Marocco, seducente emozione
Dopo un’estate di lavoro, scegliamo proprio il Marocco per le nostre vacanze: infatti all’inizio di ottobre il caldo non è più soffocante come in agosto e il tempo è ancora bello e soleggiato, l’ideale per muoversi tra i vicoli delle medine e tra i palmeti delle oasi.
L’organizzazione del viaggio è cominciata come al solito mesi prima, studiando guide, articoli e ipotizzando possibili itinerari. Partiamo da subito con l’idea di un viaggio itinerante tra le città imperiali, un classico; poi pensiamo di estendere il viaggio nel sud per arrivare fino al deserto di Merzouga con un tour organizzato da Marrakech e infine decidiamo di lasciar perdere tour mordi e fuggi e ci convinciamo a noleggiare una macchina per alcuni giorni per andare liberamente alla scoperta di quei scenari naturali che si sono forse rivelati la parte più bella di questo viaggio. In 12 giorni avevamo messo in programma di visitare Marrakech, da lì partire in libertà verso le oasi e le kasbah del sud fino al deserto di Merzouga, per poi di risalire il Marocco fino a Fes e Meknes. Consiglio di lasciar perdere itinerari irrealizzabili, per visitare ogni singola località occorre tempo, gli spostamenti possono essere lunghi e in conclusione è meglio visitare una città in meno che non riuscir a cogliere l’essenza di quello che si è visto. Questo discorso nasce dagli incontri fatti in Marocco con altri turisti che ci raccontavano di tanti nomi di località, ore in macchina, ma in realtà di poche esperienze.
Noi con largo anticipo abbiamo prenotato voli Ryanair (andata su Marrakech e ritorno da Fes) al prezzo di 140€ a persona andata/ritorno, chiaramente con valigia. Abbiamo preferito anche prenotare tutti gli alloggi in anticipo su Booking.com; a posteriori ritengo fondamentale farlo per le città principali, mentre per la parte di viaggio on the road si può tranquillamente trovare una camera direttamente sul posto. La macchina l’abbiamo prenotata via internet con Europcar per 4 giorni al prezzo di 160€. Non essendoci la possibilità di riconsegnare la macchina a Meknes (questo vale per tutte le compagnie di noleggio) abbiamo dovuto scegliere la riconsegna a Fes, per poi prendere il treno verso Meknes. Nelle grandi città, soprattutto nella parte turistica della medina, è infatti impossibile ed inutile il suo utilizzo.
Dopo aver prenotato tutto, rileggendo la sezione della guida relativa alle festività di ogni paese mi cade l’occhio su una festività chiamata Eid al-Adha (festa del sacrificio) che cadrà proprio nei giorni del nostro soggiorno. Ci informiamo subito su internet per capire di cosa si tratta: dalle prime letture sembra una cosa sconvolgente, 3 giorni di festa in cui i negozi delle medine e siti sono chiusi e si vedono animali sgozzati per le strade; un’ecatombe per un turista alla scoperta delle bellezze del paese. A posteriori un’esperienza che si è rivelata davvero curiosa e che non ha avuto particolari impatti sulle nostre attività; anzi ha arricchito il nostro bagaglio di viaggio.
Partiamo quindi da Bergamo verso mezzogiorno e dopo circa 3 ore di viaggio atterriamo all’aeroporto di Marrakech. Pur essendo ottobre il clima è infuocato, sole, caldo e più di 35°C. Non cambiate assolutamente gli euro nella prima banca che si trova subito fuori l’area di ritiro dei bagagli. Aspettate di arrivare nell’ingresso dove troverete tanti cambiamonete con tassi quasi paragonabili a quelli del centro città. In aeroporto compriamo anche una SIM della Maroc Telecom utile sia per chiamare in Italia sia da sfruttare per la connessione internet durante il viaggio in macchina; un navigatore non fa mai male, soprattutto in città. In totale la paghiamo sui 25€ compreso l’abbonamento internet. Le tariffe chiamando in Italia con una SIM locale non sono comunque così buone come in altri paesi. Usciamo dall’aeroporto dove incorriamo nel racket dei taxi. Eravamo già preparati dall’Italia. Dopo qualche contrattazione concordiamo il viaggio per 100 Dh (1€ circa uguale a 11 Dirham durante il viaggio), scendere di più di prezzo era infatti impossibile. Tutti i taxisti sono d’accordo e non offrono una tariffa migliore di quella del collega che si trova per primo nella lista di attesa.
Arriviamo quindi al Riad Carina (126€ per 3 notti con colazione), situato nell’antica medina della città, in un vicolo che si trova proprio a ridosso delle mura del Palazzo El-Badi, antica residenza del sultano. Entriamo subito nel mondo dei riad: strada chiassosa all’esterno, silenzioso cortile interno con piante e fiori su cui si affacciano poche camere all’interno. Gustiamo il nostro primo tè alla menta del nostro viaggio; ne seguiranno tanti altri. Dopo aver lasciato i bagagli in camera ci incamminiamo verso la Piazza Djemaa el-Fna, davvero facile da raggiungere a piedi dal nostro alloggio. La piazza è davvero immensa e sempre piena di vita. Suonatori, venditori d’acqua, incantatori di serpenti, scimmie, cantastorie, banchetti di cibo, di tè, di pozioni berbere, di arance, di frutta secca. Sicuramente ho dimenticato qualcosa. Le attrazioni sono comunque innumerevoli ad ogni ora e lo spettacolo è comunque garantito. Dalla piazza principale non si diramano solo le vie labirintiche del souk a nord, ma si possono anche osservare magici tramonti con sfondo l’imponente minareto della moschea Koutoubia. Noi proviamo subito una spremuta d’arancia per soli 4 Dh, davvero ottima. Attendiamo quindi ora di cena scoprendo il fulcro della città, tra i vari figuranti che l’hanno resa famosa in tutto il mondo. Per cena facciamo una cosa da veri turisti, cenando in uno dei banchetti allestiti proprio poco prima del tramonto. Mangiamo per 100 Dh (più mancia, sempre da prevedere) un cous cous alle verdure, spiedini misti di carne e insalata marocchina. Come detto i banchetti sono da turisti, ottima location, ma qualità non eccelsa. Il personale è comunque simpatico e si presta a foto con i clienti. Stanchi per il viaggio ritorniamo al riad per un meritato riposo.
Il giorno seguente, dopo un’abbondante colazione, partiamo alla scoperta della città. Visitiamo l’edificio proprio accanto al nostro riad: il palazzo El-Badi (20 Dh a persona). Qui scopriamo da dove proveniva lo strano rumore sentito durante tutta la notte: il palazzo è infatti casa di tantissime cicogne che nidificano sulle sue antiche mura. Il rumore nella notte era proprio lo sbattere del becco utilizzato da questi uccelli per scacciare gli intrusi. Il palazzo che è stato casa del sultano è ormai privo dei suoi antichi splendori; sono rimaste infatti ormai solo spoglie mura che circondano grandi vasche di acqua. La maestosità che doveva caratterizzarlo nel passato si può solo immaginare grazie alle piastrellino smaltate rimaste su alcuni pavimenti. La cosa più bella è comunque la fantastica vista che si può avere dalla terrazza che spazia su tutta la medina, fino al minareto rosa della Koutoubia. Da qui i nidi delle cicogne sono davvero a poca distanza.
Lasciato l’antico palazzo ci incamminiamo verso le tombe dei Saaditi (10 Dh a testa); sono a poca distanza e per raggiungerle si passa nel caratteristico quartiere della Mellah, l’antico quartiere ebraico. Qui tra porte e finestre decorate entriamo per la prima volta in contatto con la vita di tutti i giorni marocchina, fatta di mercati all’aperto, verdure fresche, facce scavate dagli anni e contrattazioni. Passiamo tra banchi dove la frutta e la verdura sono accuratamente accatastati, dove si vende ancora la carbonella e dove le macellerie espongono i loro tagli migliori appesi sulle strade al di fuori dei loro negozietti. Le tombe sono meritatamente affollate dai turisti. Si tratta essenzialmente di un piccolo giardino su cui si aprono nicchie finemente decorate in cui sono solennemente poste le tombe di questa dinastia di sultani. La maestria degli artigiani marocchini è davanti ai nostri occhi: legno, ceramica e gesso scolpiti con precisione e raffinatezza sorprendente. La stessa tecnica la si nota al palazzo Bahia (10 Dh a testa l’ingresso), in cui si ammirano armoniose fontane nei cortili centrali che si affacciano su stanze che pur essendo spoglie di mobili, rapiscono per gli intarsi e decorazioni. Spettacolari i lampadari che scendono dai soffitti in legno tra fasci di luci che filtrano dalle piccole finestre.
Ancora non sazi di cultura attraversiamo la città fino alla piazza Djemaa el Fna e ci inoltriamo per la prima volta tra i souk in direzione Medersa di Ali ben Youssef (50 Dh). Come consigliato dalla guida lasciamo da ora in poi perdere la cartina, l’unico riferimento sarà dato da sporadici cartelli che indicano i monumenti principali e il flusso delle persone. Come nota generale consiglio di fare molta attenzione al portafogli e agli oggetti di valore in genere. Le vie strette e le molte persone rendono proficua l’attività dei ladri. Gli zaini sono molto sconsigliati. Muoversi nei souk può essere stancante; non tanto per il labirinto in cui si è catapultati ma soprattutto per le insistenti false guide. Appena ci si ferma si è immancabilmente affiancati da una persona che, generalmente, vi proporrà varie destinazioni, tra le quali, la più di moda, sono le concerie. Nonostante questi inconvenienti lo spettacolo che si ha è fantastico; quasi per caso ci troviamo nel settore del pellame, poi in quello dei lanternai e infine in quello del vetro. Arrivato alla medersa (antica scuola coranica) rimaniamo stupiti dall’armonia della vasca centrale su cui si affacciano le finestrelle in legno delle stanze riservate agli studenti. La possibilità di salire per affacciarsi sul cortile direttamente dalle piccole stanze è imperdibile. Lo spettacolo degli intarsi, comune a tutti gli edifici visitati, indescrivibile. Usciti veniamo abbordati da una delle false guide che ci invita a seguirlo in direzione delle concerie, che secondo lui, dall’indomani saranno chiuse a causa delle imminenti festività. Per non rischiare di perderle ci fidiamo. Chissà se era una scusa usata tutti i giorni.. In ogni caso l’abbiamo ritenuta plausibile.
Dopo una passeggiata tra vie con odori sempre più maleodoranti raggiungiamo le concerie. Qui ci offrono un ramoscello di menta e un signore ci accompagna per un piccolo tour del posto. Ci spiega che le concerie sono amministrate da famiglie arabe e berbere e che ogni giorno della settimana viene preparata una colorazione diversa per le pelli. Il nostro è il giorno del verde. Camminando sul bordo delle vasche scopriamo il processo di lavorazione che si basa ancora su antiche tecniche che prevedono in una prima fase l’utilizzo di ammoniaca e di cacca di piccione, poi coloranti naturali come zafferano e papavero per l’ottenimento del colore finale. Gli uomini immersi nelle vasche lavorano le pelli manualmente, esposti alle sostanze chimiche e ai cattivi odori. Come sapevamo il tour gratuito si rivela comunque un pretesto per fare un acquisto nell’adiacente negozio. Noi non compriamo niente (vedremo per tutto il viaggio le medesime merci con i medesimi disegni in ogni località visitata) e dopo un’attesa sceneggiata con falsa guida e cicerone lasciamo 50 Dh e ce ne andiamo via in taxi. Tutto sommato la cifra ci è sembrata equa per il tour, la spiegazione ricevuta e le foto. Per 30 Dh il taxi ci porta nella Ville Nouvelle per la visita ai Jardin Majorelle (entrata 50 Dh). I giardini sono molto belli e ben curati, offrono panchine all’ombra tra tantissime specie di piante da tutto il mondo. Le strutture sono caratterizzate dai colori blu e giallo che accompagnano il visitatore tra i pergolati e i laghetti interni. Il posto merita una visita ma è sicuramente sovra prezzato. Mangiamo due wrap (130 Dh) ad un cafè nelle vicinanze e ritorniamo verso piazza Djemaa el Fna. Ci riposiamo un attimo all’ombra nei giardini della moschea Koutoubia prima di ritornare verso il Riad. La moschea, come tutte le altre in Marocco (tranne poche eccezioni) non è visitabile dai non musulmani e quindi ci limitiamo a sbirciare dalla porta. Usciamo per cena fermandoci al ristorante Chegrouni, affacciato su un lato della piazza principale. Mangiamo per soli 100 Dh un tajine di pollo con cipolle e limone, zuppa di verdure e insalata marocchina. Dopo una passeggiata tra le attrazioni della Djemma el Fna facciamo ritorno versa la nostra camera per un meritato riposo.
L’ultimo giorno a Marrakech lo dedichiamo alla visita del souk, forse la principale attrazione della città. Raggiungiamo piazza Djemaa el Fna tra carretti che trasportano il pane ancora caldo, venditori di melograni e fichi d’india. Appena entrati nel souk siamo avvolti dagli odori e dalle stupefacenti immagini. Incontriamo appena entrati i venditori di menta, poi quelli di olive e di mechoui (agnello che viene cotto in contenitori di terracotta). Ci perdiamo tra i sarti che confezionano le tradizionali tuniche marocchine, fabbri intenti a battere il ferro, calzolai e pellettieri. Ogni settore ha la sua specialità e i venditori non sono mai aggressivi. I prezzi ci sono comunque sembrati elevati rispetto alle altre città. Tra i punti più caratteristici quello dei venditori di lanterne di vetro colorato o metallo, i piatti intagliati, le famose teiere a becco marocchine e i venditori di spezie e frutta secca. Ci fermiamo per pranzo da Chez Brahim (130 Dh) dove mangiamo cous cous di pollo con verdure, spiedini di pollo, insalata e arance alla cannella, tutto buono. Dalla terrazza osserviamo lo scorrere della vita, tra fornai, paninoteche improvvisate, gente che ritorna a casa con le sporte piene dopo il mercato e le famiglie che, preparandosi per l’imminente festa, riportano a casa le pecore appena acquistate.
Il pomeriggio ci rilassiamo un po’ al riad, dove dalla terrazza, ammiriamo le cicogne nei loro nidi. Ritorniamo poco prima del tramonto in piazza Djemaa el Fna pronti per appostarci su uno dei tanti locali che si affacciano sul fulcro della città. Saliamo sulla terrazza del “Le Grand Balcon Cafè Glacier” (obbligatoria la consumazione, 30 Dh a bibita) dove veniamo colpiti dalla pioggia. Incredibile ma vero, con il sole in lontananza si scatena un brevissimo temporale che si placa per fortuna in pochi minuti. Il tempismo è ottimo perché il fuggi fuggi della gente ci permette di accaparrarci delle sedie in prima fila sulla piazza. Passiamo il tempo a scattare foto, osservando quello che viene giustamente definito come teatro vivente. Lo spettacolo è assicurato dal fumo bianco che avvolge la sera buia alzandosi dai ristorantini allestiti. Ci godiamo lo spettacolo dall’alto e poi tra la folla, prima di raggiungere la famosa pasticceria “Patisserie Des Princes” dove proviamo una millefoglie alla vaniglia, coppe al gelato e le corna di gazzella (dolcetti tipici di pasta di mandorle e arancia). Salutiamo Marrakech ritornando verso il riad. La città è davvero molto bella, merita una visita e non richiede troppi giorni per essere scoperta. Imperdibile!
La mattina seguente ci svegliamo presto e in taxi raggiungiamo l’ufficio della Europcar nella ville nouvelle. Dopo aver sbrigato le pratiche ci viene consegnata la nostra macchina, una Peugeot 206, non proprio nuova, ma funzionale a parte qualche cigolio di troppo. Lasciamo la città tra macchine, camion, autobus e asini che trainano carri. Per strada in Marocco si vede un po’ di tutto. Lasciata la città ci dirigiamo verso il passo Tizi n’Tichka, il più alto del Marocco, a più di 2000 m di altezza. La strada passa tra villaggi e il traffico, avvicinandosi sempre di più al passo, si fa notevole. Infatti questa strada costituisce l’unico mezzo di comunicazione tra Marrakech e la regione ad est del paese e quindi si può trovare sul proprio tragitto qualsiasi mezzo, anche autobotti di gasolio che con quelle pendenze non possono andare più veloci dei 30 km/h. Probabilmente anche molte persone che lavorano a Marrakech avevano deciso di far rientro ai loro paesi natali per la festa dell’ Eid al-Adha; questo spiega forse anche la guida non molto prestante di molte persone incontrate sul tragitto. Ad ogni modo la strada è a dir poco spettacolare: si incontrano prima montagne di un colore rosso fuoco, vallate brulle che d’improvviso diventano verdi in corrispondenza dei rari fiumi, villaggi in pietra con donne ancora intente a lavare i vestiti nei torrenti. Il passo è spettacolare con prati verdi dove pascolano i greggi dei pastori berberi, venditori di mele e autostoppisti ad ogni dove. Arrivati in cima la discesa è più veloce e la possibilità di superare i mezzi lenti è maggiore. Per 200 km impieghiamo circa 4 h invece delle 2 e mezza suggerite da Google Maps. Lasciata la strada principale ci dirigiamo verso Ait Ben Haddou, la famosa kasbah, celebre soprattutto per i molti film di Hollywood lì girati. La strada secondaria è pessima, una carreggiata asfaltata in cui passa a mala pena una macchina. In generale tutte le strade fatte, tranne qualche eccezione, sono state comunque buone in Marocco, mai troppo larghe, ma in genere ben tenute; la segnaletica a dir poco insufficiente invece per il turista può costituire un problema se non si ha una mappa o un navigatore (noi usavamo mappa Michelin comprata in Italia prima della partenza e ogni tanto il navigatore sul cellulare per capire la nostra posizione).
Arrivati ad Ait Ben Haddou abbiamo lasciato la macchina in un parcheggio e ci siamo incamminati nel letto di un torrente quasi secco verso la cittadella. La kasbah dalla parte opposta del fiume in secca è davvero suggestiva. Lasciamo perdere alcuni bambini che ci chiedono monetine ed entriamo dalla porta principale (10 Dh); saliamo tra i gradini e antiche mura in mattoni di fango ben restaurate. Arrivati in cima ammiriamo un fantastico panorama: le torri che si innalzano dalla kasbah decorate con finestrelle e motivi arabeggianti, un lungo serpente di verde che costeggia il fiume e tutto intorno rocce brulle e spoglie, appiattite dal tempo. Compriamo un disegno fatto con un’essenza allo zafferano da un’artista per 30 Dh e lasciamo la rocca, ormai solo abitata durante il giorno dai venditori di souvenir. Mangiamo un panino al pollo al volo per 70 Dh e facciamo ritorno alla macchina: destinazione l’oasi di Skoura. La strada più libera ed agevole ci porta in poco più di un’ora all’oasi di Skoura dove abbiamo prenotato il nostro hotel il “Kasbah Dar Dmana”. Lasciata la strada principale seguiamo prima i cartelli del nostro alloggio, poi un ragazzo in scooter che ci scorta attraverso il letto pietroso di un fiume in secca (proprio quello davanti alla famosa Kasbah Amridil) fino al nostro alloggio, nascosto nel palmeto della città. Esperienza indimenticabile, soprattutto per la macchina sballottata tra buche e sassi.
Lasciate le valigie nel nostro hotel, una kasbah di recente costruzione in mattoni di fango e paglia e dopo il solito tè di benvenuto, ci accordiamo con il simpatico ragazzo che ci ha accompagnato in scooter per una passeggiata assieme nell’oasi (100 Dh per quasi 3 ore). Durante la passeggiata ci racconta la storia dell’oasi, la vita delle persone che vi abitano e di come le persone si sono da sempre ingegnate per risolvere il problema dell’acqua. Camminiamo tra palme da dattero, canali di irrigazione e kasbah in rovina ovunque. I turisti sono davvero pochi, il ché rende il luogo ancora più magico. Ci colpisce la terra, riarsa dal sole e fratturata in tanti piccoli veli: la pioggia non si vede da molto tempo. Raggiungiamo la kasbah Amridil (10 Dh), dove ci vengono mostrati gli attrezzi utilizzati nel passato, le moli, i frantoi e le stanze dove vivevano animali e persone. Raggiunto il piano superiore ci accorgiamo di un vento sempre più forte che alza nell’aria la polvere del letto del fiume in secca: sembra una vera e propria tempesta di sabbia. Per fortuna il tempo regge e ci permette di continuare la nostra passeggiata tra i campi coltivati, contadini che si riposano all’ombra delle palme e ksour in rovina. Ritornati in hotel ammiriamo i tanti villaggi illuminati nella sera che caratterizzano l’oasi: qui la vita scorre ancora lenta, tra la vita nei campi e le tradizioni della famiglia. Ceniamo obbligatoriamente all’hotel essendo praticamente nel nulla. Mangiamo una harira (zuppa tradizionale marocchina) e il migliore tajine di pollo mangiato in Marocco. Si sente che è stato preparato in modo casalingo, con verdure del posto, dalla moglie del proprietario. In quel momento eravamo gli unici clienti. Poco dopo, incredibilmente si alza un temporale, già preannunciato nel pomeriggio dal forte vento. Nella realtà non piove per molto tempo ma i fulmini in cielo sono tanti e spettacolari. Proprio sotto la pioggia arrivano tre motociclisti inglesi, che ci racconteranno poi di essere stati portati dal paese principale proprio nell’oasi, in questo posto disperso, da un ragazzo in scooter. Anche loro comunque sono rimasti senza parole per il luogo, la cordialità delle persone e il prezzo (solo 20€ a notte).
Il giorno seguente, ammiriamo l’alba tra le palme, e ripartiamo in direzione Gola del Dades. La strada che costeggia un corso d’acqua ci porta a Kelaa M’Gouna dove ci fermiamo a comprare per pochi soldi una crema all’argan e un olio al profumo di rose, la specialità della zona. Arrivati a Boumalne du Dades lasciamo la strada principale e su una strada secondaria ben tenuta ci muoviamo verso la gola. Ben presto ci troviamo immersi in paesaggi spettacolari. Montagne rosse con rocce che assumono le forme più varie, pinnacoli che si innalzano da terra come le dita di una mano. Poi subito sotto, il fiume che disegna una striscia verdissima di vegetazione. Di tanto in tanto incontriamo antiche kasbah che quasi si mimetizzano con le rocce rosse che le fanno da sfondo. Dopo vari irrinunciabili stop fotografici arriviamo ad una salita ripidissima, che dal livello del fondo valle scavato dal fiume Dades si inerpica verso la parte più alta delle pareti della gola. Una dozzina di strettissimi tornati traccia una delle strade più spettacolari al mondo. La salita non è cosa facile neppure per la nostra macchina. Stop fotografici durante la salita sono altamente sconsigliati se sprovvisti di una macchina adeguata. Arrivati in cima ci fermiamo ad ammirare lo splendido panorama. L’attrazione in sé non è la bellissima gola, ma la strada, con i suoi tornanti e pendenze. Il fiume azzurrissimo e le ripide pareti della gola passano in secondo piano. Per giungere qui abbiamo impiegato circa un’ora e mezza da Skoura, considerando le tante soste fatte durante il tragitto. Mangiamo un panino al manzo in un café proprio a strapiombo sulla gola e poi ripercorriamo all’indietro la strada fatta in mattinata fino alla strada principale. Ci muoviamo veloci sulla strada che costeggia un deserto pietroso intervallato in corrispondenza dei rari fiumi da aree verdi. Arriviamo a Tinerhir dopo un’oretta e prima dell’attraversamento di un fiume svoltiamo a sinistra in direzione della Gola del Todra. La strada qui è un po’ dissestata, ci sono lavori in corso. Saliamo di quota e non resistiamo a fermarci per ammirare lo splendido panorama: deserto pietroso, montagne brulle, campi coltivati, fertili palmeti e ksar in rovina in un’unica immagine. Arriviamo al nostro hotel che si trova in un piccolo villaggio poco prima della gola, la Maison d’Hote Valentine (30€ a notte). La location è come sempre fantastica. L’hotel è immerso tra le case degli abitanti del villaggio, tra piccole stalle dove sostano pecore, asini e mucche. Dalla terrazza si gode una fantastica vista sul fiume Todra che esce dalla gola poco distante e si getta in un’oasi fertilissima in cui i campi sono delimitati da ingegnosi canali. Lasciamo le valigie e ci incamminiamo a piedi lungo il fiume tra le palme da dattero. In una decina di minuti siamo all’imbocco della gola. Qui la strada entra, con il fiume al suo fianco, tra da due ripide pareti rocciose. Essendo la fine della stagione secca la portata del fiume è relativamente bassa. Il posto è avvolto da bancarelle per turisti che evitiamo con attenzione. I panorami che si aprono alla fine del percorso sono i più belli, con alte montagne sfidate dagli rocciatori. Ritornati al villaggio ci godiamo le ultime luci del sole camminando sul bordo dei piccoli canali d’irrigazione che si diramano tra i campi coltivati. È uno spettacolo vedere la gente del posto ancora vestita con gli abiti tradizionali curare gli animali, lavare il bucato nel fiume e chiacchierare tra i campi. Forse è proprio questo essere immersi in una vita tanto diversa dalla nostra che più ci è piaciuto di questa tappa del nostro viaggio, molto più della gola in sé. Ceniamo in hotel con il solito Tajine, prima di fermarci sul terrazzo a guardare le stelle e fare tappa nel letto.
La mattina seguente è il giorno della grande festa: l’Eid al-Adha. In tutti i villaggi fervono i preparativi innanzi alle moschee. Noi invece ci spostiamo ancora più verso est, fino al deserto di Merzouga, l’Erg Chebbi. Seppur il panorama sia sempre fantastico, non troviamo motivo per fermarci fino ad Erfoud. Qui facciamo sosta tecnica al museo dei fossili (gratuito), niente di che. Poi ci muoviamo verso Rissani passando tra i tanti paesini in fervore. Viaggiando per più ore in macchina abbiamo potuto comprendere le varie fasi del rito del’Eid al-Adha. Prima la preghiera collettiva nel cortile delle moschee, poi il ritorno nelle case dove è in programma la parte più macabra del rito dal punto di vista di un occidentale: il sacrificio. Gli animali, solitamente pecore, sono appese ad un albero in giardino e poi sacrificate. A noi è sembrato quasi di stare in un film, con le scene che progredivano in ordine temporale pur avvenendo sempre in case diverse. A Rissani proviamo di percorrere il Landmark Loop, citato da più guide. L’inizio del percorso è ben segnalato, poi più nulla. Nonostante tutto questo la deviazione merita davvero in quanto si passa tra ksar (villaggi fortificati) antichi ancora abitati. Antiche torri di pietra circondano ancora la colorata porta principale di ingresso. Un robusto portone protegge un labirinto di vicoli che porta nelle abitazioni familiari. Le poche automobili sono per ovvi motivi parcheggiate al di fuori delle mura. Visitiamo il santuario di Moulay Ali ash-Sharif (gratuito) e uno ksar nelle vicinanze con un ragazzo del posto per 20 Dh.
Ripresa la macchina ci avviciniamo sempre più al deserto. Prima venditori di fossili e strane formazioni spianate rocciose, poi incontri sempre più frequenti con dromedari liberi nella steppa ce lo preannunciano. Scorgiamo in lontananza alte dune di sabbia che si innalzano da una piana arida e rocciosa. L’Erg Chebbi è una distesa di sabbia di circa 10 x 40 km al confine con l’Algeria. Noi raggiungiamo il villaggio di Hassi Labid, poco prima di Merzouga, dove veniamo accolti dal simpatico proprietario dell’agenzia “Explore Sahara Tours”. Ci eravamo già accordati in precedenza con questi ragazzi via internet per organizzare una notte nel deserto, il tutto al prezzo di 30€ a persona. Essendo arrivati in anticipo ci fermiamo a fare due chiacchiere con Hassan, un ragazzo di origine tuareg, che ci racconta la storia del suo popolo, di come è cambiata la loro vita con l’arrivo del turismo e degli incontri nel deserto. Il tutto chiaramente davanti ad una tazza di tè. Verso le 4 a bordo di dromedario partiamo assieme a due ragazze spagnole verso l’accampamento. Il dondolare lento ci accompagna tra le dune rosso ocra dell’Erg Chebbi sferzate dal vento. Nessuno in lontananza. Arrivati all’accampamento, costituito da tante tende, una piccola cucina e un bagno, ci dilettiamo con lo snowboard (o forse meglio, sandboard). Ci divertiamo a scalare le dune e ad osservare lo zampettio sulla sabbia dei tanti scarabei. Con un grande sforzo saliamo sulla duna più alta (quasi 160 m) per osservare il tramonto. Neanche lo sfrecciare di qualche jeep tra le dune ci fa perdere l’atmosfera magica del tramonto tra le dune. Ritornati in accampamento i nostri accompagnatori ci hanno già preparato la cena: zuppa, tajine di pollo e yogurt. Scopriamo che anche altri 4 ragazzi sono giunti all’accampamento. Sempre 2 italiani e 2 spagnoli. Passiamo la serata tra chiacchiere, canti tuareg, italiani e spagnoli al ritmo dei tamburi. La notte un altro spettacolo. Una miracolosa sveglia lasciata incautamente puntata da un ragazzo spagnolo mi sveglia alle 5. La fastidiosa luna piena è ormai tramontata e il cielo stellato è un vera meraviglia. Da non perdere.
Poco dopo le 7 ci svegliano. È il momento dell’alba. Ammiriamo il sole che illumina piano piano le dune striate come le onde di un mare. Scopriamo i segni del passaggio notturno di molti animali, tra cui il fennec, la sfuggente volpe del deserto. Risaliti a bordo del cammello siamo in un’oretta alla guesthouse dove avevamo parcheggiato la macchina. Doccia veloce nella nostra camera, colazione e via di nuovo; questa volta verso Fes. In macchina riattraversiamo Rissani, Erfoud e poi Er-Rachidia con la splendida valle del fiume Ziz fino a Midelt. Qui i panorami sono opposti a quelli visti i giorni precedenti, con la vegetazione che via via aumenta spostandosi verso nord. Attraversiamo passi montani incredibili con foreste di pini, poi di cedri e fertili pascoli in quota. Qui tra i tanti torrenti i pastori controllano i greggi di pecore e mucche. Tra le vallate ancora si scorgono le tende dei nomadi, sempre alla ricerca di pascoli più verdi. Nella foresta poco prima di Azrou attraversiamo un’ombreggiata foresta di cedri, il regno delle bertucce berbere. Le scimmie sono ormai abituate ai turisti e si lanciano direttamente sul cofano delle macchine in sosta in cerca di cibo. Non farete molta fatica a trovarle. Scattata qualche foto scendiamo verso Fes attraversando l’irreale città di Ifrane. Qui il traffico aumenta sensibilmente essendo nella periferia della grande città. Dopo qualche patema raggiungiamo la Ville Nuovelle di Fes e precisamente l’agenzia dell’Europcar, dove, dopo 1193 km di viaggio e 80 € circa di benzina (in totale nei 4 giorni di affitto della macchina), lasciamo la nostra Peugeot. In taxi ci facciamo portare all’hotel Ibis (40€), che si trova proprio a fianco della stazione dei treni. L’ultima tappa di quasi 500 km è durata 7 ore. Compriamo i biglietti del treno per Meknes (60 Dh a/r a persona in prima classe) e usciamo per cena al Mc Donald’s. Siamo ormai un po’ stanchi di tajine e cous cous. Facciamo una passeggiata nella Ville Nouvelle (davvero povera di attrattive) e faticosamente convinciamo un taxista a portarci all’hotel (30 Dh). Il tassametro scordatevelo in tutto il Marocco (tranne che a Meknes). Poco dopo siamo già a letto per riposarci prima del nuovo spostamento previsto l’indomani.
Alle 8 siamo già in partenza alla stazione di Fes verso Meknes. I treni sono ben tenuti, moderni e le stazioni organizzate e sicure. Il treno attraversa fertilissime campagne coltivate e in poco tempo ci porta alla nostra destinazione. Con un taxi (con tassametro) raggiungiamo la piazza principale di Meknes in cui abbiamo appuntamento con il gestore del riad già prenotato dall’Italia. Place El-Hedim ci accoglie vuota e tranquilla, ancora sonnolente dopo le celebrazioni dei giorni passati. La piazza è chiusa dai quattro lati dall’antica medina, dalle possenti mura della città imperiale e dal mercato coperto. Ci fermiamo in un café per la colazione e, seguendo il gestore del riad tra i vicoli della medina, arriviamo al Riad La Maison d’à Cote(40€ a notte). La struttura ha solo 3 camere, incredibilmente spaziose, con soffitti in legno del 1800 intagliati. Il giardino interno accoglie alberi di arance e banane. Qualità incredibile per soli 40€. Ci accordiamo con una guida del posto per una visita nella città vecchia di alcune ore per 100 Dh. Camminiamo tra gli stretti vicoli individuando gli elementi che contraddistinguono ogni quartiere arabo: la fontana, il forno, la moschea e la scuola coranica. Osserviamo le famiglie che portano il loro pane preparato nelle case al forno per essere cotto e le vie colorate del quartiere ebraico, l’antica Mellah. Qui, tra banchi improvvisati di verdura, frutta e menta rimaniamo ipnotizzati dai vivaci colori delle antiche case, ormai in gran parte abbandonate: il quartiere ha un fascino tutto suo, seppur alla prima vista può sembrare malandato. Il resto della città, ridipinto dopo l’ingresso della città tra i siti Unesco, ha perso forse parte del suo antico carattere. Visitiamo la medersa Bou Inania (10 Dh), grandiosa come tutte le altre che abbiamo incontrato nel nostro viaggio. Ci fermiamo in un negozio di spezie dove acquistiamo zafferano, curcuma, tè verde e profumo tradizionale berbero per l’equivalente di 25€. Ritorniamo in piazza El-Hedim per mangiare uno shawarma in uno dei tanti locali.
Il pomeriggio visitiamo la città imperiale attraversando la maestosa porta Bab El-Mansour. Visitiamo prima lo stupendo mausoleo di Moulay Ismail (gratuito), finemente decorato con zeliji, fontane e lampadari; a piedi raggiungiamo poi le scuderie di Moulay Idriss (10 Dh) che si rivelano però non particolarmente interessanti. Dopo esserci riposati sulle panchine del vicino laghetto artificiale facciamo ritorno alla medina per passeggiare tra le strette vie del mercato coperto. In questo mercato sono in vendita olive, spezie, carne e dolciumi in un contesto igienico alquanto dubbio. Ci fermiamo poi ad osservare il via vai dei tanti artisti di strada e venditori di cibo che affollano la piazza prima del tramonto creando l’atmosfera di una piccola Djemma el-Fnaa. Alla sera ceniamo al Pavillon des Idrissides, locale con terrazza panoramica sulla piazza principale. Mangiamo insalata e omelette berbere per un totale di 230 Dh. Sicuramente la qualità della posizione è stata superiore a quella del cibo. Dopo una breve passeggiata facciamo ritorno al riad per la notte.
Il giorno seguente ci prepariamo a visitare le città di Volubilis e Moulay Idriss. Infatti il giorno precedente ci eravamo già accordati con la guida per l’organizzazione di questa gita fuori porta (costo standard 350 Dh). Il taxi, una vecchia Mercedes, ci sembra alquanto fatiscente e infatti, dopo pochi minuti, l’asse posteriore delle ruote si incrina e il nostro giro sembra andare subito in fumo. Per fortuna il taxista chiama il fratello (un altro taxista) che si prende carico di noi e ci scorta, con lo stesso modello di macchina, tra le colline che circondano Meknes coltivate ad ulivo. Giungiamo quindi dopo qualche peripezia all’entrata dell’antico sito di Volubilis (entrata 10 Dh). Evitiamo di prendere una guida all’ingresso e incominciamo la nostra visita. Il sito romano, il meglio conservato del Marocco, richiede almeno un’ora di visita. La cosa più bella da vedere per un italiano, ben avvezzo ai fasti degli antichi, sono i magnifici mosaici perfettamente conservati e il bel panorama che si gode dalla collina sulla piana vicina. Raggiungiamo poi in taxi la vicina Moulay Idriss, antica città sacra per l’Islam, in passato interdetta agli infedeli. Prendiamo una guida per 70 Dh in modo tale da visitare in breve tempo gli angoli più suggestivi della città e i migliori punti panoramici. Entriamo ancora nella vita di tutti i giorni delle città marocchine, tra strette vie che si inerpicano sulle colline in cui è molto più facile incontrare un asino rispetto che una macchina. Vediamo forni, fontane e il grande santuario di Moulay Idriss. Infine raggiungiamo il punto panoramico da cui si può godere dall’alto di una vista suggestiva della piccola città: case imbiancate a calce che risalgono il fianco della collina, le tegole verdi del santuario, gli alti minareti squadrati pronti al richiamo dei fedeli per la preghiera.
Ritornati a Meknes mangiamo un panino in piazza El-Hedim e visitiamo il Museo Dar Jamai (Dh 10). Il museo merita assolutamente una visita, non solo per le centinaia di oggetti di artigianato marocchino esposti, ma anche perché si ha la possibilità di vedere un edificio storico completamente ammobiliato. Spendiamo le ultime ore in città tra i souk della medina, molto più facili da visitare rispetto quelli di Fes e Meknes ma sicuramente meno forniti.
Lasciamo Meknes in treno con l’unico rammarico di non aver potuto scoprire a fondo le tante botteghe artigiane della medina perché chiuse dopo l’Eid el-Adha. Arrivati in stazione a Fes prendiamo un taxi per 40 Dh verso la città vecchia e più precisamente verso la porta Bab Bou Jeloud. Attendiamo presso la maestosa porta blu l’arrivo di un inserviente del Dar Mehdi, alloggio nella medina scelto per le nostre ultimi notti in Marocco (40€ a notte). Risaliamo la via Talaa Kebira tra banchi di frutta secca, macellai, venditori di pollame fino a raggiungere una via laterale che ci porta al nostro Dar. Il Dar Mehdi si rivela anch’esso stupendo, un palazzo antico perfettamente tenuto e gestito da simpaticissimi ragazzi. Usciamo per cena e proviamo un locale che diventerà nei giorni seguenti una tappa fissa, il Café Clock. Qui la cucina marocchina è reinterpretata in chiave moderna con risultati eccellenti. La terrazza cosmopolita poi merita un’ulteriore citazione. Ceniamo con un tortino di melanzane, tabbouleh con falafel e zuppa harira con datteri (175 Dh). Sazi ci allontaniamo di poco dalla zona dell’hotel in quanto ancora totalmente inesperti delle dinamiche e della geografia della medina.
Dopo un’ottima colazione sulla terrazza cerchiamo di orientarci tra le vie del souk per raggiungere di prima mattina le concerie Chaowara. Seppur venga indicato da più guide e siti che è più facile orientarsi a Fes rispetto che a Marrakech, noi abbiamo provato la sensazione opposta. Innanzitutto i tanto decantati percorsi colorati dell’ufficio del turismo sono del tutto precari: ogni tanto ci sono e ogni tanto no (a Marrakech ci sono e anche più nuovi). Poi, mentre Marrakech ha un grande punto centrale di orientamento dato dalla piazza Djemaa el-Fna, Fes presenta due strade più o meno parallele che si muovono nella Medina: Talaa Kebira e Talaa Seghira. Capire esattamente il punto in cui ci trova risulta per questo motivo più difficile, non esistendo un grande punto di riferimento. Nonostante tutto riusciamo ad arrivare alle concerie senza richiedere “l’aiuto” delle onnipresenti false guide. Saliamo sulla terrazza di uno dei tanti negozi di prodotti di pelle e, come un campo da calcio racchiuso tra tanti edifici, ci appaiono le vasche colorate usate per la colorazione delle pelli. Qui, a differenza di Marrakech, tutti i colori sono presenti lo stesso giorno: rosso, giallo, verde, blu. Un ragazzo ci illustra rapidamente il processo di lavorazione, che ormai conosciamo già bene. Ci fermiamo ad osservare le pelli trattate appena estratte dalle vasche lanciate sui tanti asini onnipresenti in città e le pelli ormai colorate che vengono poste al sole per l’essicazione. Il momento migliore della visita? Forse non il primo mattino in quanto il sole ancora basso proietta l’ombra degli edifici circostanti su parte delle vasche rendendole meno fotogeniche. Lasciamo una mancia al negoziante che ci ha lasciato salire e ci immergiamo nei vicoli dell’antica Fes, tra le botteghe artigianali. Per caso ci troviamo tra produttori di pettini, tra i pentolai che lavorano l’ottone, venditori di spezie e ceramiche. Troviamo come unico punto di riposo nella città vecchia la piazza R’cif, zona recentemente ristrutturata e dotata di qualche panchina (una rarità in città) sui cui riposarsi senza scocciatori.
Raggiungiamo poi il museo Nejjarine dell’artigianato ligneo (20 Dh). L’edificio ristrutturato è a dir poco stupendo: una struttura in legno e mattoni bianchi perfettamente intagliati, vero simbolo della maestria degli artigiani marocchini. Nell’antico caravanserraglio sono esposti reperti in legno provenienti da tutto il paese, disposti su più piani. La terrazza permette una vista dall’alto della città; anche qui l’odore delle vicine concerie è facilmente distinguibile. Ritorniamo poi verso il nostro alloggio per visitare la Medersa Bou Inania (10 Dh), del tutto simile nello stile a tutte le altre visitate a Marrakech e Meknes, ma non per questo da tralasciare in quanto stupenda. Ci fermiamo a mangiare vicino alla porta Bob Bou Jeloud, al ristorante “Le Kasbah”. Pranziamo con spiedini misti, tajine alle prugne e insalata per 130 Dh. Qualità media. Il pomeriggio continuiamo la scoperta dei souk, tra vicoli, fontane nascoste e negozianti sempre pronti a proporre le loro merci. Per cena siamo di nuovo al Cafè Clock: questa sera bis di tortino di melanzane, sandwich al formaggio e tortino di patate (190 Dh). Dopo una passeggiata digestiva siamo già a letto.
Il giorno seguente ci lanciamo nella città vecchia per gli ultimi acquisti in Marocco: è ormai l’ultimo giorno pieno in terra marocchina. Tra i tanti piccoli ricordi compriamo un piatto battuto e inciso sapientemente a mano con motivi geometrici e oggetti in ceramica, di cui Fes è la capitale produttiva. Dopo vari tentativi riusciamo a raggiungere la moschea Kairaouine, una delle più grandi dell’Africa, celata nel vero senso della parola dalle case, laboratori e strade della medina. Non essendo possibile l’ingresso ai non musulmani, ci limitiamo a sbirciare la sua magnificenza dalla porta. Passiamo anche accanto al santuario dedicato a Moulay Idriss II, preannunciato da negozi di incensi e oggetti votivi. Magnifica la porta di ingresso. Dopo vari passaggi tra i medesimi negozietti, souk con verdura e frutta accuratamente accatastate, tajine di ceramica pronti per l’acquisto, teiere, lanterne e tappeti, stanchi e sazi facciamo ritorno al riad.
Nel pomeriggio ci lanciamo nell’ultima avventura: raggiungere a piedi le tombe dei Merenidi. Il percorso non è impossibile, solo leggermente in salita. La zona diciamo però che non è molto battuta dai turisti, se non da qualche sporadico bus dei tour organizzati. La vista però vale tutto, non tanto per i trascurati ruderi delle tombe, ma per il magnifico panorama che si ha sulla città vecchia. Sembra incredibile che più di 200000 persone vivano in questo spazio limitato. Le case sembrano (e sono) fuse tra loro, le vie interne del tutto impercettibili. Anche le moschee della città, chiaramente visibili dall’alto con i loro tetti verdi, si espandono disordinatamente tra le case. Solo i loro minareti svettano dal groviglio sottostante. Dall’alto non si ha però la percezione del brulicare di vita nella città. L’anima distintiva di tutte le medine marocchine. Cena da Café Clock (facciamo 3 su 3): tortino di melanzane, gazpacho, toast con salsa di avocado, sandwich di pollo e cheesecake al cioccolato per chiudere in bellezza (250 Dh). Fatte le valigie andiamo a letto per la nostra ultima notte in vacanza.
Sveglia alle 6.20, gli orari della Ryanair sono sempre un po’ estremi. Usciamo dalla medina accompagnati da una ragazza del riad e prendiamo il taxi prenotato in nostra attesa (200 Dh). Dopo i controlli nel minuscolo aeroporto di Fes e un forte temporale, alle 9 ripartiamo in direzione Bergamo.
BORSINO DEL VIAGGIO
Marocco paese stupendo, per la geografia, dalle fertili pianure, alle colline coltivate ad ulivo, alle alte montagne tanto aride al sud tanto simili alle nostre Alpi e Appennini più a Nord, alle alture scalfite e appiattite dal tempo, alle sabbie del deserto e alle sporadiche oasi.
Marocco paese stupendo per la vita delle persone, sia nelle medine tra i mille souk, sia nelle campagne sia nei villaggi più isolati e legati alle tradizioni.
Marocco paese stupendo per l’artigianato, per gli intagli del legno, le decorazioni in ceramica e i ricami dei gessi. Essendo vietata la rappresentazione delle persone nel mondo musulmano, gli artisti hanno esaltato all’ennesima potenza la geometria e gli accostamenti cromatici.
La città più bella senza dubbio Marrakech, per souk, monumenti e varietà. La sorpresa: le notti nelle oasi di Skoura e del Todra. L’esperienza nel deserto da non perdere. Il viaggio in macchina fondamentale per scoprire l’altra faccia della medaglia rispetto alle città.
Per quanto riguarda il tempo destinato per le città principali si è rivelato più che sufficiente: 2-3 giorni a Marrakech, 1 e mezzo a Meknes e 2 a Fes. Dedicare più tempo per raggiungere altre località del sud o magari del nord da considerare.
Guidare in Marocco non è stato un problema, strade mediamente buone anche se strette, ma indicazioni non sempre presenti e visibili. Il territorio non è propriamente pianeggiante, quindi prepararsi a salite, curve e sorpassi.
Cucina buona, ma poco varia, almeno nei ristoranti per turisti. Non si può vivere di soli tajine e cous cous. Il tè sempre ottimo e gradito.
Sicurezza buona: nessuna situazione di reale pericolo avvertita, tranne che per il portafogli.
Paese economico: ottimi alloggi in stupendi riad a 40€ a notte, pasti a cifre basse e trasporti a cifre ragionevoli.
L’unico tasto dolente: le vacanze finiscono…
Filippo & Giuditta