Martinica, oh mi bela Madinina
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Sabato 19 Aprile
Dopo un po’ di apprensione per un attacco influenzale che ha colpito il piccolo Leo nei giorni scorsi, finalmente partiamo per un nuovo viaggio… per la prima volta in quattro e in aereo. Torneremo infatti dopo sei anni (Turk and Caicos 2008) nei Carabi, con l’intenzione di esplorare l’isola di Martinica. La sveglia è molto presto, alle 3:30, così un po’ assonnati, cinque minuti dopo le 4:00, lasciamo casa e un quarto d’ora più tardi entriamo in autostrada a Faenza. In piena notte di questa giornata primaverile e pre-pasquale il traffico non è cero un problema, così corriamo spediti verso Bologna, con Leonardo che, carico a mille, grazie all’adrenalina, non accusa certo stanchezza. Percorriamo quasi tutta la tangenziale del capoluogo felsineo e alle 4:50 siamo al Park to Fly a lasciare l’auto in deposito, quindi in una manciata di minuti, grazie alla navetta gratuita, ci ritroviamo, con i nostri bagagli, davanti all’Aeroporto Guglielmo Marconi. In breve tempo espletiamo tutte le operazioni di imbarco: facciamo check-in, oltrepassiamo i controlli di sicurezza e ci mettiamo in attesa alla porta numero uno. Mentre albeggia completiamo poi la procedura e alle 7:00 siamo già seduti sull’Embraer 190 della compagnia Hop!, che opera per Air France, e alle 7:45 il volo AF 1029 stacca da terra con destinazione Parigi, fra le esplosioni di gioia e meraviglia del piccolo, alla sua prima esperienza dell’aria. Saliamo sopra alle nuvole di una mattinata grigia e ritroviamo il sole… in questa maniera oltrepassiamo le Alpi, poi sorvoliamo la campagna francese e alle 8:44 riassaporiamo terra sulla pista dell’Aeroporto Charles De Gaulle. Ci rechiamo subito a ritirare i bagagli, perché dovremo cambiare aeroporto. Valigie alla mano ci trasferiamo poi dal Terminal G al Terminal F con l’ausilio di una navetta, quindi cerchiamo il capolinea dei pullman per l’Aeroporto di Orly. Lo troviamo e lì aspettiamo, assediati dalla pungente aria parigina, che ci riporta a temperature alle quali non eravamo più abituati da qualche tempo. Finalmente, dopo varie peripezie dovute ad una corsa piena, riusciamo a salire a bordo … Serve circa un’ora, nell’intenso traffico cittadino, per giungere in vista del secondo aeroporto della capitale, infatti, in perfetto orario sulla tabella di marcia, ci presentiamo nella hall delle partenze del Terminal Ovest. Qui affidiamo al primo banco disponibile i nostri bagagli, poi ci mettiamo in attesa del volo che ci porterà in Martinica. Poco prima delle 13:00 iniziano le operazioni di imbarco e alle 13:45 l’enorme Boeing 777-300 di Air France rulla sulla pista di Orly salendo in cielo con l’identificativo AF 842, per virare immediatamente verso ovest e verso l’Oceano Atlantico. La trasvolata oceanica, seppur lunga (più di otto ore), fila via liscia e il piccolo, grazie a Dio, se la passa con i giochi ed i cartoons che scorrono sul video davanti alla sua poltrona, così, recuperando sei ore di fuso orario, atterriamo felicemente a Martinica quando sono le 15:58 locali.
Martinica, isola delle Piccole Antille lunga 80 chilometri e larga 39, per un’estensione di poco superiore ai mille chilometri quadrati, è un possedimento francese d’oltremare e a tutti gli effetti è un pezzetto d’Europa nei Carabi. Scoperta da Cristoforo Colombo nel 1502 il luogo in origine era abitato dai caribi (ora estinti) e si chiamava Madinina (isola dei fiori). Col tempo subì poi la colonizzazione e lo sfruttamento del territorio, fino a diventare, nel XX secolo, una meta turistica esotica di interesse internazionale. Appena sbarcati assaporiamo il caldo tepore del clima martinicano, poi, ritirati sani e salvi tutti i bagagli, ci rechiamo al banco Europecar per l’auto a noleggio… Completiamo la documentazione necessaria e poco più tardi saliamo sulla navetta che ci accompagna a prendere il mezzo, mentre il tempo vola e sono già le 17:30, ovvero l’ora prevista per l’incontro con chi ci dovrà consegnare il nostro appartamento. Ritiriamo una Renault Clio grigia (targata CG 620 YJ), piuttosto malmessa, e con quella, quasi alle 18:00, arriviamo nel luogo dell’appuntamento: il distributore Total di Rivière Salée, una tranquilla località nel sud dell’isola … ma non c’è nessuno ad attenderci. Con l’aiuto di una gentile ragazza dell’area di servizio chiamiamo al telefono e di lì a poco si presentano due signori di colore (marito e moglie) che ci fanno cenno di seguirli. Ci portano sulle prime colline, lungo strade secondarie, fino all’appartamento che ci ospiterà per l’intera durata nel nostro soggiorno: La Refuge de la Haut, molto semplice, ma pulito e ordinato … lontano dal mare, ma con un bel terrazzo panoramico che spazia fino al capoluogo Fort de France. Lasciamo i bagagli in camera e corriamo subito nel vicino supermercato a fare una provvidenziale spesa, quindi, dopo uno spuntino all’aria aperta allietati dai suoni della natura (che intimoriscono un po’ il piccolo), in breve ci ritroviamo fra le lenzuola, al termine di una biblica giornata di viaggio … e da domani: a noi Martinica!
Domenica 20 Aprile
Il jet lag si fa sentire, infatti poco dopo le 6:00 siamo già tutti svegli e pimpanti … peccato, però, che fuori non splenda un bel sole e grossi nuvoloni si addensino soprattutto nella parte nord dell’isola, quella più montuosa. Facciamo colazione e intanto valutiamo la situazione: oggi era prevista l’esplorazione della costa centro-orientale, ma da quelle parti le nuvole abbondano, anzi, anche sopra alla nostra testa, visto che comincia a piovere. Nella regione più meridionale, invece, sembra resistere qualche sprazzo di sereno, e lì andremo, rivoluzionando i programmi. Armati di tutto il necessario per la spiaggia poco prima delle 8:00 prendiamo il via verso sud lungo la strada numero 5. Prima di giungere al mare, però, facciamo una breve deviazione sulle colline della Foresta di Montravail per vedere alcuni petroglifi realizzati dai caribi, gli antichi abitanti dell’isola, ma, vista la totale mancanza di indicazioni, nonostante l’impegno profuso non riusciamo proprio a trovarli e dobbiamo desistere. Tornati sui nostri passi guadagniamo così la costa meridionale di Martinica a Trois Rivière e da lì arriviamo nel paese di Ste. Luce, dove ci fermiamo in un’agenzia per prenotare un’escursione in catamarano per domenica prossima. A questo punto, ormai a metà mattinata, ci mettiamo alla ricerca di una spiaggia, mentre il sole si va sempre più nascondendo dietro alle nuvole. Ci fermiamo ad Anse Figuier, subito all’uscita del paese, sulla quale avevo buone indicazioni … infatti non è male, seppur nell’ombra. Ci sistemiamo sotto alle palme e da lì osserviamo la partenza di una regata con le Yole, tradizionali imbarcazioni dalla vela rettangolare che hanno sostituito le antiche Gommier (realizzate col tronco dell’albero della gomma) … una bella ed inaspettata esperienza che, fra urla di incitamento e sgargianti tonalità, si è rivelata un tocco di colore nel diffuso grigiore odierno. Più tardi faccio ugualmente un bagno con Leonardo, poi esce fuori un po’ di sole che mi permette di scattare qualche foto decente … Neanche il tempo di gioire e, nuovamente, il cielo s’incupisce … anzi, comincia anche a piovere … peccato! Quando smette mangiamo un po’ irritati i nostri panini e restiamo ad Anse Figuier … In programma c’era un’altra spiaggia nelle vicinanze, ma non vale proprio la pena spostarsi. Intorno alle 15:00 il cielo finalmente si apre ed il sole ci degna della sua presenza per circa un’ora … poi un acquazzone improvviso ci costringe a scappare e trovare un riparo. Dopo vari tira e molla, intorno alle 17:00, alziamo bandiera bianca e mestamente ci avviamo verso l’auto per poi far ritorno in appartamento. Vorremmo fermarci a far spesa, ma è il giorno di Pasqua ed è tutto chiuso … non ne va proprio bene una. Vuol dire che ceneremo con quel poco che abbiamo e poi, assecondando il jet lag, correremo subito a letto, nel tentativo di dimenticare al più presto questa prima ingloriosa giornata a Martinica.
Lunedì 21 Aprile
Durante la notte è piovuto più volte, poi, quando la luce torna padrona, scosto timoroso le tende per constatare, con amarezza, che il cielo è tutto grigio … Federico poi non ha una bella cera … mette il termometro e questo segna, impietosamente, più di 38! … La vacanza non promette nulla di buono! Andiamo a far spesa e poi torniamo in appartamento, mentre ogni tanto parte in maniera odiosa qualche scroscio di pioggia, così non ci muoviamo e finiamo tutti a poltrire, mentre il piccolo Leo guarda valanghe di cartoni in TV, anche se in lingua francese … Dopo pranzo la situazione non migliora, anzi il termometro sale oltre 39 complicando ulteriormente le cose … ma non intendiamo arrenderci, anche perché il cielo sembra aprirsi verso il sud dell’isola. Federico assume doppia dose di tachipirina e, preparati gli zaini, poco dopo le 15:00 ci mettiamo in movimento, anche se ormai non ci credevo più e temevo veramente che questa fosse la prima giornata della mia vita di viaggiatore senza scattare nemmeno una foto. Andiamo fino a Ste. Luce, poi passiamo accanto alla spiaggia dove ci eravamo fermati ieri e proseguiamo lungo la costa. Ad un certo punto, però, svoltiamo verso l’interno seguendo le indicazioni per Morne Gommier. La strada sale con fortissime pendenze in cima alla collina, fino ai 214 metri di un punto panoramico, gestito da un simpatico vecchietto, che vorrebbe anche farci da guida, ma solo in francese, così decliniamo la proposta. Da lassù si abbraccia una discreta fetta di isola … la prima cosa bella da questa mattina, che quindi apprezziamo particolarmente. Al termine della visita scendiamo abbastanza rigenerati, soprattutto nello spirito, e subito riprendiamo a seguire la linea costiera. Transitiamo nel paese di Le Marin, principale porto turistico di Martinica … e si capisce dalla grande quantità di imbarcazioni ormeggiate, che dall’aspetto non si direbbero proprio pescherecci. Da lì arriviamo poi nella località di Ste. Anne, per andare un po’ di tempo nella sua spiaggia, quella di Pointe Marin, dove si trova anche il Club Med. L’insenatura, bordata di bella vegetazione, è intrigante e ci permette di trascorrere in maniera positiva l’ultima parte di giornata, condita anche da un infuocato tramonto … così in cuor nostro speriamo che il tutto sia solo il preludio ad un cambiamento di rotta e che da domani la vacanza possa essere decisamente più piacevole.
Martedì 22 Aprile
Il grigio anche questa mattina è il colore predominante in cielo, ma più che nuvole compatte sembra una densa foschia. Federico si spara la sua dose di tachipirina e subito dopo partiamo confidando nella buona sorte, anche perché non siamo diretti a sud, notoriamente il luogo più soleggiato, bensì a metà, circa, della costa orientale dell’isola. Imbocchiamo la strada numero 5 e andiamo in direzione di Fort de France, ma ben presto ci troviamo fermi in coda per il traffico congestionato. Scegliamo così un percorso alternativo, che ci porta a superare un piccolo passo montano prima di riprendere la strada principale che arriva, in vista dell’Oceano Atlantico, nella località di Le Robert. Da lì proseguiamo verso nord lungo la costa, mentre le nuvole, per fortuna, vanno diradandosi e ben presto esce fuori il sole. In questo modo guadagniamo prima il paese di La Trinité, poi quello di Ste. Marie, nel quale andiamo a vedere, sulle immediate colline, l’originale Musée de la Banane … Il luogo non è nulla di speciale, ma ci permette di seguire un allettante percorso alla scoperta del frutto più diffuso sull’isola, innanzi tutto didattico e poi a spasso in un’ampia tenuta con oltre sessanta diverse qualità, compreso un piccolo e gradito assaggio finale del prodotto. Lasciato il Museo della Banana torniamo a La Trinitè, da dove c’inoltriamo poi nella Presqu’ile de la Caravelle, uno strano lembo di terra che si protende sull’Oceano Atlantico, in parte riserva naturale … Lo percorriamo quasi tutto, compreso un modesto sterrato che arriva nei pressi del Château Dubuc. A piedi raggiungiamo le suggestive rovine di un maniero settecentesco (cosa rara nella regione caraibica) abitato a suo tempo da tale Pierre Dubuc che, secondo la leggenda, si guadagnava da vivere grazie alla pirateria, depredando le navi che egli stesso faceva arenare, con falsi segnali, nella baia sottostante … Oggi non resta molto, ma la singolare storia ed il panorama valgono bene una breve visita. Consumata una piacevole passeggiata riguadagniamo l’auto che il mezzogiorno è già passato da un po’ di tempo e subito dopo andiamo alla ricerca di una spiaggia, nei paraggi, dove pranzare e passare il resto della giornata, consci del fatto che non siamo certo nella zona migliore dell’isola balnearmente parlando e che quindi dovremo, in qualche modo, accontentarci. Ci fermiamo prima ad Anse l’Étang: carina e bordata di palme, ma col mare piuttosto mosso, che non fa certo al caso del piccolo Leo. Risalendo la Presqu’ile de la Caravelle tralasciamo Anse Tartane, che proprio non c’ispira, e quasi a La Trinité ci mettiamo sulle tracce della segreta Anse des Raisiniers, sulla quale avevo qualche nebulosa indicazione. Dopo alcuni tentativi, passando attraverso un quartiere residenziale, la troviamo: piccola ma accattivante, con acque tranquille, pochissima gente (solo locale) e bella vegetazione … che fa proprio al caso nostro! Lì pranziamo e vi passiamo l’intero pomeriggio, allietati da un discreto mare e da altrettanto, intrigante, ambientazione … poi, poco dopo le 17:00, il sole se ne va dietro alle nuvole e noi riprendiamo la via di casa. Di certo non è stata una di quelle date da ricordare ai posteri, ma almeno è stata una significativa inversione di tendenza circa il buon esito del viaggio, che ora ci aspettiamo ogni giorno migliore, anche se la febbre, imperterrita, continua a perseguitare Federico.
Mercoledì 23 Aprile
Sempre più fiduciosi ed in confidenza con Martinica prendiamo il via per una nuova giornata, con il meteo che sembra essere clemente. In programma c’è l’esplorazione della parte sud-occidentale dell’isola e da Rivière Salée in breve raggiungiamo la località di Les Trois-Îlets, quindi il Domaine de la Pangerie, sulle immediate colline. Il luogo, un’antica tenuta nella quale si coltivava canna da zucchero, è oggi monumento nazionale in quanto vi nacque Marie Joeph Rose Tascher, colei che sarebbe diventata moglie di Napoleone Bonaparte e quindi imperatrice di Francia. Dell’epoca d’oro non rimane molto perché l’abitazione principale è andata completamente distrutta a causa di un uragano e si è conservato solo l’edificio in pietra (accuratamente restaurato) che fungeva da cucina, all’interno del quale si possono osservare alcuni cimeli … il tutto in un contesto ben curato e, tutto sommato, significativo. Dopo la visita culturale ci dirigiamo verso la spiaggia. Il nostro obiettivo è Anse Dufour, situata nella parte più occidentale di questa regione di Martinica, che raggiungiamo dopo un’impressionante serie di saliscendi. La baia è piccola, ma molto bella, bagnata da acque trasparenti, come ancora non avevamo visto sull’isola … peccato solo per l’accendi-spegni del sole, dovuto ad un’interminabile e dispettosa scia di corpi nuvolosi, che corre proprio sulla nostra testa. Con Federico vado anche a vedere l’attigua Anse Noire, che al contrario di Anse Dufour, caratterizzata da una chiara battigia, presenta un arenile di sabbia nera … ed è incredibile visto che le due baie sono separate solo da un sottile lembo di terra. Anse Noire, poi, è l’unica spiaggia situata nel sud di Martinica con queste caratteristiche e ciò rende ancor più singolare la cosa. Scattiamo alcune foto, mentre scende anche qualche innocua goccia di pioggia, poi facciamo ritorno ad Anse Dufour per trascorrevi il resto della mattinata … così, fra sprazzi di bel sole e qualche ombra di troppo, andiamo pure in esplorazione con maschera e boccaglio sulle vicine scogliere, individuando qualche pesce tropicale e svariati coralli. L’intenzione sarebbe anche quella di pranzare ad Anse Dufour, ma un’orda di micro-formiche prende d’assalto le nostre baguettes e quindi siamo costretti a levare le tende per cercarne altre. Troviamo i fondamentali oggetti di sostentamento nella vicina località di Grande Anse d’Arlet, poi andiamo nell’attigua Anse d’Arlet per immortalare una delle più famose vedute di Martinica, ovvero quella dal pontile verso la costa, con le vecchie case coloniali in legno e al centro la chiesetta di St. Henry, dal caratteristico e rosso campanile, risalente al XVIII secolo: un vero e proprio quadretto da incorniciare … Qui appuriamo anche che rispetto a questa ci aggrada di più la spiaggia di Grande Anse, dove facciamo ritorno per trascorrervi un po’ di tempo. Sotto alle palme finalmente pranziamo e più tardi facciamo un gradevole bagno nelle placide e trasparenti acque della baia … in questa maniera passa velocemente tutto il pomeriggio. Poco prima delle 17:00 riprendiamo strada, continuando a seguire verso sud la linea costiera di questa parte dell’isola, e fra altri allucinanti saliscendi (con pendenze, talvolta, ben superiori al 20%!), arriviamo a Petit Anse d’Arlet. Da lì, poi, ci avviamo a doppiare Pointe du Diamant, con la vista che spazia, di poco al largo, sulla nota Rocher du Diamant. L’isola in questione (disabitata) si trova a circa tre chilometri di distanza ed è un enorme scoglio basaltico alto 175 metri, entrato nella storia perché conquistato durante le guerre napoleoniche dalla Royal Navy britannica, che ne fece per diciassette mesi un avamposto in grado di colpire le navi francesi che tentavano di entrare a Fort de France. Al termine di innumerevoli schermaglie fu poi riconquistato dai transalpini il 3 giugno del 1805. Subito dopo ci fermiamo a vedere la Maison du Bagnard: minuscola casa in legno dai colori sgargianti, costruita, sullo sfondo della Rocher du Diamant, negli anni sessanta del secolo scorso dall’artista ex-galeotto Medard Aribot, che qui passò gli ultimi anni della sua vita. Oggi quella piccola costruzione, nella quale sembra impossibile che potesse vivere un uomo, è considerata ufficialmente monumento nazionale. A poche curve di distanza, sul prato sovrastante le scogliere, si trova anche il Memorial de l’Anse Cafard, opera dello scultore martinicano Laurent Valer, eretto nel 1998 in occasione del 150° anniversario dell’abolizione della schiavitù. Il monumento, denominato anche “Cap 110 Memoire et Fraternité”, è costituito da quindici enormi e bianchi busti ricurvi, disposti a triangolo e rivolti il tratto di mare dove, nel 1830, naufragò tragicamente una nave col suo carico di merce umana proveniente dal Golfo di Guinea … Il luogo è suggestivo, ma vista l’ora è ormai quasi tutto nell’ombra delle retrostanti colline, così, ripromettendoci di tornare, ci avviamo sulla via di casa. Alla fine, dopo una provvidenziale spesa, ci ritiriamo in appartamento per cena, urlando idealmente ai quattro venti tutta la nostra soddisfazione per la prima vera e propria giornata positiva della vacanza.
Giovedì 24 Aprile
Il meteo sembra ancora piuttosto incerto, così decidiamo, anche per oggi, di restare nel sud dell’isola. Prima di tutto però facciamo un passo indietro alla tappa di ieri e ci rechiamo a fotografare con la luce del sole la Maison du Bagnard e il Memorial de l’Anse Cafard, quindi ci avviamo in direzione della prima spiaggia di giornata. La zona verso cui siamo diretti, che vediamo in lontananza, purtroppo è però invasa dalle nubi e dobbiamo sperare in un repentino cambiamento, che le previsioni, per altro, danno molto probabile. Attraversiamo da ovest ad est tutta la costa meridionale di Martinica e arriviamo a Le Marin, quindi sfioriamo Ste. Anne e andiamo più a sud, verso l’estremo lembo di questa terra. Il nostro obiettivo è Anse Meunier, raggiungibile mediante un breve sterrato … ma, causa traffico, vi giungiamo in ritardo, poi le condizioni meteo non sono buone, così il luogo, con il mare piuttosto mosso, non ci soddisfa e andiamo direttamente alla seconda spiaggia di giornata: quella di Grande Anse des Salines, che è considerata la migliore di Martinica. Quando ci fermiamo è ancora nuvoloso, ma il cielo pian piano si sta aprendo e ben presto esce fuori il sole. Bella spiaggia Grande Anse des Salines, non c’è che dire. Bordata da un’ininterrotta quinta di palme, che le conferisce il più classico aspetto tropicale … solo il mare ci aspettavamo fosse migliore, invece è leggermente mosso e torbido, con qualche antipatica alga di troppo. Ciò non toglie che passeremo, comunque, sul posto tutto il resto della giornata. Dopo un bagno ed il pranzo al sacco, nel primo pomeriggio, in compagnia di Federico, che sembra rigenerato, vado alla scoperta della vicina Savane des Pétrifications. Ci avviamo così a piedi ad esplorare l’unica zona arida di Martinica e geologicamente la più vecchia, essendo il frutto di un’antichissima attività vulcanica risalente al Miocene. Qui le precipitazioni davvero scarse hanno fatto sì che il paesaggio sia costellato principalmente da arbusti e cactus … Il tutto raggiunge la sua massima espressione, in riva all’oceano, a Pointe d’Enfer, fra ardite scogliere e terre modellate dagli agenti atmosferici. Passiamo un po’ di tempo fra i contrasti di colore offerti da questo luogo fuori dal tempo e poi torniamo a Grande Anse des Salines per fare sera. Oziando piacevolmente arriviamo all’ora del tramonto, allorquando il sole se ne va oltre la linea dell’orizzonte infuocando il cielo, anche se offuscato da qualche nuvola di troppo … Poi facciamo rientro in appartamento, mettendo la parola fine su di un altro discreto episodio di questa vacanza, guastato solo dalla febbre, che in serata si ripresenta (a sorpresa) a Federico.
Venerdì 25 Aprile
Le previsioni meteo sembrano, finalmente, ottimali, così oggi lo dedicheremo all’esplorazione del nord dell’isola, che con le sue vette è un’enorme calamita per le nuvole in transito nei paraggi. Passate da poco le 8:00 partiamo dal Refuge de la Haut e dopo una breve sosta al supermercato andiamo verso il capoluogo Fort de France. Il traffico è intenso e facciamo un po’ di coda … poi, raggiunta la prima città di Martinica, deviamo verso l’interno seguendo la strada numero 3, che comincia a salire in direzione delle montagne. Sulle prime alture ci fermiamo così a vedere la Chiesa del Sacre Coeur de Balata, edificata all’inizio del Novecento, su progetto dell’architetto francese Wuifflef, che realizzò una copia in scala ridotta dell’omonima e più famosa Basilica di Montmartre a Parigi … Il valore artistico dell’opera, naturalmente, è tutt’altra cosa, ma il luogo è suggestivo e ce lo godiamo, fra spazzi di sole raggiante e belle vedute (cariche di foschia) sulla sottostante baia di Fort de France. Accompagnati dalla sagoma piramidale dei Pitons du Carbet, quasi liberi da nuvole, che si ergono oltre i mille metri di quota, ci avviamo lungo la cosiddetta Route de la Trace, un ardito nastro d’asfalto aperto dai gesuiti nel XVII secolo, che si dipana nella foresta pluviale martinicana, e in breve giungiamo al Jardin de Balata. Il più importante e noto giardino botanico dell’isola fu realizzato a partire dal 1982, grazie alla passione di tale Jean-Philippe Thoze, che lo creò intorno alla casa di famiglia, per aprirlo al pubblico quattro anni più tardi … Oggi quel giardino conta oltre tremila specie di piante tropicali, disseminate nei tre ettari della tenuta. Lo esploriamo nei minimi particolari, accompagnati da Leonardo, entusiasta, che s’improvvisa guida turistica, con la mappa del luogo sempre in mano e la pretesa di insegnarci la giusta via. La cura delle specie botaniche è impeccabile ed il giro turistico, molto ben organizzato, raggiunge il suo apice con una vertiginosa passeggiata aerea su di alcune passerelle piuttosto instabili collocate alla sommità degli alberi, che intimoriscono un po’ Sabrina ma divertono il resto del gruppo. Sempre accompagnati in maniera saltuaria dal sole (una vera e propria sciccheria da queste parti) guadagniamo soddisfatti l’uscita del parco e subito dopo ci dedichiamo al seguito della strada numero 3, che, fra infinite serie di curve e intriganti panorami, si avventura nella fitta foresta che caratterizza questa parte dell’isola. Dopo svariati chilometri, al primo incrocio che incontriamo, svoltiamo a sinistra lungo la D1, seguendo le indicazioni per Fonds St. Denis. Da lì, in pochi minuti, raggiungiamo un parcheggio ai bordi della strada, dal quale, con una succinta passeggiata, conquistiamo la base della piccola cascata del Saut du Gendarme … niente di particolare, ma almeno un diversivo che, se non altro, è servito a sciogliere le gambe. Tornati a divorare il nastro d’asfalto oltrepassiamo il villaggio di Fonds St. Denis (considerato il più fiorito di Martinica) e scendendo progressivamente di quota arriviamo a livello del mare (che qui è il Mar dei Caraibi) a St. Pierre, il vecchio capoluogo dell’isola, oggi ridotto ad un paese di circa seimila abitanti, ben lungi dagli oltre trentamila che contava all’inizio del XX secolo, quando (l’8 maggio 1902) il Mont Pelée cominciò ad eruttare, cancellandolo in pochi minuti dalla faccia della terra. Infatti fu ritrovato un solo superstite, tale Cyparis, che si salvò solo grazie alle spessa pareti della cella nella quale era rinchiuso. Ci fermiamo prima di tutto a sud dell’abitato per catturarne la sua più classica veduta, con l’inquietante sagoma del vulcano alle spalle, poi giungiamo in centro per visitare il Musée Vulcanologique Franck Perret, che raccoglie alcune sconvolgenti testimonianze della catastrofica eruzione, fra le quali l’impressionante, semi-distrutta, campana dell’allora cattedrale. Ci rechiamo poi a vedere le rovine di quello che era un tempo il sontuoso teatro, capace di oltre ottocento spettatori, e nelle vicinanze la piccola, incredibile cella (di sopravvivenza) di Cyparis. Intanto il tempo vola e, col mezzogiorno già passato da un po’, per pranzare risaliamo in auto e andiamo a nord, lungo la costa, fino alla nera e remota Anse Ceron (a detta della guida, la migliore di questa parte dell’isola). Lì troviamo, sotto alle palme, una comoda tavola sulla quale consumare il nostro quotidiano picnic in riva al mare. Nel pomeriggio riprendiamo al più presto l’esplorazione del nord di Martinica. Torniamo a St. Pierre e, imboccata la strada numero 2 che va verso l’interno, poco dopo le 14:00 siamo già alle Distillerie Depaz, una delle più antiche e importanti della regione, che intendiamo visitare. Fondate nell’Ottocento alle pendici del Mont Pelée e andate completamente distrutte dall’eruzione del 1902, furono riportate a nuova vita e a grandi riconoscimenti da Victor Depaz nella prima metà del secolo scorso. Oggi il luogo, in piena attività, si può esplorare, così ne approfittiamo, osservando da vicino tutto il ciclo di produzione, che porta la semplice canna da zucchero a trasformarsi in Ruhm Agricole di grande pregio e qualità… un’esperienza che arricchisce e affascina tutti: dal più piccolo al più grande.
Ripresa nuovamente la strada ci apprestiamo ad attraversare l’isola, così passiamo da Le Morne Rouge, letteralmente ai piedi del Mont Pelée, e dopo innumerevoli curve ci approssimiamo alla località di L’Ajoupa Bouillon, anch’essa situata alle pendici del vulcano. Poco prima dell’abitato svoltiamo a sinistra seguendo le indicazioni per la Gorge de la Falaise. Giunti ad un parcheggio fermiamo l’auto … e qui Sabrina e Leonardo restano al palo (scelta azzeccata) e in compagnia di Federico vado alla scoperta di una suggestiva forra rocciosa. Dopo una vertiginosa discesa raggiungiamo l’alveo di un torrente che poi cominciamo a risalire, accompagnati da una guida locale. Percorriamo una strettissima gola facendo, in pratica, un’emozionante esperienza di canyoning, non difficile ma comunque impegnativa, fra anguste ed altissime pareti, scalando piccoli salti d’acqua, fino all’epilogo, in un anfratto dove si getta una fragorosa cascata … poi la dura risalita fino al parcheggio … Il tutto in circa un’ora di sana adrenalina … da provare! Da L’Ajoupa Bouillon raggiungiamo poi la costa atlantica e da lì andiamo ancora verso nord. Superiamo gli abitati di Basse Point e Macouba, fra immensi bananeti, quindi percorriamo l’ultimo, tortuosissimo, tratto di strada, con tanto di avventuroso ponte in ferro, fino al villaggio di Grand Rivière, laddove, idealmente, finisce Martinica. Davanti a noi ci sono severe scogliere e l’inquieto tratto di mare oltre il quale si trova l’isola di Dominica (che in certe giornate s’intravede all’orizzonte) … qui il nostro d’asfalto termina e prosegue solo un sentiero, che in circa dodici chilometri porta ad Anse Ceron, dove poche ore fa abbiamo pranzato. Manca poco al tramonto. Scattiamo qualche foto e poi ci avviamo nel viaggio di rientro, che è piuttosto lungo. Percorriamo la strada litoranea, che corre lungo la costa orientale, e circa a metà dell’isola tagliamo verso l’interno, seguendo le indicazioni che poco prima delle 20:00, col buio ormai completo, ci riportano a Rivière Salée e al nostro appartamento, pienamente soddisfatti dell’intensa giornata appena conclusa.
Sabato 26 Aprile
Essendo oggi il frangente migliore della settimana per la vitalità del locale mercato, decidiamo che è giunto il momento di esplorare la prima città di Martinica, Fort de France: agglomerato urbano di novantamila abitanti, equivalenti a circa un quarto dell’intera popolazione dell’isola, fondato nel 1635 e diventato capoluogo dopo la tragica distruzione di St. Pierre, nel 1902. Per praticità decidiamo di non andarci in auto, così da evitare traffico e problemi di parcheggio, bensì in barca, grazie ad un servizio che parte con frequenza quasi oraria dalla località di Pointe du Bout, situata a meno di mezzora dal nostro appartamento. Saliamo sulla corsa delle 9:15 e un quarto d’ora più tardi, attraversata la baia di fronte a noi, sbarchiamo praticamente nel centro di Fort de France. Dal molo ci avviamo poi a piedi, andando a cominciare la visita dalla Cattedrale di St. Louis, uno dei più noti e storici monumenti della città … La prima chiesa fu infatti edificata in questo luogo nel 1657, ma fu nel 1895 che venne eretto l’attuale complesso, progettato strutturalmente in acciaio (per resistere ai più violenti cataclismi) nientemeno che da Gustave Eiffel e architettonicamente, in stile neo-bizantino, da Pierre-Henri Picq. La facciata, che immortaliamo, dà su di una scenografica piazzetta, mentre gli interni, causa funzione religiosa, non sono al momento visionabili … ma torneremo. Passeggiando per le vie del centro arriviamo così all’enorme struttura in ferro, anch’essa di Pierre-Henri Picq, che ospita il Grand Marché … caratteristico mercato delle spezie, di frutta e verdura, che però risulta eccessivamente turistico. Emersi dai colorati banchi del Grand Marché arriviamo sulle rive del Canal Levassor, scavalcato dalla struttura ad arco della Passerelle Gueydon, che delimita in pratica il nucleo cittadino verso ovest, e da lì, dopo una sosta obbligata in farmacia (che ci stupisce per i prezzi bassi, rispetto a quanto siamo abituati) ci approssimiamo al mercato del pesce: piuttosto scarno e tutt’altro che imperdibile. Tornando verso il centro osserviamo poi il neoclassico Hotel de Ville, ex municipio ora teatro, quindi il vecchio Palazzo di Giustizia, interessante edificio di inizio XX secolo, ma anche, della stessa epoca, la monumentale Prefettura, fiancheggiata a sua volta da uno storico fabbricato di epoca coloniale. Proseguendo nell’esplorazione di Fort de France subito dopo giungiamo di fronte ad un’altra opera dell’architetto Pierre-Henri Picq, forse la più originale: la Bibliotheque Schoelcher, costruzione in stile eclettico edificata a Parigi in occasione dell’Esposizione Universale del 1889, quindi smontata, trasportata via mare e qui riassemblata … Ne visitiamo brevemente anche gli interni, prima di attraversare la Rue de la Liberté ed approdare all’antistante parco de La Savane. Nel più grande polmone verde della città spicca una statua di Giuseppina Bonaparte, tempo fa decapitata e imbrattata di vernice rossa. Da allora non è stato fatto nulla per ripristinarla, a conferma della scarsa considerazione dei martinicani circa la loro più nota conterranea. Nei paraggi dedichiamo un po’ di tempo anche al piccolo Musée Departemental d’Archéologie, che custodisce un’interessante raccolta di manufatti amerindi, quindi torniamo alla Cattedrale di St. Louis per scoprirne gli interni: molto originali ed accattivanti … Qui termina la visita a Fort de France, giusto in tempo per salire sul traghetto delle 12:00, che in una manciata di minuti ci riporta a Pointe du Bout. Visioniamo la locale spiaggia e poi torniamo in appartamento a pranzare e a recuperare tutto l’occorrente per la vita balneare. Alle 14:30 riprendiamo strada. Andiamo a vedere la baia di Anse a l’Ane, anch’essa ubicata sul promontorio ad ovest di Rivière Salée, ma non ci convince, così ripieghiamo su Pointe du Bout … lì la spiaggia è bella e l’acqua trasparente e calma, peccato solo per un vicino eco-mostro in cemento armato (e in rovina), ma anche per alcuni antiestetici scogli artificiali. Comunque, in tutta tranquillità e aprendo anche una noce di cocco trovata ieri a Grand Rivière, facciamo piacevolmente sera e ce ne andiamo solo all’ora del tramonto, concludendo un’altra discreta giornata, di una vacanza rientrata, finalmente, sui binari giusti.
Domenica 27 Aprile
Oggi è la data prescelta per un’escursione in catamarano fra gli isolotti disseminati lungo la costa orientale di Martinica e, secondo previsioni, saremo anche assistiti dal bel tempo! Poco dopo le 8:00 prendiamo il via dal Refuge de la Haut in direzione del capoluogo, per poi attraversare l’isola e arrivare sul lato opposto nella località di Le François, dalla cui marina salperà il nostro catamarano. Giunti al punto di ritrovo incontriamo tanta altra gente in attesa (ma, a quanto pare, nessun altro italiano): Les Ballades du Delphis, infatti, è una delle più rinomate mini-crociere di giornata sull’isola. Per questo attraccano sul molo di fronte a noi, uno dopo l’altra, ben tre imbarcazioni e dopo alcune formalità noi saliamo sulla terza in ordine di arrivo, ma la prima in partenza. Con Leonardo straripante di adrenalina, poco dopo le 8:30, prendiamo il largo e una volta fuori il porto andiamo contro alle onde, che a volte schizzano e divertono parte dei passeggeri. Poi l’equipaggio fa salire la vela e il catamarano segue una rotta più tranquilla, che in breve ci porta all’Ilet Loup-Garoup: un minuscolo lembo di terra con qualche cespuglio e due sole palme da cocco … la classica isola da umorismo enigmistico. Dopo la toccata e fuga sull’Ilet Loup-Garoup giriamo la prua verso ponente e solcando placidamente i flutti atlantici giungiamo in vista del molto più vasto e rigoglioso Ilet Chancel. Attracchiamo in rada e poi sbarchiamo sull’isola per una veloce visita di alcune rovine del secolo scorso, ma soprattutto per andare alla ricerca dei numerosi esemplari di innocue iguane che popolano il luogo. Risaliti a bordo percorriamo un breve tratto di mare fino all’Ilet Madame: un altro isolotto, delimitato sul suo lato occidentale da una strepitosa laguna … Consumiamo così un indimenticabile bagno, prima di risalire a bordo per pranzo e quindi tornare, al più presto, in acqua a goderci letteralmente il luogo … a dir poco fantastico! Nel primo pomeriggio salpiamo da Ilet Madame e in meno di un’ora di piacevole navigazione giungiamo, fra le isole di Oscar e Thierry, ai cosiddetti Baignoire de Josephine (i Bagni di Giuseppina): un tratto di mare caratterizzato da acque basse e trasparenti, nel quale ci gustiamo un ultimo memorabile bagno, accompagnato da inebriante rhum punch … degno epilogo di una emozionante esperienza lungo la costa est di Martinica. Poco prima delle 17:00 sbarchiamo soddisfatti a Le François, mettendo fine alla piccola avventura nautica … però è presto per tornare in appartamento, così andiamo poco più a nord lungo la costa, fin quasi alla località di La Trinité, nella spiaggia di Anse des Raisiniers, dove eravamo stati qualche giorno fa … lì il mare non è eccezionale, ma il luogo è piacevole e ce lo godiamo fino a sera. Sulla via del ritorno raccogliamo poi gli ultimi raggi di un sole che ci era un po’ mancato all’inizio della vacanza e poco più tardi concludiamo quella che si può dire, a tutti gli effetti, la miglior giornata da quando siamo partiti.
Lunedì 28 Aprile
Dopo l’escursione in catamarano si incomincia a sentire aria di casa, anche se mancano ancora quasi tre giorni pieni all’epilogo. Il tempo è ormai orientato costantemente al bello e oggi andremo nel sud dell’isola, per un altro scorcio di vacanza a carattere completamente balneare. Percorrendo strade ormai note giungiamo nella località di Le Marin a da lì proseguiamo verso Ste. Anne, dove però non arriviamo. Infatti deviamo qualche chilometro prima sulla sinistra, seguendo le indicazioni per Cap Chevalier. Intorno alle 9:00 siamo così in riva al mare, dove termina la strada e c’è un pontile dal quale salpano le imbarcazioni della Taxi-Cap per il dirimpettaio Ilet Chevalier, un pezzetto di terra di poco al largo della costa sud-orientale di Martinica. Alla biglietteria acquistiamo così i tagliandi necessari al trasbordo e una manciata di minuti più tardi sbarchiamo, praticamente per primi nella giornata, sull’isolotto, con solo l’imbarazzo della scelta sul miglior posto nel quale accamparci. La baia principale è una fantastica mezzaluna di sabbia chiara, bagnata da una placida e trasparente laguna e bordata di palme … Con Leonardo vado però a vedere anche la spiaggia secondaria, che non regge il confronto e allora torniamo definitivamente nel meraviglioso e preponderante sipario naturale di Ilet Chevalier, dove trascorriamo ore indimenticabili, allietati da bagni di sole e splendido mare. Pranziamo sul posto, mentre approda anche un battello carico di escursionisti, che nulla toglie alla tranquillità e bellezza dell’insenatura. Nel primo pomeriggio, come previsto, ci facciamo accompagnare in barca al molo di partenza e da lì ci spostiamo, di pochissimo, alla vicina Anse Michel che, immersa in un magnifico palmeto, è bagnata da uno strepitoso mare, molto scenografico e cristallino … solo, per esser pignoli, possiamo registrare la presenza di una brezza piuttosto tesa e fastidiosa. Passiamo ore piacevoli anche ad Anse Michel, che però, rivolta ad oriente, finisce ben presto nell’ombra della fitta vegetazione alle sue spalle e ci costringe, prima del solito, ad imboccare la via di casa. Si conclude così un altro tranquillo capitolo di questa vacanza martinicana, allietata da luoghi all’altezza della sua fama.
Martedì 29 Aprile
Ultimo giorno intero da passare a Martinica… e luoghi da vedere ormai ridotti al lumicino. Ci manca ancora da esplorare la Habitation Clement, una delle più importanti e tipiche tenute del periodo coloniale, nell’epoca in cui tutto girava attorno alla canna da zucchero e al rhum. Partiamo alla solita ora dal Refuge de la Haut e meno di un’ora più tardi siamo, nei pressi di Le François, all’Habitation Clement: unico luogo del genere interamente aperto al pubblico sull’isola. L’habitation, nella sua definizione creola, è l’insieme di una proprietà agricola e industriale, così, attorno alla villa padronale si sviluppano le proprietà terriere destinate alla coltivazione della canna e tutte le attrezzature necessarie alla sua lavorazione, atta ad ottenere il pregiato rhum. Ci dedichiamo alla visita scrupolosamente, seguendo la mappa fornitaci all’ingresso del sito. Vediamo così i rigogliosi giardini, i vecchi macchinari e la storica distilleria, poi le grandi cataste di botti con dentro il rhum ad invecchiare, infine l’insieme abitativo di Clement, a partire dalla cosiddetta Baracca del Tesoriere, dove si amministrava economicamente la tenuta e dove il 14 maggio 1991 s’incontrarono, per un importante summit internazionale a margine della Guerra del Golfo, gli allora presidenti di Stati Uniti e Francia (George Bush senior e François Mitterand), poi tutto il resto delle dépendances e la villa, splendida testimonianza e fulcro dell’intero complesso. A metà mattinata lasciamo l’Habitation Clement e andiamo a sud lungo la costa alla ricerca di una spiaggia che possa soddisfare le nostre esigenze. L’obiettivo è Pointe Faula, nei pressi della cittadina di Le Vauclin, e lì arriviamo intorno alle 11:30. Il luogo è molto particolare, con una spiaggia bordata di palme dove il prato arriva quasi a lambire le onde ed il mare che per metri e metri è un sottile velo d’acqua. Da qui si può passeggiare tra i flutti fino a raggiungere una trasparente laguna situata ad una certa distanza dal bagnasciuga … molto originale … peccato solo non sia adatta ad un bimbo e sulla riva giacciano parecchie alghe, le cui esalazioni non incoraggiano certo a restare … Dopo alcune foto (d’obbligo) decidiamo così di cambiare lido. Andiamo ancora più a sud e giunti a Le Marin le nostre intenzioni sarebbero di raggiungere la sperduta spiaggia di Cap Macré, ma, visto il suo orientamento, ho il timore di trovare vento e mare mosso … meglio non rischiare, visto che la mattinata è già volata via … così abbandoniamo l’oceano e ci dirigiamo verso il ben più placido Mar dei Caraibi. Seguiamo la strada costiera in direzione di Ste. Luce e dopo pochi chilometri ci fermiamo a Pointe Borgnesse, piccola spiaggia bordata da una fitta vegetazione che avevamo saltato durante il primo giorno martinicano, causa maltempo. Il luogo è carino, anche se qualche nuvola di troppo guasta un po’ la festa. Quando però il sole accende i magici colori del mare di fronte a noi possiamo goderci, a più riprese, piacevoli momenti balneari … fino a sera e fino all’ultimo infuocato tramonto sull’isola. Con l’oscurità che avanza rientriamo poi in appartamento e più tardi cominciamo a sistemare mestamente i bagagli, in vista del viaggio di ritorno, previsto al via per domani pomeriggio.
Mercoledì 30 Aprile
E’ quindi giunta anche la data della partenza, ma considerando che questa avverrà solo in serata quella davanti a noi sarà una giornata pressoché normale, da trascorrere nella spiaggia che più di tutte ci è piaciuta sull’isola di Martinica. Alla solita ora andiamo ancora una volta verso sud, fino all’abitato di Le Marin e da lì ci rechiamo a vedere l’ultimo arenile previsto nei nostri programmi, che ieri avevamo volutamente saltato: quello di Cap Macré. Ci arriviamo dopo svariati saliscendi e gli ultimi metri a piedi per ammirare un’ampia insenatura, piuttosto selvaggia e bagnata anche da un bel mare, ma alquanto mosso, come sospettavo, e battuta dal vento. Scattiamo le dovute foto e poi torniamo sui nostri passi andando dritti all’imbarcadero per l’Ilet Chevalier … Infatti è proprio lì che abbiamo deciso di trascorrere le ultime ore di vita balneare a Martinica. Il luogo, sicuramente leggiadro e piacevole, è ideale per godersi, in tutta tranquillità, bagni di limpido mare e tiepido sole. Pranziamo sotto alle palme e in men che non si dica si fanno le 15:00: l’ora stabilita con il barcaiolo della Taxi-Cap per il rientro, ma in perfetto stile caraibico questi è in ritardo e leviamo l’ancora dall’Ilet Chevalier solo alle 15:30… poi, dopo un’altra mezzora di strada, siamo in appartamento per fare una doccia e sistemare le ultime cose. Facciamo anche merenda, in previsione dei disagi che ci attendono, e poco dopo le 18:00 lasciamo il Refuge de la Haut, che ha svolto degnamente il suo ruolo, ad un prezzo più che ragionevole. Alle 18:30 siamo alla Europecar a consegnare l’auto a noleggio, con la quale abbiamo percorso, a spasso per l’isola, 1004 chilometri, poi, con la navetta, raggiungiamo l’Aeroporto Internazionale Aime Cesair. Guadagnata la zona delle partenze stampiamo le nostre carte d’imbarco al check-in elettronico e subito dopo imbarchiamo i bagagli … Poi oltrepassiamo i controlli di sicurezza e ci mettiamo in attesa del volo AF 847 alla porta numero sei. Dopo circa un’ora cominciamo le operazioni d’imbarco, che si prolungano più del previsto, ed il Boeing 777-300 dell’Air France si stacca da terra con quaranta minuti di ritardo, alle 21:55. Appena preso quota ci lasciamo alle spalle Martinica nell’oscurità e ci apprestiamo alla trasvolata atlantica… sposto anche le lancette dell’orologio avanti di sei ore e in un attimo è…
Giovedì 1 Maggio
La notte scivola via in un baleno e le luci dell’alba ci accolgono già in pieno Atlantico. Fila tutto liscio e all’ora prevista comincia la discesa verso l’Aeroporto di Parigi Orly, dove atterriamo alle 11:13. Ritiriamo i bagagli, quindi ci mettiamo alla ricerca del capolinea dei pullman per il trasferimento all’Aeroporto Charles de Gaulle. Nonostante il ritardo, causa uno sciopero dei moto-taxi che ha bloccato per un po’ il traffico, alle 13:40 siamo già nel primo aeroporto della capitale… però non abbiamo fretta in quanto avevamo sì in programma, per ingannare il tempo, una toccata e fuga al centro storico di Parigi, ma sta piovendo a dirotto e non ne vale proprio la pena. Una volta imbarcate le valigie il problema più grosso sarà così quello di pazientare fino alla partenza del prossimo volo, prevista per le 20:30. L’attesa è interminabile e per fortuna Leonardo trova altri bimbi e se la passa in un’area giochi gratuita con tanto di Play Station. Quasi in perfetto orario il volo AF 1028 della compagnia Regional, che opera per Air France, prende quota quando sono le 20:40. L’aeromobile Embraer 190 sale sopra il maltempo e lì, nonostante sia già sera, ritroviamo il sole e veleggiamo tranquillamente verso la cara Italia. Alle 21:59 atterriamo all’Aeroporto Marconi di Bologna e un’ora più tardi abbiamo già ritirato la nostra auto al Park to Fly e imboccato l’autostrada in direzione casa, dove arriviamo felicemente alle 23:35. Leonardo è ben presto nel mondo dei sogni e noi a seguire, con in testa ancora gli splendidi scenari naturali, ma anche le memorie coloniali, di Martinica, “isola dei fiori”, caraibica ma anche europea, chiamata Madinina dai suoi originali abitanti … e questo mi porta a fare una strana associazione di idee con un noto motivetto tutto italiano che, canticchiando mentalmente, ho voluto modificare così… “Oh mi bela Madinina!…”: un’altra perla delle Piccole Antille che da oggi farà parte dei nostri ricordi.