Marocco 2017: deserti, emozioni e sogni
Marrakech, Africa all’orizzonte. Day 1
Era dal 2009 che non tornavamo in Africa, dopo quel breve viaggio nella savana Kenyota ci è sempre rimasto li in fondo al cuore quel sapore malinconico, quel desidero dolce amaro che ti fa sognare le cose e che dici che prima o poi ci tornerai… ecco, quando il nostro aereo si avvicina a Marrakech si intravedono le prime dune, si vede tutto il rosso della terra… e sì, questa è l’Africa, quella che ti porti dentro e che devi riscoprire attraverso un nuovo paese, il Marocco. Atterrati a Marrakech, sono le 9.10, l’aria è frizzante e fresca, ma il sole vuole prendere la scena e appena ti fermi un attimo lo senti caldo sulla pelle.
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Sbrigate le formalità doganali, con il nostro nuovo timbro sul passaporto ci troviamo a contrattare con i tassisti una tariffa adeguata per raggiungere il nostro riad nella medina di Marrakech. Con 100 dirham raggiungiamo il “Ryad Marrakech, ci viene offerto del caffè e dei piccoli pasticcini sulla terrazza della struttura… da qui si vedono diversi minareti, le torri delle moschee e palazzi nel classico stile arabo, il panorama è bellissimo. Lasciati gli zaini decidiamo di andiare a perderci tra le vie di Marrakech e una volta chiusa la porta della riad alle nostre spalle ci troviamo immersi in un paese di cui conosciamo ben poco… ci sentiamo un po persi, sarà che non parliamo ne francese, ne spagnolo e ne arabo, o forse è perché siamo un po stanchi della levataccia (3.30) e non siamo più abituati… Il caldo inizia a farsi sentire, decidiamo così di visitare “le Jardin Majorelle”, villa appartenuta al pittore francese Majorelle che ne commissionò la costruzione in stile moresco con un lussureggiante giardino marocchino, dopo la sua morte fu abbandonata ma ritrovò il suo splendore grazie ad Yves Saint Laurent che la comprò e la risistemò dando nuova vita al giardino botanico con piante provenienti da tutto il mondo.
Dopo aver preso il bus n. 11 ci troviamo in coda per entrare alla villa, il biglietto che acquistiamo per 100 dirham a testa comprende la visita del giardino ed il museo berbero che scopriremo essere davvero interessante. Il giardino è davvero bello, con piante, cactus e agave provenienti da diverse parti del pianeta, ci perdiamo per circa un ora ad osservare e scattare fotografie, la seconda parte della visita la passiamo al museo berbero, che tradotto letteralmente vuol dire “uomini liberi”, popolazione originaria di questa parte del nord Africa. Il museo è molto interessante, pieno di utensili e reperti ma a sorprenderci è una camera in cui è stato ricreato il cielo notturno pieno di stelle nel deserto, uno spettacolo che vale davvero il prezzo del biglietto.Alle 14.30 finiamo la visita e torniamo alla riad per riposare e rinfrescarci. Alle 17.00 usciamo di nuovo per andare alla medina in piazza Jemâa el-Fna, patrimonio orale e immateriale dell’umanità. Arrivati in piazza veniamo circondati da una miriade di suoni, l’aria è colma di musica, magia, profumi e colori, ci sono gli incantatori di serpenti che fanno i loro spettacoli, gli ammaestratori di scimmie che fanno ammirare le povere bestie incatenate, ballerini, cantastori e molto altro, siamo incantati, restiamo stupiti anche sulla terrazza di un ristorante ad ammirare i colori del tramonto e i suoni delle moschee che cantano la preghiera del venerdì. La notte la piazza si colora di una miriade di banchetti, di bancarelle di ogni genere, di ristoranti a cielo aperto, di cantastorie e musicisti, di lampade ad olio e maghi di ogni genere, camminare qui in mezzo è davvero magnifico e torniamo così di nuovo verso il nostro “Ryad Marrakech”, sognando un’altra pazza notte Africana.
Marrakech, i quattro colori del Marocco. Day 2
Per fortuna siamo troppo stanchi per sentire l’imam, la guida spirituale, cantare negli altoparlanti della moschea la prima preghiera del mattino alle 5.30 e continuiamo a dormire tranquilli. Alle 8.00 però siamo gia sul terrazzo a fare l’abbondante colazione compresa nel nostro riad, anche perché alle 9.00 abbiamo appuntamento con Laura, una ragazza che abbiamo contattato e che vive qui da anni, che ci farà visitare Marrakech e i suoi vicoli segreti. Il punto d’incontro è il “cafè de la France” e noi siamo qui alle 9.00 esatte perché alle 9.30 inizieremo il tour. Finalmente conosciamo Laura che ci presenta anche il suo amico Omar, un’altra guida locale, che ci accompagnerà nel giro dalla città. La prima tappa in cui passiamo è la mellah, antico quartiere ebraico della città rossa, qui gli ormai benestanti ebrei non vivono più, un tempo però queste vie erano animate dai mercanti ebrei e la sinagoga era il centro di preghiera per tutti loro. In passato, durante la seconda guerra mondiale, era stato chiesto al re di dare i nomi degli ebrei che risiedevano qui, lui diede solo dieci nomi, il suo e quello dei suoi 9 figli dicendo che se dovevano esportare qualcuno dovevano iniziare da loro, ci è stato detto che durante la guerra, il re Mohammed V, ha sempre protetto gli ebrei marocchini e questo gli ha dato diversi riconoscimenti postumi e davvero tanto rispetto per aver mostrato tanto amore per il suo popolo. Proseguiamo camminando sotto il sole che comincia a scaldarci la testa e arriviamo alla seconda tappa le Palais El Badiî “l’incomparabile”, le rovine di un palazzo, costruito in 25 anni, che doveva essere immenso in tutta la sua bellezza rinchiusa fra le sue mura adornate dalle splendide zellige marocchine, marmi di carrara ricoperti da foglie d’oro e i legni provenienti dalle montagne dell’Atlante doveva essere davvero una meraviglia del mondo anche per i suoi giardini e le sue immense piscine e per le sue numerosissime stanze tutte con l’hammam, una meraviglia poterlo vedere anche in questo stato, la fantasia ci riporta tutto il suo fascino e il suo antico splendore. Torniamo sulle strade di Marrakech con le nostre guide, Laura ci racconta un sacco di aneddoti e storie interessanti mentre Omar ci scorta nel traffico e nel caos dei piccoli e stretti vicoli, facendoci schivare motorini e carretti che corrono disordinati fra la gente. Arriviamo così al Palais de la Bahia, considerato un capolavoro di architettura tradizionale marocchina, questo palazzo prende il nome da una delle mogli del re di allora, ovviamente la sua preferita Bahiya. Questo palazzo è ancora intatto, i suoi ornamenti, zellige, marmi e il legno dell’Atlante, ancora risplendono e al centro la sua riad è ancora rigogliosa con le sue piante da frutto e la sua fontana. La riad doveva essere la parte fresca della casa in cui ci si rilassava al ritorno dai viaggi di commercio, dovevano essere freschi, dovevano avere fontane per dissetarsi e piante da frutto per saziarsi con qualcosa di dolce. Visitiamo in lungo e in largo il palazzo con le nostre guide, Laura è grandiosa, sa davvero tutto e ci racconta molti spaccati di vita e aneddoti, Omar è una figura molto particolare, sempre pronto a deliziarci con il suo stile marocchino con scenette e spiegazioni in un mix di lingue fra italiano, francese, inglese e spagnolo.. mitico! Usciamo che il sole è dritto sulle nostre teste e il caldo si fa sentire davvero. Andiamo alla Medersa di Ben Youssef una scuola coranica in stile arabo-andaluso e appena entriamo i nostri occhi sono riempiti ancora una volta dal meraviglioso stile. Ci perdiamo tra i racconti della storia passata dell’edificio di Laura e le piccole stanze degli studenti e dei maestri al piano superiore e il tempo passa veloce sulla nostra mattinata ed è di nuovo ora di andare. Così, terminato questo giro, ci immergiamo di nuovo nei caotici vicoli e visto che ormai è ora di pranzo, ci fermiamo sulla strada in un tipico ristorante marocchino, frequentato solo da locali… beh, mangiamo davvero bene e spendiamo davvero poco, circa 5 euro a testa. Con la pancia piena ci dirigiamo verso la parte dedicata all’artigianato, qui gli artigiani lavorano con le proprie mani qualsiasi cosa ed è molto bello vederli all’opera nei più svariati mestieri, dal cucitore di palloni di cuoio, al costruttore di bellissimi lucchetti, dal sarto al calzolaio, un bel salto nel passato. Il tour non può finire se non si visita un centro tipico di erboristeria, dove conosciamo Simon, il proprietario, che ci mostra come viene fatto l’oio di Argan e ci spiega minuziosamente ogni spezia e crema del suo negozio, ci offre un tè alla menta e ci fa fare un piccolo massaggio. Che dire, la giornata è stata davvero fantastica, salutiamo i nostri nuovi amici e corriamo alla ricerca di un auto da noleggiare per seguire il nostro “folle” progetto di passare la catena montuosa dell’Atlante (2790 mt) e arrivare nel deserto del Sahara. Con l’aiuto di Laura (anche questa volta) troviamo quello che cerchiamo nel retro di un distributore di benzina che per 1750 dirham, circa 160 euro, ci darà una bellissima Dacia che sarà la nostra auto per i prossimi sette giorni, evviva!!! La serata la passiamo di nuovo a Jemâa el Fna, questa volta non ceniamo, assaggiamo delle lumache in un tipico banchetto e assaporiamo tutti gli spettacoli e i suoni che riempiono la piazza. Prima di andare a dormire però, ci fermiamo ad assaggiare un bicchiere di te speziato con un tipico dolce marocchino che sarà sicuramente di buon auspicio per la nostra futura avventura sulle strade marocchine e un ottima buona notte ai nostri stanchi occhi. P.S. durante la strada, tra i vicoli, Omar ci ha spiegato (nel suo bellissimo mix di lingue) perché Marrakech, la citta ocra, è anche conosciuta come il paese dai quattro colori, con una cartolina in mano ci ha fatto vedere il blu del cielo, il bianco della neve dei monti dell’Atlante, il rosso ocra di Marrakech e il verde dei palmeti.
Marocco, un’avventura inaspettata. Day 3
Alle 8.00 siamo già sulla soleggiata terrazza a fare colazione, ammirare il bellisimo minareto e osservare le cicogne che sistemano i loro nidi. Max, il proprietario del nostro riad, ci presenta una colazione esagerata con frutta fresca, dolciumi, frittate, yogurt, thè e caffè. Non credo che avremo molta fame a pranzo! Ce la prendiamo comoda e sistemiamo tutte le nostre cose negli zaini, ieri abbiamo affittato una macchina e ora è arrivato il momento di andare a prenderla. Facciamo il pieno e partiamo diretti oltre l’Atlante, più ci lasciamo alle spalle Marrakech e più i panorami cambiano, dalla terra rossa alle palme e a salire fino al passo Tizi n’ Tichka a 2260 metri dove si vede un unico grande deserto di pietra, qui ci fermiamo per fare una foto. Essere arrivati fin qui con la nostra macchinina è stato davvero emozionante, scendiamo dall’auto, l’aria è fredda ma il panorama ci scalda mente e corpo. La nostra macchina non è molto veloce ma ci va bene perché così ci possiamo godere la natura e i panorami intorno a noi. Decidiamo di andare alla Kasbah Ait Ben Haddou vicino ad Ouarzazate ma a circa 1 ora di distanza vediamo un uomo che si sbraccia lungo la strada. Ci fermiamo e scopriamo che come noi stava guidando da Marrakech a Ouarzazate ma il radiatore della sua macchina ha deciso di rompersi 50 km prima della sua meta. Si chiama Ibrahim e ci offriamo di accompagnarlo a casa di suo cugino. Lungo la strada chiacchieriamo, lui parla un ottimo inglese, ci racconta che insieme a suo cugino Hassan si occupa di trading ovvero commercio ma piú precisamente di carovane nel deserto. La loro carovana conta 160 cammelli e parte da M’Hamid e in 52 giorni arriva a Timbuctu. Commerciano tappeti, vestiti, gioielli e artigianato vario realizzato dalle varie tribù che abitano il deserto (berberi, tuareg, beduini e nomadi). Scopriamo anche che suo padre negli anni 90 si era occupato della realizzazione delle tende utilizzate nel film “il thé nel deserto” che incredibilmente noi abbiamo guardato pochi giorni prima di partire, voto al film 4, ma voto ai panorami 10+!!! Siamo sempre più convinti che nulla sia affidato al caso così lanciamo la domanda: “possiamo venire con voi?” La risposta ci lascia stupiti “certo!” Cambiamo così tutti i nostri programmi e ci facciamo trasportare dal fato… domani andremo nel deserto Erg Chigaga e per stasera saremo ospiti di suo cugino Hassan. Sono solo le 15.30 e Ibrahim ci propone di andare a visitare un oasi nelle vicinanze, una vera oasi, abitata dai locali e sconosciuta al turismo. Per arrivare guidiamo per circa mezz’ora lungo strade sterrate, alzando nuvoloni di polvere, arriviamo in un punto panoramico dove scattiamo qualche foto e ci viene detto che questo luogo è chiamato dai locali “Lost Paradise”, il Paradiso Perduto. Andiamo poco più avanti e parcheggiamo l’auto, Ibrahim ci accompagna in una breve passeggiate lungo il piccolo fiume nato da sorgenti sotterranee e ci spiega come viene utilizzata l’acqua per le loro colture e ci mostra tante piante dell’oasi, rimaniamo colpiti dalle palme cariche di datteri e piegate dal peso dei frutti. Ritorniamo verso casa di Hassan, e Ibrahim comincia a preparare cena ovvero tajine di pollo e limone, un piatto che richiede 2 ore di cottura, non vediamo l’ora di assaggiarlo! Nel frattempo ci invita a visitare il piano superiore di casa sua, che in realtà è il magazzino dove ritira le merci provenienti dalle carovane. Restiamo a bocca aperta, non possiamo credere ai nostri occhi: le pareti sono piene fino al soffitto di tappeti, ci sono stanze con armadi pieni di gioielli antichi appartenuti a Berberi e Tuareg e un’altra stanza piena di abiti tipici tutti fatto a mano. Ci raggiunge anche Abdul che lavora con loro nelle carovane, ci fanno provare i loro abiti, copricapi e gioielli. Ci divertiamo come matti, loro sono simpaticissimi ed insieme ridiamo e scattiamo foto. Hassan continua a ripeterci di fare come fossimo a casa nostra e ci lascia al piano di sopra con Abdul a curiosare nelle varie stanze. Lo tartassiamo di domande, la cultura degli abitanti del deserto è davvero interessante, cosí Abdul comincia ad aprire alcuni tappeti realizzati dalle diverse tribù e ci spiega nei minimi particolari tutte le diversità, dai tipi di tessuti, ai ricami, ai colori, ai disegni e ai diversi utilizzi. Staremmo ad ascoltarlo per ore ma veniamo richiamati dal profumino proveniente dal piano di sotto, la cena è pronta! Il Tajine viene messo nel centro del tavolo, la cultura marocchina vuole che ciascuno si serva utilizzando il pane senza piatti e senza posate, ma premurosamente per noi viene apparecchiata la tavola in stile europeo, cosí siamo in 2 a mangiare con piatti e posate e in 2 a mangiare con le mani in un incredibile momento di unione tra culture diverse. A fine cena ci dividiamo un melograno e cominciamo a guardare su Youtube video di musica berbera con Hassan che canticchia in sottofondo e che ci traduce le parole! Si è fatto tardi ma prima di andare a dormire Hassan ci porta sul terrazzo di casa a guardare le stelle e ci mostra alcune costellazioni. C’è troppa luce ma ci promette che domani nel deserto riusciremo a vedere la Via Lattea! La notte la trascorreremo sui grandi divani della sua sala per gli ospiti, la sua gentilezza non ha eguali, ci sentiamo super fortunati e non riusciamo a credere alla pazza giornata che abbiamo appena vissuto. Domani finalmente vedremo il deserto e con questo progetto possiamo andare a dormire emozionati e felici.
Sulla strada per il Sahara. Day 4
Questa mattina non abbiamo impostato nessuna sveglia ma grazie alla luce che filtra dalle finestre colorate e l’aria fresca che passa dagli spifferi ci svegliamo che sono le otto. La notte a casa di Hassan è così passata, e incredibilmente abbiamo dormito comodi sdraiati sui loro divani. Ci prepariamo, chiudiamo gli zaini velocemente perché vogliamo essere pronti per la partenza, Ibrahim ha preparato per noi la colazione, un immenso tajine con verdure e uova, una specie di omelette gigante in cui tutti mangiamo in stile marocchino. Dopo aver caricato gli zaini partiamo destinazione M’Hamid, luogo in cui lasceremo la macchina per proseguire e inoltrarci con una jeep nel deserto. Con noi c’è anche una coppia di francesi che ci segue con la loro auto. Durante il tragitto i panorami sono fantastici e chiacchieriamo con Hassan che ci racconta incredibili storie sul deserto. La strada è lunga, facciamo qualche sosta per ammirare gli sconfinati panorami e scattare qualche foto, i paesaggi ricordano i canyon americani con la differenza che ogni tanto si incontrano delle Palmerie, ossia delle oasi di palme da dattero in cui si concentrano i villaggi e le città. Il viaggio prosegue tranquillo, l’ora di pranzo è già passata da un pezzo così decidiamo di fermarci a mangiare qualcosa. Durante la sosta scambiamo qualche parola con i francesi, ci chiedono come abbiamo conosciuto Hassan e incredibilmente la nostra storia coincide con la loro: un signore in mezzo alla strada con l’auto in panne li ha fermati per chiedere aiuto, gli hanno dato un passaggio ed eccoci qui tutti insieme. Capiamo così di essere stati raggirati come nel film “Totòtruffa 62” dove il buon americano acquistava la fontana di Trevi dal furbo Totò.
Dopo pranzo, proseguiamo la strada pensierosi, capiamo che Hassan e i suoi amici hanno messo in ballo questo teatrale stratagemma perché la maggior parte dei turisti passa dritta per dirigersi a Merzouga, comunque noi abbiamo scelto di andare nel deserto dell’Erg Chigaga, nessuno ci ha obbligato e comunque siamo stati ospiti di Hassan per cena, per la notte e per colazione, passando una serata indimenticabile ascoltando musica touareg e ridendo e scherzando con loro. Una risata è quello che ci serve e così continuiamo il viaggio in allegria. Arriviamo a M’Hamid, nel parcheggio di un grosso benzinaio dove parcheggiamo l’auto c’è gia la nostra 4×4 pronta per portarci a destinazione. Dopo aver comprato l’acqua e caricato gli zaini partiamo veloci. Il paesaggio comincia a cambiare e ad emozionarci, piccole dune si intravedono in lontananza mentre il sole piano piano comincia a calare. Alle 17.00 arriviamo al campo tendato, il Sahara, quello vero, magico, silenzioso ed emozionante è li davanti a noi con le sue immense e sconfinate dune di sabbia dorata, qui c’è già Mustafà ad attenderci con i dromedari e quasi al calar del sole iniziamo il giro tra le dune del deserto. Il momento che tanto avevamo aspettato è finalmente arrivato, eccoci insieme a guardare il cielo tingersi di mille sfumature d’oro. Lasciati i cammelli non resistiamo alla tentazione di toglierci le scarpe e provare la sensazione della sabbia tra le dita e così cominciamo a correre e lasciare mille impronte tra le dune immacolate. Arrivata l’ora di cena ci dirigiamo verso la grande tenda dove troviamo due tavoli che Hassan e i suoi amici hanno apparecchiato per noi e per i nostri compagni di viaggio francesi. Mangiamo come prima portata una zuppa berbera di legumi e a seguire l’immancabile tajine di pollo e verdure da mangiare assolutamente accompagnato con il buonissimo pane morbido marocchino. Dopo cena arriva il momento della musica, i nostri amici berberi portano nella tenda diversi bonghi e tamburi e cominciano a suonare e cantare canzoni del deserto. Cantiamo e suoniamo anche noi trasportati dalla bella atmosfera e in attesa che arrivi il buoi e il cielo si riempia di stelle. Ad un certo punto Hassan ci invita a seguirlo nelle dune, ieri sera ci aveva promesso che avremmo visto la Via Lattea, così alziamo lo sguardo e ci ritroviamo a fissare il cielo più bello della nostra vita. Riusciamo a vedere molte costellazioni e pianeti, la Cintura di Orione, la Bilancia, Cassiopea, Mercurio e Saturno e ovviamente la tanto promessa Via Lattea. Torniamo soddisfatti nella nostra tenda dove trascorreremo la notte, la giornata è stata davvero intensa e anche se sappiamo che domani ci attende una levataccia per poter ammirare l’alba in questo momento l’unica cosa a cui riusciamo a pensare sono i nostri occhi pieni di stelle.
Perdendoci fra l’alba del Sahara e incisioni rupestri. Day 5
Il suono della sveglia ci riporta alla realtà. Quando si è in viaggio c’è quel breve momento tra il sonno e il risveglio in cui ci si sente confusi sul dove, come, quando e perchè. Dove mi sono addormentato ieri notte? Perchè sono qua? Cosa devo fare adesso? Un breve momento per rimettere tutti i pezzi al loro posto ed ecco arrivare le risposte…siamo nel deserto del Sahara, sono le 6 del mattino e ci dobbiamo sbrigare perchè non possiamo perderci l’alba sulle dune! Appena mettiamo la testa fuori dalla tenda ringraziamo di aver preparato uno zaino per le 4 stagioni, prendiamo i piumini, rubiamo una coperta di lana e affrontiamo la gelida escursione termica che ci attende. Camminiamo sulle dune fino ad arrivare in un punto panoramico, ci sediamo e aspettiamo di veder sorgere il sole. Non attendiamo molto, dopo poco ecco che compare la sfera irridescente che ci dà il buongiorno. In un attimo l’aria si riscalda e dopo circa un’ora siamo di nuovo in t-shirt a goderci la colazione e a lanciare gli ultimi sguardi al panorama salutando i nostri amici dromedari che se ne vanno in attesa dei nuovi turisti. È ora di riprendere la macchina e ripartire per continuare la nostra avventura on the road. Ripercorriamo parte della strada fatta ieri, salutiamo Hassan e prendiamo la deviazione che ci condurrà verso la parte est del Marocco. Il panorama davanti a noi cambia continuamente ma non delude mai, a tratti ci ricorda il Gran Canyon, a tratti la Monunent Valley ma pur sempre mantenendo quel tratto distintivo che contraddistingue questo fantastico Paese.
La prossima tappa lungo il percorso è la cittadina di Nkob. Leggiamo sulla nostra fidata Lonely Planet che qui possiamo trovare la Kasbah Baha Baha, ovvero una vecchia costruzione originale berbera perfettamente ristrutturata, trasformata in hotel e dotata di un terrazzo dal quale si può godere di una vista mozzafiato sulla città vecchia e sulla piccola oasi vicina. La troviamo con facilità, all’entrata domandiamo se è possibile pranzare nella kasbah e per nostra gioia ci viene detto di sì e che come ospiti possiamo accedere all’intera struttura, ovvero giardino botanico, piscina e terrazzo, che fortuna!! Questa sosta rigenerante ci voleva proprio e con le batterie belle cariche ripartiamo a bordo della nostra carretta. La nostra meta finale per la giornata è Tazzarine, una cittadina a circa un’ora di distanza da noi. Durante il tragitto abbiamo però previsto una breve tappa in un luogo davvero incredibile, ossia un punto non ben definito in mezzo a questo deserto roccioso dove sono conservati incisioni rupestri risalenti al 5000 a.c. raffiguranti chiaramente gli animali della Savana. Scopriamo che l’ultimo tratto di strada da percorrere sarà sullo sterrato, un cartello segnala ancora 15 km mancanti, ci prepariamo per l’ultima fatica della giornata. La macchina ce la fa e correndo alza nubi di polvere e sabbia dietro di noi. I km passano ma del sito neppure l’ombra, proseguiamo ancora ma le indicazioni sono davvero scarse, sbagliamo strada, cambiamo direzione e iniziamo a perdere le speranze. Entriamo in un piccolo villaggio e i bambini che stavano giocando a calcio per strada vedendoci in difficoltà ci corrono incontro, riusciamo a spiegargli cosa stiamo cercando e per la nostra gioia ci dicono che siamo nel posto giusto e che dobbiamo solo fare altri 2 km per raggiungere finalmente la nostra meta. Scopriamo di essere gli unici turisti della giornata e che essendo ormai tardi non si aspettavano di veder arrivare più nessuno. Un ragazzo gentilissimo si offre per farci fare il giro del sito e darci un pò di informazioni. Facciamo quindi una breve passeggia in cui riusciamo a vedere numerose pietre con delle chiarissime incisioni a forma di animali, e di strumenti di caccia e pesca. In un attimo si fa buio e dobbiamo lasciare questo splendido posto, se da un lato Novembre ci consente di godere della bassa stagione e della poca affluenza di turisti rispetto ai mesi estivi, di sicuro però ci penalizza con le poche ore di luce, alle 18 infatti il sole cala e in breve tutto intorno a noi perde i colori. Entriamo nell’unico hotel di Tazzarine senza prenotazione, è un grande villaggio e scopriamo di esserci solo noi e un’altra coppia di turisti tedeschi. Dopo la notte passata sul divano di Hassan e quella in tenda nel deserto questa piccola stanza ci sembra una suite da mille e una notte! Ci regaliamo finalmente una doccia e raggiungiamo il centro del paese per una breve cena. Ci sediamo a caso su due sedie lungo il marciapiede e subito il proprietario ci accoglie caloroso e senza neppure chiederci nulla ci porta due insalate marocchine e spiedini di pollo a volontà, tutto squisito! Torniamo nella nostra stanza ormai distrutti, questa giornata è stata davvero lunga, abbiamo macinato tanti km, ma ci sentiamo pienamente soddisfatti e carichi di aspettative per i prossimi giorni!
Gole del Todra, aria di casa. Day 6
Il Marocco ci stupisce sempre più, dopo la notte rigenerante nella stanza d’albergo e una ricca colazione siamo di nuovo in strada, la nostra destinazione sono le “Gole del Todra” a circa 2 ore da Tazarine. Il paesaggio che incontriamo è sempre nuovo e bellissimo. Non piove ormai da 3 mesi e quindi è tutto secco ad eccezione delle oasi dove grazie alle sorgenti sotterranee le piante riescono a sopravvivere. Ed è proprio fotografando l’oasi di Tinghir che incontriamo Jamil, un ragazzo del posto che fa la guida di professione e che ci propone di passare la giornata con lui alla scoperta dei dintorni. Saliamo tutti insieme sulla nostra macchina e partiamo per andare a vedere le Gole del Todra, due pareti rocciose che toccano i 300 m d’altezza alla cui base nasce una sorgente d’acqua che le donne nomadi ancora vengono a prendere con i loro muli. La guida ci fa percorrere tragitti fuori dalle rotte turistiche, più il tempo passa e più sembriamo amici di lunga data. La sua allegria è contagiosa e in macchina cominciamo a cantare canzoni berbere e a ridere come matti. Ci fermiamo solo per bere un thè e poi ripartiamo per andare a farci una passeggiata nell’oasi. la guida è instancabile e con passo sostenuto ci fa schivare rami, guadare torrenti, saltare tra le rocce e mangiare un sacco di datteri!! Passeggiano fino all’ora del tramonto, la giornata è proprio volata. Ci chiede dove staremo per la notte e quando gli diciamo di non aver ancor prenotato nulla senza pensarci ci dice che staremo ospiti della sua famiglia e di non preoccuparci di nulla. Il tramonto è ormai passato, stiamo riportando a casa della guida, noi non abbiamo ancora ben presente cosa faremo per le prossime ore, arrivati al piazzale dove lo abbiamo incontrato, la guida ci fa parcheggiare la macchina e ci fa entrare per un tè. Varcato il grosso cancello c’è un grosso cortile e tre costruzioni un po fatiscenti. Ci fa vedere dove tengono gli animali, hanno un asino, alcune capre, due dromedari, un cane e tanti gatti, ci porta sul terrazzo ad osservare il panorama ed infine in un grosso salone dove c’è tutta la sua famiglia. La guida ci presenta tutta la sua famiglia, Laila (che sta imparando tre lingue grazie a google translator), Hayat (sempre sorridente e con la battuta pronta), Aziza (instancabile faccendiera), Abdul (il maggiore dei fratelli), CousCous (così si è presentato il simpaticone copia di BobMarley), il piccolo Osama (intelligentissimo e simpaticissimo), sua madre e suo padre. Neanche il tempo di capire bene tutto quello che ci stanno dicendo che ci ritroviamo seduti con una coperta addosso e un tè davanti. La televisione accesa emette suoni incomprensibili, Laila e Hayat continuano a parlarci in un mix di lingue fra inglese, italiano e spagnolo ma si fanno capire bene. Ad un certo punto compare un tajine, preparato dal papà della guida, è tantissimo ed è solo per noi, lo considerano un regalo di benvenuto! Passiamo parte della serata in questo salone tutti insieme, Laila si mette a fare l’hennè e intanto insegnamo al piccolo Osama a giocare a ruba mazzetto, ovviamente impara in un lampo, nel frattempo arriva Abdul con una teglia piena di braci ed inizia a grigliare, il fumo si propaga in tutta la stanza, ci viene da ridere, sembra tutto così surreale. Sul tardi ci trasferiamo in un altro salone al piano di sotto. È una stanza grandissima piena di tavoli e divani, arriva altro cibo, questa volta per tutti, così mangiamo ancora una volta le deliziose pietanze della stupenda famiglia che ci sta ospitando, questa volta insieme ad Osama e Jamil. Finita la cena iniziamo a suonare i tamburi e cantare canzoni africane e italiane mentre Abdul sorseggia il suo vino (qui molti sono mussulmani “LIGHT”), Osama è bravissimo, le sue manine si muovono velocissime creando della musica avvolgente, CousCous canta e suona incredibilmente bene e la guida ci fa morire dal ridere. La serata passa in fretta, in un attimo è mezzanotte passata, Osama è andato a dormire da un pezzo nonostante qui in Marocco sia festa e le scuole siano chiuse, la guida ci fa vedere dove dormiremo: ci ha preparato due divani con coperte e lenzuola in questo grosso salone, ci saluta dandoci la buonanotte e se ne va anche lui. Noi continuiamo a chiacchierare con CousCous ed Abdul raccontandoci esperienze di vita e storie divertenti, sempre con il loro mix italiano/spagnolo/inglese, verso mezzanotte e mezza ci salutano anche loro e andiamo così a dormire nei nostri letti che sembrano più che altro due tavole di legno, ma ovviamente ci adattiamo e siamo estremamente grati per la loro ospitalità.
Gole di Dades. Day 7
La notte passata a casa della guida, purtroppo per me (Matteo), non è stata delle migliori. Alle 5 del mattino, svegliato dal freddo gelido che entrava da alcune finestre rotte sono dovuto correre in bagno. Alle 7 siamo in piedi entrambi, usiamo il bagno composto da due stanze all’esterno nel cortile, il freddo è pungente e l’acqua freddissima. Sono le 8.30, qualcuno in casa è già sveglio, il cortile comincia a rianimarsi, Osama scorrazza con la sua bicicletta mentre il nonno cura il suo giardino, il rumore delle pentole in cucina ci fa capire che le donne di casa sono già attive. La guida arriva con il suo sorriso a darci il buongiorno, ci prepara dell’acqua calda in un pentolone per poterci lavare e ci dice che presto sarà pronta la colazione. Ci sediamo in mezzo al cortile a farci scaldare dal sole, Osama corre a salutarci e subito ci mostra le carte, è pronto per un’altra partita a “rubamazzetto”! La colazione è pronta, ci viene versato il the nel loro classico rituale, la teiera viene alzata parecchio formando una cascata dorata e una schiumetta nel bicchierino di vetro, pane, formaggio e marmellate riempiono il tavolo. Tutta la famiglia si avvicina a noi abbracciandoci ancora una volta con tutto il calore, l’ospitalità e l’allegria che li contraddistingue. Ci sentiamo davvero a casa, abbiamo già il magone perché sappiamo che dovremo andarcene e salutarli. Ogni viaggio è così, si conoscono persone straordinarie, si stringono amicizie impensabili che ti resteranno per sempre nel cuore, ma quando la strada chiama arriva purtroppo il tempo dei saluti che ti lascia però un indelebile ricordo. Prima dei saluti CousCous ci fa vedere i loro due dromedari, scattiamo qualche foto e ci ritroviamo con due belle collane al collo, è il loro regalo di famiglia. Noi regaliamo quello che possiamo, alcune magliette, il bastone dei selfie ad Osama (che corre via felicissimo) e altre piccole cose. Arrivato il tempo degli abbracci tutta la famiglia ci avvolge calorosamente, così, ad uno ad uno, salutiamo tutti e ringraziamo, è stata un’eperienza stupenda e fortissima. Jamil decide di accompagnarci fino alle gole del Dades e ci dice che tornerà indietro col Bus, noi restiamo ancora una volta spiazzati, non vogliamo approfittarcene ma lui insiste e ci convince con la sua immensa allegria. Ci lasciamo alle spalle questa meravigliosa famiglia che ci ha fatto vivere davvero un’esperienza indimenticabile ed emozionante.
La nostra tappa odierna sono le gole del Dades che distano circa 1 ora da Tinghir, ma la guida ci fa fare una deviazione panoramica che raddoppia la durata del percorso. Io (Matteo) sono a terra per la nottataccia passata, la guida ci spiega il bellissimo panorama e ci racconta le varie storie dei villaggi fermandoci in alcune kasbah abbandonate e alcune palmerie. Il panorama è sempre magico, spaziando dal color rosso ocra, al verde, al marrone e al beige delle sue montagne rocciose. Ci fermiamo svariate volte a scattar foto, la guida scherza, io sono decisamente ko. La strada sembra non finire più perdendosi all’orizzonte, abbiamo fatto quasi due ore di macchina e finalmente le pareti rocciose iniziano a stringersi intorno alla via asfaltata che diventa sempre più piccola e si inerpica tortuosa verso la cima. Siamo finalmente arrivati in cima alle famose gole del Dades, il panorama sottostante ci lascia senza fiato, la via per la cima si fa strada fra curve e tornanti incastonate fra le rocce della gola rendendo questo posto unico e noi siamo grati di essere qui ad ammirarlo. Dopo la pausa ci rimettiamo in strada percorrendola nel senso opposto, la nostra destinazione è Skoura, piccolo paese a metà strada dove passeremo la notte, prima però è arrivato il momento di salutare Jamil, grande compagno di avventure, amico inaspettato in queste rosse terre Marocchine: ciao Jamil, arrivederci a presto… INSHALLAH! Arriviamo a Skoura alle 16.30, come sempre la nostra scheda sim (acquistata per soli 2 euro) non prende così ci fermiamo a bordo strada per consultare la guida in cerca di qualche consiglio per la notte ed ecco che dal nulla sbuca Abdul, un signore del posto, sul suo motorino scassato a consigliarci una Kasbah nelle vicinanze (Kasbah Ait BenHadda), ancora una volta ci fidiamo e ci facciamo accompagnare in questa struttura, non appena entrati ci sembra un sogno, la Kasbah è bellissima, appena ristrutturata con piscina e fiori meravigliosi che profumano l’aria, il proprietario ci fa vedere le stanze e contrattiamo per 65 euro la notte con mezza pensione. Ottimo, salutiamo Abdul ringraziandolo per l’ottimo consiglio e accordandoci con lui per un escursione guidata nella bellissima e famosa oasi di Skoura. C’è ancora sole e ne approfittiamo per rilassarci a bordo piscina, dopo tutti questi giorni di corsa, ci vuole un pò di relax! Il proprietario della struttura ci offre il classico thè marocchino arricchendo il tutto con datteri e noccioline, l’ospitalità qui non manca mai! Ci portiamo all’ultimo piano della kasbah per ammirare il tramonto, siamo gli unici ospiti e ci godiamo questo splendido posto tutto a nostra disposizione.
Ait-Ben-Haddou. Magico tramonto. From day 8 to the end
Questa mattina riusciamo finalmente a rilassarci un pò, l’appuntamento con Abdul, la nostra guida per la mattinata, è alle 10 così per le 9 siamo in sala colazioni a mangiare serenamente la nostra tipica colazione marocchina a base di pane, una specie di pizza buonissima senza condimenti (la pizza berbera?), olive, formaggi, marmellate, omelette, thé, caffè e spremute d’arancia. Alle 10 in punto stiamo facendo il check out, fuori c’è già la guida ad attenderci per portarci nelle fitte palmeraie a vedere le antiche Kasbah tra cui quella di Amridil, una delle meglio conservate e più ammirate del Marocco, rappresentata anche nelle vecchie banconote da 50 DH. Il sole si sta facendo alto e caldo nel cielo, il tragitto che ci separa dalla prima area di palmeraia che visiteremo è breve, lasciamo l’auto a bordo strada, in una piazzola sterrata e ci avviamo, con Abdul che ci precede, verso le vecchie Kasbah abbandonate di questa zona. Ci racconta (un po in francese, un po in inglese ma facendosi capire bene) che queste costruzioni risalgono al 1700 circa e appartenevano ai ricchi mercanti nomadi del deserto, noi proviamo ad immaginarci come dovevano essere imponenti e maestose quando, dopo 52 giorni di carovana nel deserto fra tempeste di sabbia e notti stellate, tornavano da Timbouctou in questa rigogliosa oasi verde a riposarsi nelle loro dimore splendenti, la guida ci dice che necessitavano di parecchia manutenzione perché erano comunque strutture realizzate in paglia, fango e terra cruda quindi le mura esterne subivano danni dovuti alle intemperie ed era sempre presente e pronto all’esterno il preparato fangoso per ripristinare e riparare le pareti danneggiate. La nostra passeggiata, dopo aver ripreso la macchina e guidato attraverso strettissime strade sterrate all’interno del villaggio, prosegue a piedi nel cuore della palmeraia, la nostra fidata guida ci spiega che la sussistenza di queste kasbah sono, ed erano, le piantagioni presenti qui, infatti troviamo numerose piante da frutto, tra cui melograni, albicocchi, ulivi, melecotogne, mandorli, viti, fichi e poi diverse piantagioni di ortaggi. Mentre passeggiamo la gente del posto è tutta qui riunita per la raccolta delle olive che avviene manualmente e, durante queste giornate di raccolta, tutte le persone presenti mangiano e bevono insieme come fosse una grande festa. Ci avviciniamo sempre di più alla Kasbah Amridil e finalmente eccola lì, bella e imponente, con quel fascino antico che solo una costruzione così sa trasmettere, è davvero immensa e ben tenuta, davanti ad essa c’è il letto di un fiume adesso in secca e un po di palme che la circondano. La kasbah si erge alta con le sue quattro belle torri a riempire il cielo, appena fuori scattiamo qualche foto, quando ci avviciniamo ci accorgiamo che con noi c’è anche un troupe televisiva che sta facendo un video promozionale e anche il sindaco, potremmo diventare famosi… in Marocco! Dopo una breve spiegazione che ci viene fatta all’ingresso ci inoltriamo nel cuore della casa, il piano terra era riservato agli animali, una grossa stanza, che fungeva da stalla, con diverse aree dove venivano tenute le bestie. Al primo piano troviamo la grossa cucina, le pareti sono nere perché il fuoco e gli alimenti venivano fatti direttamente qui, al centro c’è una grossa apertura che arriva fino al tetto che serviva per l’areazione, in un angolo scorgiamo un piccolo forno di fango dove veniva cotto il pane e, un po sparsi, diversi utensili da cucina. Appena dietro si apre un grande stanzone che era la sala da pranzo degli ospiti, adesso tutta spoglia e grigia ma sicuramente, nel passato, tutta arredata e stracolma di meravigliosi tappeti doveva essere magnifica così proviamo ad immaginarcela immersa nel suo vivo passato. Al secondo piano c’erano le camere dei bambini e la sala da pranzo della famiglia, poi in un angolo buio di questo piano scopriamo anche una grossa dispensa divisa in quattro settori dove venivano conservati i frutti, i cereali e i semi di stagione. Nel terrazzo c’era un’area coperta per prendere il thè e qui si ergevano le quattro belle torri che erano le stanze delle mogli. Finita la visita accompagniamo Abdul al suo piccolo negozio, qui i suoi cugini ci offrono un buonissimo thè e nel frattempo contrattiamo con loro per un bellissimo bracciale che portiamo via per 50 dirham. Salutiamo lui e i suoi cugini ringraziandoli dell’ospitalità e ci avviamo con la nostra macchina verso Ait-Ben-Haddou. Da qui faremo circa un’ora di strada per raggiungere l’antica città fortificata, patrimonio dell’UNESCO e set di numerosi film cinematografici tipo il gladiatore, il thè nel deserto, la mummia e molti altri. Arrivati a destinazione, seguendo le indicazioni della nostra Lonely, ci fermiamo a chiedere per la notte al cafè Bagdad, piccola e bella riad proprio sulla strada. Il proprietario, gentilissimo, ci dice che per la notte sono al completo ma ci indica un altro semplice albergo li nelle vicinanze, l’hotel Valentine, ma che comunque possiamo usufruire della sua ospitalità, della sua piscina, del terrazzo e di qualsiasi altra cosa qui al Bagdad. Così andiamo a scaricare gli zaini nella nostra spaziosa camera del “Valentine” pagata 350 dirham con colazione, ci rinfreschiamo e ci rilassiamo per una bella mezz’ora, poi torniamo al cafè Bagdad dove il nostro amico e proprietario della struttura ci sta aspettando per spiegarci bene il giro che dobbiamo fare nella città fortificata, ci disegna una mappa e ci dice esattamente il percorso da tenere se non vogliamo incappare nelle solite guide pronte a spillarti soldi, ci dice anche di tenerla ben nascosta perché non vuole far torti a nessuno. Il tragitto è semplice, dopo aver oltrepassato un piccolo torrente (dovrebbe essere il fiume Ouarzazate) ci si presenta davanti ai nostri occhi la magica città che si trovava esattamente lungo la rotta carovaniera fra il deserto del Sahara e Marrakech, incredibilmente conserva ancora il suo fascino antico, quello splendore che solo una città così, in mezzo al deserto, sa trasmetterti: meraviglia e stupore, gioia e soddisfazione per essere giunti fin qui attraverso mille avventure, sogni, deserti e una miriade di stelle, finalmente anche noi, come gli antichi carovanieri, ci faremo cullare da questa ammaliante città in una delle nostre ultime notti qui. Camminiamo attraverso stretti vicoli di mura e case di fango, saliamo sui ripidi scalini fino a giungere sulla vetta della collina dove c’era l’antico granaio, da qui la vista a 360° è spettacolare, si vede tutta Ait-Ben-Haddou, tutto il palmeto e il fiume Ouarzazate. Ci mettiamo seduti comodi ad osservare il panorama, è ormai arrivato anche il tramonto a salutare la nostra ultima avventura, magicamente arrivano anche due ragazzi a suonare dolci e belle canzoni melodiose con le loro chitarre e bonghi, guardiamo così sognanti uno dei più bei tramonti qui in marocco che ci saluta con tutto il suo calore, pieni di gratitudine per questo paese meraviglioso, pieno di colori, gente meravigliosa, emozioni e sogni, lo salutiamo così: con un grosso arrivederci…. INSHALLAH, alla prossima avventura….!!!
A titolo informativo, l’ultimo giorno di viaggio è stato il trasferimento verso Marrakech, con la nostra piccola auto abbiamo deciso di fare una strada panoramica poco battuta in quanto segnata come non asfaltata dalla Lonely Planet. Chiedendo in giro ci è stato però assicurato che recentemente la strada sia stata riparata e asfaltata, quindi adatta alla nostra auto, decidiamo così di percorrerla. La strada da Telouet verso Marrakech è incredibilmente bella e selvaggia con i suoi aridi panorami, i suoi canyon, le sue montagne rosse e soprattutto la strada sterrata che separa, da più di metà tragitto, noi dalla nostra meta. Guidiamo attraverso pianure sconfinate, strette gole, panorami che ci ricordano quelli americani, a volte con difficoltà dovuta alle strade sterrate, alla polvere che si alza e anche dai diversi lavori che ci bloccano e ci fanno fare delle soste forzate e perdere ore. Arriviamo a Marrakech in serata, stanchi e impolverati, dopo aver riconsegnato l’auto e posato gli zaini al nostro ultimo Riad Samsli, corriamo attraverso gli stretti e caotici vicoli verso la piazza Jemaa el-Fna, dove ci stanno aspettando, sotto un tramonto meraviglioso, dei nostri Amici (Maurizio e Stefania) giunti qui per il weekend, passiamo con loro una bellissima serata a base di cibo, consigli, racconti e risate. Prima di dormire ci concediamo un super bagno rilassante nell nostra vasca privata di 2 metri per 3 nella nostra stanza.
ùIl Marocco è stata una meravigliosa scoperta, paesaggi stupendi, persone straordinarie, storie dal fascino antico e avventure inaspettate ci hanno accompagnato in questo breve viaggio che però resterà per sempre scolpito nei nostri cuori.