Matera, città presepe
Il viaggio è lungo, sono oltre 900 km da Milano, e per comodità lo facciamo in due tappe. Quello che conosciamo di questa città è merito dei numerosi film che registi autorevoli hanno girato nel tempo: da Pier Paolo Pasolini con il ‘Vangelo secondo Matteo’, ad Alberto Lattuada con ‘La lupa’, per finire a Mel Gibson con ‘The passion’ e tanti altri. Arriviamo a Matera nel pomeriggio di domenica e subito un sole accecante ci accoglie. Abbiamo scelto un albergo nel Rione dei Sassi per provare l’emozione di dormire nel tufo. Infatti questa era una casa privata trasformata in un piccolo hotel di nove camere riutilizzando gli spazi dell’architettura naturale del tufo, roccia friabile e porosa, in un labirinto di vuoti e pieni unici al mondo. Si entra a livello della strada nella piccola reception che si apre in un piccolo bar e sala conversazione da dove si esce su una splendida terrazza con vista panoramica su Matera e dove viene servita la colazione. Da lassù una scaletta scende in un cortile interno con pozzo dove si affacciano alcune camere. Dalla reception si scende nella sottostante antica cisterna per la raccolta dell’acqua di cui tutte le case erano dotate. Le restanti camere sono situate al primo piano. Questo hotel è sicuramente una suggestiva anticamera per i visitatori che vogliono addentrarsi nell’anima di Matera. Il ragazzo della reception ci accoglie con cordialità e, in attesa della camera, ci illustra sulla cartina della città i siti che assolutamente non dobbiamo mancare. Ci consiglia una guida per un giro di un paio di ore per meglio conoscere il cuore nascosto di Matera. Fissiamo il nostro tour per le ore 16.00 dato che prima fa molto caldo. Angelo è puntuale e ci racconta subito che sua nonna abitava in questa casa prima che fosse trasformata in hotel. Sua madre è nata lì e una foto la ritrae mentre lascia la casa con suo padre il giorno del suo matrimonio. Si sente subito che la nostra guida ama molto la sua terra dall’entusiasmo e dalla passione con cui ci racconta la storia di Matera, crocevia di popoli sin dall’antichità. La sua origine si perde nella preistoria, nota come la “città sotterranea“ è ritenuta una delle più antiche al mondo perché è sempre stata abitata. Se si scavasse nel sottosuolo si troverebbero, strato dopo strato, i vari periodi della storia di Matera.
La Civita è il cuore antico della città su cui troneggia la Cattedrale, oggi in restauro, dedicata alla Madonna della Bruna, protettrice della città, la cui grande Festa ha luogo il 2 luglio. Sul versante ovest si sviluppa il Sasso Barisano, dedalo con negozi e ristoranti, e sul versante opposto il Sasso Caveoso che si affacciano come un naturale anfiteatro sul profondo canyon solcato dal torrente Gravina. La particolare conformazione del territorio ha attirato numerose comunità religiose e tra dall’VIII al XIII sec. d.C. centinaia di monaci crearono chiese scavate nelle grotte e stupendamente affrescate. Si dice che a Matera le chiese rupestri siano più di 150 e molte devono ancora essere scoperte. Noi visitiamo il complesso di San Giovanni in Monterrone, lo sperone di roccia che sorge nel Sasso Caveoso composto da due chiese scavate nella roccia. Una lunga scalinata conduce alla chiesa Di Santa Maria de Idris, che deve il suo nome alla presenza di cisterne per la raccolta dell’acqua, reca l’affresco della Madonna con le “mezzine”, brocche utilizzate in passato per la conservazione domestica dell’acqua. Subito dietro si accede alla chiesa di San Giovanni di Monterrone con bellissime nicchie affrescate raffiguranti diversi Santi. Per meglio capire gli usi e costumi degli abitanti degli antichi Rioni Sassi di Matera prima del loro abbandono a seguito della legge di risanamento voluta da De Gasperi nel 1952, visitiamo nel Sasso Caveoso, in vico Solitario, la storica Casa Grotta arredata con mobili e attrezzi autentici del periodo in cui era abitata da 11 persone e qualche animale. Si entra in un unico ambiente, a sinistra si trova il focolare a legna con la cucina, un piccolo tavolo al centro con un piatto grande dal quale mangiavano tutti il poco cibo a disposizione, il letto col materasso di foglie di mais, la stalla dell’asino sul fondo e un’altra cavità usata come letamaio o deposito di paglia. Un telaio e molti attrezzi appesi alla parete, una culla, un cassettone, una cassapanca e pochi altri suppellettili completano l’arredamento. Il wc era un secchio col coperchio posto accanto al letto. Non si capisce come potessero vivere undici persone in questa piccola casa. La raccolta dell’acqua piovana era canalizzata nella cisterna. Nelle vicinanze vediamo un’antica neviera per la raccolta della neve in inverno utilizzata per conservare il cibo. La guida ci racconta che i bambini più piccoli dormivano nei cassetti aperti, diverse persone dormivano insieme nel grande letto composto da due cavalletti in ferro sul quale poggiavano assi di legno e nella culla potevano stare due bambini piccoli. Probabilmente altri dormivano in giacigli di fortuna per terra. Ovviamente la mortalità infantile era molto alta, ma era molto più grave la perdita dell’asino che portava il contadino al lavoro nei campi piuttosto che un figlio. “L’asino occorre ricomprarlo, mentre si può fare un altro figlio“. Percorrendo le stradine tortuose tra il groviglio di scalette, orti, terrazze, casette affastellate le une sulle altre attorno a un cortile dove spesso si trova il pozzo dell’acqua, notiamo grondaie in terracotta sostenute da ossa di animali e ovunque antichi fossili incastonati nelle rocce perché qui un tempo c’era il mare. Soltanto la facciata delle case è in muratura, mentre il resto è scavato nella roccia. Il bello è perdersi in questi vicoli senza una meta precisa per sbucare in un punto panoramico sulla città. Un altro punto spettacolare si trova oltre il canyon del torrente Gravina, fuori città, che consente una completa visione di Matera. Bisogna raggiungere il Belvedere di Murgia Timone all’alba o al tramonto per godere di un’esperienza unica: precipizi di argilla bianca, grotte naturali frequentate già nel Paleolitico da diversi popoli nomadi, profonde fenditure della roccia e anfratti dove trovare rifugio rendono questo paesaggio lunare. Da questa prospettiva si ha un’idea completa della città e lo scenario lascia senza fiato.
Al centro della Civita spicca l’imponente Cattedrale duecentesca con l’alto campanile che domina Matera. Purtroppo è in restauro, ma riusciamo a sbirciare l’interno dalla porta principale a vetri. E’ in stile Romanico pugliese arricchito con foglie d’oro, dedicato alla Madonna della Bruna, protettrice della città. La festa religiosa del 2 luglio è un rito antico che coinvolge cittadini e turisti e si conclude con il rito dello “straccio” durante il quale i fedeli distruggono il carro per prendere un frammento come auspicio di prosperità. Fuori le antiche mura della Civita troviamo la Chiesa di San Giovanni Battista costruita nel 1233, esempio di architettura medioevale ma rimaneggiata in epoca barocca. Il portale intagliato e l’interno Gotico con archi e volte rendono questa chiesa semplice ma suggestiva. Il giorno successivo entriamo nel Museo Nazionale Domenico Ridola che ha sede nel Convento di Santa Chiara e raccoglie reperti dal Paleolitico all’età imperiale, provenienti dalla collezione del senatore Ridola, appassionato archeologo. Sono in mostra corredi funerari, vasi, statuette, armature e oggetti in bronzo rinvenuti in villaggi di età neolitica. Il sistema di raccolta delle acque è il motivo principale per cui i Sassi di Matera diventano nel 1993 patrimonio dell’Unesco. Non possiamo quindi perdere la visita nel Sasso Caveoso, vicino alla chiese di San Giovanni da Matera e del Purgatorio vecchio, l’antico palombaro profondo oltre 15 m. interamente scavato nella roccia e alimentato da acqua piovana e sorgiva attraverso un ingegnoso sistema di vasi comunicanti. Il percorso è possibile camminando su passerelle di metallo e sul fondo l’acqua è ancora presente. Sulle pareti i vari livelli hanno lasciato il segno. Sbirciamo attraverso un cancello perché stanno lavorando sotto la piazza per aprire al pubblico in futuro la Matera sotterranea. Prenotiamo la visita alla Cripta del Peccato Originale a 14 km da Matera in località Petrapenta. Questa grotta è situata a strapiombo sulla Gravina e risale al IX secolo. I suoi magnifici affreschi raffiguranti episodi della Genesi e del Peccato Originale attribuiti al Pittore dei Fiori di Matera sono uno straordinario esempio del grande valore raggiunto dall’arte pittorica in quel periodo. La cripta, considerata una delle più antiche per il valore teologico e artistico degli affreschi, era il luogo di culto dei monaci benedettini nel periodo longobardo ed è stata definita la “Cappella Sistina della pittura Parietale rupestre”. Interessante l’episodio di Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre accanto all’albero che chiaramente non è un melo. Eva ha in mano un frutto che sembra un fico e lo porge ad Adamo, mentre tutti e due indossano foglie di fico per coprirsi. E’ probabile che la mela sia stata introdotta successivamente nei racconti religiosi per praticità, in quanto il fico era sconosciuto in alcuni paesi. La visita si svolge in piccoli gruppi a orari precisi e occorre prenotare. Il luogo di incontro è presso la stazione di servizio Grifo gas a 10 km da Matera dove si viene raggiunti da due ragazzi-guida che accompagnano i visitatori in corteo sul luogo della Cripta. E’ bello vedere giovani così appassionati alla storia della loro città e l’organizzazione è efficiente. Spente le luci, inizia la spiegazione dettagliata degli affreschi. Seduta sul pavimento di roccia, ammutolita seguo il racconto come una bambina curiosa immaginando i monaci in preghiera inginocchiati sulla nuda terra. E’ stata un’esperienza certamente mistica e molto suggestiva. Dopo la visita ci dirigiamo verso l’Oasi di San Giuliano, lago artificiale creato dallo sbarramento del fiume Bradano negli anni ’50. L’area è gestita dal WWF che organizza visite guidate di varia durata. L’oasi è particolarmente adatta all’osservazione della vita degli uccelli come aironi, cicogne, cormorani e falchi pescatori. A valle dello sbarramento il fiume Bradano scorre formando la Gravina.
L’artigianato a Matera è molto ricco. Per questo visitiamo una bottega di un artigiano-artista che lavora la cartapesta con strati di carta e colla secondo l’antico procedimento utilizzato dagli antichi maestri. Decorazioni di cartapesta vengono oggi realizzate per decorare il grande carro sul quale è posta la statua della Madonna della Bruna. Qui si lavora anche la ceramica per produrre vasi, maioliche, utensili e tradizionali cuccù, colorati fischietti in terracotta a forma di gallo, simbolo di fertilità. Negli anni ’50 erano l’oggetto del desiderio di tutti i bambini di Matera e molti non potevano averlo. I fischietti hanno sempre avuto un grosso valore scaramantico. Un tempo venivano murati nei camini per allontanare gli spiriti maligni e posti sulle culle dei neonati non ancora battezzati. I figli maschi ne ricevevano uno in dono come augurio di fertilità con forme e colori diversi per distinguere il proprio. A Matera si chiama cuccù e ha la forma stilizzata di un gallo e in genere è bitonale. Veniva regalato ai bambini a Pasquetta, ma era anche il simbolo di promessa d’amore e veniva regalato agli sposi. Un’altra forma di artigianato locale è la lavorazione del tufo, pietra locale estratta dalle cave, per realizzare oggetti di arredamento classici o moderni. Un ulteriore oggetto di origine antica è la pupa, bambola che un tempo veniva realizzata in caciocavallo e appesa al collo dei bambini per stimolare i denti e perché ricca di calcio. Oggi è di terracotta dipinta secondo i costumi albanesi, etnia presente da secoli in Basilicata. Viene chiamata La Pacchiana per il vestiario che la domenica o la festa le contadine indossavano composto da tutto ciò che avevano di bello, anche una gonna sopra l’altra.
Non si può parlare di Matera senza citare i prodotti tipici che compongono la gastronomia lucana. Prima di tutto il pane Dop/Igp di grandi dimensioni, a forma di corno, e cotto nel forno a legna. E’ morbido e fragrante anche dopo diversi giorni dalla cottura. La cosa curiosa è che quando la gente abitava nei Sassi, e non avevano il forno per cuocere il pane, si portava l’impasto al forno pubblico e ogni famiglia per riconoscerlo lo timbrava con le iniziali del capofamiglia. I timbri venivano intagliati a coltello dagli uomini mentre pascolavano le pecore e il manico veniva decorato in forme diverse, p.es. la torre indicava la forza, il gallo la virilità, il pozzo l’abbondanza. Dalla tradizione contadina deriva la cucina semplice e genuina che comprende legumi, verdure, formaggi, carne e salumi, difficili da descrivere, ma ottimi da gustare.
Il fascino di Matera è rimasto immutato nel tempo. I suoi colori, la sua luce, lo scenario scolpito raccontano una storia ricca di spiritualità e umanità. Ogni angolo della città è un luogo della memoria semplice e caratteristico e i motivi per visitarla sono molti: l’arte, la gastronomia, l’ospitalità genuina, le tradizioni e gli splendidi dintorni. Una città che resta incisa nella memoria dei visitatori e come mi ha detto una signora inglese incontrata qui: “E’ il posto in Italia che preferisco e appena posso ritorno!”.