrie tessili, la colonizzazione turistica e le palme. La parola d’ordine è ‘resort’, stellatissimi, lussuosissimi, lungo tutta la costa: prima a nord ovest fra la capitale Port Louis e la città di Grand Baie, poi a est fra Poste de Flac e Belle Mare, quindi a ovest nasce dal nulla Flic en Flac e pian piano, qua e là, spunta qualcosa anche a sud. Mauritius è conosciuta al mondo così, attraverso i cataloghi patinati dei tour operator, spiagge candide e palme, campi da golf, piscine, spa, massaggi e trattamenti relax, ristoranti romantici, eteree e sognanti coppie in viaggio di nozze. Due cataloghi italiani la propongono con lo slogan “Mauritius, essere e avere” e “Mauritius, esotica, chic & trendy”. Ma noi cosa troveremo?
In viaggio da Mahebourg a Trou d’Eau Douce, la costa di Sud Est
All’aeroporto di Mauritius ci presentiamo all’ufficio della agenzia di autonoleggio Alamo Europcar con cui abbiamo prenotato l’auto e sbrighiamo in un attimo le formalità con l’efficiente impiegato che ci da tutti i ragguagli del caso. Appena in auto ci rendiamo subito conto che siamo approdati in un isola moderna, nel bene e nel male, belle strade asfaltate, cartelloni pubblicitari, numerosi veicoli…. tutto un altro mondo rispetto a Rodrigues. Prendiamo direzione Maheburg ma la aggiriamo seguendo i cartelli per Ferney e così imbocchiamo direttamente la strada costiera lungo il grande golfo fino a Vieux Grand Port dove sbarcarono i primi Olandesi nel 1598. Non è difficile immaginare lo spettacolo che si presentò ai loro occhi: una vasta baia vergine, acqua turchina, immobile e protetta da ampia barriera corallina, senza case e strade, solo vegetazione lussureggiante da cui si eleva il picco aguzzo della Montagne des Creoles e il picco della Montagne du Lion dalla curiosa forma di leone accovacciato con la testa tra le zampe anteriori. Da Vieux Grand Port a Beau Champ la strada è piuttosto stretta e solo 50 centimetri più alta del livello del mare, corre vicinissima alla costa, orlata da strette strisce di sabbia ombreggiate da alberi. Sarebbe una strada panoramicissima se la nostra attenzione non fosse costantemente assorbita dal cercare di evitare le auto e le persone nei numerosi piccoli centri abitati che si incontrano sul percorso. Case strette fra loro senza sembrare un paese, templi dai colori sgargianti ed affollati di divinità, negozietti stipati di mercanzie, dentro e fuori, gente, bimbi e cani, sporcizia diffusa fra la strada e la spiaggia dove i pescatori sistemano la loro consunta e povera attrezzatura. Qui le donne vestono bellissimi sari blu, rossi, gialli, bordati di oro e argento, molte portano una striscia rossa tra i capelli e il chakra sulla fronte, alcune sono sedute sotto gli alberi ad osservare i figli in mutande che nuotano, altri bimbi si divertono con semplici barchette fatte con pezzi di legno o polistirolo, o si dondolano seduti nei copertoni appesi agli alberi.Dopo la primissima immagine di isola moderna ecco la prima immagine che manca di sicuro sui cataloghi patinati dei tour operator. A Beau Champ la strada abbandona il mare e si infila fra sterminati campi di canna da zucchero per tornare sulla costa a Trou d’Eau Douce, la nostra prima meta. Il suo nome musicale e bellissimo, “tana” dell’acqua dolce, deriva dalla piccola piscina naturale alimentata dall’acqua dolce di un torrente sotterraneo che forniva d’acqua il paese, ma questa sorta di sorgiva non è l’unica dolce “tana” o rifugio della zona… A nord del paese, scendendo semplicemente verso la riva del mare troveremo una serie di dolcissime spiaggette ancora incontaminate e poi, proprio davanti a Trou d’Eau Douce, c’è la località più dolce che si possa immaginare e sognare, l’Ile aux Cerfs.Proprio per poter visitare l’Isola dei Cervi di primo mattino abbiamo scelto di pernottare a Trou d’Eau Douce una notte.
Appena arriviamo alla grande cattedrale di pietra di Trou d’Eau Douce, come da accordi via mail, telefoniamo al sig. Ciallupica che dopo 5 minuti compare sulla sua motocicletta e ci fa da staffetta fino alla Victoria Guest House. La grande casa è alle spalle del paese in posizione elevata da cui si vede in lontananza la laguna dell’Isola dei Cervi e il lussuoso Hotel Touessrok, intorno una piantagione di ananas, un grande orto, canna da zucchero, banane e un’altra bella casa in cui risiede la famiglia Cellupica. Paul è un simpatico e ciarliero settantenne francese di Grenoble, figlio di emigranti italiani, parla un discreto italiano imparato dalla nonna ciociara e, a un certo punto della sua vita, ha mollato tutto, ha sposato Brigitte, vedova con 2 figli, e si è trasferito definitivamente a Mauritius: in tre minuti, davanti ad un succo tropicale fresco, ci ha reso partecipi della sua intera vita. Dato che siamo gli unici ospiti, ci viene assegnato il panoramico bilocale al piano alto dove buttiamo i bagagli e andiamo a goderci un po’ di sole sulla riva del mare. Alle 19.00 si cena alla tavola dei padroni di casa. Brigitte è un’ottima cuoca e non potrebbe essere diversamente, considerato il marito francese di origine italiana; la bella creola, pian piano, ha rimodulato e reinterpretato le specialità della cucina locale in base ai gusti del marito, gran appassionato di melanzane, ha arricchito il suo menù chiedendo ricette a ogni straniero suo ospite, ha imparato a sposare i prodotti del suo orto e del suo frutteto tropicale con le ricette europee. Insomma fra le squisite pietanze, il vino sudafricano e le simpatiche chiacchiere, con Paul e Brigitte passiamo proprio una piacevolissima serata. Paul è felicissimo di poter parlare italiano, è un uomo semplice, di origini semplici ed iperattivo, tutto quello che ha se lo è costruito con le sue mani, nel vero senso della parola, con mattoni e cemento, ha dato sicurezza ai due figli della sua Brigitte e stravede per il suo piccolo Paul di 3 anni. In questo stato africano, decisamente diverso dagli altri, lui ci sta bene e, a sua detta, ci stanno bene un po’ tutti: nessuno muore di fame, anche i più poveri riescono ad avere una ciotola di riso con lenticchie e il mare è ancora generoso di pesci. Quasi tutti hanno un pezzetto di terra dove coltivare ortaggi ed allevare polli o conigli, spesso vendono i loro prodotti al mercato o li scambiano con altre merci. Mauritius è un’isola verdissima, ricca di acqua sorgiva potabile, fiumi e laghi, le piogge frequenti e il suo clima favoriscono le coltivazioni di canna da zucchero e tè che riescono ancora a dare lavoro. Il turismo rappresenterebbe un’ulteriore opportunità per gli abitanti, ma il governo mauriziano ha deciso di favorire solo i grandi investimenti a capitale straniero e mortifica costantemente le piccole iniziative. A Mauritius, l’obiettivo preciso, non è quello di avere viaggiatori indipendenti che distribuiscono e frammentano sul territorio il loro contributo, ma turisti organizzati che vivono nei resort e che vengono veicolati e guidati verso escursioni preconfezionate e shopping organizzati in modo che i loro denari vadano nella “giusta” direzione. Insomma non interessano gli autonomi ma gli automi. Per questo motivo Mauritius appare un isola molto turistica ma, in realtà, il turismo a Mauritius è, per assurdo, assente; quello che c’è vive su un pianeta costruito ad arte, diverso dall’isola vera e propria, lontano dalla realtà quotidiana e dai mauriziani. Andiamo a letto ancora più curiosi di questo mondo….
La mitica Ile aux Cerfs
La mattina mi sveglio all’alba ed esco sul terrazzo a fotografare il sole che sale dal mare, meraviglioso e tondo… tutto viene inondato di oro puro e il giorno si fa luminoso, siamo fortunati. Alle 7.00 Paul è già sul tetto della sua nuova casa con gli operai e Brigitte ha già preparato per noi una buona e abbondante colazione. Alle 8.00 siamo già in auto, armati solo di macchina fotografica, asciugamano e crema solare nello zainetto: l’Ile aux Cerfs ci aspetta e non ci servirà altro. L’Isola dei Cervi, che deve il nome al fatto che al tempo della colonizzazione olandese vi erano stati trasferiti cervi di Giava per la cacciagione, è forse la località più famosa e controversa di Mauritius: descritta da cataloghi, guide turistiche e alcuni visitatori come un “paradiso”, per altri visitatori è stata una “delusione”. Controverse anche le informazioni sulle diverse possibilità per andare all’Isola dei Cervi quindi, prima di partire, avevamo le idee un po’ confuse e molta curiosità. In loco abbiamo prima di tutto constatato che effettivamente, per fare questa escursione, c’è solo l’imbarazzo della scelta, del resto è naturale che sia così, trattandosi di una delle principali attrattive. Tenete dunque presente che, ovunque soggiornerete (resort , albergo o guest-house) vi verranno proposte escursioni con traversata, barbecue e giro sulla laguna, anche Paul ci ha proposto questa gita con la barca di sua nuora; che il paese di Trou d’Eau Douce vive con l’Isola dei Cervi e chiunque in paese potrà darvi indicazioni sul servizio di motoscafi privati che accompagnano fino all’isola per poi venirvi a riprendere a una data ora, sulla strada che porta al mare troverete sicuramente procacciatori che offrono tale servizio, ma, se non trovate nessuno, potrete rivolgervi anche ai ristoranti tipo “Chez Tino”.
Le escursioni organizzate costano ca 1.200 rupie (30 euro) a testa, mentre il servizio motoscafo a/r costa ca 400 rupie (10 euro) a testa. Ma se avete l’auto c’è anche la possibilità di andare direttamente all’Embarquadere de Pointe Maurice dove un battellino pubblico, ogni 20 minuti e fino alle 17.00, fa la spola fra la riva e l’Isola: il biglietto a/r costa 250 rupie (6 euro) a testa, ci impiega 10 minuti e non ci sono vincoli di orario. Per raggiungere questo imbarcadero dovete seguire le indicazioni per l’Hotel Toussrok, percorrere il viale fiorito di accesso all’hotel e, quando il viale piega a sinistra con una ampia curva, girare a destra seguendo l’indicazione per Pointe Maurice. Dopo aver percorso un tratto in laguna tra bellissime mangrovie, approdiamo dunque all’Ile aux Cerfs, questa terra promessa di cui avevamo visto tante stupende fotografie… La località conosciuta come Isola dei Cervi è in realtà composta da due diverse isole, l’Ile aux Cerf vera e propria e l’Ilote Mangenie o Ile de l’Est, quasi sempre unite da una striscia di sabbia, più o meno estesa a seconda delle maree. Potete quindi immaginare una specie di 8: nella parte stretta, vicino al molo dell’imbarcadero dove sbarcherete, c’è la zona sabbiosa che unisce le due isole e la zona dove trovate le principali strutture, l’Isola dei Cervi vera e propria è a sud ed quasi interamente occupata dal campo da golf del Touessrok, l’Isolotto Mangenie è a nord, quasi tutto ‘nature’ e ospita la zona barbecue delle escursioni organizzate. Il fronte di entrambe le isole rivolto alla costa è roccioso, colonizzato da mangrovie e non percorribile a piedi, ve ne fate già un’idea arrivando con la barca, mentre tutto il fronte esposto all’oceano è un susseguirsi di insenature di sabbia corallina finissima, bianchissima, bordata da una stupenda laguna di acqua incredibilmente trasparente e calda, su questo lato l’ombra è garantita dagli alberi di casuarina, veri e propri boschetti, come in tutta Mauritius. Ma eccoci sul molo alle 9.00 precise. Tutte le strutture presenti sull’Isola dei Cervi sono gestite dal lussuosissimo hotel pluristellato “Le Touessrok”: i 2 ristoranti e i bar, ombrelloni e lettini, il meraviglioso campo da golf, ma praticamente tutto è accessibile. Come per l’Hotel Lemuria di Praslin alle Seychelles l’accesso al campo da golf è consentito anche agli esterni, sia per il gioco che per una visita e noi, pur non essendo giocatori di golf, avevamo desiderio di visitarlo in quanto è considerato, a ragione, uno dei più belli del mondo per contesto naturalistico e paesaggistico, e poi non volevamo rinunciare a questa parte dell’isola. Ci dirigiamo dunque verso l’ingresso, chiediamo di poterlo visitare, vengono prese le nostre generalità e un simpatico chauffeur ci prende in consegna e con l’automobilina da golf ci accompagna ovunque per almeno 1 h e mezza. Per informazioni sulla visita potete guardare il sito o scrivere una mail info@letouessrokgolf.mu. Vi assicuriamo che visitare questa parte dell’isola sarà una esperienza memorabile per la quantità di vedute da ‘cartolina’ che si presenteranno ai vostri occhi, per la peculiarità dei paesaggi incorniciati ed esaltati da una infinita varietà di essenze disposte ad arte dai migliori architetti paesaggisti, le foto si sprecheranno. Alla fine del giro il nostro simpatico accompagnatore ci lascia vicino all’imbarcadero principale e alla spiaggia.
Sarà perché è mattina e non sono ancora arrivati i turisti con le escursioni organizzate, sarà perché è bassa stagione, ma non c’è minima traccia della baraonda di cui avevamo letto, nessun bananone pieno di ragazzi trainato da motoscafi, nessun paracadute a sorvolare la laguna, nessuno con gli sci d’acqua… insomma nulla di tutto questo, solo un gran bel posto e tranquillità assoluta. Il mare e la lunghissima spiaggia rivolta all’oceano ci lasciano veramente senza parole e comprendiamo la giustificata fama di questo angolo di mondo. Non c’è praticamente nessuno e immersi in tanta bellezza iniziamo a camminare, camminare, camminare, incontrando solo natura e angoli tranquilli. Sulla punta settentrionale dell’isola nord troviamo ancora una zona attrezzata per i clienti Touessrok, ma molto discreta e ben mimetizzata, poi il niente, ancora un lungo tratto di spiaggia deserta disseminata di pezzi di corallo e un’infinità di stelle marine vicine alla battigia. Quindi incontriamo le rocce e le mangrovie, siamo arrivati sul lato rivolto alla costa, e, in uno spiazzo fra gli alberi ombreggiato da teloni, troviamo i tavoli, le panche e gli allestimenti per i barbecue delle escursioni organizzate nonché i ragazzi creoli indaffarati nei preparativi. Qui non c’è riva e la boscaglia è impenetrabile, siamo dunque costretti a tornare sui nostri passi. In una mattinata abbiamo perlustrato le due isole, ogni tanto qualcuno ci chiede di che hotel siamo, noi rispondiamo sempre Touessrok… e finisce lì, una parola magica! Un po’ di relax al sole e poi alle 14.00 rientriamo col battello. L’Isola dei Cervi a noi è piaciuta moltissimo, ma abbiamo avuto la fortuna di viverla in una giornata di tempo splendido, con la bassa marea che ne faceva risaltare le spiagge e, soprattutto, in assoluta tranquillità; posso ben capire la delusione di chi l’abbia visitata senza il sole, con l’alta marea e piena di gente, tutta un’altra cosa. Rientrati a Villa Victoria facciamo una doccia veloce, Brigitte insiste per darci un po’ di frutta e ci mettiamo in viaggio, direzione nord, meta Pointe aux Canonniers.
In viaggio verso Pointe aux Canonniers: dall’Est al Nord
Il tratto di strada da Trou d’Eau Douce fino a Palmar è veramente bello, un susseguirsi di spiagge deserte battute dalle onde, bordate da alberi e prati verdissimi che scendono fino alla sabbia, solo casette coniali e piccole strutture, una pace assoluta. La costa Est in questa stagione è la più battuta dal vento, ma il mare mosso è bellissimo e ci fermiamo a contemplarlo; il cielo, con un susseguirsi di nuvole velocissime e scampoli azzurri, fa assumere al paesaggio un connotato quasi ‘nordico’ che ci ricorda le spiagge atlantiche della Francia. A Belle Mere inizia la zona dei resort, lussuosissimi, stellatissimi, chiusi dietro interminabili muri che li separano dal mondo e che impediscono ai viaggiatori ogni visuale sul paesaggio. Al bivio per Poste de Flac tiriamo dritto verso Pointe de Flac. La deviazione è inutile dal punto di vista paesaggistico, la stradina passa fra il resort ‘Belle Mare Plage’ e in suo campo da golf, poi finisce all’ingresso del 5 stelle lusso ‘Le St. Geran’ che ha interamente colonizzato la punta della penisola. La deviazione è invece utile se, venendo a Mauritus, il vostro scopo era sperimentare la cucina del ristorante stellato Michelin ‘Rasoi by Vinette’ dello Chef Vineet Bathia o quella del blasonato ‘Spoon des Iles’ del rinomato Chef Alain Ducasse, sono tutti e due qui. Tornati indietro giriamo per Poste de Flac e la strada sembra allontanarsi dal mare, in realtà costeggia un ampio golfo quasi sempre nascosto da una fitta e incontaminata vegetazione. La laguna corallina e il paesaggio riappaiono una volta superato il resort ‘Le Prince Maurice’ che si intravede adagiato su una piccola penisola: romantiche water house, una spiaggia piuttosto piccola, una bella vegetazione e una laguna disseminata di minuscole isolette. Anche se non sono una appassionata di resort la sua location e ambientazione naturalistica mi piace. Tiriamo quindi dritto fino a Poudre d’Or, il luogo dove, a ridosso dell’Ile d’Ambre, il 17 agosto 1744 naufragò la nave Saint Géran: dei 130 passeggeri se ne salvarono solo 9. Questo drammatico naufragio ispirò nel 1788 a Bernardin de St.Pierre il romanzo nazionale “Paul e Virgine ” che vede come protagonisti due giovani creoli il cui amore è osteggiato dalle rispettive famiglie: Virgine viene mandata a studiare in Francia, quando i genitori acconsentono al suo ritorno, il viaggio a bordo del Saint Gèran le è fatale e Paul muore per la disperazione. In fondo alla via dedicata ai due sfortunati amanti, in una graziosa piccola baia di sabbia rossa disseminata di rocce nere, c’è il Monumento del naufragio del St. Geran. Sono le 16.00 quando arriviamo a Pointe aux Canonniers, dove abbiamo prenotato 2 notti all’hotel “Sous Le Badanier” che sarà la nostra base per visitare il nord dell’isola. La struttura, un po’ vecchiotta, è tutta raccolta intorno a un minuscolo cortiletto ombreggiato da due secolari alberi di badamier. Franck, il gestore, è un quarantenne francese molto gentile, con una moglie piuttosto musona, qui trasferito da un paio di anni. Sistemati i bagagli approfittiamo delle due ore di luce che ci restano per un sopralluogo della zona e fare rifornimento di acqua minerale. Dopo 500 metri arriviamo con l’auto proprio sulla punta della penisola, la Punta dei Cannoni, protesa a nord ovest tra due ampie anse: da un lato la bella baia di Mont Choisy con l’hotel Le Canonnier e il Club Mediterranée, dall’altro la baia di Grand Baie con residence e villette. Lasciamo l’auto e scendiamo dal lato di Grand Baie su una stretta spiaggia di sabbia e andiamo fino agli scogli da cui assistiamo ad un travolgente tramonto con il sole che scende senza ostacoli oltre l’orizzonte con un meraviglioso tuffo nell’acqua.
La chiesetta di Cap Malheureux e i giardini botanici di Pamplemousses
Stamattina il cielo è proprio grigio, ma ci hanno detto che a Mauritius, in inverno, quando il cielo è bello la mattina diventa nuvolo nel pomeriggio e viceversa. Così, fiduciosi della saggezza popolare, invertiamo il nostro programma e decidiamo di visitare il giardino botanico e il museo dello zucchero in mattinata e le spiagge del nord nel pomeriggio. Attraversiamo velocemente Grand Baie, riservandoci di fare un giro per i suoi negozi a fine giornata, e, poco dopo, anche Pereybere, una località quasi attaccata a Grand Baie e molto simile: spiaggetta carina, un verde e fresco giardinetto pubblico subito dietro, negozietti, ristoranti e pub. La prima sosta la facciamo a Cap Malhéureux, la punta più settentrionale di Mauritius. Un bel posto, pieno di alberi di flamboyant, con una meravigliosa vista sulle isole vulcaniche del nord: Coin de Mire, una iperbolica scogliera a picco sul mare, Ile Plate, Ile-aux-Serpent e Ile Ronde. Proprio dietro queste isole, nel 1810, le navi inglesi si nascosero prima di sferrare l’ultimo e vittorioso attacco al dominio francese. La principale attrattiva di questa località è però la particolare chiesa in riva al mare, “Notre Dame Auxiliatrice“, con il suo tetto rosso e il piccolo campanile a fianco. L’interno della chiesa è di legno, semplice, e l’acquasantiera, come nelle chiede di Rodrigues, è ricavata da una grande conchiglia tridacna. Accendo una candela e mi si avvicina una donna creola, vuole sapere da dove veniamo, poi mi racconta di essere nativa di Cap Malhéureux, che in questa chiesa lei ha ricevuto il battesimo, si è sposata, ha battezzato i figli e i nipoti: la sua vita sarà legata a questa chiesa fino alla fine dei suoi giorni. Mi mostra l’organo e il posto del coro, mi chiede se conosco un tale inno a Maria, lo conosco e lo accenno, le brillano gli occhi, mi prega di cantarlo, così, insieme, a piena voce cantiamo, io in italiano e lei in creolo, accompagnate dalla musica delle onde che si infrangono sulla scogliera di Cap Malhéureux. Imbocchiamo l’autostrada M2, in realtà una sorta di superstrada piena di rotonde, e usciamo a Pamplemousses. Questa cittadina ospita il famoso “Jardin Botanique Sir Seewoosagur Rangoolam” più noto col semplice nome di “Giardini di Pamplemousses”: 25ettari di parco e più di 500 specie, uno dei giardini di rarità più famoso al mondo! Il parco risale al 1735, ma fu solo col botanico Pierre Poivre che raggiunse il suo splendore. Si parcheggia l’auto vicino all’uscita del parco e poi, costeggiando il parco stesso, si arriva alla bellissima ed elaborata cancellata bianca dell’ingresso principale. Il costo del biglietto è di 100 rupie a testa (2,5 euro), comprende un depliant con la mappa e, con aggiunta di altre 50 rupie, la visita guidata. Se avete un minimo di interesse botanico è imperdibile. Per un’oretta circa passeggiamo per il parco con la nostra simpatica guida e ammiriamo palme di ogni tipo, ce ne sono 80 specie: reale, rossetto, a piede di elefante, da datteri, a bambù e la incredibile Taliput Palm che fiorisce a 60 – 70 anni dalla nascita per poi morire subito dopo. Profumatissimi gli alberi di canfora, cannella e noce moscata; immensi gli alberi di baobab, i ficus e i bamboo. Curiosa la Kigelia Africana, detta “l’albero delle salsicce” per la forma bizzarra dei suoi enormi frutti appesi che arrivano a pesare 10 kg. Spettacolare è il laghetto delle ninfee amazzoniche con i suoi fiori bianchi e rosa, le immense foglie rotonde, grandi anche un paio di metri di diametro e tanto robuste da poter sopportare anche 6 kg di peso. Poco lontano c’è lo stagno dei profumatissimi fiori di loto, bianchi, gialli e profumatissimi. La guida ci lascia al recinto delle tartarughe giganti di Aldabra e noi proseguiamo per il Chateau de Mon Plasir, una costruzione inglese dell’ottocento che ha preso il posto della casa di Mahè de la Bourdonnais, primo proprietario del giardino. Esce un bellissimo sole e torniamo agli stagni del loto e delle ninfee a fare altre foto. Complice un cielo di sapore londinese, abbiamo trovato questo giardino molto romantico e abbiamo compreso perché a Pamplemousses un giovanissimo Baudelaire, sbarcato nell’isola in seguito a una tempesta che quasi distrusse la nave su cui era imbarcato, scrisse nel 1841 la famosa poesia “A una dama creola”… Poco distante dai giardini, a Beau Plan, c’è la ottocentesca costruzione inglese dello Zuccherificio Beau Plan & Museo “L’Aventure Du Sucre”, un bel museo (350 rupie) che attraverso immagini e pannelli interattivi ripercorre la storia dell’isola e l’importanza della canna da zucchero e della sua lavorazione per Mauritius. All’interno del museo c’è un meraviglioso shop in cui, dopo la degustazione, si possono acquistiamo diverse varietà di zucchero mauriziano, buonissimo e piuttosto caro. Pranziamo nel ristorante creolo del museo, all’aperto, su un bellissimo giardino all’inglese. Il sole è ora bello e fa caldo ci dirigiamo quindi verso il mare.
Trou aux Biches, Mont Choisy e Grand Baie: mare a Nord Ovest
Scendiamo verso la spiaggia di Balaclava e camminiamo sul litorale fino a Pointe aux Piments: questo tratto di litorale non è proprio granché e, benché disseminato di alberghi, non è neppure sempre godibile a causa di bassi scogli vicini al bagnasciuga; paesaggisticamente è molto anonimo e le palme degli hotel non bastano a farlo diventare un luogo incantato, non farei sicuramente ore di volo per fare una vacanza qui. Riprendiamo l’auto. Da Pointe aux Piments costeggiamo il mare fino a Trou aux Biches, in un susseguirsi di negozi e negozietti, tratti di spiaggia libera ombreggiati da casuarine e tratti occupati da alberghi con le palme. Trou aux Biches, la spiaggia della “Tana delle Cerve” è considerata una delle più belle spiagge di Mauritius ma, fra le big, è quella che ci è piaciuta meno. Il tratto più bello di questa lunga spiaggia è quello davanti all’hotel ‘Trou aux Biches Hotel SPA’, qui vale la sua fama, ma forse è solo perché corrisponde al nostro stereotipo di spiaggia tropicale: mare turchino, sabbia bianca, ombrelloni di paglia, palme e comodi lettini. La spiaggia di Trou aux Biches è comunque piuttosto stretta e, anche in bassa stagione, frequentata da procacciatori, più o meno noiosi, che offrono escursioni e svaghi di ogni tipo, gite con barche dal fondo di vetro e persino con il sommergibile! Anche la balneazione sembra essere piuttosto disturbata dalla presenza delle barche e dei motoscafi delle varie attività ludiche. Il paese è piccolo e non ha grandi attrattive, si snoda tutto lungo due strade: una costiera e una perpendicolare che arriva al villaggio di Triolet. Niente di elegante e niente di caratteristico, ci sono negozi di souvenir e di abbigliamento, ristorantini, una pasticceria (quasi a Triolet), la gelateria “Cristina” (gestita da Italiani), la stazione di Polizia, un ufficio di cambio. Fra le spiagge del nord, quella che ci è piaciuta di più è sicuramente la bellissima Mont Choisy, forse perché è quella rimasta più nature. Questa spiaggia è lunghissima e ampia, sabbia candida e acqua cristallina, niente palmizi posticci ma solo un fitto bosco di casuarine, nessun resort incombente e tranquillità assoluta. Molte famiglie mauriziane sono radunate all’ombra degli alberi e stanno finendo il loro un picnic, ma nella vastità del boschetto le persone si perdono e le voci arrivano da lontano. Come ogni spiaggia pubblica di Mauritius anche questa è provvista di servizi igienici, docce pulite e gratuite; possibile affittare anche qualche lettino e ombrellone, pochissimi. Stendiamo il nostro asciugamano sull’erba e sonnecchiamo al sole. Ogni tanto, preannunciati da allegre canzonette, arrivano i furgoncini che vendono bibite e gelati, i venditori di magliette e asciugamani espongono la loro mercanzia dopo la pennica quotidiana, tutto e tutti si muovono con calma, a ritmo piacevolmente rallentato. Rientriamo a Grand Baie, come descriverla? La Saint Tropez dell’Oceano Indiano non ha proprio nulla a che vedere con la famosa località della costa azzurra, nessuno charme, nessuna atmosfera, nessuno stile e, a mio avviso, non la si può neppure definire una località turistica in senso proprio. Mi spiego, è una città vera e propria, il più grande centro commerciale e amministrativo del nord, con tutti i servizi a supporto della zona che, per prima, ha avuto un forte sviluppo turistico: in se stessa, quindi, non è una località balneare come la intenderemmo noi. Case casupole e palazzi, negozi negozietti e ipermercati, templi indù e chiesette, ristoranti fast-food e cibo di strada, bar caffè e locali di divertimento, banche uffici agenzie immobiliari e turistiche, macchine bus taxi e motorette: sì sì, c’è anche il mare, ma è una grande baia affollata di barche piccole e grandi, di ogni tipo e funzione. Parcheggiamo e facciamo un giro per i negozi di griffe e le moderne gallerie commerciali. Arriviamo anche al grande “Super U”, di cui ci aveva parlato persino Brigitte, nel quale rimaniamo stupiti davanti alle corsie interamente dedicate alle spezie, alle torri di sacchi di yuta pieni di riso e alle tantissime marche italiane presenti. La giornata si chiude con mille fotografie scattate al magnifico tramonto di Grand Baie: le combinazioni di sole, nuvole, mare, alberi e barche catturano l’obiettivo come non mai, anche Grand Baie ci ha regalato qualcosa di indimenticabile.
Port Louis e la costa dell’Ovest
Durante la colazione, la bella donna indiana che ci serve racconta, in perfetto italiano, di aver lavorato e vissuto 12 anni in Italia insieme al marito e i due figli. Sono ora 4 anni che, per volontà del marito, è tornata a Mauritius, ma lei non sopporta più il suo paese e non vede l’ora di poter tornare in Italia. Non riesce più ad accettare i confitti quotidiani fra le diverse etnie che convivono in una calma apparente, non sopporta il dilagante alcolismo dei mauriziani, non sopporta di essere bollata dalla sua gente solo per il suo status di domma ripudiata: ebbene sì, il marito, rientrati a Mauritius, l’ha ripudiata per un’altra donna, e lei, col suo lavoro, cerca di garantire ai figli una buona istruzione in scuole private, anche se a Mauritus ci sono scuole pubbliche in ogni paesino, lei vuole dare loro una cultura migliore, una possibilità in più, una speranza di vita e.… di fuga. Mauritius non è certo la vera responsabile della tristezza e dell’amarezza che induriscono il suo bellissimo volto, ma il cielo grigio che minaccia pioggia sembra rimarcare il suo dolore. Ci rimettiamo in viaggio e con la M2 arriviamo 30 minuti a Port Louis: rimanendo in “autostrada” e seguendo le indicazioni per il sud arriviamo dritto dritto in centro e al porto, su cui troneggia il moderno edificio del famoso centro commerciale Caudan Waterfront. La macchina si può comodamente lasciare nel parcheggio coperto, ca 0,50 euro ora, del Caudan Waterfront che è vicinissimo al lungomare, al centro storico e praticamente sulla M2. Port Luis è una piccola e moderna capitale fatta di palazzi e grattacieli, sufficientemente incasinata e trafficata come tutte le città che vivono a ridosso di un porto ed hanno alle spalle una cinta montuosa che qui è costituita da curiosi e verdi picchi tropicali dai nomi inconsueti. Fondata dagli Olandesi, divenne una capitale solo nel 1736 e tra incendi, epidemie di colera, malaria e cicloni, la città è arrivata oggi ad essere una delle città portuali più importanti d’Africa e lo si nota dalle strutture. Il molo di Port Louis è però ordinato e carino, bar e localini all’aperto, una grande spianata e i cannoni puntati verso il mare. Un sottopasso porta a Place des Armes contornata da qualche caratteristica casa coloniale e dominata dalla statua di Sir Mahè de la Bourdonnais, il primo governatore dell’isola. Da qui un breve viale, fiancheggiato da due controviali paralleli di palme, si inoltra verso la città, tutti i punti di interesse sono facilmente raggiungibili con una breve passeggiata. Il Mercato Centrale, ospitato in una ordinata struttura coperta, ristrutturata nel 2005 e divisa in settori, è sicuramente uno dei luoghi più frequentati e una delle principali attrattive della città. Aperto tutta la settimana, la domenica solo di mattina, comprende un caratteristico mercato alimentare di carne, pesce e vegetali, e una zona più commerciale e turistica colonizzata da cianfrusaglie, capi di abbigliamenti pseudo griffati e negozietti di spezie. In questo settore del mercato c’è abbastanza confusione e se si vogliono fare acquisti con calma vale la pena di puntare sulle stradine laterali nelle quali trovate gli stessi prodotti, curry, masala, e altre spezie locali a prezzi competitivi. Altra curiosità di Port Louis è il suo Quartiere Cinese, a cui si accede da una delle 2 porte dell’amicizia, pieno di negozi con le tipiche cineserie, intervallati da ristoranti, ovviamente cinesi. La popolazione cinese delle Mauritius è molto antica e, stranamente, di religione cristiana. Tornando verso la trafficata Vie Royal si trova la candida Moschea Jummah, curiosamente all’interno del quartiere cinese, con una bella porta d’ingresso in teck scolpito. Prima di riprendere l’auto andiamo a curiosare il famoso centro commerciale Caudan Waterfront dove i negozi molto assortiti sono del tutto simili ai nostri, ricchi di articoli e di offerte. Riprendiamo la M2 e attraversiamo Moka, la capitale culturale dell’isola, con la sua University of Mauritius ed il Mahatma Gandhi Institute, fondato per tutelare e promuovere la cultura indiana del paese. A Moka vive il Presidente della Repubblica, nella magnifica dimora coloniale Le Reduit, risalente al 1778. A Quatre Bornes lasciamo la M2 e deviamo per 15 km verso la costa raggiungendo Flic en Flac. Qui non c’è un paese vero e proprio, ma una località nata di recente, fatta di ristoranti, resort, villaggi turistici e strutture collegate; la spiaggia, tutta accessibile, è la più grande di Mauritius, la sabbia è bianchissima, il mare immobile e chiaro, la barriera corallina è praticamente raggiungibile a piedi, lontano sullo sfondo il profilo scuro ed inconfondibile del Monte di Le Morne. Flic en Flac fa indubbiamente onore alla sua fama, anche se non la vediamo al meglio dei suoi colori perché il cielo è un po’ velato, in compenso è deserta, facciamo una tranquilla passeggiata sulla battigia curiosando i bei resort e facendo un po’ di foto, stile catalogo turistico, con le palme e il gazebo dell’hotel Hilton che incornicia il monte di Le Morne. Proseguiamo nel nostro viaggio verso sud, passiamo davanti al Casela Park, costruito a uso e consumo delle gite organizzate, e arriviamo a Tamarin, una vivace cittadina marina, un tempo nota agli appassionati di surf, oggi frequentata dai mauriziani nei week-end e utilizzata come base per le gite di avvistamento delfini. Ciò che, a mio avviso, più merita di Tamarin sono però le sue caratteristiche saline di pietra e roccia scura, alcune ben visibili anche dalla strada principale. Tutte le strade percorse dal nostro arrivo a Mauritius sino a questo punto, hanno offerto un paesaggio pressoché inesistente, sia per la natura pianeggiante del territorio, sia per il monotono susseguirsi di piantagioni di canna da zucchero, sia per i lunghi tratti ‘oscurati’ dai muri di recinzione di resort, alberghi, ville e villette che colonizzano la costa, a Tamarin, invece, il paesaggio si materializza improvvisamente grazie alla presenza dei picchi montuosi del Black River Gorges Park e alla modesta presenza di strutture e abitativi. Giriamo intorno ad un curioso picco aguzzo come una guglia, il Tourelle du Tamarin e con un sole finalmente splendente arriviamo per l’ora di pranzo al paese di La Gaulette affacciato sulla magnifica laguna chiusa a sud dal promontorio del monte di Le Morne, davanti alla lunga e stretta Ile aux Benitiers . Questa località è molto frequentata dai turisti indipendenti per la sua posizione strategica, sia per visitare le località del Black River Gorges National Park, sia per una full immersion di kitesurf e windsurf nella laguna di Le Morne, sia per l’incanto selvaggio della zona sud-occidentale dell’isola in genere. Lungo la strada principale che attraversa il paese, stretto e lungo, troviamo l’Agenzia Ropsen, con cui abbiamo prenotato l’appartamento, il nuovissimo e grande supermercato, negozietti di alimentari nel classico stile indiano, un paio di negozi di articoli da kite e wind surf, ristoranti e semplici ‘rosticcerie’ creole. Gli appartamenti di Ropsen sono adagiati sulle pendici dei rilievi che sovrastano il paese e offrono una bella veduta panoramica della laguna e del Monte Morne; un incaricato dell’agenzia sale in auto con noi e ci accompagna a destinazione. Mangiamo qualcosa sul terrazzino di casa e poi via in esplorazione, approfittando della definitiva vittoria del sole sulle nuvole.
La Regione del Black River: Foreste, Cascate e Terre Colorate intorno ad un Lago Sacro
A Grande Case Noyale deviamo all’interno seguendo le indicazioni per il Black River Gorges National Park. Il Parco, istituito nel 1994, con i suoi 6.500 ettari, è una delle poche zone protette dell’isola e tutto ciò che rimane della foresta pluviale che in passato ricopriva l’isola e: che è stata via via sostituita dalle infinite distese di canna da zucchero. Visitarlo rappresenta dunque l’unica opportunità di vedere, e immaginare, il volto dell’isola che si presentava davanti agli occhi dei primi esploratori. La strada sale velocemente fra una lussureggiante brughiera di un luminoso verde smeraldo e tutto sembra già meraviglioso, ci fermiamo subito al primo spiazzo panoramico e guardiamo estasiati la enorme baia di Le Morne sotto di noi, nessuna parola può descriverla nella sua solenne magnificenza. Al bivio di La Crete teniamo la sinistra e ci inoltriamo fra le montagne della regione compresa fra Chamarel e Plain Champagne: la strada in quota corre tutta sui 700 metri di altitudine, ottimo asfalto e godibilissima, sempre immersa in una rigogliosa ed intricata vegetazione fra cui spuntano migliaia di esemplari di Ravenala Madagascariensis, conosciuta come l’albero del viaggiatore, e di elegantissimi alberi di Ebano. Lungo il percorso ci sono punti panoramici irrinunciabili. Il primo a cui sostiamo è il Georges Viewpoint che è riconoscibile dal piazzale pieno di auto, pulmini e venditori ambulanti: un piccolo sentiero, breve e senza pendenza porta a un belvedere che domina un bellissimo, ampio e verdissimo panorama verso la costa ovest e i Gorges de la Rivière Noire che scendono fino al mare. Sulla destra, fra alte pendici boscose, scende una delle 5 spumeggianti e altissime Cascate del parco. Il secondo belvedere lo troviamo seguendo le indicazioni per la Alexandra Falls: alla fine di un stradina fiancheggiata da altissimi alberi di Ebano che formano un ombroso tunnel, si arriva ad un parcheggio e da lì un sentiero di pochi gradini porta al belvedere sulla Cascata Alexandra. Qui il panorama si apre verso la costa sud, l’aria rinfrescata dagli alisei è leggera e frizzante, l’acqua bianca della cascata si fa strada fra la vegetazione ed enormi rocce scure e in fondo alla valle si frange come un ventaglio con un secondo balzo. Quindi ci dirigiamo a Grand Bassin, il lago sacro della religione indù, legato al culto del dio Shiva e del fiume Gange. Per comprendere l’importanza di questo sito è bene sapere, prima di tutto, che la maggioranza della popolazione mauriziana è indiana e che in questo luogo, nel mese di marzo, si svolge uno dei più importanti pellegrinaggi indù, il Maha Shivaratri. Detto questo, arrivando, si comprendono facilmente la ragione e lo scopo dell’immensa strada – spianata di accesso al luogo di culto preannunciato da una colossale statua di Shiva, alta 35 metri, regalata dall’India nel 2005. Il dio indiano è rappresentato con in mano il suo tridente, simbolo del tempo, il crescente di luna sulla fronte, simbolo della creazione, il 3° occhio tra le sopracciglia, simbolo della saggezza e dell’onniscienza, lo zampillo d’acqua che sprizza dalla testa, simbolo del Gange, il fiume sacro per eccellenza. Shiva porta intorno al collo un cobra: la tradizione narra che Shiva ingoiò il terribile veleno del cobra per evitare che contaminasse l’universo e che Parvati, la sua sposa, per evitare che il marito si avvelenasse, gli legò il cobra stesso attorno al collo trattenendo nella sua gola il veleno che lo colorò di blu. Dietro questa enorme statua celebrativa della gloria di Shiva, si apre una bella veduta sul piccolo lago vulcanico, un piccolo smeraldo in cui si specchiano gli edifici templari come in una fiaba e si è inevitabilmente trasportati verso la sua leggenda… Si dice infatti che il Lago sia nato da alcune gocce del Gange, cadute dalla testa di Shiva mentre trasportava il fiume sul capo per proteggere la terra dalle alluvioni. Il Gange si dichiarò dispiaciuto che parte delle sue acque fossero cadute in un luogo disabitato, ma Shiva gli assicurò che un giorno, coloro che abitavano l’India, si sarebbero trasferiti sull’isola e che ogni anno gli avrebbero portato doni: questa è l’origine del pellegrinaggio di “Maha Shivaratri”. Scendiamo sulle rive del Lago per visitare il tempio popolato di dei fantastici e di scimmie reali e dispettose. Qui si respira un’aria di religiosità, le famiglie indiane portano in dono alle divinità frutta, fiori e incenso, pregano insieme, dentro il lago, di fronte alle statue dei loro dei. Protese sull’acqua ci sono le statue di Shiva e i suoi famigliari: la moglie Parvati, i figli Karttikeya e Ganesha (quello col volto da elefante). Presente anche la statua di Nandi, il toro di colore bianco simbolo di purezza, le cui quattro zampe rappresentano la Verità, la Rettitudine, la Pace e l’Amore. Nandi è l’immancabile compagno di Shiva in tutti i suoi spostamenti e la sua statua è una immancabile presenza nei santuari del dio. Ci togliamo le scarpe e entriamo nel tempio, i fedeli non sono disturbati dalla nostra presenza, tutti sorridono e un religioso ci segna la fronte e ci dà la sua benedizione. Ripercorriamo la strada di Plain Champagne ma arrivati a La Creta giriamo per Chamarel e le Terre Colorate. La strada che conduce al Parco Naturale di Chamarel, 4 km dal paese omonimo, è costeggiata da piccoli, graziosi ristorantini creoli e negozietti che vendono prodotti diversi. Al parco si accede direttamente con l’auto, si pagano 125 rupie a persona (circa 3 euro) presso la biglietteria, una sorta di casello autostradale, e inizia il percorso lungo una stradetta con senso obbligato. Dopo 2 km ca si apre il piazzale che porta al belvedere da cui si ammira la bellissima Cascata di Chamarel, che con i suoi 90 metri di salto da un anfiteatro naturale di roccia rossastra è la più scenografica dell’isola di Mauritius. Dal primo piazzale si ammira la massa d’acqua che scende in una profonda gola, ma salendo per 5 minuti una serie di gradini si arriva al secondo belvedere, più in alto, e la vista è ancora migliore perché si può contemplare il balzo in tutta la sua lunghezza e il bacino in cui si tuffa. Riprendiamo la macchina e continuiamo il percorso fino al piazzale che porta alle Terre Colorate. Avendo letto di tante delusioni su questa attrattiva, non ci aspettavamo proprio nulla e forse, col giusto ridimensionamento, ne abbiamo potuto apprezzarne l’unicità e la singolarità. Le Terre Colorate sono dunque un piccolo appezzamento, recintato, a occhio e croce meno di 1kmq, costituito da ondulate collinette formate da diversi starti di sedimenti vulcanici di differenti colori formatisi in seguito ad un raffreddamento non conforme; la loro particolarità sta nel fatto che, anche se mescolate, dopo pochi giorni i colori tornano a separarsi, difficile crederlo ma pare sia proprio così. Sta di fatto che i colori sono straordinari, sfumature variabili dal rosso al lilla, dal viola al giallo ocra, dal verdastro al marrone e al grigio, il tutto circondato, in netto contrasto, da una fitta boscaglia. Superfluo dire che il tutto è molto fotogenico e si presta a belle inquadrature. Quindi non aspettatevi panorami grandiosi o avventure alla Indiana Jones e non resterete così delusi da questa piccola chicca che, innegabilmente, ha la sua originalità; noi abbiamo anche avuto la fortuna di vederlo col sole e con la luce dorata del tardo pomeriggio che hanno sicuramente contribuito a darci una favorevole impressione del luogo, in una giornata grigia sarebbe sicuramente stato ben diverso. Mentre il sole tramonta scendiamo al mare e sostiamo ancora alla piazzola panoramica a contemplare il tramonto sulla azzurra baia di Le Morne, sulle scure montagne circostanti e sulle verdissime piantagioni di canna da zucchero fino alla lontana Tamarin: questa è la Mauritius che sognavamo, esiste dunque! La sera andiamo alla ricerca di uno dei ristoranti consigliati: oddio, no, il menù prevede pizza e pasta! Lasciamo la pasta e la pizza ai surfisti nordici e ci sediamo ai tavolini della semplice rosticceria creola che sta difronte e, in compagnia di un paio di coppie di fidanzati locali, mangiamo un enorme e ricchissimo piatto di mine fritti con carne, verdure e gamberi + acqua spendendo 6 euro in due (le bevande alcooliche non sono ammesse in questi locali).
Le Morne: il paradiso del Sud Ovest
La luce del sole si tuffa nelle nostre finestre, Mauritius ci regala una mattina splendida, limpida e senza una nuvola. Salgo sul terrazzo della casa a fare qualche foto, facciamo colazione sul nostro balcone e poi ci avviamo subito verso il promontorio di Le Morne Brabant che dista da La Gaulette solo 2 km. L’affascinante monte Morne Brabant è una montagna-penisola di 566 metri di altezza che si protende in mare con pareti a picco; su questo monte inaccessibile si rifugiò un gruppo di schiavi ribelli che, quando la schiavitù fu abolita e i soldati salirono sul monte per annunciare loro la libertà, temendo una inganno, si uccisero gettandosi nel vuoto. A ricordo di questo evento, ai piedi del massiccio roccioso, c’è un monumento celebrativo. La strada asfaltata che costeggia il lato nord del promontorio di Le Morne costeggia il campo da golf del resort ‘Le Paradis’ che occupa la stretta propaggine Pointe des Pecheurs, poi piega brevemente a sinistra in prossimità del resort ‘Dinarobin’ e finisce su un ampio spiazzo alberato alle spalle della splendida spiaggia libera, bianchissima e immacolata, che si stende davanti al Passe de l’Ambulamte, una ferita blu nella barriera corallina . Qui il vento soffia gagliardo gonfiando decine di aquiloni colorati che si innalzano nel cielo, tanti sportivi, giovani e meno giovani, sono intenti a preparare vele e tavole da kitesurf, windsurf e surf per poi lanciarsi in spericolate evoluzioni sulla cresta dell’onda. Nella zona più riparata della spiaggia e col mare calmo, mogli e figli con i loro asciugamani sulla sabbia si godono sole e mare in tutta tranquillità. Ci uniamo a loro e siamo felici di questo angolo di Mauritius positivamente vivace, informale e spontaneo. Quando la fame si fa sentire prendiamo uno spuntino da uno degli attrezzatissimi furgoncini che stazionano dietro la spiaggia, uno vende persino greek-salade. poi ci incamminiamo lungo la interminabile spiaggia che corre lungo il lato ovest, il più esterno della penisola, su cui si affacciano i resort ‘Les Pavillons’, ‘Berjaia Imperial’ e ‘Indian Clud’. La sabbia corallina è accecante, soffice e cedevole al passo, ma è un piacere camminare col sole e l’aria fresca. L’ultimo albergo che troviamo è il ‘Club Mistral’, attaccato all’Indian, poi la spiaggia piega verso il lato sud del promontorio e qui lo scenario cambia del tutto ed è, forse, ancora più bello: nessuna costruzione, un grande prato verde che arriva fino all’acqua del mare, alte casuarine, il Morne Brabante vicinissimo e i monti del parco del Black River disposti a corona intorno alla ampia baia dall’acqua immobile. Uno scenario quasi lacustre per la sua immobilità. Da questa parte il vento è molto più moderato e l’assenza di onda è totale, pertanto la zona è frequentata dagli sportivi meno temerari e dai principianti; sotto gli alberi stazionano i pulmini di numerose scuole di kitesurf con le loro attrezzature in esposizione. Ci sediamo sull’erba a guardare un po’ i kiter, poi, anziché tornare ancora via spiaggia, prendiamo la strada sterrata che corre dietro i resort e arriva alla spiaggia libera da cui siamo venuti. Questa intera giornata di sole, passata in un luogo splendido, ossigenati dalla sensazione di libertà assoluta ci ha proprio rigenerato e torniamo sodisfatti a La Gaulette per l’ora di cena. Stasera si va dritti alla rustica ‘taverna’ creola che abbiamo adocchiato sulla strada per le sue tende colorate dove mangiamo un ottimo bol renversé. Qui va detto che, a Mauritius, abbiamo sempre mangiato bene e che la gastronomia mauriziana è un incredibile mix di sapori, si va dai sapori decisamente forti e speziati dei piatti creoli, a quelli raffinati di derivazione francese, alle zuppe della cucina cinese, e, comunque sia, si spende sempre ben poco. Per un pasto abbiamo sempre speso da un minimo di 5 euro ad un massimo di 30 per due persone, ovviamente dipende da cosa si mangia e dove si mangia. Di preferenza noi abbiamo sempre mangiato piatti locali e senza mai aver problemi, tra le cose che più ci sono piaciute ci sono i mine (spaghettini) fritti o il bol renversé (riso servito sotto una tazza capovolta) conditi con … l’impossibile… carne, pesce, verdure, uova e non so che altro, tutto insieme, ma il risultato era gustosissimo. Ottime tutte le versioni di pollo o pesce con il curry, la rougaille (salsa creola speziata a base di pomodoro e zenzero) o la vindaye, salsa a base di senape. Buona anche la Youm Koumg, una specialità a base di frutti di mare al cocco cotta al forno. Spesso ci è stato proposto il cervo ma abbiamo sempre preferito pollo o maiale. Per gli spuntini sulle spiagge si trovano panini di tutti i generi, con kebab, pesce e polpette, oppure focaccine e samoussa (triangolini di pasta ripieni di carne o legumi). Birra di produzione locale, marchio Phoenix, e buoni vini sudafricani, non molto cari e serviti anche a bicchiere, come liquore da assaggiare è il rum locale Chamarel, liscio o arrangè (con spezie e aromi vari).
In viaggio da Le Morne a Mahebourg, la costa del Sud
Il tempo è ancora bellissimo quindi decidiamo di goderci un’altra mattina di relax sulla spiaggia. Fatta colazione carichiamo i bagagli in auto, rendiamo le chiavi al gentilissimo sig. Ropsen e andiamo con l’auto alla ultima spiaggia di Le Morne, quella col prato verde e i kiter che ci era tanto piaciuta ieri. Quando arriviamo non c’è nessuno. Il mare immobile, chiuso fra la costa, la barriera corallina e l’isola Fourneau, sembra proprio un lago, non c’è una bava di vento e l’acqua è caldissima; con il cielo così sereno Le Morne ci rivela tutta la sua bellezza e, distesi al sole e circondati dall’assoluto silenzio, ci godiamo i suoi splendidi panorama, del tutto convinti che Le Morne sia il luogo più bello di Mauritius. Verso le 12.00 ce ne andiamo e riprendiamo il nostro viaggio lungo la Costa Sud. Il tratto di strada che collega Le Morne a Souillac è uno fra i più belli e panoramici del nostro viaggio. Molto suggestiva è la baia di St. Martin, poco prima di Bel Ombre, dove sulla spiaggia, sotto grandi alberi frondosi, cattura la nostra curiosità una grande pietra posta su un basamento a gradoni: ci avviciniamo e scopriamo che si tratta del Memorial du Trevessa. Il Trevessa era un mercantile britannico affondato il 4 giugno 1923, durante una burrasca al largo delle coste Australiane. L’equipaggio lasciò la nave in due scialuppe e, incredibilmente, dopo 22 giorni di navigazione, quella guidata dal Capitano Foster arrivò a Rodrigues con 17 superstiti mentre quella guidata dal secondo ufficiale Stewart arrivò a Mauritius, dopo 25 giorni di navigazione, con altri 17 superstiti che vennero accolti e soccorsi proprio su questa spiaggia. L’emozione per questo naufragio a lieto fine lascia subito il campo alla serenità che deriva dal contemplare il paesaggio che scorre fra placide spiagge ombreggiate da enormi alberi e tratti di mare dove i pescatori sono intenti ai loro lavori. In questa regione la maggior parte degli abitanti è africana, i paesini che si incontrano vivono nella quiete più totale, barche lontane si muovono lente lungo la barriera corallina e la canna da zucchero è quasi assente. Lungo tutto il percorso incontriamo solo un paio di resort ma nessun turista per strada, solo a Surinam troviamo animazione intorno al mercato tradizionale, alle sue bancarelle e ai chioschi di cibo da strada. Dopo Souillac la strada piega all’interno e, inesorabili, ricompaiono canne da zucchero e zuccherifici e, infine, anche l’aeroporto di Mahebourg. A Beau Vallon ci sfugge la deviazione per Blue Bay e finiamo dritti nel centro di Mahébourg. La cittadina è disordinata e vivace, l’etnia indiana torna a dominare e con lei i colori e i profumi dell’India. Ci fermiamo a mangiare presso un chioschetto che vende dhal puri, delle specie di crepes salate fritte ripiene di salsa di lenticchie con curry e chili, e poi acquistiamo una fetta di crostata di banane e una di marmellata di mango. Quindi, tenendo sempre il mare alla nostra sinistra scendiamo per una stretta strada verso Pointe D’Esny e, poco dopo l’hotel ‘Le Preskil’ e il ‘Club Nautique’ troviamo la nostra Noix de Coco dove abbiamo prenotato le ultime due notti, ce ne innamoriamo a prima vista. La casa è una caratteristica villetta in stile coloniale con un piccolo giardino che finisce sulla spiaggia, la padrona di casa abita al pian terreno e ha semplicemente aperto ai turisti il piano superiore, senza stravolgere nulla, senza spostare un mobile, un quadro o un libro, pertanto ci sentiamo veri e propri ospiti, soprattutto quando ci viene offerto il te con i biscotti in veranda, seduti in poltroncine di giunco e davanti ad un tavolo col ripiano di vetro poggiato su un cesto pieno di conchiglie. Quello che però ci lascia a bocca aperta è la spiaggia, enorme e bianchissima, dolcemente lambita dal mare che, qui, è punteggiato da numerose isole. Il panorama della baia nel suo insieme è davvero bello e sullo sfondo riconosciamo subito il picco aguzzo della Montagne des Creoles e la sagoma curiosa della Montagne du Lion: gli stessi monti che ci hanno dato il benvenuto al nostro arrivo sono ora qui a salutarci prima della partenza, come amici curiosi di sentire il tuo racconto alla fine del viaggio…
La vacanza finisce a Blue Bay e Pointe D’Esny
Dato che ci sono ancora un paio di ore di luce decidiamo di andare a vedere la vicina Blue Bay. Lungo il percorso lo sguardo verso il mare è completamente inibito dal susseguirsi di ville e piccoli hotel che, come il nostro, sono costruiti sulla spiaggia; in compenso vediamo bene la deviazione per Beau Vallon che porta in 7/8 km e 5 minuti giusti all’aeroporto. Blue Bay è famosissima per la bellezza del suo mare verde-blu e della sua barriera corallina, meta irrinunciabile per lo snorkelling; la sua spiaggia è una raccolta mezzaluna di sabbia finissima contornata da immensi alberi dove potete stare all’ombra, ma intorno …. una miriade di case e casette, di ogni foggia e misura, un paio di ristoranti con i tavoli all’aperto, snack bar e venditori di bibite, taxi e il bus da/per Mahebourg. Con tali premesse, Blue Bay, per quanto sia sede di un parco marino, non è per nulla un luogo selvaggio ma, anzi, una località molto turistica e sempre frequentata, sia dagli escursionisti giornalieri provenienti da tutte le parti dell’isola, che dalle famiglie mauriziane per i pic – nic e dai ragazzotti locali al termine della giornata scolastica. Il sole è già basso e sta per sparire del tutto, si accendono le luci dei lampioni e così ci accomodiamo al ristorante “Le Bougainville” ove prendiamo una birra fresca e poi ordiniamo anche la cena. Ed eccoci al nostro ultimo giorno a Mauritius, c’è il sole, alle 7.30 ci viene servita la colazione sulla veranda, il mare e la spiaggia luccicano fra le fronde delle palme, pregustiamo l’intera giornata di relax marino… Bella, il labrador nero di Madame, ci accompagna in spiaggia e non ci abbandona tutto il giorno, si sdraia accanto a noi mentre leggiamo o sonnecchiamo al sole, si lancia in acqua quando le tiriamo un pezzo di legno, gioca con la stelle marine che trova sulla battigia, solo quando è l’ora della sua pappa se ne va trotterellando verso la sua maison. Verso il tramonto facciamo una lunga passeggiata e fotografo mille e mille stelle marine che si muovono seguendo la marea, fotografo mille e mille nubi dalle forme strane che passeggiano sull’orizzonte, fotografo il grande sole rosso che cala sui mille ricordi della nostra vacanza mascarena…. Domenica mattina è giunta, ci alziamo alle 5 con un cielo ancora buio, ci prepariamo da soli una veloce colazione e percorriamo in auto i pochi km che ci separano dall’aeroporto mentre la luce si fa strada fra i monti aguzzi indorando i campi di canna da zucchero. Facciamo il pieno di benzina e rendiamo l’auto, alle 7 abbiamo già fatto il check-in, alle 8.55 partiamo puntualissimi per Francoforte dove atterriamo alle 18.55, ceniamo e prendiamo la coincidenza Lufthansa alle 21.00. Alle 22.15 rivediamo Milano …. e le distese dei campi di mais.
INFOMEMO
“La Belle Rodriguaise” a Graviers – Rodrigues: sul mare; a 25 minuti dall’aeroporto e 20 minuti dalla capitale, in posizione isolata, immersa nella natura selvaggia e splendida della costa sud est; camera doppia con bagno + colazione e cena (compresa acqua e tisana) 3.200 rupie al giorno (80 euro) in due, richiesto acconto 30%; struttura di 12 camere raggruppate in 3 casette di stile coloniale, semplici e accoglienti, pavimenti di legno, bel terrazzo con vista oceano; eccellente cucina tradizionale curata da Francoise Baptiste, i pasti si consumano ad un unico tavolo con gli altri ospiti secondo l’uso delle table d’hote, la cena è a buffet, la colazione servita al tavolo; piccola piscina, possibilità di noleggio pick up e moto, escursioni di ogni tipo e corsi cucina creola, vicinanza a spot di kite, transfer da/per aeroporto 800 rupie. Tel. +230.8324040, +230.8314602, +230.8750591 mail labellerodriguaise@intnet.mu oppure villa@intnet.mu.
“Villa Victoria” a Trou d’Eau Douce: in località Petite Victoria sulla collina con vista sulla laguna e l’Ile aux Cerfs; bilocale ampio con bagno, angolo cottura + ampio terrazzo, 37 euro notte in due, colazione 5 euro a testa, cena (compreso vino e bevande) 12 euro a testa; struttura nuova, pulita e ben tenuta, arredamento un po’ naif, piscina e giardino, posizione aperta e tranquilla, ottima per visitare l’Ile aux Cerfs e dintorni; ospitalità genuina e calorosa della famiglia Cellupica, Paul parla ottimo italiano, possibilità visite organizzate a l’Ile aux Cerfs e transfer aeroporto. Si può andare a cena fuori anche a piedi, ma vale la pena assaggiare le specialità di Brigitte e cenare con questa simpatica coppia. Tel.+230.4800336, +230.7847492, mail bcellupica@yahoo.com.
“Sous le Badamier” a Pointe aux Canonnier: circa 2 km fuori Grand Baie, sulla strada che porta a Pointe aux Canonnier, proprio difronte al Grand Baie Gym & Hydro SPA che è ben indicato, in posizione tranquilla; camera doppia + bagno con prima colazione e cena euro 68 in due, escluse bevande; struttura un po’ datata ma pulita, camere piccole con frigorifero e tv, visuali un po’ opprimenti su cortili interni, in costruzione una piccola piscina, si mangia nel cortiletto sotto il grande albero di badamier, entrambe le cene sono state a base di piatti molto curati e di buona qualità. Comoda posizione e buon rapporto qualità/prezzo. Tel. +230.2634391, mail marketing@souslebadamier.com.
“Ropsen” a La Gaulette: sulla collina con vista sulla laguna di Le Morne; monolocale con bagno, angolo cottura + balcone, 35 euro notte in due, nuovo, fornito di tutto (stoviglie, biancheria, bollitore, microonde, frigo, tv), arredato con gusto; si ritira e si riconsegna la chiave alla agenzia sulla strada principale del paese, possibilità noleggio auto, pick up, scoter. Per andare a cena fuori si può andare a piedi. Tel. +230.4515763, +230.2555546, mail ropsen@intnet.mu.
“Noix de Coco” a Pointe D’Esny: sul mare, vicino al Club Nautique di Pointe d’Esny e il Paradise Beach Luxury Apartments; camera doppia con bagno + breakfast, 1.800 rupie (45 euro) notte in due, le camere sono 4 arredate con colori e arredi differenti in base al loro nome; la colazione viene servita sulla terrazza con vista mare, si può ordinare la cena per 15 euro a testa, wifi gratuito, uso della cucina libero con te e caffe a disposizione, possibilità di transfer da/per aeroporto (15/30 euro), noleggio auto, kajak, gite in barca. Per andare a cena fuori occorre l’auto. Tel. +230.7509407, mail noixdecoco@intnet.mu.
Voli aerei: su Mauritius volano diversi vettori, per costo, orari e giorni di partenza la combinazione ottimale per noi si è rivelata via Francoforte. Abbiamo prenotato: volo A/R LUFTHANSA Milano Linate – Francoforte, volo A/R CONDOR Francoforte – Mauritius, volo A/R AIR MAURITIUS Mauritius – Rodrigues per un costo complessivo di euro 1.200 a testa. Al check-in Lufthansa di Milano ci hanno fornito direttamente le carte di imbarco definitive sia per il volo Milano – Francoforte che per il volo Francoforte – Mauritius di Condor; i bagagli, imbarcati a Milano, li abbiamo ritirati a Mauritius. Idem al ritorno. Tutti i 6 voli effettuati si sono svolti in perfetto orario e con servizio di ristoro a bordo.
Documenti e Visti: passaporto con validità di minima di 6 mesi. Sul volo Condor di andata ci sono state consegnate 2 schede da compilare con dati personali, numero di passaporto, indicazione dell’Hotel di soggiorno (basta indicarne uno, alla dogana non c’è nessuna verifica della prenotazione), tempo di permanenza. Una scheda è la richiesta di visto che, fino a 3 mesi di permanenza, è gratuito. Una scheda è la dichiarazione di buono stato di salute. Entrambe verranno ritirate al vostro arrivo e vi verrà posto sul passaporto il visto di ingresso. Per andare a Rodrigues, essendo territorio mauriziano, non serve altro che presentarsi al check-in delle partenze.
Salute e Sicurezza: non sono richieste vaccinazioni ne profilassi particolari. Come sempre, abbiamo stipulato on-line, una polizza assicurativa per copertura sanitaria e rimpatrio a 70 euro. Abbiamo avuto un piccolo incidente con la tavola da Kite: assistenza ospedaliera di pronto soccorso a Rodrigues, farmaci e successiva medicazione a Mauritius ci sono stati prestati del tutto gratuitamente e, essendo turisti, con precedenza assoluta. Il personale medico e infermieristico si è rivelato gentile e competente. Mauritius e Rodrigues godono di stabilità politica e di una buona situazione di sicurezza: valgono le usuali norme di prudenza e buon senso, sempre e ovunque.
Aeroporti: l’aeroporto internazionale di Mauritius, tappa obbligata per raggiungere Rodrigues, è nel sud dell’isola vicino alla cittadina di Mahèbourg; se gli orari di partenza o arrivo rendono opportuna una tappa in zona aeroporto, la località migliore su cui puntare è Blu Bay – Pointe d’Esny, davvero vicinissime (7-8 km). In aeroporto trovate cambiavalute, agenzie di autonoleggio e agenzie turistiche locali per ogni necessità. Nell’area partenze è possibile cellophanare il bagaglio per 150 rupie (ca 4 euro). L’aeroporto di Rodrigues è piccino e confortevole, presente un piccolo duty-free. A Francoforte, passato il controllo passaporti che da accesso all’area di partenza, non ci sono punti di ristoro, se volete mangiare qualcosa, fatelo prima nell’area generale dello shopping.
Auto e Moto: si guida all’inglese, la nostra patente B va bene e non viene chiesto altro. A Rodrigues abbiamo noleggiato una moto 125 cc in loco, senza alcuna formalità, 15 euro al giorno. La moto è sicuramente il mezzo migliore per godere questa isola, ma se preferite un’auto serve un fuoristrada. In alternativa ci si può muovere con i taxi: ogni viaggio semplice costa 700/800 rupie. I bus, molto utilizzati dalla gente locale e generalmente affollati, raggiungono quasi tutte le zone dell’isola, ma dovete mettere in conto tempi di attesa imprecisati e pezzi a piedi, anche notevoli, per raggiungere dal capolinea il luogo che vi interessa. A Mauritius conviene noleggiare on-line un’auto dall’Italia: basta una vettura normalissima, un mezzo fuoristrada non servirebbe proprio a nulla. Le auto a noleggio hanno la targa gialla e queste sono quelle con cui gli stranieri possono circolare. Noi abbiamo prenotato una utilitaria (quella più economica) sul sito di brokeraggio Economyrentalcars: euro 250, 8 giorni, contratto Alamo – Europecar, assicurazione casco + assicurazione suppletiva a copertura franchigia, ritiro e riconsegna in aeroporto col pieno, auto consegnata Great Wall cinese 1500 cc.
Benzina: a Rodrigues c’è un solo benzinaio nella capitale, a Mauritius i benzinai ci sono solo nei centri abitati più grandi. Il costo è lievemente inferiore rispetto all’Italia: 49,37 rupie al litro (1,30 euro). Il benzinaio vicino all’aeroporto apre alle 6.00 del mattino, non è facilmente visibile dalla strada, è vicinissimo alla penultima rotonda prima dell’aeroporto, nascosto dalla vegetazione, tenete d’occhio un grande cartello blu e rosso con la scritta Winner, è lui.
Limiti di velocità: a Mauritius 40 Km/h nei paesi, 60 Km/h fuori, 110/90 Km/h sulla M2, difficile andare più velocemente. Attenzione ai poliziotti, sono dotati di telelaser e campano di multe.
Strade e Indicazioni: a Rodrigues buone quelle che collegano i centri abitati principali, quelle secondarie hanno asfalto rattoppato e sconnesso, alcuni collegamenti sono sterrati e piuttosto brutti; a Mauritius le strade sono invece tutte buone. Le località principali sono ben indicate, non ci siamo mai persi e non abbiamo mai avuto problemi. Se si hanno dubbi meglio chiedere, tutti sono gentili e non esitano a dare indicazioni. Nel diario di viaggio citiamo spesso i nomi di Resort, utili punti di riferimento per individuare o riconoscere al volo alcune località.
Autostrada M2: è l’unica “autostrada” di Mauritius, gratuita, in realtà una sorta di superstrada piena di rotonde e incroci, passa anche nel centro di Port Louis con semafori inclusi. La superstrada taglia l’isola dal nord a sud e consente di raggiungere agevolmente le principali zone turistiche dell’isola dall’aeroporto in max 2-2,30 ore.
Carte Stradali: in aeroporto abbiamo acquistato una precisissima carta double face Mauritius – Reunion per 350 rupie (8,5 euro) e una carta di Rodrigues, la agenzia di noleggio di Mauritius ne ha fornita una basic, presso i benzinai ne abbiamo viste di dettagliate a 400 rupie (10 euro).
Valuta e Carte Credito: la moneta locale è la Rupia Mauriziana (1 euro = circa 38-40 rupie). I tassi degli uffici di cambio sono in genere migliori di quelli delle banche, ma di poche rupie. L’uso di carte di credito è praticamente inesistente a Rodrigues; a Mauritius abbiamo visto vetrofanie American Express, Master Card e Visa nei centri turistici e nei negozi di abbigliamento sparsi per tutta l’isola. Presso le banche ci sono sportelli automatici. Per un viaggio itinerante è meglio disporre di contante.
Pagamenti: abbiamo usato sempre e ovunque le rupie, i prezzi sono sempre esposti, anche nei negozi più piccoli, in rupie e pagando in rupie si evita il problema delle conversioni istantanee e dei resti sfavorevoli. Gli euro sono stati espressamente richiesti solo da 3 hotel a Mauritius, tramite la mail di prenotazione, e dalla scuola di Kite a Rodrigues.
Prezzi e Costo: il costo complessivo della vacanza per 2 persone, è stato di circa 4.000 euro, 16 giorni, tutto tutto compreso, bibite, souvenir e lezioni di kite; rispetto alle Seychelles abbiamo speso molto di più nei voli e meno in vitto e alloggio, in sostanza la spesa complessiva è stata comunque simile escludendo il kite. Giusto per dare un’idea dei prezzi: pasto in ristorante a frequentazione turistica ca. 800 rupie in due (20 euro), prendendo un piatto unico (es. pollo al curry + riso oppure cervo + patate) e birra; pasto in locale semplice a frequentazione locale max 240 rupie in due (6 euro), prendendo un piatto abbondante di mine fritte (spaghettini o riso saltati e conditi con carne, pollo, uovo e gamberi) oppure menù del giorno (zuppa di legumi + pollo con riso); spuntino negli snack di strada max 20 rupie (0,50 euro) a porzione; banane 2 rupie l’una (5 cent), acqua in bottiglia da 1,5 litri 23 rupie (0,55 euro) nei market e 50 rupie (1,5 euro) negli hotel). Nessuno di solito chiede mance, ma se qualcuno ne chiedesse date sempre meno di ciò che vi viene in mente, tenendo presente che lo stipendio medio di un dipendente statale (considerato un privilegiato) è di 8.000/10.000 rupie (ca 200/300 euro), quindi i parametri sono ben diversi. A Rodrigues non c’è attitudine alla trattiva sui prezzi, sono onesti, turisti e locali sono trattati alla pari. A Mauritius si tende a maggiorare i prezzi per i turisti, cercate di acquistare merce con i prezzi esposti se non sapete/volete contrattare.
Telefono, Internet, Elettricità: il prefisso internazionale è +230, le chiamate d’emergenza 114 ambulanza, 999/112 polizia, 999/115 incendi. Il nostro telefono Tim non ha mai avuto problemi di copertura per telefonare, inviare/ricevere e-mail; SMS regolari a Mauritus, buio totale a Rodrigues; wifi libero o a pagamento in tutte le strutture di Mauritius, a Rodrigues più raramente anche nelle strutture turistiche. La corrente è 220 volt, le prese di modello inglese, meglio munirsi di adattatore universale.
Negozi e Shopping: a Rodrigues negozi dalle 7 alle 17.00 da lunedì a venerdì, sabato dalle 8 alle 15; a Mauritius sono più elastici nelle località turistiche ma la chiusura coincide generalmente sempre con il tramonto. A Rodrigues si trovano prodotti artigianali: borse, bauletti e cappelli di paglia, vasetti di “piments”, miele esotico. A Mauritius non troverete quasi nulla di ciò che noi definiamo “caratteristico”, quasi tutto arriva da India o Cina, in compenso sembra il regno dello shopping tanto è disseminata di outlet di abbigliamento e soprattutto negozi che propongono capi di vestiario di marche prestigiose: Ralph Lauren, Armani, Dolce e Gabbana, Fred Perry e Abercrombie spopolano, Lacoste assente. Non mi pronuncio né sui prezzi né sull’ autenticità o meno dei capi, quelle di migliore fattura non parevano comunque così a buon prezzo. Le magliette souvenir degli ambulanti costano fra 200 e 250 rupie (10 euro circa). Se non fossero ingombranti, sono belli i modellini di antiche imbarcazioni fedelmente riprodotti. Fra i souvenir gastronomici le gelatine di frutta, le spezie, gli “acardi” (verdure fresche lasciate macerare nell’olio con spezie e peperoncino), il tè alla vaniglia, lo zucchero di canna, il rum Chamarel e i biscotti della Rault Biscuits factory di Mahebourg. I Resort e i Tour organizzati promuovono vere e proprie spedizioni nei vari centri di shopping, una giusta vendetta allo secolare sfruttamento europeo.
Fuso Orario: +3 in inverno, +2 in estate quando in Italia vige l’ora legale.
Lingua: lingua ufficiale è l’inglese, il francese è la lingua più usata nelle conversazioni, in famiglia, a scuola e alla televisione, creolo e hindi sono le lingue parlate dalle rispettive etnie.
In Valigia: Per il giorno un abbigliamento a cipolla si rivelerà vincente e non vi coglierà impreparati in ogni situazione, mare e sole, vento o pioggia improvvisa. Costume da bagno, maglietta o canotta, pantalone corto di cotone, felpa o maglia leggera, bandana per vento e sole, occhiali da sole; k-way con cappuccio, asciugamano leggero e crema solare nello zainetto. Per la sera maglia/camicia di cotone, pantaloni lunghi comodi, felpa leggera e sciarpa di seta, k-way sempre, non si sa mai. Infradito per la spiaggia e scarpe comode tipo tennis o tempo libero per tutto il resto. Farmacia da viaggio completa. Repellente insetti tipo Autan e fornelletto con piastrine (usato solo a Pointe aux Canonnier). Piccola torcia elettrica. Non abbiamo portato l’ombrello (non è mai neppure servito) e la maschera subacquea (il bagno si fa ma non è la stagione per le lunghe nuotate e lo snorkeling).
Vita serale a Mauritius: inesistente al di fuori dei grandi alberghi e nei villaggi turistici. Nella stagione del nostro viaggio, una volta calato il sole, è difficile trovare qualcosa di aperto e anche per cenare è meglio andar presto.
Spiagge: non fate mai il bagno dove i cartello avvertono di correnti o altri pericoli. Le spiagge di Rodrigues sono tutte selvagge e liberamente usufruibili, gli unici ombrelloni presenti sull’isola sono quelli dei 2 hotel Mourouk Ebony e Cotton Bay. A Mauritius, nonostante la presenza di molti hotel di lusso, le spiagge sono tutte accessibili senza limitazioni; sulle spiagge principali ci sono larghe zone pubbliche alle spalle delle quali c’è sempre una bella zona alberata con servizi igienici, docce e cabine per cambiarsi, tutto pulito, gratuito e funzionante. Alle spalle delle spiagge stazionano furgoni di venditori di cibarie e gelati; in alcune è possibile anche affittare lettini; il mare è sempre calmo e protetto dalla barriera corallina.
Kitesurfing: A Rodrigues: The Nest Kitesurfing School a Anse Mourouk, proprio alla foce del fiume, ottimo spot con acqua bassa e senza onda, lezioni individuali + noleggio attrezzatura euro 50 ora, francese e inglese. Il sito è thenestkitesurfing.com, Tel. +230.8323180, +230.7241773, mail youl04@yahoo.co.uk. A Mauritius: Club Mistral a Le Morne, alla fine della stradina sterrata, dopo l’Indian Resort Le Morne, spot spettacolare, acqua bassa e senza onda. +230.4504112, email mauritius@club-mistral.com, hanno anche un sito club-mistral.com. Sulla stessa spiaggia ci sono numerosi pick up di scuole locali ben attrezzate e più economiche come Airswitch Kitesurfing, lezione e attrezzatura 65 euro ora lezioni in inglese, francese e tedesco, Tel. +230.7562627 email info@air-switch.com; Kite@North Mauritius Kite school, Tel. +230.4993747, email info@kiteatnorth.mu; NKS Nomad Kite School, euro 350 per 10 ore di lezione, Tel. +230.7579854, email nomadkite@hotmail.com. Tutti ottimi sia per principianti che per provetti.
Meteo: Il clima è sempre una variabile incontrollabile, ovunque; a Mauritius e Rodrigues più che altrove e sempre. Guide e cataloghi turistici vi raccontano che è estate tutto l’anno: non è proprio così e in ogni stagione il rischio pioggia è in agguato. Le stagioni sono invertite rispetto al nostro emisfero: in estate, da novembre ad aprile, giornate calde e piovose con temperature fra i 28° e i 35°, in inverno, da giugno a settembre, giornate fresche e variabili con temperature fra i 16° e i 27°. La temperatura del mare è sempre buona, 23°-25° inverno e 26°-29° estate. Parlando con i locali, pare che i mesi migliori siano ottobre e novembre, sconsigliati gennaio e febbraio a causa della probabile formazione di cicloni, non è una regola ma può capitare che ne arrivi uno tosto, la statistica non è un’opinione: anno 2000 gennaio e febbraio, 2002 gennaio, 2003 febbraio, 2004 gennaio, 2005 e 2006 marzo, 2007 febbraio. Rodrigues rispetto a Mauritius ha generalmente tempo migliore, più caldo e più secco e possiamo confermare; dei cicloni citati l’unico che l’ha interessata è stato quello del 2003. Reunion, a detta degli abitanti stessi, ha un clima peggiore, più umido e piovoso data l’altitudine delle montagne. A giugno il sole tramonta alle 5.45 e alle 6.30 è buio pesto, conviene alzarsi col sole e approfittare delle 12 ore di luce. Per quanto ci riguarda direi che siamo stati fortunati, giugno è comunque meglio di luglio e agosto che sono più freddini: in 2 settimana di permanenza non abbiamo mai, e dico proprio mai, avuto necessità di un ombrello e il kway lo abbiamo utilizzato solo a Rodrigues, ma perché ci spostavamo in moto. A Mauritius abbiamo avuto giornate variabili, mattina bella e pomeriggio velato o viceversa, a Rodrigues quasi tutte giornate interamente limpide e belle, nessuna giornata brutta dal mattino alla sera, qualche scrosciate notturna è arrivata e qualche goccia l’abbiamo vista a Pamplemousse. Il vento è robusto sulla costa sud est di Rodrigues e sulla costa orientale di Mauritius. Se la vostra intenzione non è quella di stendervi su un bagnasciuga per tutta la durata della vacanza ma quella di vivere queste meravigliose isole in tutto e per tutto, girarle e scoprirle, non fatevi problemi, partite pure a giugno!