Marocco sapori e profumi
MAROCCO: SAPORI E PROFUMI Roma-Casablanca Casablanca-Rabat Rabat- Fes Rabat -Meknes Rabat- Marrakech Marrakes-M’dq M’dq- Agadir Agadir-Essauirà Agadir-Casablanca Casablanca-Roma ******** Il nostro viaggio in Marocco nasce per caso: un pomeriggio afoso di fine luglio, la telefonata di Augusta che mi invita al mare, un suo amico che passa a prendermi. Iniziamo a chiacchierare di vacanze, viaggi, mete più o meno probabili e lui mi parla di una sua cara amica che vive in Marocco da 2 anni per lavoro… Da lì a una settimana sono in volo per Casablanca con Augusta, il suo amico Nicola e Giampietro, immancabile compagno dei nostri viaggi. L’arrivo è previsto per le 20.00 ora locale. Quando atterriamo è già notte, la brezza dell’oceano fa svolazzare i miei pantaloni bianchi, l’aria fresca e profumata mi entra subito nel naso, mi sento leggera. Incontriamo Giovanna, il suo ragazzo Hassan, Daniele, un ingegnere toscano trapiantato da 4 anni a Meknes, e Adil. Ci serve una macchina, ma ci rendiamo conto subito che in aeroporto non conviene noleggiarne una, costo: 700.000 lire per 3 giorni! Rimandiamo il problema a domani, per questa prima serata ci scarrozzeranno Hassan e Daniele! Direzione: Rabat. La strada è buona, le indicazioni sono chiare e dopo un’oretta e circa 80 Km arriviamo.
L’hotel Jasmine, è un alberghetto ben tenuto, che ti permette di dormire in doppia con sole 40.000 Lire a notte. Si trova in una strada tranquilla, quasi residenziale; il personale è gentile, le stanze sono pulite e comode. Unica pecca: la sera è frequentato da qualche discreta entraneuse! Il primo giorno, visitiamo il mausoleo di la torre di Hassan e la tomba di Hassan II, da dove si può ammirare il bel panorama delle due città Rabat e Sale divise dal fiume Oued Bou Regreg , e i giardini andalusi detti anche giardini degli innamorati.
Passeggiare nei giardini è piacevole, l’odore del mare, le giovani coppie marocchine che si lasciano andare a timide effusioni, l’assenza di gruppi di turisti organizzati, i bambini che giocano, il panorama mozzafiato e le belle ville nascoste nel verde della scogliera, rendono questo posto di un’eleganza delicata. Chiacchieriamo seduti al bar dei giardini, Hassan ci racconta delle sue tante occupazioni: prima era proprietario di un hammam, poi di un ristorante e ora fa import –export di pesce atlantico. Mentre lo ascolto, sono attratta dalla fantasia con cui è riuscito a reinventarsi un mestiere e dalla totale assenza di preoccupazioni e di quei clichè che spesso condizionano le scelte di noi occidentali. Una sosta qui è d’obbligo, se non altro per assaggiare gli ottimi dolci, serviti da un ragazzo che passa tra i tavoli con un vassoio traboccante di giganteschi biscotti al pistacchio, mandorle, cocco , cioccolato e.. Non so cos’altro ancora ! Nel pomeriggio gironzoliamo per la medina in compagnia di Giovanna ed Hassan, conosciamo Nadil, un abile artigiano che con la sua fantasia ha arredato la piccola casa di Gio’ ed Augusta subito s’inventa i colori e la forma di una lampada da appendere nella sua nuova cucina! Sarà pronta domani. Ho la sensazione di trovarmi di fronte allo scrigno di un vecchio tesoro e vorrei portarmi via tutto, rimango affascinata da un’antica porta di legno intarsiata, con la tipica forma a cupola, chissà da quale antico palazzo leggendario proviene…Inizio a fantasticare… Nadil mi dice che quella porta costa mezzo milione di Lire e ma posso ordinarne anche una nuova su misura, la fa lui. E’ semplicemente un’artista. Il suo negozio si trova nella medina di Rabat, basta chiedere di lui agli altri commercianti, è un artigiano molto conosciuto.
Il nostro giro continua, Nicola e Giampietro sono colti con puntualità da attacchi di fame e assaggiano tutto ciò che Hassan consiglia loro: stanno compiendo un viaggio a tappe nell’universo dell’arte culinaria marocchina!! Effettivamente le frittelle fatte all’istante da una signora nel suo piccolo negozio non sono niente male. Ma io, Gio’ e Augusta abbiamo altri interessi, per esempio guardare divertite le espressioni stupite della gente quando notano Jack, al guinzaglio. Qui il cane è considerato un animale impuro, non c’è l’abitudine di tenerlo come animale domestico, forse per via della diffusione della rabbia in passato. Gio’ ci trascina in un vicolo, c’è un piccolo portone, che all’interno nasconde un immenso e favoloso palazzo: decorazioni, scale, fontane, cortili e terrazze ci lasciano sbalorditi. Gio’ ci spiega che il palazzo apparteneva ad una ricca famiglia di Rabat e fino a qualche tempo fa era utilizzato per congressi e ricevimenti. Ora è chiuso al pubblico. Ma voi suonate, vi aprirà un piccolo ometto che per qualche dirham e la promessa di non dirlo a nessuno, vi lascerà entrare per una manciata di minuti.
Trascorriamo la serata ad brochetterie, un posto su un ampio marciapiede al centro della città di Rabat con tavolini all’aperto e ottime brochette! Incontriamo degli amici di Hassan, che ci fanno conoscere i locali più in voga della città. Il Pachanga è uno dei migliori: in perfetto stile arabo, divertente ed affollato, con musica dal vivo e tanto di karaoke! Hassan e Jussef informano Giampietro e Nicola che è meglio non avvicinare troppo le ragazze: quelle per bene sono sempre accompagnate dal fidanzato o dal fratello, quelle da sole sono prostitute. Di contro noi donne riceviamo complimenti gentili e timidi apprezzamenti. E’ sufficiente tenere un certo contegno per non essere disturbate, c’è molto rispetto per la donna, anche se straniera, e se capita che qualcuno supera i limiti conviene rifiutare con garbo senza essere aggressive. La mattina partiamo con la nostra A1 noleggiata a Rabat in un’agenzia nei pressi della stazione ferroviaria: direzione FES.
FES è un tuffo in una favola del medioevo. Il mercato delle pelli, la vasca dei tintori, la strada del rame, la via degli orafi, i cortili dei tessitori dei tappeti, le stoffe, gli odori delle spezie, il mercato delle carni, il profumo delle spremute d’arancia, il rumore dei martelli che plasmano i tasselli per i mosaici, il sapore del tajne e l’aroma forte del thè alla menta, e ancora, gli sguardi delle donne che fanno la spesa, l’arte, i favolosi palazzi, le moschee, le mura dei vicoli bui e strettissimi che mi avvincono facendomi sentire quasi una spia, la simpatia e la straordinaria cultura della nostra guida Mohammed*, rendono per tutti noi questa giornata davvero indimenticabile. (FOTO) Un unico consiglio: il mestiere di improvvisarsi guida turistica qui è tra i più diffusi ed improvvisati, ma di fronte a tanta meraviglia è importante essere accompagnati da una voce esperta che ci aiuti a comprendere e soprattutto a non perdersi nei labirinti della medina: non vale assolutamente la pena risparmiare qualche dirham!! Ammassati nella nostra A1, tra lampade, stoffe, bottiglie d’acqua e tappeto berbero, antico di 100 anni, acquistato da Nicola, per la modica cifra di 500.000Lire, dopo lunga contrattazione e munito dell’accompagnatore Aziz per il saldo finale della cifra, affrontiamo il viaggio di ritorno verso Rabat! Il giorno dopo siamo a Meknes. Il palazzo reale è chiuso, apre alle 16.00 e noi dobbiamo essere a Rabat entro le 18.00 per consegnare la macchina. Non possiamo visitarlo!! Facciamo un giro, ci sono molti turisti e negozi di souvenir, ingaggiamo una guida per strada, visitiamo il quartiere ebraico, il cimitero, la medina. Una mezza giornata qui è sufficiente, mentre vale la pena fermarsi almeno una notte a FES. Gli amanti del lusso potranno pernottare all’Hotel Le Meridien Merinides di FES, tra i più belli di tutto il Marocco insieme al leggendario Hotel Mamounia di Marrakech. Tra l’altro l’ottima posizione dell’albergo garantisce una magnifica vista della città, assolutamente da non perdere. (FOTO) Ora la nostra prossima tappa è Marrakech.
Conviene raggiungerla in treno, il viaggio dura circa 4 ore e mezza; la prima classe è molto conveniente. In tutto il paese i treni sono ottimi e molto puntuali, le città principali sono ben collegate tra loro. Il viaggio è tranquillo e comodo, il treno non è affollato, l’aria condizionata funziona, il servizio di ristorazione è molto buono, insomma non manca proprio nulla!! Mentre noi sonnecchiamo, leggiamo, chiacchieriamo, facciamo progetti sulle prossime tappe, dal finestrino si susseguono i paesaggi e colori favolosi. Spesso per lunghi tratti non c’è proprio nulla, solo terra gialla e brulla. Siamo sempre più impazienti di arrivare e poco prima la terra arida diventa improvvisamente rossa e i miei occhi sono accecati dal verde di un’oasi di palma: ecco Marrakech.
Dalla stazione con un taxi (conviene sempre contrattare prima il prezzo del tragitto) raggiungiamo l’Hotel Imperial Borj, consigliato dalla nostra amica Gio’. E’ un 4 stelle A, fantastico, con una bella piscina e stanze grandi, ben arredate e un’ampia terrazza. All’interno, l’enorme fontana per raccogliere l’acqua piovana, sovrastata da un’immensa scala di marmo che porta alle stanze, dà un tocco regale e kitch alla struttura. Decidiamo di girare in carozzella per la città rossa. Fa molto caldo e il sole, piuttosto forte, fa avvertire chiaramente la vicinanza del deserto. Marrakech è una città molto elegante, i viali sono curati e verdi, gli alberghi e le case sono tutte costruite con mattoni rossi, secondo una vecchia ordinanza del Re, tuttora vigente. Un’antica leggenda infatti narra che la terra di Marrakech sia rossa per il sangue dei soldati francesi uccisi dai marocchini durante l’ultima guerra di liberazione dalla colonizzazione francese. E dal quel tempo ormai ogni casa è rossa. Guardo le ville bellissime nascoste tra le piante, le terrazze delle case ampie e piene di luce e rimango davvero senza parole. Si respira un’atmosfera regale da mille e una notte, mi vengono in mente storie di re e principesse, amori proibiti, avventure fantastiche ed eroi leggendari. Ad un tratto l’incantesimo è rotto dal caos e dall’anarchia più totale di Piazza Djamaa El Fna, la piazza della morte, dove in passato si eseguivano le esecuzioni capitali. Sembra di stare in un girone dantesco, scimmie, bici, motorini, incantatori di serpenti, mangiafuoco, maghe, mendicanti, giocolieri, strani personaggi che raccontano storie impressionanti, ragazze che fanno tatuaggi all’henné, combattimenti di galli, suonatori di tamburi e una gran folla di persone che ti spinge, ti tira, ti viene addosso, si accalca ai banchi che vendono brochette, kebab e spremute d’arancia…Non sappiamo più cosa e soprattutto dove guardare, siamo accecati dalle folate di fumo delle carni arrostite! Dalla piazza si entra nella medina, che visiteremo domani… Ora torniamo nella Marrakech alla page, quella elegante e con i bar alla moda, frequentati da francesi eccentrici, italiani alla Salvatores, americani in cerca di esotico e di nuove dimensioni e andiamo a ballare al Paradise, una delle discoteche più famose della città. Sembra di essere in Spagna e l’alcool davvero non manca…
L’eleganza di questa città, il lusso dell’Hotel Mamounia dimora di personaggi leggendari come Winston Churchill, Charles De Gaulle, Marlene Dietrich, Charlie Chaplin, solo per menzionarne alcuni, la ricercatezza del giardino esotico di Ives Loran, la semplicità della fontana…Circondata dall’ombra di bassi ulivi dove le famiglie riposano e fanno picnic, il calore della luce e la nitidezza dei colori stridono con la vita notturna e disordinata della piazza e la mescolanza di rumori e odori del souq, avvolto dal fresco e dall’assenza di luce. E dall’armonia di questi contrasti nasce il fascino di Marrakech. La nostra prossima tappa è il nord, M’dq vicino Cabo Negro. La meta è segnalata da un’importante giuda turistica, il luogo è definito come “ un villaggio di pescatori incontaminato” e con un bellissimo mare e tanto di spiagge dorate… e noi fiduciosi e contenti abbiamo intenzione di passare una settimana al mare lontani dal turismo di massa… E così dopo un viaggio difficile e lungo, perché non c’è autostrada che colleghi Rabat al nord, arriviamo a M’dq. La delusione è forte… sembra un cantiere in costruzione, case incompiute abitate da famiglie poverissime, un’anarchia edilizia su un promontorio verde di pineta mediterranea con tanto di villaggio turistico esclusivo e costossissimo, famoso in tutto il paese, il “Nabilia”, che nella sua ostentazione riesce a superare il Club Mediterranee a due passi, riproducendo in toto il mondo dorato delle boutique e dei centri fitness occidentali! Troviamo una sistemazione in un campeggio con bungalow sulla spiaggia, giusto per passare la notte, abbiamo deciso di andare via da questo posto così triste e di dirigersi verso sud ad Agadir.
Partiamo alle cinque di mattina, il viaggio è interminabile, le strade sono strette, affollate da carretti, camion di animali, guidatori improvvisati, attraversiamo con un’andatura lenta ma costante zone deserte e piccoli villaggi e le montagne in prossimità di Marrakech. Improvvisamente sulla strada a doppio senso di marcia, stretta e curvosa tra le alte montagne rosse siamo in fila nel traffico, come se fossimo in coda ad un casello dell’autostrada in prossimità di nota meta vacanziera italiana a ferragosto. Non riusciamo a capirne la ragione, ci fermiamo completamente, il terreno è bagnato… siamo perplessi, fa caldo, il cielo è limpido, il paesaggio intorno è splendido, scendiamo dalla macchina, parliamo con la gente, ci dicono che c’è stata una frana: la pioggia ha tirato giù terra e rocce dalle montagne, la strada è divisa in due da una montagna di fango e sassi! Andiamo a vedere a bordo della strada, ovviamente senza guard- rail, e nel dirupo c’è un fiume di fango che scorre. Aiuto, mi sento completamente impotente. Ci dicono che tutto è successo in un attimo ma fortunatamente nessuno è rimasto coinvolto perché la strada era deserta. Dopo un’ora trascorsa invano in attesa di soccorsi, alcuni uomini iniziano a togliere il fango ed i sassi con le mani e piano piano il cumulo diminuisce. Qualche macchina prova a passare ma rimane incagliata. Si alza la polvere, siamo tutti sporchi e assetati, ci sono molte famiglie marocchine con persone anziane, donne e bambini che, al contrario di noi, non sembrano affatto colpiti né preoccupati. Si ricomincia a spalare e poi si prova di nuovo: niente da fare le macchine da sole non ce la fanno bisogna spingerle! E così ad una ad una con la spinta energica di quattro o cinque uomini, le macchine riescono lentamente ad oltrepassare la fanghiglia. Alla fine tocca anche noi. La sosta è durata quattro ore e arriviamo ad Agadir stravolti e distrutti alle sette della sera. Potrà sembrare difficile da comprendere, ma siamo contenti.
Di Agadir ricordo la spiaggia lunga dorata ed interminabile, la nebbia e il freddo della mattina, il mercato del pesce al porto, il bianco e il giallo, il lungomare con l’enorme marciapiede pieno di bar, il Casinò ed i nomi esotici dei luoghi Palm Beach, Papagajo, Flamingo… Ma il cuore è rimasto ad Essauira.
Un posto magico. Circondata da mura bianche e smerigliate, la fortezza portoghese con i cannoni puntati sull’oceano ed il vento gelido che soffia costantemente, avvolta da leggende e miti, riesce ad essere elegante e selvaggia, colta e snob nella sua semplicità. La prima immagine di Essauira che ho negli occhi è la spiaggia, una mezza luna profonda ed allungata, spazzata dal vento e di fronte un piccolo isolotto rosso che sembra voler arginare la furia dei surf impazziti tra le onde dell’oceano blu e gelido. E poi le piccole case bianche, i portoncini decorati, le locande, i negozi di musica nera, dipinti, cristalli e argento…Insomma un po’ chic, freak e anarchica, popolata da occidentali fuggiti dalla noia, sessantottini con la barba bianca che qui ritrovano la loro libertà, ma sarà vera o è solo quella libertà che i soldi danno? Avvolta dalla leggenda di Jimi Hendrix che avanzò la proposta di volerla comprare, suscitando l’orgoglio e l’indignazione degli abitanti, è divenuta poi sede negli anni settanta del festival internazionale della musica nera che si svolge qui ogni anno a giugno. Essauira riesce davvero a trasmettere quell’illusione di poter fuggire e vivere qui godendo solo della sua bellezza.
Noi viviamo questa illusione e ci caliamo nel suo mondo fantastico, entriamo in una fiera dentro un grande capannone bianco appena fuori le mura, c’è di tutto: cianfrusaglie ed oggetti di ogni tipo, tavole da surf, dischi, stampe antiche, strumenti musicali, pentole, giochi per bambini, spettacoli e mangia fuoco. Un piccola tenda a strisce arancioni e rosse, nasconde all’interno un minuscolo teatro, paghiamo il biglietto ed entriamo per assistere allo spettacolo della “donna ragno”. Siamo soli, ci appoggiamo incerti alla staccionata di legno che divide gli spettatori dal palco e aspettiamo incuriositi. Lentamente iniziano ad entrare famiglie, coppie e vecchietti con bambini, quando ad un tratto esce fuori una ragazza con una frusta lunga e nera in mano, capelli folti ed arruffati, un corpetto borchiato stile Madonna primo stampo ed una lunga gonna nera appuntata lateralmente con uno spillone, che lascia intravedere le gambe infilate in lunghi stivali di pelle scura. Mah…Sarà lei la donna ragno? La guardo e mi viene da ridere, lei fissandomi cupamente inizia a parlare in arabo, ritmando le sue parole con sonore frustate sulla terra, si alza la polvere. Divento improvvisamente seria, fa quasi paura…Senza farmi accorgere cerco di sbirciare le reazioni del pubblico, sono tutti molto seri e sul viso hanno un’espressione di stupore e paura…Chissà quale storia terribile la donna racconta! Ad un tratto si apre la tenda del piccolo palco ed appare un tavolo di legno con una testa di donna con i capelli neri da medusa posizionata al centro, allora è lei la donna ragno, ma il corpo dov’è? Sposto lo sguardo e ad un angolo vedo una sedia con un corpo bendato senza testa, o mio dio è davvero terribile, il pubblico è sempre più stupito e noi sempre più curiosi. La ragazza con la frusta nera inizia a recitare una cantilena e la testa della donna ragno risponde ed apre gli occhi, mentre il corpo bendato alza le braccia…Il pubblico è in delirio e noi anche!!! Dopo una serie di parole pronunciate con un tono solenne lo spettacolo finisce di colpo e noi rimaniamo stupiti e divertiti.
Non ce ne vogliamo proprio andare da questa piccola città e dopo aver gironzolato ancora per le stradine, catturando con gli occhi le ultime immagini, e aver gustato un’ottima cena, esausti e contenti ci dirigiamo ahimè sulla via del ritorno.
*** Partire significa far vivere quell’idea del viaggio che ognuno porta dentro di sé, perché il viaggio non è solo uno spostamento fisico nello spazio, ma soprattutto un’evoluzione e una ricerca interiore e credo che ognuno abbia un luogo dentro di sé, che continua a cercare, esplorare, scoprire e riscegliere fino alla fine.
Una parte del mio cuore è rimasta laggiù ed io ancora continuo a cercare…
Angela