Marsa Alam: dove il deserto incontra il mare

Sabato 1 Novembre 2003: Possiamo ritenerci decisamente fortunati, infatti oggi, per la terza volta in questo anno solare, siamo pronti a partire per un viaggio. La giornata va ad iniziare molto presto, anzi prestissimo: già alle tre del mattino il suono della sveglia ci fa sobbalzare e con sollecitudine usciamo dalle coperte … non c’è tempo...
Scritto da: LucaGiramondo
marsa alam: dove il deserto incontra il mare
Partenza il: 01/11/2003
Ritorno il: 08/11/2003
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
Sabato 1 Novembre 2003: Possiamo ritenerci decisamente fortunati, infatti oggi, per la terza volta in questo anno solare, siamo pronti a partire per un viaggio.

La giornata va ad iniziare molto presto, anzi prestissimo: già alle tre del mattino il suono della sveglia ci fa sobbalzare e con sollecitudine usciamo dalle coperte … non c’è tempo da perdere perché dobbiamo essere entro le 6:00 all’aeroporto di Verona, da dove spiccheremo poi il volo per l’Egitto e più precisamente per la località di Marsa Alam, sulle rive del Mar Rosso.

Era già tutto pronto e non impieghiamo molto a prendere il via a bordo della nostra Punto blu (di solito ci accompagnano i nonni ma, conseguenza dell’incidente occorsogli in Svezia, il loro camper ancora non è disponibile).

Alle 3:53 lasciamo casa e un quarto d’ora più tardi imbocchiamo l’autostrada a Faenza. Siamo tutti entusiasti di affrontare questa nuova avventura ma il sonno annebbia un po’ le idee e non lo manifestiamo apertamente. Soprattutto Federico appare piuttosto frastornato mentre procediamo spediti, nell’oscurità, verso il nord Italia, accompagnati da una mite temperatura esterna prossima ai venti gradi centigradi, piuttosto insolita per il periodo.

Alle 4:30 siamo a Bologna e transitiamo accanto all’aeroporto Marconi, dal quale questa volta non siamo riusciti a partire causa la mancata disponibilità di posti sul volo di rientro, quindi intorno alle 5:00 arriviamo a Modena, con Sabrina e Federico che già dormono beati.

Comincia a piovere (era previsto) … anzi diluvia alle 5:30 in prossimità di Mantova, poi smette quando, mezzora più tardi, usciamo dall’autostrada a Sommacampagna, ormai in vista dell’aeroporto Valerio Catullo di Verona.

Il cielo di una giornata grigia sta lentamente schiarendo mentre raggiungiamo il parcheggio convenzionato con l’agenzia. Lasciamo in deposito l’auto e una manciata di minuti più tardi siamo nella sala delle partenze, dove incontriamo (questa è una novità) i nostri compagni di viaggio: Daniela (mia collega) e Nicola, suo figlio (non più bambino).

Dopo i saluti di rito ci presentiamo al banco Alpitour, lo stesso di Volando (nostro tour-operator), al quale consegniamo il foglio di convocazione. In cambio otteniamo i biglietti con cui affrontare il check-in. L’aereo pare essere in orario: oltrepassiamo il metal-detector, facciamo una veloce colazione e, subito dopo, varchiamo la porta numero quattro oltre la quale si trova l’autobus con cui arriviamo alla scaletta che ci permette di salire sul Boeing 737 della compagnia aerea Neos. Così, in leggero ritardo, mentre piove a dirotto, il volo No6658, con destinazione Marsa Alam, prende quota e noi con lui.

In lontananza, fra la densa foschia, s’intravedono le rive del Lago di Garda, poi viriamo e ci sistemiamo sulla giusta rotta, mentre appare sotto di noi la città di Mantova. Subito dopo entriamo fra le nuvole e vi restiamo a lungo, fra innumerevoli turbolenze. Ne emergiamo per un breve lasso di tempo avvistando le coste marchigiane con la città di Ancona e tutto il Conero, poi ci rituffiamo nella candida massa di vapore acqueo.

Quando più tardi riappare, questa volta completamente libera da nuvole, la terra non riesco ad intuire quale regione sia, poi riconosco le mitiche Meteore e capisco che stiamo sorvolando la Grecia. Sfioriamo Atene e c’inoltriamo nell’Egeo, passiamo sopra all’isola di Creta e proseguiamo sul Mediterraneo.

A poco più di un’ora dall’arrivo avvistiamo le coste del continente africano e dell’Egitto. In breve ai nostri piedi si dipana la sconcertante e stupefacente visione del deserto: immensa landa desolata interrotta solo dall’incredibile striscia di verde che ricopre le sponde di quel grande e leggendario fiume che è il Nilo.

Il velivolo a questo punto comincia a scendere di quota fin quando non avvistiamo le straordinarie rive del Mar Rosso, un bacino che si insinua, come una lama, da nord a sud per oltre duemila chilometri nel paesaggio desertico che caratterizza questa zona del globo. Geograficamente divide il continente africano da quello asiatico e politicamente le sue rive appartengono a sette stati: Israele, Giordania, Arabia Saudita, Yemen, Eritrea, Sudan ed Egitto appunto, la nazione fra queste, forse, attualmente più accessibile al turismo, vista la delicata situazione internazionale dovuta agli attriti fra il mondo occidentale e l’estremismo islamico.

Alle 13:16 ora locale (una in più rispetto all’Italia) atterriamo nel nuovissimo aeroporto internazionale di Marsa Alam, località turistica situata nel sud del paese, a circa cinquecento chilometri dal confine con il Sudan. Fuori c’è una temperatura ottimale (32 gradi), accompagnata da una leggera brezza e pare un sogno rammentando il diluvio di questa mattina a Verona. E’ una piacevole sensazione che serve, se non altro, ad alleviare i disagi dovuti alle inevitabili code per oltrepassare la dogana e alla successiva attesa a bordo del pullman che ci condurrà all’Amaraya Club (dove alloggeremo per l’intera durata del nostro viaggio).

Finalmente quasi alle 14:30 prendiamo a seguire la strada che corre in direzione dell’hotel e lungo i 39 chilometri del tragitto non possiamo fare a meno di notare i numerosi villaggi turistici in costruzione: non dovrebbero esagerare nel concedere permessi, onde evitare di rovinare irrimediabilmente anche questo luogo che, in gran parte, è ancora incontaminato … Poi ecco l’Amaraya Club, inglobato nell’ampio complesso alberghiero del Kahramana il cui nucleo principale si trova in riva al mare. Il nostro villaggio, invece, già lo sapevamo, si trova qualche centinaio di metri nell’entroterra ma è comunque carino ed accogliente.

Pranziamo (o facciamo merenda, vista l’ora) poi raggiungiamo la stanza 1117, indossiamo una tenuta appropriata e ce n’andiamo in piscina, mentre sono da poco passate le 16:00 ed il sole, già basso sulla linea dell’orizzonte, ormai non scotta più.

Daniela, stanca per il viaggio, si è defilata, noi invece ci godiamo un bagno nella sconcertante piscina attorniata dal deserto e facciamo anche una partitella a pallanuoto, che Federico si gode seduto sulle mie spalle, divertendosi e “segnando” anche tre gol.

In breve la sera e l’oscurità prendono il sopravvento, così andiamo in camera e quasi subito ne usciamo per assistere al briefing di rito: in questo caso molto utile perché i dintorni sono visitabili praticamente solo in escursione organizzata. Pare sia possibile andare anche alla famosa “Baia dei delfini” (chiusa di recente, per imprecisati motivi, dalle autorità egiziane) e stiliamo un’invidiabile programma settimanale, legato però alla disponibilità di altre persone a prendervi parte, visto che il numero minimo di partecipanti ad un’escursione è fissato, inderogabilmente, a sei.

Fortemente dubbiosi di riuscire appieno nel nostro intento ci rechiamo a cena (sempre in quattro, perché Daniela pare non stia troppo bene), poi facciamo una passeggiata fino all’hotel Kahramana e alla sua spiaggia, che in parte è anche “nostra”, infine, al ritorno, appurato che questa sera non vi sarà animazione, ci ritiriamo in camera e, stremati dall’interminabile giornata, in brevissimo tempo raggiungiamo il mondo dei sogni.

Domenica 2 Novembre 2003: Già alle 7:00 la sveglia prende a suonare ripetutamente: non è facile in vacanza alzarsi a certi orari ma in questi luoghi alla sera il sole scende presto e per sfruttare quanto più possibile la giornata bisogna inevitabilmente partire altrettanto presto al mattino.

Andiamo a far colazione e pochi minuti prima delle 8:30 siamo, zaino in spalla, all’uscita dell’hotel in attesa del pulmino che ci accompagnerà alla spiaggia di Abu Dabbab, nelle vicinanze. Daniela e Nicola non sono ancora emersi dalla loro stanza, così gli mando un SMS e poco dopo, quando sopraggiunge il torpedone, diamo il via alla nostra prima vera e propria giornata a Marsa Alam.

L’insenatura di Abu Dabbab, situata una decina di minuti di pullman a nord dell’hotel è di proprietà del Kahramana e quindi non ci costa nulla andarci, è riparata dai venti, offre un buon accesso al mare e, stando alle notizie in nostro possesso, dovrebbe anche avere una bella barriera corallina.

Quando arriviamo il luogo è ancora praticamente deserto, solo alcuni pescatori locali sono intenti a stendere la loro rete al limite sinistro della baia, scegliamo così la posizione che più ci aggrada e ci sistemiamo, beatamente, in riva al mare.

Scatto alcune foto: la spiaggia è bella, ma non particolarmente scenografica, del resto lo sappiamo … le meraviglie del Mar Rosso, più che altro, si trovano sottacqua. Allora non perdiamo altro tempo: indossiamo maschera e boccaglio e andiamo alla scoperta della barriera corallina di Abu Dabbab.

Appena tuffato lo sguardo fra le onde notiamo intorno a noi numerosi e colorati pesci chirurgo, poi una curiosa razza maculata e più seguiamo le meravigliose conformazioni che si sviluppano verso il mare aperto, sulla sinistra dell’insenatura, più i pesci aumentano e la sensazione di nuotare dentro ad un acquario si fa incredibilmente reale … che spettacolo! Tutti entusiasti torniamo a riva e assistiamo ai pescatori egiziani che, nel frattempo (in meno di un’ora), hanno fatto bottino e sono riusciti a riempire letteralmente di pesci una piccola imbarcazione, poi ci sistemiamo per un po’ sui lettini: c’è un bel sole, soffia una gradevole brezza e si sta divinamente … Speriamo stiano altrettanto bene i nostri compagni di viaggio, che intanto hanno risposto al messaggio facendoci sapere che per oggi resteranno all’interno del villaggio.

Rimaniamo per un po’ a poltrire e poi torniamo a fare snorkeling, questa volta però non sulla barriera corallina ma sul fondale sabbioso che si estende al centro della baia di fronte a noi, dove pare vi siano ottime probabilità di incontrare le tartarughe, ma soprattutto il curioso dugongo.

Denominato anche “vacca marina”, il dugongo è un mammifero in via di estinzione di grandi dimensioni, che può raggiungere i tre metri di lunghezza, appartenente all’ordine dei sirenidi, come il lamantino (che vive in acqua dolce) e insieme a quest’ultimo è, in pratica, l’unico animale acquatico della sua specie a dieta esclusivamente erbivora.

Facciamo una lunga nuotata ma dei sopraccitati animali neanche l’ombra, allora stanchi torniamo a riva per asciugarci, poi con Federico mi reco lungo l’arenile per scattare alcune foto e di lì a poco ci raggiunge Sabrina di corsa: pare abbiano avvistato il dugongo e una guida egiziana, per 3 euro e 50, sarebbe disposta anche ad accompagnarci nel punto esatto.

Torniamo in acqua e quasi subito incontriamo un gruppo di sub: uno di questi rivolge lo sguardo verso l’alto e col pollice mi fa un gesto eloquente … poco dopo, infatti, nell’azzurro intenso, in lontananza, appare la sagoma del dugongo. Col cuore che batte per l’emozione ci avviciniamo mentre lui se ne sta tranquillo a “brucare” sul fondo, poi riemerge per respirare e si lascia sfiorare … è un’esperienza incredibile! Non sembra vero di poter nuotare in sua compagnia e restiamo per un po’ ad osservarlo: è buffo con quel muso che reca grosse labbra carnose e con quelle starne pinne che usa per muoversi quasi a gattoni sul fondale sabbioso.

Scattiamo qualche foto e poi lasciamo in pace il nostro nuovo “amico”, ma non ci accontentiamo e chiediamo alla guida se ci accompagna a vedere le tartarughe … Ci fa cenno di seguirla e in breve eccone una grossa sotto di noi, ma troppo in profondità per essere fotografata. Torniamo verso riva così incontriamo di nuovo il dugongo che riemerge ed è proprio allora che anche Sabrina e Federico riescono a sfiorarlo: siamo davvero tutti entusiasti e credo non dimenticheremo mai questa giornata e la spiaggia di Abu Dabbab.

Il tempo è volato ed è ormai troppo tardi per prendere la navetta delle 13:15 … poco male, il pranzo lo servono fino alle 15:00 e prenderemo quella successiva. Intanto ci godiamo ancora per un po’ la piacevole brezza del Mar Rosso.

Alle 14:15, puntualissimo, arriva il pulmino e un quarto d’ora più tardi siamo all’Amaraya. Pranziamo poi, a piedi, raggiungiamo Blondie Beach, la spiaggia del villaggio: siamo alla ricerca degli amici, ma non li troviamo, allora torniamo sui nostri passi e accontentiamo Federico, che chiedeva di poter fare un bagno in piscina.

Incontriamo finalmente Daniela, ma non Nicola, che è in camera a riposare: ci sistemiamo sui lettini a chiacchierare mentre il piccolo viene inizialmente reclamato dal mini-club e ben presto ne “evade”, voglioso com’è di fare il desiderato bagno. Resta così a lungo in acqua che, nel frattempo, io mi reco sulla vicina collina ad immortalare il tramonto e ne esce solo quando ormai è completamente buio, con la luna e le stelle che brillano alte in cielo.

La serata trascorre tranquilla, con lo spettacolo d’introduzione messo in piedi dall’animazione, al quale prendiamo parte anche Nicola ed io, come interpreti di una breve scenetta, poi ci fermiamo a fumare il narghilè e mettiamo degnamente la parola fine sulla prima, memorabile, giornata a Marsa Alam.

Lunedì 3 Novembre 2003: Sono già trascorse quarantotto ore dalla partenza del viaggio ma è questo il primo vero e proprio giorno di ferie e lo andiamo ad inaugurare dandoci appuntamento alla réception, dopo colazione e poco prima delle 8:30, con Daniela e Nicola per salire sulla navetta che ci accompagnerà ad Abu Dabbab. Il posto ci è talmente piaciuto che abbiamo deciso di trascorrervi anche questa mattinata, in attesa della prima escursione che prenderà il via quest’oggi alle 14:00.

Ci posizioniamo nello stesso ombrellone di ieri e i nostri compagni, impazienti, vanno subito a fare snorkeling. Al ritorno sono indiscutibilmente entusiasti e lo manifestano apertamente, poi andiamo noi, con Nicola che si aggrega e subito … raddoppia. Osserviamo gli stessi bellissimi scenari del giorno precedente percorrendo la variopinta barriera, che questa mattina appare particolarmente “infestata” dai “pesci turisti” (fra i quali anche noi, ovviamente).

Mi godo, come al solito, lo spettacolo inconscio dell’inconveniente che mi sta capitando: durante una breve immersione avverto una fitta … è il menisco del ginocchio destro che si è sicuramente lesionato di nuovo (una vecchia storia che torna a galla). Il dolore non è fortissimo e proseguo nella visita, ma l’acqua sorregge il peso del mio corpo, cosa che non fa l’aria e una volta tornato a riva mi accorgo che a camminare va decisamente peggio … zoppico vistosamente e sono furioso, speriamo solo che passi in fretta e che le vacanze non siano rovinate irrimediabilmente.

Alle 12:30 ce n’andiamo, mentre gli amici restano: saliamo sulla navetta e una volta giunti all’Amaraya ci rechiamo a pranzo.

Poco più di un’ora passa in fretta e alle 14:00 siamo di nuovo alla réception in attesa di partire alla scoperta di El Quseir, un centro abitato di rispettabili dimensioni situato un centinaio di chilometri a nord lungo la costa.

Il dolore al ginocchio è sopportabile così, fiduciosi, partiamo all’orario prestabilito. A circa metà percorso facciamo sosta al Bravo Club (Alpitour): ci aggreghiamo ad altra gente, saliamo su di un mezzo di trasporto più capiente e proseguiamo lungo la strada che costeggia il Mar Rosso.

Una manciata di minuti dopo le 15:00 giungiamo a destinazione e, percorrendo strade affiancate da fatiscenti edifici, andiamo ad iniziare la visita della città partendo da una caratteristica moschea, affiancata dal più classico dei minareti. Scendiamo dal pullman per scattare alcune foto e subito ci vengono incontro diversi bambini: do loro una penna a sfera e delle caramelle che finiscono per litigarsi e dispiace che ciò succeda, ma infondo è il prezzo da pagare per renderli, in qualche modo, felici.

Federico, che ancora non si rende conto di certe realtà, guarda esterrefatto il comportamento dei suoi coetanei mentre torniamo a salire sul mezzo che ci accompagna, questa volta, alla chiesetta ortodossa di Santa Barbara, ad alcuni isolati di distanza. Fa una certa impressione vedere un campanile in mezzo a tanti minareti, ma (questo lo sanno in pochi) in Egitto oltre il 6% della popolazione è di fede cristiana.

La sosta successiva prevede una camminata nel semidiroccato ex-quartiere italiano: agli inizi del secolo scorso, infatti, a El Quseir c’era una fabbrica di fosfati installata proprio dai nostri connazionali. Il luogo, fra l’altro, è ancora oggi, in parte, abitato da gente che vive in evidenti condizioni di estrema povertà.

Passo dopo passo seguo il gruppo arrancando leggermente … arriviamo così al lungomare della cittadina dove si trovano alcuni caratteristici edifici ed un locale nel quale ci viene offerto da bere, mentre nell’aria risuonano le grida del muezzin, che chiama a raccolta i fedeli per la preghiera della sera.

Ormai è buio quando col pullman, transitando nei pressi dell’antica fortezza ottomana, raggiungiamo una via centrale disseminata di negozietti nei quali fare un po’ di shopping; acquistiamo così, tirando sul prezzo, un grosso narghilè e ce ne andiamo nella trattativa intrapresa per acquistare alcune t-shirt … niente di strano, il tutto fa parte del grande “gioco” del commercio, caratteristico dell’Egitto e di tanti altri paesi dell’area magrebina.

Alle 18:30 riprendiamo la strada dell’hotel, che raggiungiamo intorno alle 20:00, sotto ad una magnifica stellata. Ceniamo e, nonostante il ginocchio del sottoscritto continui a fare le bizze, confermiamo tutte le escursioni per i prossimi giorni, fra cui quella di domani, la più dura, che prevede la sveglia alle 5:00 del mattino.

Vediamo un divertente spettacolo di cabaret e subito ci ritiriamo in camera, così da sopperire alle ore di sonno mancanti, ma ripensiamo anche alla giornata appena conclusa che, tutto sommato, è positiva (menisco a parte): la zona di Marsa Alam, infatti, non è ancora stata completamente intaccata dal turismo di massa e oggi abbiamo potuto osservare la cruda realtà di una vera città egiziana.

Martedì 4 Novembre 2003: La sveglia suona ancor prima che sorga il sole: sono da poco passate le 5:00 e ci aspetta la partenza dell’escursione che ci porterà a duecento chilometri circa dal confine con il Sudan, nella cittadina di Shelatin, dove si tiene, quotidianamente, il più importante mercato di cammelli (dromedari per la precisione), del sud dell’Egitto.

Un po’ assonnati facciamo colazione e alle 6:15 ci presentiamo alla réception dove, puntuale, arriva il pullman già carico di numerosi turisti, ai quali ci aggreghiamo.

Cominciamo a percorrere la strada litoranea che corre verso sud, affrontando il primo dei trecento chilometri che ci dividono dalla meta e in breve ci troviamo a transitare per il centro di Marsa Alam, la minuscola cittadina che attribuisce il nome all’intera zona. Il suo destino però sembra essere quello di dover crescere a dismisura, in un prossimo futuro, a giudicare dai viali alberati e dalle strade a più corsie che l’attraversano.

Passiamo oltre e procediamo spediti con la vista che spazia a sinistra sulle rive del Mar Rosso, punteggiate di mangrovie, e a destra sull’immenso Deserto Orientale, fino a giungere, circa a metà percorso, in un paesino che pare fuori dal mondo. Ci fermiamo e scendiamo dal pullman: c’è una caffetteria e a fianco un negozietto che vende tutto e niente, ma soprattutto datteri secchi … secchi come la pelle raggrinzita del vecchio che sta dietro al banco. Dal nulla spunta poi fuori una bimba che ci guarda timorosa: gli regalo una penna, e in quel preciso istante diventa l’essere più felice del mondo, questo strano e ingiusto mondo nel quale le ricchezze e le fortune non si può certo dire che siano state distribuite uniformemente … gli scatto infine una foto, in compagnia di Federico (due esseri umani in questo momento così vicini, ma nella realtà così lontani), quindi torniamo sul pullman, nella nostra aria condizionata, e riprendiamo comodamente il viaggio.

Intorno alle 10:00, dopo aver oltrepassato numerosi posti di blocco, arriviamo alla periferia di Shelatin, laddove pare che finisca il mondo conosciuto … in realtà da lì in avanti ne incomincia un altro: quello affascinante dell’Africa nera.

Come prima cosa ci viene fatta visitare una tipica tenda beduina, chiaramente preparata per i turisti perché in realtà l’antichissimo popolo nomade del deserto al giorno d’oggi vive più che altro in fatiscenti baracche (con l’antenna parabolica sul tetto, ma fatiscenti).

Dopo una breve sosta torniamo sul pullman e, passando dal villaggio dei pescatori (che non è nulla di eccezionale), ci approssimiamo alla zona del mercato: lo si capisce dai numerosi e folcloristici camion sudanesi, carichi fino all’inverosimile delle più svariate merci, che i loro conducenti vengono fin qui per barattare (Shelatin è, infatti, anche una specie di porto franco).

Giungiamo così nel posto dove i cammelli vengono visitati e marchiati prima di essere messi in vendita, la cosiddetta “Quarantine”, un recinto in muratura brulicante di animali e di uomini che assomigliano a tutto fuorché a dei veterinari. Il luogo è molto caratteristico, ma non quanto il mercato vero e proprio che raggiungiamo successivamente: originalissimo e assolutamente non una montatura per turisti. Gruppi di esseri umani e gruppi di cammelli sono dislocati in apparente ordine sparso su di un vasto piazzale in terra battuta e sterco animale, che altro non è che il luogo in cui si tiene questa tratta da tempo immemorabile. Lo visitiamo mentre la marea di bambini, intorno a noi, cresce a dismisura e si contende qualsiasi cosa gli venga offerta.

Una dopo l’altra affrontiamo tutte le esperienze di questa interessante escursione, come la sosta per vedere la zona in cui, grazie a rudimentali piani di carico, i cammelli vengono sospinti e, a volte, materialmente issati a bordo dei camion destinati al loro trasporto.

Dopo aver trascorso quasi l’intera mattinata a stretto contatto con gli animali del deserto per eccellenza saliamo sul pullman e raggiungiamo quello che dovrebbe essere il centro di Shelatin. Lì visitiamo il mercato tradizionale, non bello ma caratteristico e, chissà per quanto tempo ancora, estremamente originale, compresi gli odori intensi, i carrettini trainati dagli asini, le teste degl’animali macellati poste in bella vista sui banchi … e le mosche, a centinaia per metro cubo d’aria! Segnati dalla vista di realtà così distanti da noi pranziamo nel miglior ristorante di Shelatin: mezza stella (nana) sulla “Guida Michelin” … Un pranzo comunque dignitoso, compreso un assaggio di carne di cammello: buona, ma che Federico si è rifiutato di mangiare. Alla fine, prima di salire sul pullman e intraprendere la via del ritorno, troviamo il coraggio per affrontare i bagni del locale … un posto nel quale si troverebbe in difficoltà persino il mitico Mastro Lindo, ma noi, impavidi, superiamo anche questa prova! Cominciamo a percorre a ritroso la strada già affrontata stamane, che costeggia le rive del Mar Rosso, e poco dopo la deviazione sulla destra per Berenice (antico e leggendario insediamento portuale fondato nel 275 a.C., del quale oggi restano solo poche rovine), ci fermiamo presso un villaggio beduino, per rinfrescarci nelle acque che bagnano la vicina spiaggia.

L’insenatura, molto profonda e bordata di mangrovie, assomiglia però più ad una laguna: il fondale è basso e sabbioso, la barriera corallina è completamente assente e l’acqua, tutt’altro che cristallina, non c’invita a fare un bagno, così ci limitiamo a fare una passeggiata e ad osservare le ragazzine locali che al nostro arrivo, in un batter d’occhio, hanno provveduto ad organizzare un piccolo mercato di bigiotteria.

Il sole scende impietoso verso la linea dell’orizzonte ed è già buio quando, alle 17:30, arriviamo all’Amaraya, ciò non impedisce a me e Federico di fare un rilassante bagno in piscina. Quando ne usciamo fuori scambiamo quattro chiacchiere con Daniela e Nicola e poi saliamo in camera a prepararci per cena, infine, più tardi, assistiamo (davvero in pochi) allo spettacolo messo in scena dall’animazione, dopo il quale ce n’andiamo a riposar le membra: domani ci aspetta, naturalmente, un’altra escursione e intendiamo affrontarla nel migliore dei modi. Intanto ci godiamo il ricordo di quella appena conclusa: un’esperienza interessante, che ci ha messo in contatto con le crude realtà della vita in questo sperduto angolo di mondo.

Mercoledì 5 Novembre 2003: Questa mattina va alla grande, con la sveglia che ci regala un’ora in più di sonno rispetto a ieri, così alle 6:00 ci alziamo e, dopo colazione, alle 7:15 ci presentiamo all’uscita dell’hotel, dove ci aspetta la jeep con la quale faremo la prevista escursione nel Deserto Orientale.

Altri cinque ospiti dell’Amaraya salgono insieme a noi sul mezzo e, in compagnia di una guida e dell’autista, prendiamo a seguire, questa volta, la strada costiera in direzione nord. Oltrepassiamo l’aeroporto e, qualche decina di chilometri prima di El Quseir, svoltiamo a sinistra imboccando una pista che si addentra nel deserto. Davanti a noi ora c’è un altro fuoristrada condotto da un’ulteriore guida, particolarmente esperta della zona.

Procediamo fra innumerevoli sobbalzi, che divertono non poco il piccolo, risalendo una sorta di vallata ghiaiosa, mentre purtroppo il cielo è coperto e una densa foschia rende grigio il paesaggio. In breve arriviamo su di una piccola altura e facciamo sosta per ammirare quello che dovrebbe essere un bello scorcio panoramico, ma sembra d’essere in val padana e un’insolita nebbia impedisce di vedere ogni cosa.

Mi lamento della situazione meteorologica con la guida e questa mi dice che oggi è una buona giornata per venire nel deserto, così si evita di soffrire il caldo … gli rispondo che invece oggi è una brutta giornata per far fotografie e che se volevo veramente strare al fresco … beh, allora me ne stavo tranquillamente a casa! Non so quali strani poteri abbia quell’uomo sulle nuvole … o se più probabilmente sia solo il caso, fatto sta che poco dopo, mentre il deserto torna a scorrere sotto alle ruote della nostra vettura, improvvisamente il cielo si apre ed esce fuori prepotentemente il sole. L’azzurro ora fa da sfondo a tutte le viste, mentre sparuti alberi di acacia contrastano magnificamente con le tonalità del paesaggio circostante, che spaziano dal nero al giallo (Il deserto del Sinai, che Sabrina ed io abbiamo visto alcuni anni fa, è più colorato ma anche questo sa essere affascinante).

“Strada” facendo arriviamo in fondo ad una gola che si tramuta in un piccolo canyon e a piedi ne percorriamo un breve tratto: il Deserto Orientale egiziano è un deserto roccioso, che si discosta parecchio dall’idea classica che si ha di tale tipo di ambiente, vale a dire con le alte dune di sabbia modellate dall’azione del vento, in più questo ingloba nei suoi confini geografici anche montagne che superano i mille metri di altezza. Del resto esistono diverse specie di deserti, il cui denominatore comune è, in assoluto, la mancanza d’acqua a livello superficiale.

Proprio la presenza dell’acqua nel sottosuolo, rilevata spesso grazie ad un incredibile sesto senso dei cammelli, stabilisce la nascita o meno di un accampamento beduino, come quello a cui siamo diretti. Al nostro arrivo però, per dir la verità, tutto appare troppo bello, eccessivamente pulito ed in ordine per essere vero e si capisce, specialmente dopo essere stati a Shelatin, che questa è una spudorata montatura per turisti, ma il paesaggio circostante, pieno di fascino, è autentico e ci adeguiamo alla situazione.

Sotto alla tradizionale tenda ci viene offerto tè e caffè, mentre ascoltiamo la guida che c’illumina circa gli usi e costumi di questo famoso popolo nomade e intanto, a turno, proviamo l’ebrezza di fare una breve passeggiata a dorso di cammello.

A mezzogiorno ci viene offerto un buon pranzo, dopo il quale, fra mille sobbalzi, riprendiamo la via del ritorno.

In circa quaranta minuti riguadagniamo la strada asfaltata e quasi subito ci fermiamo alla spiaggia di Abu Zreib per fare snorkeling e passare un po’ di tempo in riva al mare. E’ un’ampia insenatura sabbiosa e incontaminata, ma non resterà così a lungo, infatti, c’è già il progetto per costruirvi, tutt’intorno, un villaggio turistico a cinque stelle … peccato! Intanto ci godiamo la sua barriera corallina, che però è un gradino al di sotto di quella di Abu Dabbab e la trasparenza dell’acqua lascia un po’ a desiderare. Rimaniamo così un po’ delusi e ci fermiamo ad incamerare gli ultimi tiepidi raggi del sole, prima di affrontare il restante tratto di strada che ci divide dall’hotel.

E’ praticamente buio quando arriviamo all’Amaraya, ma Federico vuole fare ugualmente un bagno in piscina, poi la solita storia: in camera, a cena e infine a vedere lo show serale, mentre Sabrina si sente strana e acusa qualche maleaugurante dolore al bassoventre.

Altre ventiquattrore sono passate, tutto sommato, bene, anche se, sotto diversi aspetti, oggi non abbiamo partecipato ad una delle migliori escursioni che io ricordi e il tutto poteva essere fatto in solo metà tempo, dedicando il resto della giornata al mare e alle sue meraviglie … ma, come si suol dire, non tutte le ciambelle riescono col buco … Giovedì 6 Novembre 2003: I maleauguranti dolori di ieri sera preannunciavano la cosiddetta “vendetta di Tutankhamon” che si è consumata, inevitabilmente, alle prime luci dell’alba e ha risparmiato completamente il solo Federico. I beduini, inconsciamente, ci hanno quindi voluto lasciare questo piccolo omaggio.

La più colpita è Sabrina che, in evidente difficoltà, è indecisa se partecipare o meno al programma di visite odierno, ma si tratta di un’escursione breve, di poco più di mezza giornata, e alla fine propende per il sì, anche perché saremo accompagnati per la prima ed ultima volta da Nicola e Daniela.

Alle 8:15 prendiamo il via, di fronte alla réception, a bordo di un fuoristrada diretti a sud. Oltrepassiamo Marsa Alam e raggiungiamo la spiaggia di Awlad Barka, nota per la sua barriera corallina. Lì ci equipaggiamo di tutto il necessario per fare snorkeling, Sabrina però non se la sente e decide di attendere il nostro ritorno sui lettini che si trovano nell’arenile prospiciente il tratto di mare interessato, mentre Federico è felicissimo perché ha trovato, finalmente, un paio di pinne della sua misura ed ora si sente un vero e proprio subacqueo. Io invece, ingobbito dai dolori addominali che ogni tanto mi assalgono e zoppicante causa il ginocchio malandato, assomiglio più che altro al Gobbo di Notre Dame in vacanza premio sulle rive del Mar Rosso, ma stoicamente resisto.

Saliamo su di un gommone che ci porta di poco al largo della costa, in prossimità della barriera corallina, e ci tuffiamo mentre a breve distanza da noi fa capolino dall’acqua la testa di una tartaruga, della quale perdiamo però quasi subito le tracce. Osserviamo allora il reef intorno a noi: i numerosi coralli sono vivi e meravigliosamente colorati, la fauna ittica invece non abbonda e la trasparenza del mare lascia un po’ a desiderare … anche Awlad Barka, in definitiva, è un gradino al di sotto di Abu Dabbab.

Nuotando e sospinti dalla corrente riguadagniamo la riva ed emergiamo dall’acqua un po’ delusi, non che il posto sia brutto, tutt’altro, i riflessi cristallini del mare qui sono splendidi, ma ci si aspettava qualcosa in più, visto e considerato che è meta di un’escursione organizzata.

Raggiungiamo così Sabrina, che nel frattempo è peggiorata e se ne sta rintanata all’ombra presa da forti dolori addominali: peccato, cercava tanto il sole e oggi che poteva prenderlo tranquillamente è impossibilitata a farlo! Poco dopo mezzogiorno ci rechiamo a pranzo in un locale nelle immediate vicinanze, inglobato all’interno di un villaggio molto spartano, frequentato più che altro da turisti tedeschi, poi riprendiamo la strada dell’hotel, dove arriviamo intorno alle 14:30.

Federico corre subito in piscina e poco dopo lo seguo anch’io. Il resto del pomeriggio scivola via senza infamia e senza lode, con il piccolo assoldato dal mini-club, il sottoscritto a giocar le carte e con Sabrina, che accusa anche qualche linea di febbre, a dormire all’ombra per tutto il tempo, fin quando, a sera, non si trasferisce direttamente a letto: la temperatura è salita ulteriormente ed ora supera addirittura i trent’otto gradi.

Federico ed io andiamo a cena con gli amici e alla fine portiamo qualcosa anche a Sabrina, che pare gradire e forse questo è il primo segnale d’inversione di tendenza delle sue condizioni.

Più tardi, noi reduci, andiamo alla spiaggia del Kahramana dove questa sera si tiene la festa beduina: pagando dodici euro si poteva partecipare (cena inclusa), ma noi andiamo solo a vedere e ce ne chiedono cinque … è una vergogna, mai c’era capitato di essere ospiti di un hotel e di dover pagare per assistere ad una festa da lui organizzata! Per principio rinunciamo di versare l’obolo e torniamo all’Amaraya, fumiamo il narghilè e poi andiamo a letto: speriamo domani vada meglio. Intanto la prevista escursione alla “Dolphin House”, o “Baia dei Delfini” (forse, fra tutte, la più importante), è stata definitivamente annullata perché le autorità egiziane hanno nuovamente vietato l’accesso al luogo e se da un lato questo mi manda su tutte le furie, dall’altro ci toglie l’imbarazzo della scelta se prendervi o meno parte, viste le condizioni di Sabrina! Venerdì 7 Novembre 2003: La nottata è passata abbastanza tranquilla e all’alba dell’ultimo giorno intero a Marsa Alam Sabrina non ha più né la febbre né i dolori, ma dice di essere stanchissima. Per sua “fortuna” non sono previste particolari fatiche, visto l’annullamento dell’escursione, e dopo colazione ci presentiamo all’uscita dell’hotel decisi, comunque, a chiudere in bellezza la vacanza.

Complice l’impossibilità di accedere alla “Baia dei Delfini” parecchie persone l’hanno pensata come noi e una navetta non basta, ma ne servono almeno due per accompagnarci tutti ad Abu Dabbab, che, probabilmente, è proprio la più bella spiaggia dei paraggi.

Ci sistemiamo in riva al mare a goderci il caldo abbraccio del sole e la piacevole brezza che spira costantemente da nord-est, mentre Federico gioca con Martina, la sua amichetta di questa vacanza, spesso accompagnata dal fratellino più piccolo Raoul (il “microbo”, com’è stato soprannominato dai due).

Sabrina si dedica, finalmente alla tintarella ed è un notevole progresso ripensando alle condizioni in cui era soltanto ieri sera. Io invece non resisto sdraiato sul lettino e quasi subito vado a fare snorkeling: il reef di Abu Dabbab è, senza ombra di dubbio, uno dei più belli dell’intera zona e resto a lungo ad osservare i coralli brulicanti di pesci, fra i quali spicca una grossa murena, poi mi dirigo più al largo ed incontro due splendide tartarughe che pasturano tranquillamente sul fondale sabbioso. Aspetto che una risalga per respirare: la fotografo, le accarezzo il guscio e nuoto insieme a lei … è una sensazione straordinaria! Preso dall’entusiasmo però non mi rendo conto di essere in acqua già da diverso tempo, e sono anche solo: ad un certo punto mi sento girar la testa e un piccolo attacco di panico mi assale, così abbandono la mia “amica” improvvisata, prendo a nuotare velocemente verso riva e torno ad essere più tranquillo solo quando, poco dopo, posso rimettere i piedi saldamente a terra … però, che incredibile esperienza! Torno a sdraiarmi al sole giusto il lasso di tempo necessario a riprender fiato ed il piccolo mi chiede di accompagnarlo a fare il bagno: lo accontento e, in compagnia di Daniela, ripercorriamo un bel tratto di barriera corallina, poi, una volta riemersi, facciamo una passeggiata sul lato sinistro dell’insenatura alla ricerca di nuovi scorci da inserire nell’album dei ricordi. Il tempo vola e al nostro ritorno le lancette dell’orologio, impietose, segnano già le 14:00: è ora di andare … Salutiamo Abu Dabbab e torniamo all’Amaraya.

Il resto del pomeriggio lo passiamo sui bordi della piscina, con Federico che se ne sta tutto il tempo al mini-club, divertendosi fra l’altro tantissimo a fare una grande caccia al tesoro per tutto il villaggio, mentre io vengo ingaggiato per fare alcune scenette: così questa sera farò il “buffone” di fronte a tutti (per fortuna pochi) gli ospiti dell’Amaraya! Dopo il mini-club il piccolo va in piscina e ne esce solo quando la luna è alta in cielo e brillano le stelle, intanto Sabrina, che ha recuperato almeno il settanta per cento della condizione, sale in camera e comincia a sistemare le valigie, in previsione dell’imminente partenza.

La serata, imperniata sullo spettacolo di cabaret (un discreto successo, di fronte ad un pubblico più numeroso del solito), si conclude attorno al tavolino con al centro il narghilè, poi tutti a letto: domattina la sveglia è prevista presto per non perdere l’opportunità di fare ancora un bagno nelle acque del Mar Rosso.

Sabato 8 Novembre: Cinque minuti dopo le 7:00 siamo già a far colazione e mezzora più tardi camminiamo, zaino in spalla, in direzione di Blondie Beach, la spiaggia del Kahramana, nonché dell’Amaraya.

Il mare oggi e più mosso del solito, così Sabrina, ancora convalescente, rinuncia anche all’ultimo bagno. Io, non proprio in forma, vado lo stesso (per finire almeno le foto subacquee), ma non me la sento di portare anche Federico e mi accompagna il solo Nicola.

Scendiamo dal pontile poco oltre la barriera: le onde sono davvero grandi e, anche se il posto è bello e i pesci non mancano, non è simpatico restare in balia del mare agitato, così scatto le foto e dopo non più di un quarto d’ora riguadagniamo terra. Per rimediare ci rechiamo poi, furtivamente, a fare un bagno nell’enorme piscina su più livelli del Kahramana, ma l’acqua, chissà perché, è fredda e questo spiega il motivo per cui la vasca è semi-deserta.

Sono già quasi le 9:00 e decidiamo di tornare all’Amaraya, così da permettere a Federico di fare un ultimo bagno prima di partire … In effetti il tempo a disposizione è davvero poco e ben presto ci troviamo in camera a chiudere le valigie.

Alle 11:00 puntualissimi, lasciamo in pullman l’hotel diretti all’aeroporto e durante il tragitto l’assistente di Volando si raccomanda, per evitare guai alla dogana, di non portare sabbia, conchiglie o coralli.

Intimoriti da certi discorsi, prima di varcare l’ingresso delle partenze, togliamo dalle valigie i due piccoli sacchetti di sabbia che ci eravamo portati da aggiungere alla nostra collezione e con disappunto ci rendiamo conto, poco dopo, che sarebbero passati senza particolari problemi … a non passare invece, per motivi di sicurezza, sono un paio di forbici che Daniela si era dimenticata di togliere dal bagaglio a mano.

La sala d’attesa è stracolma di italiani in partenza per i più svariati aeroporti della penisola, mentre gl’ipertecnologici egiziani, che non sono dotati di nessun tipo di cartello (sia elettronico che manuale), cominciano a chiamare, attraverso l’unica porta disponibile, tutti i voli in partenza semplicemente a voce, ma non con l’ausilio di un altoparlante, bensì urlando a squarciagola … il caos che ne deriva è inevitabile ed il ritardo pure! Oltre un’ora dopo l’orario previsto c’imbarchiamo finalmente sul volo No6659: un Boeing 737 della compagnia aerea Neos che stacca da terra alle 15:15 egiziane, con destinazione Verona.

In breve saliamo di quota mentre sotto di noi s’intravede il deserto, nascosto da una densa foschia che più tardi si tramuta in un vero e proprio corpo nuvoloso. Ci lasciamo così alle spalle il continente africano perché, appena dopo il tramonto, quando torniamo ad avvistare terra, si tratta già dell’Europa e più precisa mente dell’isola greca di Zante. Ancora poco ed appaiono le coste del Bel Paese con, ben visibile, una grande città portuale, probabilmente Taranto, poi, grazie al navigatore satellitare, riconosciamo Foggia e Pescara.

Sorvoliamo tutta l’Italia centrale e proprio sopra a Forlì alcune nuvole si frappongono tra noi e la terra … Sono un’avvisaglia, perché alcuni istanti più tardi voliamo all’interno di un’intensa perturbazione e ne emergiamo solo a poche centinaia di metri dal suolo: a Verona c’è un tempo da lupi, piove fortissimo, tanto che l’acqua corre lungo i finestrini laterali, tira vento e l’aereo ondeggia paurosamente, ma atterriamo sani e salvi alle 18:35, nel bel mezzo “dell’entusiasmante” autunno padano! Verrebbe voglia di girare i tacchi e riprendere quota, ma non abbiamo alternative, dobbiamo per forza scendere, anche se al solo pensiero di doverlo fare ci par di sentire l’umidità che penetra ed invade le membra.

Ritiriamo i bagagli e, dopo aver salutato gli amici, alle 19:30 siamo già comodamente seduti a bordo della nostra Punto blu con la prua rivolta verso casa. Un’ora più tardi, alle 20:30, siamo a Modena e alle 21:00 a Bologna, mentre il piccolo dorme beato sul sedile posteriore dell’auto.

La pioggia non ci abbandona un istante lungo quasi tutto il tragitto, poi finalmente si placca quando, intorno alle 21:30, ci apprestiamo ad uscire dall’autostrada a Faenza. Ora i chilometri da percorrere sono rimasti davvero pochi e una manciata di minuti più tardi, alle 21:48, termina davanti al cancello di casa nostra anche questo viaggio … Non uno dei viaggi più fortunati che io ricordi, a partire dal menisco lesionato per finire alla “vendetta di Tutankhamon” e all’escursione annullata alla “Baia dei Delfini”, ma l’Egitto ha sempre un fascino particolare e Marsa Alam ne è la conferma perché è un altro incantevole luogo nel quale l’arido deserto incontra l’azzurro del mare … e che mare! Così, nonostante tutto, anche questa volta torniamo con la valigia carica di straordinari ricordi che ci aiutano ad essere ottimisti per il futuro e a pensare che il prossimo viaggio sarà certamente più fortunato di questo.

 Dall’ 1 all’ 8 Novembre 2003



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