Matrimonio a Sarajevo di Marzo 2008
Gennaio 2008..Durante una cena a casa Igor mi informa..”A Marzo Salih si sposa, aspetta un bimbo e ci ha inviato al suo matrimonio…Non posso/possiamo mancare!” …A Marzo??? Salih??? Sarajevo?? Matrimonio???…Oddio sono pronta??? Sarò pronta??? Ho 2 mesi di tempo per abituarmi all’idea e documentarmi un pò…Per me Sarajevo e la Bosnia sono solo le immagini viste in TV durante l’assedio, la guerra e le file di gente che abbandona le proprie case per andare chissà dove!!! Per Igor, la Bosnia è la sua terra e Salih il suo amico fraterno…No, non possiamo mancare! Ed allora mi documento un pò (avete mai provato a “studiare” la genesi dell’ultima guerra in Bosnia??? Beh…Volente o nolente bisogna partire dall’assedio dei turchi e dall’impero ottomano!), compro libri (Sarajevo, Mon Amour – Infinito Edizioni, 2007; Maschere per un massacro – Editori Riuniti i miei preferiti) ma a parte i libri che dovrò aspettarmi? 10 Marzo 2008 (Milano – Derventa): si PARTE!!! Prestissimo e rigorosamente in macchina (biglietti aerei TROPPO CARI, treno troppo lungo e faticoso)..Meglio la comoda macchina di “papà” Dragan potente e con aria condizionata! Passate le varie dogane (con un certo timore…Il mio, che ho solo la Carta d’identità italiana ma al consolato bosniaco mi dissero che era sufficiente!!!) e superata Zagabria si continua in autostrada attraverso l’infinita pianura di Panonia, e penso…”a beh se continua cosi è una passeggiata!!!” ma prontamente Igor mi avverte “Aspetta di arrivare alla dogana di Slavonski Brod “.
In effetti passare la dogana significa entrare in un altro mondo…Strade tortuose e un pò malandate, centri abitati che sembrano sul punto di “nascere” ma che in effetti sono fermi li come delle eterne periferie; inizia ad arrivare la sera ed allora non riesco più a vedere nulla fuori dal finestrino: troppo buio e scarsissima illuminazione sembrano volermi celare ciò che poi vedrò con i miei occhi il mattino successivo. Arriviamo a Derventa, nella casa della famiglia di Igor (lasciata incustodita nel 1992 ma che ora, grazie agli stipendi italiani usati per la ristrutturazione, è una magnifica villetta curata in ogni dettaglio) che è ormai buio, i cellulari sembrano non voler proprio funzionare (ma poi ho un lampo di genio: e se provassimo ad impostare la modalità DUAL Band invece che UMTS??? Cavoli: FUNZIONA!) e ad accoglierci ci sono degli amici di famiglia che si prendono cura della casa durante tutto l’anno; non parlano italiano e nemmeno inglese per cui devo affidarmi totalmente alla gentile traduzione di Igor continuando a ripetere l’unica parola che conosco: HVALA (grazie!), si perchè è stato un continuo ringraziare per la meravigliosa ospitalità, per l’ottima cena (Sirnica e Burek e pollo nostrano al forno!) e per la miriade di dolci preparati appositamente per noi! Il caffè credo meriti un capitolo a se stante…In pratica non esiste star seduti in poltrona SENZA BERE continuamente caffè turco (ATTENZIONE A NON BERLO FINO IN FONDO!!!) e fumare..In BOSNIA si fuma e parecchio anche (sarà un retaggio lasciato dai turchi???); andiamo a dormire perche l’indomani ci aspetta la partenza per arrivare a Sarajevo..Sono solo pochi Km ma pare che la strada sia “impegnativa”.
11 Marzo 2008 (Derventa – Sarajevo): ci alziamo presto, fuori c’è il sole (siamo fortunati in realtà abbiamo avuto tempo fantastico per tutta la permanenza!), colazione, saluti di rito anche agli anziani vicini (lui era sul tetto a cercare chissà cosa!!!) e via!!! Passiamo davanti quella che era la scuola elementare di Igor di cui rimane solo uno scheletro, tanta erbaccia e un busto commemorativo…Mi viene in mente una battuta che tempo addietro fece Dragan parafrasando la canzone di Celentano “là dove c’è l’erba ora c’è una città!” lui con molta ironia (ebbene si i bosniaci sono molto AUTOIRONICI) disse… “Beh da noi dove c’era una città ora c’è l’erba!” e con questa frase in mente scopro che Derventa è stata una delle città più colpite dalla guerra, che dei tanti palazzi che si affacciavano sul fiume Ukrina non rimane che una spianata d’erba, che le varie chiese, moschee sono in ricostruzione con campanili e minareti sempre più alti cosi come molte delle case; ci inerpichiamo verso la strada che ci condurrà a sarajevo e posso “ammirare” un paesaggio sconcertante: una meravigliosa e rigogliosa natura, verde ovunque, colline, in lontananza una immensa catena montuosa, campanili di chiese e minareti una di fianco all’altro messi vicini ad un susseguirsi continuo di scheletri di case con finestre vuote e nere che sembrano occhi imprecanti, case distrutte accanto a case IDENTICHE nuove di zecca in cui la vita è ripresa e continua ma quasi a voler dire “andiamo avanti purchè non si dimentichi ciò che è stato!” .
Non parlo, non so che dire, tutto questo mi lascia interdetta, la colonna sonora scelta da me è Vinicio Capossela che ci accompagna con le sue musiche balcaniche attraverso questo viaggio, attraverso strade a strapiombo su un fiume di un verde intenso, ed ancora campanili e minareti (ndr: per me che ho sempre associato le moschee ed i minareti a paesaggi quasi desertici, lontani e sabbiosi, fu una sorpresa scorgere gli alti minareti tra i pini o gli abeti!). Dopo oltre 3 ore Igor annuncia che siamo alle porte di Sarajevo! Inevitabile l’ingresso attraverso il Viale dei Cecchini…Vialone ora caotico per il traffico ed i lavori in corso per tirar su immensi palazzi nuovi di zecca (…La torre della TV è completamente rimessa a nuovo) ma che “conserva” ancora casermoni distrutti e palazzi con ben in evidenza le “stelle” lasciate dalle granate! Squilla il telefono: il puntuale Salih ci chiede che diavolo di fine abbiamo fatto e ci informa che il nostro alloggio sarà in una sorta di pensione a conduzione familiare, ma non capisco bene dove: per fortuna Igor conosce il posto e ci dirigiamo immediatamente li dove poco dopo ci raggiungeranno Salih e Selma (e Sara nel pancione!).
Ed ecco Sarajevo che si sviluppa sui lati di due colline che sono attraversate dal fiume Miljacka; è tutto un saliscendi di strade e stradine e l’impressione che si ha è che qui la città non si sia mai sviluppata secondo un piano regolatore ma è come se le casette del monopoli siano state lanciate a caso da una gigantesca mano invisibile; colpisce poi la quasi assenza di alberi ADULTI ma ciò è dovuto al fatto che durante la guerra ogni tipo di legname era buono per scaldarsi e poi…(sarcasmo bosniaco!) “serviva spazio per seppellire i morti per cui via i giadini e parchetti!” ; ed in effetti a parte la miriade di case caotiche ma con tanto fascino, ciò che colpisce l’occhio “europeo” sono le mille e mille tombe e croci bianche disseminate un pò ovunque: in ogni angolo, in ogni ex-spazio verde, a volte negli stessi giardini di casa. E’ difficile da descrivere per chi come noi è abituato ad un rapporto con la morte di tipo diverso, distante dagli occhi ed in luoghi per separati dalle città! Qui la vita e la morte convivono in assoluta tranquillità.
Arriviamo a casa, lasciamo la valigia, non posso aspettare che Salih arrivi…Perderei tempo prezioso..Dobbiamo andare, vedere, girare…Convinco Igor ad uscire (e con la fame che inizia a farsi sentire è facile convincerlo…); lasciamo la macchina (NB: a sarajevo è più economico prendere il taxi che usare la propria auto!!!) e iniziamo la discesa vs la Miljacka e mi rendo conto che, in pratica, siamo esattamente dalla parte opposta rispetto alla famosissima Biblioteca Nazionale ed Universitaria (meglio conosciuta come la Vijećnica) simbolo della distruzione di Sarajevo. Custodiva, prima della guerra, un milione e mezzo di libri, tra i quali 155.000 esemplari rari e preziosi, 478 manoscritti. Dopo tre giorni di rogo, della biblioteca bruciata rimanevano lo scheletro di mattoni e dieci tonnellate di cenere.
Chi non ha visto le immagini trasmesse per giorni dalla TV? Ed eccola li, ancora chiusa, con le finestre sigillate dal legno in attesa della ricostruzione (ma si può ricostruire la conoscenza andata letteralmente “in fumo”???); sotto di noi invece svetta la SINAGOGA già perfettamente ristrutturata (come d’altronde lo sono la MOSCHEA di Gazi Husrev-beg e la CATTEDRALE serbo ortodossa e quella cristiana..STRANO, NO???). Attraversiamo il fiume su uno dei vari ponti a disposizione (avevo letto delle tristemente note “rose di Sarajevo” e mi metto a cercarne qualcuna per strada, per terra, sull’asfalto…Non devo cercare molto in verità…Una è li, proprio davanti ai miei piedi, macchie rosa o rosse di colore colato sull’asfalto o sui muri a ricordo del luogo dove una granata, cadento, ha ucciso qualcuno!); ci dirigiamo verso quello che è il centro storico della città…Bascarsjia! si entra in un altro mondo…Sembra di essere in un quartiere di Istambul tra moschee grandi e piccole, piccole e grandi botteghe di artigiani del rame che con il loro martellare scandiscono il passare del tempo, gente seduta ai tavolini di caratteristici bar a sorseggiare con calma e tranquillità caffè turco servito in pentolini di rame o intenti a mangiare burek, cevapi e ogni tipo di carne alla griglia (ehm…Non maiale!!!). Ed allora dopo un giro tra questi magnifici vicoli, la visita esterna alla moschea di Gazi Husrev-beg i cui ornamenti ti fanno sentire la protagonista di storie da mille e una notte, ci fermiamo a mangiare una magnifica “porzia cevapa” in una tipica Cevabdznica accompagnata rigorosamente da bibite analcoliche (NB: nessun timore…Solo nella Bascarsjia si rispetta ancora l’usanza di non bere alcolici…Appena fuori consiglio anzi di fare un salto alla magnifica birreria di Sarajevo “Sarajevska pivara “); poi foto di rito alla più famosa delle fontane di Sarajevo: Sebilj’ che rappresenta un vero e proprio simbolo della città. Ma Salih ci aspetta e insieme a lui ed ad alcuni amici arrivati da Praga ci dirigiamo in una terrazza su uno dei punti più alti della città per osservare Sarajevo dall’alto sul far della sera! Sono le 17.55 in punto ed ecco che la Gerusalemme d’Europa si mostra in tutto il suo fascino… I minareti da nord, sud, est, ovest, grandi e piccoli iniziano i canti per il richiamo alla preghiera…Alle 18.00 in punto ecco sopraggiungere i rintocchi delle campane delle chiese cristiana ed ortossa… Ed il cielo dall’alto ci regala uno spettacolare tramonto rosso fuoco, con mille luci che si accendono lentamente sulla città. 4 luoghi di culto differenti in un solo fazzoletto di terra! Davanti a spettacoli cosi, ti chiedi come sia stato possibile turbare e “distruggere” questo “idillio” di perfetta integrazione durata secoli e non pari ad alcuna altra città in Europa; ti chiedi come sia stato possibile lasciarsi convincere che il tuo vicino di casa sia diventato un nemico da uccidere!!! Non ci sono risposte! Io, per lo meno, non ne ho trovate se non appellandomi alla stupidità del GENERE UMANO che nulla impara dal passato! 12 Marzo 2008: W gli Sposi!! Il gran giorno è arrivato…Il matrimonio sarà celebrato nel pomeriggio, per cui abbiamo il tempo di fare ancora un veloce giro per la città “nuova”…Ed allora ecco il Teatro di Sarajevo, la strada Ferdahija che ti fa sentire quasi come fossi in una delle tante vie alla moda di Milano…Vetrine di Valentino, Armani, Gucci, Fendi…Affascinanti palazzi come ne troveresti in qualunque città mittel-europea (non dimentichiamo il dominio austro-ungarico in Bosnia), con eleganti caffè alla moda (che servono il caffè Lavazza) vicino a palazzi ancora danneggiati dai proiettili, le immancabili bandiere delle Olimpiadi del 1984 (dico “Igor, ma scusa ancora ste bandiere??.. Sono passati 24 anni??!!! – E’ vero ma è stato un grande evento per la Yugoslaviai!!!) e poi il mercato di Markale luogo della strage di numerosi civili. Ci sarebbero altre cose da vedere (il tunnel di Sarajevo per esempio) ma non c’è tempo dobbiamo rientrare e prepararci per il matrimonio.
Il rito è civile e fatto direttamente presso il ristorante (rigorosamente ITALIANO) in cui poi ceneremo. Ci sono pochi invitati ma arrivano da tutta Europa e ciò rende tutto ancora più affascinante…Italia, Repubblica Ceca, Svezia, Germania…Tutti amici e parenti espatriati e radunati qui (con nuove “famiglie miste”) per omaggiare gli sposi. Che allegria! Addirittura in nostro onore vengono cantate dai tanti amici canzoni di Celentano e Toto Cutugno con la timida confessione di aver sempre cantato quelle canzoni SENZA MAI AVERNE CAPITO DAVVERO IL SIGNIFICATO!!! Ed ancora brindisi, canti tradizionali e fortemente nostalgici fino alle 3 del mattino, danzando e cantando tutti insieme promettendosi di ritrovarsi ancora il più presto possibile. Difficile raccontare l’atmosfera..Era come un matrimonio calabrese ma con una colonna sonora a me sconosciuta! Per quel che mi riguarda ho trovato cortesia e amicizia e disponibilità inimmaginabili e di sicuro manterremo la promessa fatta…Torneremo appena possibile anche perchè Sarajevo ha ancora molti angoli inesplorati e ti lascia qualcosa dentro, come un tarlo, che ti spinge a voler tornare; bisogna andare per poter scoprire, vedere e, forse, riuscire a capire.
Sarajevo, mon amour!