Marocco – Tour delle città Imperiali 2
Lunedì 23/6/2003 Sveglia alle 7.30 ed inizia il nostro viaggio di conoscenza di Marrakech partendo dalla Kasba per visitare le Tombe Saadite, dove facciamo la conoscenza di uno strano fotografo che ci insegue ovunque alla James Bond per carpire qualche fotografia, poi vendutaci al rientro in Hotel.
Proseguiamo verso il palazzo Bahia, il museo Dar Si Said, il giardino Majorelle di proprietà del famoso stilista Yves St Laurent ed infine giungiamo nella Medina. Dopo pranzo ci aspettano i souk con le loro vie intricate, strette e a volte buie dove vi è una profusione di merce in vendita, ma … noi siamo diretti in erboristeria. Ci trattengono in spiegazioni per più di un ora per riuscire poi infine a venderci unguenti, pomate e trattamenti per ogni malanno (ma funzioneranno poi veramente? Lo scopriremo solo al momento del loro utilizzo!), mentre noi scalpitiamo perché preferiremmo immergerci nei souk. E finalmente ci lasciano liberi di girare e scoprire la miriade di negozietti sparsi ovunque e la prima domanda che sorge spontanea è: ma come fanno a vendere tutti abbastanza da permettersi di tenere aperta l’attività, considerando l’enorme quantità di negozi? Il ritrovo è fissato nella caratteristica piazza Jemaa el-Fna, simbolo e cuore pulsante di Marrakech, anche se al giorno d’oggi ha acquisito una connotazione più di attrazione turistica, ma vale veramente una visita approfondita. Al nostro arrivo la piazza inizia pian piano ad animarsi ed i banchetti prendono posizione assieme a giocolieri, incantatori di serpenti, cantastorie, cartomanti e gente di ogni tipo. L’atmosfera è seducente, immersa nel vapore e nei fumi dei banchetti all’aperto e pregna di odori pungenti di cibo e di spezie. Di sera è ancora più affollata e suggestiva mentre la attraversiamo per recarci al ristorante dove ci attende la cena con incluso spettacolo di danza del ventre.
Martedì 24/6/2003 Giornata libera. Non abbiamo infatti aderito all’escursione facoltativa nella valle dell’Ourika, per poter conoscere meglio Marrakech. In compagnia di Serena e Massimo decidiamo di muoverci a piedi, non avendo ancora confidenza con il luogo ed i taxi di Marrakech e dopo lo shock subito la sera precedente dal metodo di guida in Marocco, dove anche attraversare la strada da pedone è una grande avventura. Decidiamo quindi di visitare i giardini imperiali Menara che si rivelano una grande delusione, poiché il bacino d’acqua, presente nelle guide turistiche ed antistante il padiglione, è completamente svuotato ed il caldo risulta insopportabile. Vedendo quest’area che dovrebbe essere adibita a giardino, comprendiamo chiaramente il problema della scarsità d’acqua che può affliggere questo paese, infatti non vi è l’ombra di un ciuffo d’erba e le piante sono piuttosto appassite. Provati dalla lunga camminata e dal caldo, optiamo per rientrare con un taxi che ci viene offerto da un signore all’uscita dei giardini e scopriamo con grande sorpresa che proprio lui è l’autista, privo della gamba destra. Panico. E’ stato il miglior autista di taxi di tutto il viaggio, al tal punto che ne abbiamo anche voluto serbare un ricordo scattando una foto al posto di guida.
Ci ritroviamo per il pranzo in Hotel con gli altri 18 componenti del nostro gruppo, piuttosto eterogeneo, composto da persone provenienti da tutta Italia, di diverse età, e ci scambiamo le impressioni sulle rispettive escursioni. Il pomeriggio, sempre libero, ci sembra sprecato passato in piscina, per cui ci dirigiamo nuovamente verso i souk in taxi, dopo una breve contrattazione sul prezzo della corsa. L’esplorazione dura tutto il pomeriggio in lungo ed in largo fino ad arrivare in una zona poco frequentata dai turisti e dove tutti cercano di farti entrare nel proprio negozio. Le strade brulicano di persone e mendicanti, dei quali alcuni ti tirano i vestiti per farsi notare e chiederti l’elemosina, sempre comunque con una dignità ammirabile. Ci stupisce anche una persona che si ferma al centro della strada iniziando a canticchiare, forse, versetti del Corano, senza che nessuno si stupisca o lo derida prendendolo per pazzo (come forse succederebbe nelle nostre città).
Rientriamo di corsa in Hotel perché la sera ci aspetta un’altra escursione facoltativa espressamente studiata per i turisti da “Chez Ali”, per la cena servita sotto la tenda con pietanze tipicamente marocchine, veramente squisite ed annesso spettacolo Fantasia. Il tutto è molto suggestivo, maestoso, ma anche artificioso e finto, a partire dalla struttura del palazzo fino ad arrivare allo spettacolo comprensivo di tappeto volante e passeggiata su un povero dromedario stanco ed insonnolito. Mercoledì 25/6/2003 Partenza all’alba, visto che abbiamo 490 chilometri da fare per spostarci da Marrakech a Fes. La giornata passa assopita all’interno del pullman, con solo qualche sprazzo di vitalità durante le soste nei ristori e per il pranzo. Durante il viaggio Assan, la nostra guida, ci spiega gli usi ed i costumi del popolo Marocchino con esempi presi dalla sua stessa esperienza personale, per meglio farci comprendere il paese che ci ospita. La vita quotidiana ci passa sotto gli occhi, mentre cerchiamo di immortalarne qualche attimo con la macchina fotografica. La variazione di paesaggio è tale da portarti dal semideserto, alla valle dei fosfati, al verde di una pianura fertile fino all’asprezza dei colli in cui agricoltori lavorano con il solo aiuto delle mani e di qualche mulo. Finalmente dopo dieci ore di viaggio arriviamo a Fes; ci apprestiamo a cenare, poi iniziamo ad esplorare indipendentemente, come sempre, i dintorni dell’Hotel, ma questa volta il gruppo si allarga ed abbiamo 4 nuovi compagni di passeggiata. Troviamo alcuni lavoratori intenti a riparare la strada di notte per sentire meno il peso del caldo asfissiante e una curiosa capretta domestica che un ragazzo porta a spasso sciolta e che lo segue ovunque rispondendo ai suoi comandi, nonché due giovani ragazzi Svizzeri in attesa ad un semaforo rosso con la loro inseparabile bicicletta, con cui sono arrivati e stanno facendo il tour del Marocco. Abbiamo intuito di aver fatto un tratto di strada piuttosto lungo e guardandoci attorno riteniamo di dover rientrare, non ci sembra il caso di proseguire nel labirinto di vie che ci si prospetta davanti.
Giovedì 26/6/2003 Abbiamo fatto bene a rientrare la sera precedente perché ci saremmo inoltrati in quartieri in cui è poi difficile trovare la strada del ritorno e che non sono molto raccomandabili di notte. Oggi abbiamo una guida che ci porta infatti subito nella medina con intricati e stretti viottoli pieni di negozi. E’ difficile tenere unito il gruppo e seguire la guida, che rintracciamo sovente dalla nuvola che sprigiona dalla sigaretta sempre accesa. Il primo appuntamento della giornata è con il museo Dar el-Batha situato all’interno di un bellissimo palazzo dove primeggia il suntuoso giardino Andaluso. La guida ci mostra la moschea nella parte santa del quartiere dove nessuno può abitare ma esistono solo negozi e venditori di candele, l’asilo con la dolce voce dei bambini che imparano la lezione ripetendola all’unisono a voce alta ininterrottamente e la medersa in corso di ristrutturazione dove uomini e donne pregavano e gli studenti alloggiavano e studiavano il Corano. E’ giunta l’ora del pranzo che consumiamo all’interno della medina e che è degno di nota in quanto per la prima volta ci viene mostrato il rituale della preparazione del tè alla menta servito bollente e versato nei bicchieri dalla massima altezza che permette l’estensione completa del braccio. Nel pomeriggio riprende il nostro giro con la visita delle rinomate concerie di Fes in cui ti accoglie un addetto distribuendo un rametto di menta in modo da attenuare il tanfo proveniente dalla lavorazione delle pelli. Inizialmente manca il respiro, poi sembra di poter quasi fare a meno della menta, ma è un’illusione. Le condizioni di lavoro sono terrificanti sia per gli uomini che per i bambini che versano nelle vasche piene di acqua e coloranti naturali mescolando le pelli con le gambe e le mani ed assumendo essi stessi la colorazione del colorante. Non è certo migliore la via dei tintori che attraversiamo successivamente in cui un rigagnolo di acqua nera attraversa la strada a cielo aperto e nelle botteghe tutto è nero, compresi i proprietari. Torniamo sul pullman che ci aspetta per portarci a far visita ad una fabbrica dove si produce la famosa ceramica di Fes. Arrivati, siamo accolti dal fumo dei forni, talmente nero da impedire di vedere il cielo. Una volta entrati ci fanno assistere alla produzione dei vasi e all’operato dei decoratori che dipingono a mano e per finire alla composizione dei mosaici dove un paio di operai, con infinita pazienza, sagomano con utensili di fortuna minuscoli pezzettini di ceramica che poi formeranno il mosaico. Conclusa la visita, l’autobus ci riaccompagna in albergo non prima di averci fatto fare un giro panoramico di Fes vista dall’alto.
Venerdì 26/6/2003 Sveglia alle 7.00, anche oggi ci attende un bel viaggio, destinazione Rabat, la capitale. Il paesaggio che ci circonda durante il viaggio cambia improvvisamente. Fino ad ora eravamo abituati ad un paesaggio quasi desertico, ma adesso invece siamo circondati da campi verdi e coltivati. Lungo il tragitto incontriamo la prima delle nostre soste: Volubilis. Una antica città romana di cui sono rimasti resti piuttosto ingenti e degni di nota sono soprattutto i mosaici ben mantenuti. Anche in questo sito archeologico troviamo le sempre presenti cicogne che hanno nidificato sui resti delle colonne e ci controllano in volo durante la nostra visita. La sosta successiva è a Meknès. Una città voluta dal sovrano Moulay Ismail che cercò di creare una piccola Versailles in Marocco. Ci fermiamo per vedere i granai e le immense scuderie attive durante il regno del sovrano e ci accoglie un fresco inaspettato all’interno delle spesse mura. Peccato solo che il sito sia trascurato poiché il personale specializzato deve ancora verificare gli interventi da attuare e naturalmente i fondi stanziati per il restauro non sono ancora arrivati. Nel frattempo comunque sembra che qualcuno avesse deciso di realizzare dei bellissimi giardini pensili sul tetto della scuderia che col passare del tempo ne hanno provocato il completo crollo! Passando per il viale della morte giungiamo al Mausoleo di Moulay Ismail adibito a moschea, una delle poche visitabili. La moschea viene aperta appositamente per noi, di modo che abbiamo la possibilità di trovare subito le scarpe lasciate prima dell’ingresso alla zona della preghiera, alla fontana delle abluzioni ed alla camera sepolcrale. Proseguiamo poi per Rabat dove giungiamo a metà pomeriggio. Ci dirigiamo subito al Mausoleo di Mohammed V che visitiamo in lungo ed in largo assistendo anche al cambio della guardia ed abbiamo poi anche l’opportunità di vederlo illuminato, essendo il nostro hotel molto vicino a questo quartiere. Successivamente ci spostiamo nella kasbah per una veloce visita e ci troviamo immersi in un paesaggio dal gusto greco, essendo tutte le strette viuzze dipinte di bianco e blu; ci sentiamo un po’ spaesati e fuori luogo. Ultima destinazione l’attuale palazzo reale ed il quartiere dove vivono tutti i dipendenti legati alla corona, formando una città nella città che ha i suoi ritmi e si isola la sera chiudendo le porte presenti nelle mura che la circondano. Ci è possibile vedere solo i giardini e l’entrata principale, presidiata da una varietà di guardie, da una distanza di non meno di 30 metri. Forse anche qui temono qualche azione terroristica, visto gli ultimi avvenimenti a Casablanca ed hanno perciò istituito delle misure di sicurezza. L’Hotel dove alloggiamo è il più bello che abbiamo avuto sinora ma la stranezza è che per la prima volta il water è separato dal resto del bagno. Che sensazione di claustrofobia! Dopo cena, come al solito, vorremmo esplorare i dintorni ma ci viene vivamente sconsigliato dal personale alla reception, per cui, seguendo i loro consigli, ci limitiamo a percorrere un breve tratto di strada in gruppo nei dintorni dell’Hotel. In effetti il quartiere non è dei migliori e nemmeno le persone che incontriamo, per cui decidiamo di rientrare subito.
Sabato 27/6/2003 Nuovamente in viaggio per dare un’occhiata a Casablanca en passant ed ammirare la Moschea di Assan II, costruita rubando spazio all’oceano. La costruzione si presenta mastodontica al solo avvicinarsi e la maestosità è impressionante. E pensare che è una delle moschee più grandi del mondo contenente fino a 20.000 fedeli al suo interno ed 80.000 nel piazzale esterno. Il minareto domina la città con la sua altezza di 172 m e tutto attorno vi è una profusione di fontane, marmi, porticati. Peccato solo che la moschea sia in gestione ad un ente privato che ne permette la visita solo in orari prestabiliti e, visto il poco tempo programmato a Casablanca, non abbiamo l’opportunità di visitarla internamente. Una veloce fermata anche in place Mohammed V e ci dirigiamo verso il ristorante sito vicino alla spiaggia, su cui ci incuriosiscono piscine di ogni forma e dimensione che vengono parzialmente utilizzate per fare il bagno, essendo il mare molto mosso e pieno di correnti pericolose e nettamente in contrasto con la calma ed i colori delle piscine.
E’ tempo di rientrare a Marrakech perché l’indomani ci aspetta il volo di rientro e quindi ci dirigiamo verso la nostra meta passando per aree in parte già viste durante i precedenti spostamenti ed in parte nuove, come l’autostrada realizzata da ditte Italiane su cui incontriamo un numero limitato di macchine ed in proporzione un numero elevato di incidenti. Crediamo infatti che il metodo adottato sul resto delle strade del Marocco venga applicato anche in autostrada, creando qualche difficoltà alla circolazione. Nello spostamento incontriamo molti agricoltori che lavorano nei campi con metodi arcaici, raccogliendo ortaggi, mietendo, falciando tutto rigorosamente a mano. Poi ecco avvicinarsi la città anticipata dalla presenza di palmeti e verdi boschi. Siamo ritornati nella città che riteniamo di aver conosciuto meglio e nella quale ci rituffiamo nuovamente per gli ultimi acquisti, sino ad arrivare a perderci e vagare nei vicoli a caso, finendo poi inesorabilmente di nuovo nella piazza principale. La serata passa in relax, a causa anche di un inaspettato disturbo risentito da alcune persone dopo il pranzo a base di pesce del mezzogiorno, scrivendo le ultime cartoline ed in attesa del risveglio previsto per le … 4.30!! Domenica 28/6/03 Non siamo stati svegliati!!!! Qualcuno che aveva una propria sveglia personale passa parola a tutti gli altri e di corsa mettiamo fuori dalla porta le valigie, per fortuna preparate la sera prima, e ci apprestiamo a fare colazione sempre di corsa. Passiamo a recuperare altre persone in altri hotels e siamo giunti al momento fatidico del rientro, un po’ animato per Federica alle prese con il Dissenten già all’aeroporto e come uno zombie per il resto del viaggio passato quasi tutto a dormire. Per fortuna Luca invece ha uno stomaco da struzzo e riesce a godersi anche il viaggio di ritorno chiacchierando con i membri del gruppo che prendono il nostro stesso aereo. Dopo esserci scambiati i numeri di telefono ed indirizzi… è triste scendere e ritornare alla solita routine… In attesa comunque del prossimo viaggio (speriamo presto!).
Mentre scriviamo queste righe siamo ancora inebriati dal profumo delle spezie e dei medicamenti acquistati a Marrakech, che rievocano alla memoria luoghi ed atmosfere legate indissolubilmente a questo viaggio. Tanti piccoli particolari che colpiscono ognuno in maniera diversa e costituiscono un bagaglio di ricordi difficili da dimenticare. Anche se il nostro resoconto può non essere così preciso, sono ancora molto nitidi gli incontri avuti con le persone più disparate, la loro disponibilità nel parlare, la loro insistenza, lo stile di vita e la dignità nell’affrontare le difficoltà della vita, l’incontro con una cultura diversa. Forse un viaggio organizzato non permette di entrare a pieno nello spirito e nelle tradizioni del popolo Marocchino, a causa del breve tempo a disposizione e del programma obbligato che tende ad accontentare un turista smanioso di vedere, di fotografare e di acquistare souvenirs da mostrare poi al suo ritorno. Probabilmente il souvenir migliore è proprio l’impressione che ognuno riporta al rientro di questo paese così contraddittorio e sfaccettato, diversa a seconda delle varie persone. Il risultato comunque di questo viaggio, scambiando le impressioni al rientro con i nostri compagni di viaggio, è una mancanza interiore, un bisogno di tornare per riempire il vuoto che il rientro ha lasciato…Potremmo forse chiamarlo mal di viaggiare.