Marrakech e il deserto
Marocco, splendido paese, Marrakech unica del suo genere e un deserto da favola...
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Ciao a tutti, eccomi qui pronta a raccontarvi e a condividere con voi il mio viaggio in Marocco. Anche questa volta è stato un successo e più che mai con compagni di avventura travolgenti. Siamo partiti dall’ Italia (aeroporto di Bergamo) il 21 Agosto nel primo pomeriggio. Non ci conoscevamo bene tutti ma vi assicuro che nel giro di un niente eravamo affiatatissimi e questo ha reso il tutto molto più semplice e divertente. Siamo arrivati al Riad El Miria a Marrakech per ora di cena, ma prima di sederci a tavola non abbiamo resistito nel fare un tuffo in piscina: calda, illuminata, giusto al momento del tramonto e soprattutto tutta per noi. Siamo stati accolti da Ser Silvio con la sua proverbiale cordialità e ha conquistato subito tutti con la sua innata simpatia..ci ha lasciato in eredità anche un paio di “tormentoni” ma di questo ve ne parlerò più in là…quà e là… Abbiamo cenato con grande entusiasmo con insalata maroken e tajin di pollo e manzo (perdonatemi errori e pronunce…diamo colpa al fuso orario…eh eh eh ), dico con grande entusiasmo perchè da buoni italiani dopo qualche giorno di cucina tipica, sebbene buonissima e gustosissima, abbiamo iniziato a sentire la mancanza della pasta col sugo…:-) ma anche in questo, El Miria ha saputo soddisfarci grazie a Nina (la cuoca). Spendo due righe sul Riad che ci ha ospitato, perché secondo me merita davvero e lo consiglio a chiunque voglia regalarsi anche un solo week end in quel di Marrakech (vedi sito: www.elmiria.com): 10 stanze di cui 4 suite, ma vi assicuro che anche le standard sono da mille e una notte; 10 stanze quindi al massimo 20 ospiti: questo rende il tutto molto intimo famigliare ed esclusivo… Tant’è che l’ultima sera la sala da pranzo era formata da un unica tavolata; una buona maniera per socializzare – una buona maniera per non subire la confusione – una buona maniera per eliminare lo stress. Una grande piscina, un bel giardino e una zona wellness completano il contesto del Riad rendendolo semplicemente perfetto per un soggiorno rilassante. Tutto questo non per fare pubblicità ma perchè è quello che abbiamo provato, e… “NON E’ MERAVIGLIOSO TUTTO CIO’?”(primo tormentone). Il giorno successivo siamo partiti subito a bordo di due fuori strada con bagaglio ridotto e tanta acqua in frigo verso gli orizzonti marocchini. Direzione Zagora valicando l’alto Atlante a 2260mt a Tizi’n Tichka e scendendo sul versante sud predesertico, per costeggiare poi la risorsa naturale più importante del paese: il palmeto di datteri (2 milioni e 200 mila piante lungo una striscia di 250 km) drenato dal fiume Draa. Abbiamo percorso almeno 350km, facendo ripetute soste per foto e per bere tanta acqua. La temperatura viaggiava dai 40 gradi in su. Chiara con l’aiuto di Abdel Carim (soprannominato Francesco-Gustavo- nome decisamente più facile da tenere a mente) ha provato l’ebrezza di salire in groppa a un “mussetto”, uno dei tanti che abbiamo trovato parcheggiati lungo la strada… noi parcheggiamo gli scooter e loro parcheggiano i muli. Ovviamente l’abbiamo immortalata con uno scatto. Abbiamo pure assistito a uno spettacolino di un incantatore di serpenti e fatto qualche acquisto di pietre e monili. A dire la verità era Chiara che diceva a Fabiano: “ daiiiii, compriamo qualcosa che non vedi che stanno aspettando noi”… dea serie i ghe fasea tutti pecà….(in venexian) In effetti, noi abituati a tanto benessere materiale, l’impressione che ci hanno fatto è quella di povertà assoluta, in realtà invece, come ci spiegava Silvio (la nostra guida parlante), e come in tutti i paesi musulmani, nessun marocchino muore di fame. Evidentemente sono molto solidali tra di loro. Evidentemente in paesi avanzati come può essere l’Italia, vige molto di più l’individualismo e l’egoismo. Bhò… Verso sera siamo arrivati a Zagora dove abbiamo pernottato. Che bello anche in questo hotel c’è la piscina! E dopo aver convinto i maschietti a farsi la doccia saponata prima di tuffarcisi dentro, onde evitare figure da dromedari, ci siamo abbandonati a una sana e liberatoria nuotata. Dopo circa mezz’ora di tuffi ci accorgiamo del cartello del divieto…solita figura italiana… Abbiamo cenato con una buona minestra di legumi e un paio di taji. Silvio ha anche incontrato un suo amico e di questo ci ha raccontato un simpatico aneddoto, che qui vi riassumo: sposato con figli a un certo momento della sua vita decide di prendere una seconda moglie. La porta a casa e la presenta alla prima di moglie, la quale ovviamente rimane allibita e non propriamente accondiscendente, ma lui la convince dicendo: “ chi è che porta il baccalà in questa casa?” se non ti sta bene quella è la porta. E le due mogli iniziarono a convivere pacificamente…e fin qua niente da dire…se non fosse che alla sera dopo cena abitualmente si alza da tavola dicendo: ” Avete mangiato bene? Avete bevuto a sufficienza? Vi faccio mancare niente in casa? Ok allora vi saluto e baci. Ed esce a divertirsi fino all’alba. A voi le considerazioni. Mentalità marocchina? Ancora Bhò…. Il giorno seguente siamo ripartiti alla volta delle Dune di Cheghaga, attraversando gli antichi villaggi sahariani di Ouled Driss e Mhamid e dopo circa 90 km percorsi ancora sulla comoda asfalto, abbiamo iniziato la pista a tratti di sassi (alquanto massacrante) e a tratti di sabbia (divertentissima e suggestiva). Ci siamo fermati su un’oasi dove Chiara si è rinfrescata la testa attingendo l’acqua direttamente dal pozzo… peccato che il suo turbante verde abbia perso il colore… eh eh eh… però dai era in tono con l’ombretto degli occhi… Anche qui lo “scatto immortalatore” non è mancato. Per poi arrivare prima del tramonto al campo tendato posizionato in mezzo alle dune più alte e spettacolari del Cheghaga. Scendiamo dalle macchine e ci viene ad accogliere Salhà, che ci offre il tè alla menta come da tradizione. Noi donne ne siamo state travolte dalla forte personalità e cortesia…. Va bene va bene… la verità è che era uno stragnocco della madonna e il suo sguardo ci ha incantato… eh eh eh… E il buon Silvio ridendo se ne è uscito con la sua battuta preferita: ”prevedo guai e complicazioni annessi e connessi” diventato poi il tormentone del viaggio. Che ridere! Mai riso così tanto… davvero… e non è meraviglioso tutto ciò? A parte io e Max, che non ce la siamo sentiti di affrontare la passeggiata fin sopra una duna per gustare il tramonto, gli altri si sono incamminati verso… in neanche 30 minuti credo, li abbiamo visti spuntare sulla vetta, lì sopra il nulla, dove solo l’aria poteva accarezzarli; quell’aria che scendendo, dopo non aver potuto vedere al meglio il calar del sole a causa dell’agglomerato di nubi formatisi nel frattempo (buon motivo oltre a Salhà per tornar ), si è trasformata in vento e li ha letteralmente travolti. Li ho visti arrivare al campo sfiniti e insabbiati; negli occhi di Chiara ho percepito anche un po’ di paura. Tempo di una doccia a base di salviettine umidificate e tutto è passato. Piccola disavventura marocchina… Ci siamo seduti a tavola e ci siamo consolati con il più buon taji di montone mai degustato e apprezzato anche dai più scettici, accompagnato da una buona e meritata birretta! Abbiamo chiacchierato per un bel tanto seduti su cuscini e tappeti, come se il tempo si fosse fermato e non ci appartenesse più; era diventato buio e solo la luna (quasi piena) ci illuminava. Piccole ombre nel niente, una sensazione di immenso e immortale. La stessa che abbiamo provato una volta a letto (abbiamo tirato fuori i letti dalle tende e abbiamo deciso di dormire all’aperto) quando il silenzio assoluto ci ha pervaso: nessun rumore, solo il nostro respiro. Eravamo la terza dimensione, quella che nessun racconto o foto può rendere esattamente… l’essere lì… Il vivere la situazione personalmente… Grazie mondo che ci hai regalato tanto e che riesci sempre a stupirci con la tua natura perfetta. La mattina seguente ci ha dolcemente svegliati il crepuscolo, abbiamo assistito all’alba che ci ha donato altri attimi di tranquillità e serenità, abbiamo fatto colazione abbondante e siamo ripartiti salutando Salhà: ci chiediamo cosa mai ci fa uno come lui tutto solo nel deserto???!!!! 🙂 Abbiamo percorso un tratto della Paris/Dakar sfrecciando attraversando il lago asciutto Iriki incrociando miraggi e dispettosi mulinelli di sabbia detti Jin: orizzonti mozzafiato da lustrarsi gli occhi. Raggiunto Foum z’Guid, abbiamo lasciato la pista per riprendere l’asfalto in direzione Ouarzazate, tra montagne dai colori inaspettati, piccole oasi, larghi letti di fiumi sassosi, acace e alberi del pepe. Abbiamo pernottato a Ouarzazate e questa volta solo i temerari maschietti si sono tuffati in piscina; noi donne, davvero troppo stanche, abbiamo preferito sederci al bordo e riposarci un po’. Prima di cena ci siamo radunati nell’unica suite assegnata ai fortunatoni di Max e Nicola e abbiamo consumato l’aperitivo: che c’è di meglio di una birra Special e/o Casablanca? Per cena invece ci hanno proposta una Taji di pesce che secondo noi era di Pangasio, subito rinominato da Max come Pancrazio il quale ha deciso di ordinarlo lo stesso nonostante il dubbio. Per chi non lo sapesse il pesce Pangasio proviene dal fiume più inquinato del Vietnam e proprio per questo viene sconsigliato vivamente di farlo mangiare ai bambini, e purtroppo per il suo basso costo e la formidabile somiglianza ad altri pesci più pregiati, viene spacciato spesso e volentieri per altro. Dubbio confermato dal fatto che durante la notte il pesce Pancrazio ha deciso di “rumegare” sullo stomaco del buon Max fino a regalargli un “simpatico” incubo che qui vi racconto: Max era a letto a casa sua in Italia e stava beatamente dormendo, quando a un certo punto ha la sensazione che il salvavita della luce fosse saltato e così si sveglia e girandosi nel letto sfiora con il braccio qualcuno che in quel momento non doveva proprio essere lì (lì nel suo letto in italia) e così lancia un urlo disperato sobbalzando rovinosamente addosso al povero Nicola (in realtà suo compagno di stanza durante questo viaggio) che a momenti gli viene un infarto. Non so se mi sono spiegata e probabilmente no, ma vi assicuro che quando Max ce l’ha raccontato durante la colazione, la mattina seguente, avevamo le lacrime agli occhi a forza di ridere, solo per come è riuscito a narrarcelo in maniera così colorita e con i suoi insoliti francesismi. A questo punto è doveroso aprire una parentesi su Max perché davvero si è rivelato di una simpatia unica: preciso come un ragioniere di banca e con il suo francese maccheronico istigato non poco da Fabiano con il quale credo sia nata una bella amicizia, ci ha fatto ridere a crepapelle e ci ha travolto e coinvolto con le sue uscite degne della miglior puntata di Zelig: “ Che sche tu fè?” “ Escuse mua, por favor tir su el finestron” “ on fià de salvietton” E quando le carte di credito non gli funzionavano…” piuttan merd” No no… ma così non rende… Ve lo assicuro… bisognava esserci per capire. Abbiamo riso davvero tanto. Grazie Max che con tanto esercizio muscolare facciale (ridere) ci hai salvato almeno per altri dieci anni dalle rughe… Grande Max. La mattina successiva abbiamo visitato una casba di berberi abitata, dove abbiamo potuto comprare dei ricordini di ceramica colorata, tipica del posto. Abituati allo standard nostro, quella casa ci è sembrata davvero poco casa: fatta di paglia e argilla (o qualcosa di simile), buia, con poche feritoie per la luce, arredata (se così si può dire) con pochi tappeti e cuscini e null’altro…in convivenza con gli animali quali muli, capre e polli…insomma, per noi davvero invivibile. Per loro semplicemente il tutto! I bambini ci correvano appresso per chiederci “un dira” che noi non abbiamo dato perché la guida ci ha detto che è fortemente diseducativo. Ho regalato un braccialettino a una ragazzina… che tenerezza… ma quanta tristezza in tutto ciò. Noi abbiamo tutto e di più e ci lamentiamo in continuazione senza apprezzare niente; loro non hanno niente di niente e sorridono come se avessero il mondo. Sono fortemente legati alla vita e a un senso di solidarietà comunitario. In Marocco nessuno muore di fame e c’è evidentemente il suo perché. Anche qui, a voi le vostre considerazioni. Poi siamo andati a visitare la casa del Pascià: regale negli stucchi e nei decori come si vuole che sia. Ma lo sapevate che il Pascià poteva permettersi 4 mogli e 20 concubine, ma che quest’ultime erano solo veline di decoro con le quali non copulava, e che delle 4 mogli la preferita era quella che gli donava il primo figlio maschio? E ancora: che alla sera decideva con che moglie stare ma sempre a turno e una alla volta… una sola per sera? Questione di rispetto o fiato? eh eh eh… battuttaccia… Però nell’immaginario collettivo l’Harem è sempre stato descritto diversamente o sbaglio? Nuovamente bho…. Vabbè, dopo questa piccola curiosità siamo ripartiti alla volta di Telouet lungo l’antica pista del Sale, disseminata di villaggi berberi e con panorami mozzafiato sul canyon del fiume che l’ha scavato nel corso del tempo. Nel tardo pomeriggio siamo arrivati nuovamente a Marrakesh al Riad El Miria giusti in tempo per un piacevole tuffo in piscina prima di cena. Cena finalmente a base di pasta col sugo… eravamo come in astinenza da cucina italiana. I due giorni successivi, ultimi della nostra breve ma intensa vacanza, li abbiamo trascorsi in relax tra idro – bagno turco – massaggi – estetica e tanta ma tanta piscina. Si è tentato di visitare Marrakesh e fare un salto ai suk della Medina ma purtroppo i quasi 60° ci hanno fatto rientrare in velocità. Davvero troppo caldo. In compenso alla sera siamo andati a goderci, in uno dei migliori locali del centro, lo spettacolo delle danzatrici del ventre e qui il commento lo lascio ai maschietti del gruppo, che mi sembra abbiano apprezzato decisamente e che le ballerine siano riuscite a soddisfarne i piaceri della vista. L’ultima sera prima di partire, avendo avuto maniera di conoscere anche gli altri ospiti del Riad quali due signore da Roma, una coppia da Como, e la piccola Leyla (figlia di Ser Silvio), abbiamo cenato in un’unica tavolata a lume di candela e brindando con del buon prosecco italiano. Tutto quanto sopra scritto, per fissare sulla carta quanto più possibile di questa splendida esperienza e soprattutto per condividere con voi almeno in parte quanto vissuto. Scusate in anticipo gli eventuali orrori di ortografia ma è tardi, domani devo andare a lavorare e non ho voglia di rileggerlo Un abbraccio forte a tutti. Choukrane (più o meno grazie in arabo..:-)).