Mali – Un viaggio tra la gente
Oppure come il maestoso fiume Niger, uno dei piu’ grandi fiumi africani, che attraversa il Paese da ovest a est creando un grande arco prima di “sconfinare” in Niger, un poco in Benin e poi in Nigeria, terminando la sua corsa nel golfo di Guinea.
E che dire dei villaggi del popolo Dogon, il popolo delle stelle? E poi il Mali e’ in Africa e tutto cio’ che riguarda questo immenso Continente esercita su di noi un richiamo irresistibile, come un flauto magico che con il suo dolce suono ti costringe a seguirlo.
Un qualcosa che ti spinge quindi a ritornare, tra questa gente, tra questi colori, tra questi odori , in questa natura meravigliosa, in questi luoghi immensi. E’ questo il famoso mal d’Africa? Pensiamo proprio di si, e noi sicuramente ne siamo stati colpiti.
E da questo “male” (pero’ che brutto chiamare cosi’ una condizione bellissima!) sicuramente non si puo’ guarire. Lo si puo’ soltanto attenuare, ritornando in questa terra.
E così quest’anno abbiamo deciso di effettuare il tour del Mali, una destinazione insolita ma sicuramente molto interessante e con la sicurezza che di cose bellissime ed indimenticabili ne avremmo viste veramente tante.
Ci siamo appoggiati al Tour Operator Fuori Rotta di Maranello (un sincero ringraziamento alla sig.Ra Ivana Dotti grazie alla quale abbiamo potuto effettuare questo bellissimo viaggio ) e ne siamo stati contenti: tutto ben organizzato e con un autista ed una guida locali veramente disponibili e gentili, sempre pronti a soddisfare le nostre richieste, soprattutto quelle relative alle numerose soste “fotografiche”.
La partenza per la nostra vacanza (ma sarebbe meglio chiamarlo viaggio, in quanto certamente non ci saremmo distesi su una spiaggia al sole) e’ avvenuta il 5 ottobre da Milano via Parigi. Dalla capitale francese, con un comodo e puntuale volo Air France, dopo meno di 6 ore abbiamo quindi raggiunto Bamako, la capitale del Mali.
A Milano ci siamo presentati al ceck-in veramente carichi di bagagli: quando andiamo in Africa, portiamo infatti sempre tutto cio’ che possiamo da regalare ai tanti bambini che incontreremo (magliette, caramelle, penne e quaderni che consegnamo pero’ direttamente nelle scuole, ecc…).
Almeno 7 chilogrammi di sovrappeso per i bagagli spediti e circa 13 kg di bagaglio a mano , (borsa e zaino fortunatamente non pesati), per un totale di circa 60 kg.! Al ritorno però saranno praticamente dimezzati.
Pensiamo che portare qualcosa, anche se certamente non si può accontentare tutti, sia un bel gesto, un gesto che verra’ ricambiato con un sorriso sincero che sicuramente non si dimenticherà mai.
Arriviamo a Bamako in perfetto orario. E’ già buio ma fa comunque un gran caldo. Espletate le formalita’ doganali molto velocemente e ritirati altrettanto velocemente i bagagli, ci dirigiamo tra una selva di carrelli, gente e valigie, all’uscita del piccolo aeroporto. Fortunatamente evitiamo il noioso rito dell’ apertura dei bagagli per il controllo all’arrivo: quando siamo transitati noi, gli addetti a questo compito erano gia’ impegnati con altre persone, per cui ci siamo diretti alla ricerca dei nostri accompagnatori, i quali erano puntualmente fuori ad aspettarci con un bel cartello con su scritto i nostri nomi.
Presentazioni di rito dunque con la nostra guida Sory e con il nostro gigantesco autista Lassy (non siamo sicuri che si scriva proprio cosi’, perdonaci omone!).
Comincia quindi la nostra avventura in terra maliana! Ci dirigiamo subito verso l’Hotel Mande’ dove passeremo la prima notte. Si tratta di un bell’albergo situato lontano dal centro citta’, in una zona tranquilla, proprio sulle rive del fiume Niger, che ci accoglie gonfio di acqua perchè la stagione delle piogge e’ appena terminata.
Giungiamo all’hotel dopo una buona mezz’ora e concordiamo con i nostri accompagnatori l’orario di partenza dell’indomani mattina. Partenza fissata per le ore 8, dopo colazione.
Quindi , preso possesso della nostra camera, ci sdraiamo nel letto e ci lasciamo andare ad un sonno ristoratore, con il pensiero al giorno successivo, quando finalmente cominceremo il nostro tour.
La sveglia non suona nemmeno: e’ troppa la voglia di iniziare l’avventura che ci svegliamo senza dover aspettare il fatidico bip-bip.
Abbondante colazione e caricati i bagagli in auto (un comodo e grande fuoristrada) partiamo alla volta di Segou, distante circa 230 km.
Prima di lasciare Bamako, che visiteremo al ritorno, facciamo comunque una breve sosta al Monumento all’Africa: si tratta di un’alta torre sulla cima della quale e’ stata posta una grande sagoma del continente africano, con evidenziato il Mali.
Durante il percorso verso Segou, ci fermiamo a visitare i “negozi” dei lavoratori del legno lungo la strada. Molto belli gli oggetti creati, dai piccoli souvenir alle statue giganti. Ai bordi della strada, di fronte a piccole capanne, notiamo poi delle bottiglie piene di un liquido scuro, ordinatamente disposte su tavoli vicini a delle piccole e rudimentali pompe: si tratta di distributori di benzina per motociclette ! Fammi il pieno per favore, e qui ti danno una bottiglia !!! Visitiamo anche il primo villaggio. Appena mettiamo piede all’interno di esso, i bimbi ci vengono incontro vocianti e festosi al grido di “toubab, toubab” e ci prendono per mano, come per voler fare da accompagnatori. Sory ci dice che e’ l’interpretazione distorta del termine “tout blanc”, tutto bianco, come sono identificati qui i turisti europei.
E cosi’ toubab Stefano e toubab Annalisa iniziano a distribuire cappellini e magliette.
Indimenticabili gli sguardi festosi dei bimbi, che spalancano i loro increduli occhioni neri e ci ringraziano infinitamente. Ci vuole poco per renderli felici.
Possiamo vedere in questo villaggio i tipici forni cilindrici e i granai con il classico tetto di paglia a forma conica e uomini e donne nei loro lavori quotidiani.
Fatte le foto di rito, anche con i bimbi che subito hanno indossato le magliette e i cappellini, proseguiamo il nostro viaggio. Durante il percorso ci fermiamo ad ammirare i tantissimi nidi, di tutte le dimensioni, che notiamo su molti alberi: ce ne sono di grandi e di piccoli, classici ma anche a forma di sfera e ci pare cosi’ di avere dinnanzi giganteschi alberi di Natale. Ma invece e’ la natura che ancora una volta ci sorprende con i suoi infiniti aspetti.
Arriviamo a Segou verso le 13 e ci sistemiamo all’Hotel Auberge, confortevole e pulito, con la caratteristica che la reception, il ristorante e la piscina si trovano in un basso edificio su di un lato della strada, mentre le camere sono una cinquantina di metri piu’ in la’, distaccate in una stradina laterale.
Sistemiamo i bagagli in camera e consumiamo quindi il nostro primo pranzo maliano: proviamo il capitaine, un pesce del Niger che raggiunge notevoli dimensioni. Squisito, che altro dire.
Segou, antica capitale del regno Bambara, e’ una citta’ tranquilla e certamente non caotica come Bamako, anche perche’ decisamente piu’ piccola, con ampi viali alberati, vecchi edifici coloniali e un bel lungofiume dove poter osservare lo scorrere lento della vita.
Dopo pranzo e’ prevista la visita di Segou. Visitiamo prima una fabbrica dove le donne lavorano la lana di montone e creano bellissimi tappeti. Purtroppo e’ sabato e ci sono solo un paio di donne al lavoro, ma comunque ci è chiaro come avviene la lavorazione.
Visitiamo poi il vicino villaggio storico di Segoukoro, un tempo centro dell’impero Bambara di Biton Mamary, dove possiamo vedere la sua tomba e anche 3 graziose moschee, una delle quali situata proprio lungo il fiume Niger. Tutti gli edifici qui sono costruiti in banco di colore ocra-rosso.
Facciamo anche una breve visita al capo del villaggio, che ci accoglie nel cortile della sua abitazione e ci fa un po’ di domande su di noi, da dove veniamo, quanto ci fermeremo, cosa visiteremo del suo paese, ecc. Gentilmente si lascia anche scattare una foto.
Ritorniamo dunque a Segou e facciamo una bella passeggiata sul lungofiume, dove come detto prima, si possono osservare autentiche scene di vita locale.
C’e’ un continuo via vai di pinasse, la tipica imbarcazione maliana: c’e’ chi carica la sua di ogni cosa immaginabile, ci sono le donne che lavano i panni e le stoviglie, quasi sempre con sulla schiena il proprio bambino. C’e’ chi si lava e, poco piu’ in la, chi lava il suo montone! Insomma, possiamo osservare la vita locale in tante sue espressioni.
C’e’ anche il mercatino delle ceramiche e dei vasi, prodotti nei villaggi vicini e da qui spediti in varie zone del Mali.
E qui, sul lungofiume, possiamo ammirare anche il primo tramonto maliano del nostro viaggio, con quei colori e sfumature che solo in Africa si possono osservare. Si torna in albergo, ma prima di andare a cena, ci fermiano un po’ (solo un po’ ?) a contrattare alcuni souvenir nelle bancarelle “casualmente” piazzate proprio di fronte all’hotel. In particolare acquistiamo alcune piccole zucche colorate, con le quali e’ nostra intenzione decorare il nostro albero di Natale quest’anno. Ma alla fine del viaggio queste zucche saranno ben 50 ! La notte fa comunque molto caldo, si suda sempre tanto e bisogna per forza dormire con il condizionatore acceso, che definire rumoroso e’ un complimento. I nostri accompagnatori, infatti, dormono all’aperto nel cortile dell’hotel e sicuramente stanno meglio di noi in camera.
Ancora non lo sappiamo, ma anche noi, piu’ avanti, decideremo una sera di dormire fuori.
L’indomani mattina partenza presto alla volta di Djennè.
Durante il tragitto, pero’, ci fermiamo a San per visitare la moschea di banco grigio.
E’ molto bella e curiosa con tutte quelle travi che spuntano ovunque dalla struttura e che la fanno somigliare ad un gigantesco istrice. Ma quelle travi sporgenti, non sono solo belle esteticamente, ma servono anche da appoggio per le scale degli operai che dovranno risistemare le parti danneggiate dopo la stagione delle piogge.
Ed è a San che concludiamo il piu’ grande acquisto di “zucche natalizie” e non possiamo che notare lo sguardo sorpreso ed incredulo della giovane venditrice quando decidiamo di acquistarne addirittura una trentina. Quando mai capiteranno altri due toubab che faranno un simile acquisto? Il percorso verso Diennè prosegue con altre immancabili soste fotografiche.
Djennè sorge su un’isola del fiume Bani e per raggiungerla bisogna prendere una chiatta che fa la spola tra una sponda e l’altra. Incontriamo tanti camion, furgoncini, auto, carretti, tutti stracarichi di ogni tipo di mercanzia, che diligentemente si mettono in fila ed attendono il loro turno per salire sulla chiatta. Il giorno successivo,lunedì, ci sara’ infatti il famosissimo mercato ed i turisti che vengono qui fanno coincidere proprio con il lunedì il periodo della loro visita.
Un mercato imponente, che attira venditori da ogni parte del Mali, persino da Bamako che dista ben 560 km.
Giunti a Djennè ci sistemiamo al Campement Hotel, molto semplice e spartano, comunque quello utilizzato dalla stragrande maggioranza dei turisti che arrivano qui, in quanto e’ situato a 5 minuti dalla grande moschea in banco davanti alla quale si terrà il mercato.
Questa citta’ è sicuramente la piu’ bella del Mali , con tutte le sue costruzioni fatte in banco.
L’Unesco l’ha nominata Patrimonio dell’Umanità, ma non si puo’ non chiedersi, vedendo le fogne a cielo aperto attraversare ogni angolo della città e le montagne di immondizia ovunque, come vengono utilizzati i fondi dell’Unesco (sempre che ci arrivino fin qui questi soldi…) Visitiamo subito la grande moschea: e’ bellissima, imponente e non si puo’ far altro che ammirarla da ogni angolazione e pensare con ammirazione a coloro che l’hanno costruita, cosi,’ tutta con il fango! Anche questa presenta moltissimi travi sporgenti.
Ora la piazza davanti alla moschea e’ vuota, ma cominciano ad arrivare i commercianti e a sistemare i loro prodotti. Domani sarà un’altra cosa! Ci dirigiamo poi a visitare la tomba della giovane donna sepolta viva secondo la leggenda, per favorire la prosperità della città stessa.
Poi visitiamo una fabbrica dei famosi tessuti chiamati bogolan, fatti con il fango e con la corteccia degli alberi. Qui ci spiegano come vengono fatti e colorati questi splendidi tessuti ed è, ovviamente, immancabile l’acquisto di una bella tovaglia. Visitiamo poi anche alcune scuole coraniche e affacciandoci sulla porta di ingresso notiamo tanti ragazzi intenti a studiare i comandamenti del Corano.
Tutti gli edifici a Djennè sono costruiti in banco e le porte e le finestre sono finemente rifinite.
E’ bellissimo passeggiare tranquillamente tra le vie di questa città cosi’ particolare, osservando tutto cio’, facendo però attenzione a non mettere i piedi nel rivolo della fogna che scorre in mezzo alla strada o cercando di evitare l’arrivo improvviso di un gruppo di pecore! Saliamo poi sul tetto di una casa per vedere la citta’ dall’alto, per quanto possibile.
Il giorno dopo, finalmente, è giorno di mercato.
Sembra di essere davvero in altro posto rispetto al giorno precedente. C’e’ veramente di tutto: chi vende legna, stoffe, frutta, oggetti di paglia, collanine, braccialetti, magliette, capre,carne,pesci essiccati, burro di karitè,ecc. Ma quello che ci colpisce di piu’ e’ l’esplosione di colori alla quale possiamo assistere. Bellissimi i vestiti delle donne, la maggior parte delle quali con il solito bimbo infagottato sulla schiena.
Girovaghiamo tra i vari venditori, scattiamo un po’ di fotografie, chiedendo prima ai diretti interessati se possiamo farlo, perche’ non tutti sono d’accordo a farsi riprendere e acquistiamo anche noi alcune belle stoffe colorate.
Dopodiche’ risaliamo sul tetto di una casa per ammirare lo svolgersi del mercato dall’alto.
Al mercato acquistiamo anche della frutta, angurie e banane, che mangeremo durante la navigazione sul fiume Niger.
Dopo questa immersione totale nella vita locale, tra questi colori e odori, riprendiamo la chiatta per attraversare il fiume e la nostra strada prosegue in direzione Mopti, punto di partenza di tutte le imbarcazioni dirette a Timbuctu. Pernottiamo all’Hotel Ambedjele a Sevare’ una dozzina di chilometri prima di Motpi. Si tratta di un bell’hotel pulito e confortevole e con un ottimo ristorante, con le camere situate in edifici simili ai granai dei villaggi, immerse in un bel giardino con piscina, della quale usufruiamo prima di iniziare la prima parte della visita di Mopti. Purtroppo il gran caldo, l’umidita’ e tutta la vegetazione del giardino, attirano un gran numero di insetti di ogni tipo. Anche qui impossibile dormire senza il condizionatore acceso.
La visita di Mopti la suddividiamo in due momenti, una subito, l’altra al ritorno, in quanto ci fermeremo qui ancora una volta dopo i Paesi Dogon.
Mopti e’ soprannominata , certamente con esagerazione, la “Venezia del Mali”, in quanto anch’essa e’ costruita su isole, tre per la precisione, alla confluenza dei fiumi Bani e Niger.
Ci sono inoltre moltissime risaie tutt’intorno alla città, che rappresenta un importante centro commerciale e il suo porto è uno dei piu’ importanti di tutto il Mali.
Cominciamo la visita di Mopti partendo dal lungofiume, dove possiamo vedere tantissime pinasse cariche di merci di ogni tipo e di persone, che fanno la spola con i villaggi piu’ o meno vicini.
Qui conosciamo anche l’equipaggio della pinasse con il quale l’indomani mattina di buon’ora cominceremo la navigazione sul Niger per raggiungere la mitica citta’ di Timbuctu.
Visitiamo poi il porto e qui non si contano le imbarcazioni stracariche di merci fino al limite di galleggiamento. Proseguiamo verso il mercato delle spezie e del pesce, qui in prevalenza essiccato.
Notiamo anche diversi venditori di sale. Giungiamo poi a quello che qui chiamano “l’atelier delle piroghe”, ovvero dove vengono costruite le imbarcazioni tipiche. Da una parte ci sono uomini intenti al montaggio di una pinasse e dall’altra altri uomini che forgiano i chiodi.
Da qui raggiungiamo il vicino Bar Bozo, che si trova proprio sul fiume e dalla terrazza del quale si puo’ ammirare uno spettacolare tramonto, reso ancora piu’ bello dalle sagome delle tante pinasse che continuano incessanti ad andare avanti e indietro.
Ci beviamo una bibita fresca e ci gustiamo, ovviamente, l’infuocato tramonto sul fiume.
Ritorniamo dunque all’hotel Ambedjele e dopo una buona cena a base di capitaine, prepariamo i bagagli perche’ l’indomani di buon’ora inizieremo la navigazione sul fiume Niger, direzione Timbuctu.
Ed eccoci, alle 7,30 gia’ pronti sul molo per imbarcarci sulla pinasse. Il nostro Sory sara’ con noi assieme ai tre membri dell’equipaggio: un giovane ragazzo di 16 anni che si occupa di timonare, un signore incaricato di cucinare e quello che probabilmente doveva essere il capitano in quanto le sue funzioni a bordo erano praticamente solo quelle di coordinare il tutto. L’autista-omone Lassy, invece, lo ritroveremo al porto di Timbuctu, dopo 3 giorni.
Carichiamo i bagagli e subito si parte.
La navigazione scorre via tranquilla, ogni tanto ci appisoliamo un poco a causa dell’incedere lento e costante della pinasse, ma e’ veramente indimenticabile ed unico il paesaggio che abbiamo modo di osservare, tranquillamente sdraiati a bordo della nostra barca.
Si vedono tanti pescatori, villaggi dell’etnia Bozo sulla riva del grande fiume, tantissimi aironi fermi sulle sponde o sugli alberi. Il silenzio di questi luoghi magici e’ rotto soltanto dal “rumore” della barca o dal canto dei gruppi di uccelli che ogni tanto incontriamo.
Sulla pinasse si fa tutto, si mangia e si puo’ andare al bagno. Si perche’ c’è anche questo e si trova in fondo alla stessa, proprio dietro il timone. Per raggiungerlo devi passare sul bordo della barca, anche se questa sta andando, tenendoti aggrappato al tetto della stessa. Quindi raggiungi un separe’ di tavole aperto su di un lato per poter entrare: voilà la toilette, un bel buco nella barca con vista sul fiume Niger ! Durante la navigazione possiamo vedere anche alcune moschee in banco, bellissime e grandi, costruite quasi sulle sponde del fiume.
Incrociamo anche tante altre pinasse (non di turisti) e tutti ci salutano quando ci scorgono.
Ogni tanto ci fermiamo a visitare qualche villaggio e per comperare del pesce dai pescatori locali, che poi sara’ cucinato per noi sulla barca.
In ogni villaggio lasciamo magliette e cappellini per la gioia dei tanti bimbi che accorrono sulla sponda del fiume, come per accoglierci, appena vedono la pinasse avvicinarsi a riva.
C’e’ molta acqua in questo periodo e alcuni villaggi sono praticamente su isole nel fiume.
In uno di questi villaggi vivremo un momento che restera’ per sempre impresso nella nostra mente: dopo aver distribuito le solite magliette e fatto una bella foto con i piccoli abitanti, un signore si avvicina a noi, ci ringrazia per quello che abbiamo fatto e ci dona, in segno di amicizia e per ricordo, alcuni pesci che potremo poi cucinare sulla pinasse. Noi non ce l’aspettavamo e siamo rimasti colpiti da questo gesto sincero. Con commozione ci siamo salutati e mentre la barca si allontanava loro continuavano ad agitare le mani in segno di saluto.
La giornata di navigazione è oramai terminata.
Il tramonto che possiamo vedere ci offre dei colori bellissimi ed intensi ed è prossima la prima delle due notti che trascorreremo sulle rive del fiume.
Attracchiamo su una sponda sabbiosa libera da vegetazione, in modo da avere meno problemi con le temute zanzare.
Ma fortunatamente queste non daranno fastidi. I nostri accompagnatori montano la nostra tenda e quindi ci facciamo una bella cena a base di pesce a lume di… torcia sulla pinasse.
Dopodichè tutti a nanna, l’indomani mattina si partira’ alle 6. Ma subito non si riesce a dormire: non si puo’ infatti non restare a contemplare, seduti accanto alla tenda, lo stupendo cielo stellato che si estende sopra di noi.
C’e’ silenzio, un profondo silenzio. In lontananza si sentono i tamburi di un villaggio, forse c’è una festa, chissà.
Ma anche noi stiamo partecipando ad una festa, a modo nostro, in silenzio, con la mente invasa da queste immagini meravigliose e magiche. E’ la festa della natura, che qui è padrona.
Come detto, la mattina partenza alle ore 6 e colazione sulla pinasse, ammirando un’alba dai colori fortissimi e che ci emoziona un poco.
Il secondo giorno di navigazione scorre tranquillo e bellissimo come il precedente, incrociamo sempre molte pinasse, ancora tanti aironi e anche tanti martin pescatore e uccelli di ogni tipo.
Ancora visite a villaggi e quindi oltrepassiamo il Lago Debo: il Niger infatti crea un delta interno immenso e in certi tratti non sembra piu’ un fiume bensì un mare. Questo lago, ci dice Sory, e’ largo piu’ di 25 km (io guardo sulla cartina e scopro che e’ solo un puntino blu, ce ne sono di molto piu’ grandi !) e durante la stagione secca ci sono tantissime barche di pescatori e tantissimi uccelli che fanno a gara con loro: però ora, con tutta quest’acqua, e’ troppo profondo ed è estremamente difficile pescare e sul lago ci siamo soltanto noi.
Inoltre c’è pure un forte vento, che ci costringe ad aspettare un poco vicino alla riva prima di attraversare il lago. Ma poi si parte e si balla pure molto: il vento solleva onde fastidiose e la nostra pinasse oscilla parecchio.
Una volta giunti dall’altra parte, pero’, il vento non da piu’ fastidio e la navigazione riprende placida come prima.
E’ ormai sera ed eccoci pronti per la seconda notte sulle sponde del fiume. Ci fermiamo a poche centinaia di metri da un villaggio e subito notiamo alcune persone avvicinarsi. Sono tre ragazze, che appena hanno visto la barca attraccare, spinte dalla curiosità, sono venute a vedere cosa ci facevano due toubab a quell’ora ed in quel posto, lontano da tutto e da tutti.
Facciamo le presentazioni di rito (aiutati dal buon Sory, perché le giovani non parlano francese) e nel frattempo altra gente è in arrivo: donne, ragazzi, bambini, tutti a vedere cosa sta succedendo. Alla fine erano una quindicina. E cosi’, dopo la solita cena a lume di torcia, ci siamo seduti sulla sabbia ad osservare le danze ed i canti che hanno inaspettatamente inscenato per noi.
E’ stata una bella sorpresa, perché nulla era programmato, ma tutto spontaneo ed improvvisato, cosi’, semplicemente sulla riva sabbiosa del fiume Niger e sotto un fantastico cielo stellato.
La notte passa tranquilla e fresca, si dorme bene senza alcun problema.
Il mattino seguente ancora una partenza di buon’ora e ad augurarci buona giornata è ancora una volta un’alba dai colori intensissimi.
Durante il tragitto facciamo una breve sosta alla città di Niafunke’ per acquistare del…Ghiaccio! E si, perche’ qui il ghiaccio lo vendono a pezzi e comunque non dappertutto lo si puo’ trovare, per cui appena possibile bisogna provvedere all’acquisto. L’acqua sulla barca, per un po’, sarà al fresco.
Mentre Sory si occupa dell’acquisto, noi facciamo quattro passi sotto un sole fortissimo, giusto per poter vedere la locale moschea e soprattutto per poter osservare un po’ di vita locale. Sul lungofiume ci sono infatti tantissime donne intente a lavare i panni, le pentole e anche…I loro bambini. Tutti insieme e tutto insieme, senza distinzioni. L’unica divisione che notiamo è quella tra donne e uomini: questi infatti si stanno lavando da un’altra parte, staccati dalle donne.
Piu’ avanti visitiamo anche un piccolo villaggio dell’etnia Belas. Subito notiamo la differenza delle loro abitazioni rispetto alle altre viste finora: esse somigliano a piccole serre e sono tutte ricoperte con una specie di “telone” di pelle.
La nostra meta , Timbuctu, oramai e’ vicina. Arriviamo infatti a Korjoume, che potremmo definire il porto di Timbuctu, in quanto questa non sorge direttamente sul fiume ma a pochi chilometri da esso. Ed eccolo, laggiù che ci aspetta seduto all’ombra di un albero, il nostro Lassy ! Salutiamo e ringraziamo per la gentilezza e la disponibilita’ l’equipaggio della pinasse e saliamo in macchina per raggiungere la mitica citta’ di Timbuctu. Sory ci dice che la citta’ fu fondata da una donna di nome Bouctou attorno a un pozzo che lei custodiva e che in lingua tuareg si dice “tim”. Questa citta’ fu un importante centro commerciale del Mali, soprattutto nell’ XI secolo, quando da qui passavano le carovane che trasportavano oro, avorio, sale e anche schiavi. Timbuctu per secoli e’ stata vista come simbolo del mistero e dell’inacessibilita’, circondata dal deserto che la isolava ma la proteggeva al tempo stesso.
Dal punto di vista architettonico e’ sicuramente meno bella di Djennè, ma il bello di essere arrivati fino a qui e’ proprio in questo alone di mistero e leggenda che la circonda.
Sabbia, tanta sabbia ovunque. Alloggiamo all’Hotel La Colombe, in pieno centro, a due passi dalle cose che qui visiteremo. E’ un buon albergo, semplice, con una bella terrazza utilizzata per la colazione e la cena, che si affaccia sulla strada principale. I bagni pero’ lasciano molto, molto a desiderare.
Dopo aver sistemato i bagagli in camera, cominciamo la visita della città, accompagnati, oltre che da Sory, anche da una guida locale.
Visitiamo subito la moschea principale, ossia la Moschea Dijngareiber, l’unica moschea di qui dove e’ possibile entrare.
L’interno è semplice, fresco, (per fortuna, fuori siamo attorno ai 42°) con grossi pilastri in banco e diverse sale di preghiera. Le sale riservate alle donne sono in una zona separata. Il minareto e’ a forma piramidale, con tutti i travi di legno sporgenti.
Passiamo poi a visitare la Moschea di Sidy Yahiya, con la vicina scuola coranica. Nei pressi ci sono anche le case, restaurate e tutte con una targa indicativa, dei grandi esploratori che qui giunsero molti secoli orsono. Sory ci racconta che molti ci provarono ad arrivare a Timbuctu, solo pochi ci riuscirono e ancora meno riuscirono a tornare indietro per raccontare cio’ che avevano visto.
La prima casa che vediamo e’ quella di Heinrich Barth, trasformata in piccolo museo nella quale si possono osservare anche alcuni suoi testi e riproduzioni di disegni. Poi tocca a quella di Gordon Laing, il primo europeo che riusci’ ad entrare nella citta’ ma dalla quale, purtroppo per lui, non usci’ piu’ vivo.
Visitiamo quindi la casa di Rene’ Cailliè, che entrò in città travestito da pellegrino arabo ed ebbe piu’ fortuna di Laing in quanto riusci’ a tornare in Europa per raccontare la sua avventura. Per ultima quella che fu l’abitazione di Berky, capo della prima spedizione americana che si spinse fin qui.
Una breve passeggiata ci porta poi alla Moschea di Sankore’, secondo noi piu’ bella delle precedenti e anch’essa col suo minareto a piramide irto di travi sporgenti. In questa però non possiamo entrare.
Passeggiando nelle vie polverose della citta’ notiamo i tipici forni a forma quasi ovale, che si trovano praticamente ad ogni angolo della strada. Ci sono anche le donne che fanno cuocere del pane il cui aspetto ci suggerisce l’assaggio e del quale non ci pentiremo.
Notiamo anche le bellissime porte decorate delle case e così pure le finestre. E’ un’architettura che tradisce la presenza marocchina in questa città secoli orsono.
Anche qui non poteva certo mancare la visita del mercato, certamente meno imponente di quello di Djennè, ma comunque sempre ricco di colori e piacevole da vedere.
Visitiamo ancora la Maison des Artisans ed il mercato artigianale tuareg, e , nemmeno a dirlo,anche qui mettiamo la nostra “x” alla casella “acquisti effettuati”.
Il nostro Sory e’ contento di cio’ e si complimenta con noi, dicendoci che stiamo dando un forte sostegno all’economia maliana ! Ma il tour non e’ ancora finito ed il buon Sory avrà modo di congratularsi con noi ancora parecchie volte ! Dopo una buona cena consumata sul terrazzo sotto un bellissimo cielo stellato, ci ritiriamo nella nostra camera, la quale piu’ che una camera somiglia ad un forno. Fa molto, molto caldo,infatti, nonostante il rumorosissimo condizionatore acceso.
Il mattino dopo visitiamo la Flamme de la Paix (la fiamma della pace), un monumento costruito dove un tempo furono bruciate circa 3000 armi, come simbolico segno di pace e amicizia, alla fine della rivolta tuareg negli anni ’90.
Ci pensino i grandi burattinai del nostro pianeta, sarebbe bello ci fossero altri monumenti con il medesimo significato, in tante altre parti del mondo.
Ma forse a queste “persone” un mondo di pace e armonia non interessa: con la pace non si fanno affari, con le armi, invece, purtroppo si.
Poi abbiamo l’opportunità di poter assistere al rito della preghiera collettiva, che, ci dice Sory, avviene per la fine del Ramadan.
In tarda mattinata con Sory ci dirigiamo presso un’ampia piazza, dove stanno confluendo centinaia di persone, tutte vestite a festa. E’ un’ esperienza unica, poter assistere a questo spettacolo. Uomini da una parte, donne dall’altra, ma tutti egualmente vestiti con abiti coloratissimi: una vera e propria esplosione di colori. Alle parole del muezzin tutti si chinano e poi si rialzano ordinatamente e con una sincronia senza eguali. Noi possiamo fortunatamente assistere all’interno della piazza e possiamo anche scattare qualche fotografia, anche se il momento è cosi’ particolare che non ci sembra il caso di esagerare alla ricerca dello scatto – scoop e ce ne stiamo in un angolo ad assistere a questo bellissimo rituale, in rispettoso silenzio.
La giornata trascorre tranquilla tra una passeggiata nelle polverose vie della citta’ e un’altra visita alla Maison des Artisan, casomai avessimo dimenticato qualcosa. Facciamo una capatina anche al locale Ufficio del Turismo, per farci apporre sul passaporto il timbro-ricordo di Timbuctu. Non è a pagamento, ma un’offerta è gradita, anzi…Obbligatoria.
Nel tardo pomeriggio poi abbiamo l’ultima escursione, ovvero il giro in dromedario verso gli accampamenti tuareg e per vedere il tramonto dalle dune del deserto.
Il giro non si svolge molto lontano dalla città, ovviamente, però è comunque bello sia vedere alcuni accampamenti tuareg, sia il tramonto, che assume qui colori e riflessi bellissimi tra una duna e l’altra, sia lasciarsi dondolare avanti e indietro sul dorso del dromedario.
Il deserto qui non presenta ancora dune di grandi dimensioni, anzi sono piuttosto basse, ma e’ comunque suggestivo.
Una cosa notiamo con sorpresa: ci sono tantissime piante, con relativi frutti, di angurie ! Ma non si tratta di un frutto che ha bisogno di una quantita’ industriale di acqua per crescere ? L’anguria nel deserto, miracolo africano ! I nostri accompagnatori ci fanno assaggiare una di queste piccole angurie: la polpa è bianca, ma comunque dolcissima.
E anche la visita alla leggendaria Timbuctu è finita. Ultima notte nella camera-forno e l’indomani mattina si parte per raggiungere ancora Mopti e poi a seguire i Paesi Dogon.
Il tragitto verso Mopti e’ bellissimo, tutta pista sterrata, ma comunque in buone condizioni.
Possiamo scorgere ambienti differenti durante il percorso.
La pista scorre praticamente diritta e tutt’intorno e all’orizzonte non c’e’ proprio nulla. Una grande pianura con bassa vegetazione: l’immensità degli spazi africani.
Ci sono molti specchi d’acqua e all’interno di essi campi di fiori di loto, bianchi e viola. Incontriamo tantissime mandrie di bovini: in Mali l’allevamento è infatti molto diffuso e molta carne viene esportata.
Bellissima la scena che abbiamo la fortuna di vedere con tantissimi bovini tutti attorno ad un lago circolare per abbeverarsi. Impossibile contarli. I due pastori, un giovane ed un anziano, appena vedono che ci fermiano per fare la foto, ci chiamano con ampi gesti perche’ anche loro vogliono far parte dell’inquadratura e si mettono subito in piedi di fronte alla loro mandria.
E man mano che avanziamo si cominciano ad intravvedere, in lontananza, anche i rilievi della falesia di Bandiagara, la terra del popolo Dogon.
Arrivati al gia’ conosciuto Hotel Ambedjele a Sevarè, prima di completare la visita della vicina Mopti, ci facciamo un bagno ristoratore in piscina. Tanto fino alle 16 non si parte, fa troppo caldo.
A Mopti visitiamo la moschea, costruita in banco grigio e simile a quella di Djennè, ma non con lo stesso fascino.
Non possiamo entrare, ma possiamo avere una bella visuale completa dell’edificio salendo sul tetto di una casa vicina (salita ad…Offerta) Ci rechiamo quindi ad un accampamento Belas, e purtroppo notiamo che queste persone vivono veramente in condizioni estreme, proprio a ridosso del fiume, che ora, a causa dell’acqua alta, invade anche le povere capanne, bagnando ogni cosa.
Poi è la volta del mercato artigianale dove, tanto per non smentirci, diamo ancora un bel contributo all’economia maliana, per la gioia del buon Sory.
Infine non poteva mancare il tramonto dal Bar Bozo, gia’ visto in precedenza ma sempre meritevole di essere ammirato.
Il mattino seguente si parte per Bandiagara, ovvero per la Regione Dogon, il popolo delle stelle.
Questo popolo conosce infatti molto bene la stella Sirio e sa da sempre che questa è formata in realtà da 3 stelle. Gli astronomi moderni, che sanno comunque dell’esistenza di 2 stelle a formare Sirio, hanno scoperto solo nel 1995, grazie ad una modernissima tecnologia, l’esistenza della terza stella! La festa più importante dei Dogon è il Sigui, che si tiene ogni 60 anni ed è stabilita secondo i movimenti delle suddette stelle. Prima di arrivare a Bandiagara abbiamo anche una testimonianza della forza delle acque da queste parti: un ponte che collega le due sponde di un fiume non c’è più e così ci tocca guadare in un punto con acqua bassa. Davanti a noi c’è un piccolo autobus: lui non ce l’ha fatta ed è rimasto impantanato nel fango.
Bandiagara è una piccola città polverosa e senza particolari attrazioni, è praticamente l’ultima città prima di arrivare nella falesia. Facciamo rifornimento, anche di acqua, un paio di foto ricordo e via verso Sangha, il primo villaggio Dogon che visiteremo e dove passeremo la notte nel locale Campement che troviamo pulito e confortevole. A Sangha, prima di incominciare le visite, come da programma, ingaggiamo una guida Dogon, che ci accompagnerà nei prossimi giorni (insieme a Sory ovviamente).
Sangha si suddivide in due zone, Ogol du haut e Ogol du bas. Cominciamo la nostra visita e subito possiamo notare le caratteristiche abitazioni Dogon, tutte in banco, con le bellissime porte e finestre in legno finemente lavorate. Vediamo la toguna, la casa della parola, una volutamente bassa costruzione di pietre e legno,sotto la quale si ritrovano a discutere i saggi del villaggio. E’ bassa perchè così si è costretti a rimanere seduti e nel caso ci fosse qualcuno adirato, non avrebbe possibilità di alzarsi in piedi e di urlare, ma dovrebbe spiegare le sue ragioni seduto. Poi notiamo una casa circolare senza finestre: è la casa dove si ritrovano le donne nel periodo delle mestruazioni, in quanto sono considerate impure e per quel periodo devono stare sole e isolate dal resto del villaggio. Incredibile una casa con appesi sulla facciata numerosi feticci: corna di animali, gusci di tartaruga, attrezzi da lavoro e da cucina, teste di scimmia essiccate, il tutto come amuleti a protezione della casa stessa.
Sono stranissime pure le scale Dogon, ricavate da un unico tronco di albero a forma di ipsilon e intagliando gli scalini nel tronco stesso.
Arriviamo poi, scortati da numerosi bambini, ad una grotta che attraversiamo per giungere ad un punto panoramico. Appena entrati, pero’, i bimbi corrono velocissimi verso l’uscita. Ci attenderanno dall’altra parte per accoglierci con alcuni canti tipici, e questo gesto inaspettato ci commuove un poco.
Bellissimo il panorama sulla pianura sottostante e su alcuni villaggi che si possono vedere non molto lontano.
Possiamo notare anche alcune abitazioni del popolo Tellem, presenti in queste zone prima dell’arrivo dei Dogon e da loro scacciati. Sono disabitate ma incredibili in quanto veramente costruite in verticale sulla parete della falesia, proprio “appiccicate” ad essa (anche a grandi altezze) e non si può non chiedersi come abbiano fatto a costruirle.
Visitiamo altri due villaggi dell’altopiano: Bongo (da dove si puo’ ammirare uno splendido panorama) e Gogoly (dove si trova la casa del pittore spagnolo Miguel Barcelo).
Osserviamo le donne che pestano il miglio, altre che vanno alla fonte per approvvigionarsi di acqua, tanti bimbi che come al solito ci seguono festosi. Fotografare le varie scene di vita che ci appaiono ad ogni angolo non sempre è possibile, perché molte persone non intendono assolutamente farsi riprendere. Peccato, ma saranno comunque impresse per sempre nella nostra mente.
Rientriamo dunque al campement, felici per il primo approccio con i Dogon ma certi che l’indomani ci riserverà sorprese ancora piu’ belle.
Il mattino seguente, come concordato, si parte presto, alle 6 e 30, perché con il fresco si cammina meglio.
Il nostro itinerario si snoda in un paesaggio bellissimo, prima roccioso, poi man mano che avanziamo verso il basso della falesia sempre piu’ verdeggiante.
Incontriamo donne con grosse fascine di legno portate in perfetto equilibrio sulla testa e la guida Dogon ci dice che vanno a Sangha a venderle, due volte al giorno. I sentieri che devono percorrere, però, non sono molto agevoli, soprattutto in quelle condizioni, e la strada da fare è parecchio lunga.
Ogni tanto troviamo anche qualche ruscello, con acqua limpida e fresca.
Durante il cammino possiamo vedere, questa volta da piu’ vicino, le antiche abitazioni Tellem, ancora piu’ incredibili di quelle viste in precedenza. In questa giornata di trekking visitiamo diversi villaggi (non sono poi molto lontani tra loro): Ireli, Amani con il suo stagno abitato da coccodrilli,Tireli, Banani.
Questi villaggi sono perfettamente mimetizzati nell’ambiente circostante e da lontano è difficile scorgerli.
Sembra di entrare in una fiaba, con tutte quelle piccole case di fango, le toguna e i granai, le costruzioni piu’ spettacolari con la loro forma a parallelepipedo con sopra, come un cappello, un tetto di paglia conico e appuntito.
E ad ogni angolo, nelle strette viuzze di questi paesini arroccati alla falesia, ecco spuntare gruppi di bimbi vocianti, che incuriositi ci seguono subito appena ci incontrano.
Bellissime le porte di legno che notiamo nelle case: sono tutte finemente lavorate ed intagliate con svariati soggetti, persone e animali.
Facciamo poi visita ad una scuola, dove lasciamo ai maestri un bel po’ di penne da distribuire ai bambini.
La giornata scorre via in un paesaggio bellissimo, tra un villaggio e l’altro. Sembra veramente di far parte di una favola. E’ praticamente gia’ buio quando giungiamo al campement dove passeremo la notte. E sarà veramente una notte con sorpresa, in quanto non dormiremo nella nostra cameretta (piccola e senza finestre): per il gran caldo il buon Sory ci consiglia di dormire fuori, sul tetto di una casa ! E cosi’ montiamo la tenda direttamente sul tetto della casa e notiamo che piu’ in la altri turisti hanno fatto la stessa scelta. Possiamo dire che è stata una scelta azzeccatissima, abbiamo dormito veramente bene, con il fresco della notte e sotto un meraviglioso cielo stellato la cui vista porta sempre una certa emozione.
Il mattino successivo ancora sveglia di buon’ora e partenza per un’altra giornata di escursioni nella falesia. Visitiamo altri villaggi e piu’ precisamente quelli che vengono definiti “i tre Youga”.
Il primo che visitiamo si chiama Youga Dougourou e lo raggiungiamo dopo un sentiero a tratti abbastanza ripido, che si snoda tra una folta vegetazione.
Percorriamo poi un tratto molto stretto, un specie canyon, dove al centro scorre un piccolo ruscello dall’acqua talmente verde da non sembrare neppure vera.
E tra passaggi piu’ o meno agevoli, (sperimentiamo anche la scala Dogon), ma comunque senza alcun problema, arriviamo sulla cima della falesia, dalla quale possiamo osservare uno splendido panorama. Ci sediamo un poco a riposare, ma soprattutto ad ammirare uno spettacolo indimenticabile: sotto di noi si vede il bellissimo villaggio di Youga Nah ( che non visiteremo perché da quassu’ bisogna fare un giro molto lungo per raggiungerlo) con tantissimi granai con il classico tetto a cono e davanti a noi l’immensa pianura che si perde all’orizzonte. Una vista davvero mozzafiato! La camminata prosegue e gradualmente riprendiamo a scendere. Incontriamo ancora donne che trasportano fascine di legna sulla testa, altre con grandi pentole, altre ancora con le caratteristiche “calebas”, praticamente delle grandi zucche legnose che tagliate a metà e svuotate vengono trasformate in recipienti per il trasporto di cose o di cibo.
Sono bellissime e qui si fa largo nella nostra mente l’idea di acquistarle al mercato di Bamako l’ultimo giorno. Non restera’ soltanto l’idea…
Visitiamo quindi il villaggio di Youga Piri e poi per ultimo il villaggio di Yendouma.
I villaggi che abbiamo visto in questo secondo giorno sono ancora piu’ belli di quelli visti in precedenza. Il tour in questa zona della falesia è ormai terminato e nel primo pomeriggio proseguiamo in direzione Bandiagara, dove pernottiamo al bell’albergo Le Cheval Blanc. L’indomani mattina abbiamo in programma la visita del grande villaggio di Songo e delle vicine pitture rupestri.
Songo è un bel villaggio, situato in una suggestiva cornice naturale. A ridosso del villaggio si trovano infatti tre grandi formazioni rocciose, quasi come per proteggerlo.
Qui si vede subito che arrivano piu’ turisti che in altri villaggi (infatti è il piu’ comodo da raggiungere, anche per chi ha poco tempo a disposizione), in quanto sono tante le bancarelle e i “punti vendita” di souvenir che abbiamo modo di vedere.
Appena arriviamo veniamo come al solito circondati da numerosi bimbi, che ci seguono per le vie del villaggio. Notiamo che le case sono circondate da bassi muretti di pietre e questo ci permette di sbirciare un po’ all’interno dei vari cortili. Ci sono le donne che cuciono, quelle che battono il miglio, altre che cucinano, bimbetti che giocano magari vicino ad un gruppetto di pecore, altre persone che semplicemente si riposano all’ombra. Ci sono anche due moschee, una piu’ “moderna”, l’altra in banco rossastro: comunque belle entrambe.
Ci dirigiamo subito a vedere le piccole pitture rupestri. Facciamo un sentiero che sale dolcemente fin sopra una delle formazioni rocciose di cui abbiamo detto prima, attraversando prima un campo di miglio, dove alcune donne sono occupate nella raccolta.
Giunti sopra la collina ci possiamo gustare un panorama stupendo, con la pianura circostante e il villaggio di Songo che si mostra in tutta la sua ampiezza.
Le piccole pitture si trovano all’interno di una piccola grotta, che è talmente bassa che si riesce a malapena a stare seduti. Ci sono vari disegni, tinti di nero, bianco e rosso e raffigurano animali e persone.
Discendiamo quindi per andare a vedere le grandi pitture, luogo dove avviene anche periodicamente il rito della circoncisione.
Qui i disegni, ugualmente colorati di nero, bianco e rosso, sono tantissimi e ricoprono una parete piuttosto ampia della montagna. Rappresentano persone, animali, simboli protettivi. Sory ci spiega che è proprio qui, di fronte a queste pitture, che si effettua la circoncisione ogni tre anni e che questa è praticata generalmente da un…Fabbro (pare sia uno specialista…) e ovviamente senza anestesia !!! Nei pressi c’è una caverna dove sono custoditi gli strumenti musicali che vengono utilizzati durante la cerimonia della circoncisione.
Sono strumenti bellissimi e completamente naturali, in quanto fabbricati con calebas di varie dimensioni.
Acquistiamo ovviamente qualche souvenir, in particolare alcune sciarpe di cotone e un paio di tovaglie.
Si conclude cosi’ la nostra avventura nei Paesi Dogon. Sono stati tre giorni bellissimi, poiche’ abbiamo potuto vedere tante cose incredibili in uno splendido ambiente naturale.
Il nostro viaggio prosegue alla volta di Segou, dove pernottiamo ancora all’Hotel Auberge, di fronte al quale ci sono sempre i venditori che avevamo conosciuto in precedenza. Questi subito ci riconoscono, ci salutano calorosamente e… ci invitano a comperare qualche cosa. E, si sa, agli inviti non è bello dire di no…
Il giorno dopo partiamo alla volta di Bamako, il nostro viaggio e’ ormai prossimo alla fine.
Ripassiamo ancora una volta da San, dove facciamo una tappa “obbligata” dalla ragazza delle “zucche natalizie”, in quanto ne mancava ancora qualcuna.
La ragazza, appena ci vede, ci riconosce e le si illuminano gli occhi: ecco di nuovo i due toubab che sicuramente mi faranno fare ottimi affari, avra’ certamente pensato! E cosi è: comperiamo ancora zucche, ma anche cucchiai, un cestino e delle bellissime calebas colorate, il tutto ad un prezzo veramente irrisorio, ma certamente ottimo per la ragazza a giudicare dal suo sguardo.
Tutti felici e contenti, insomma.
Facciamo ancora una sosta in una scuola di un piccolo villaggio e lasciamo al maestro un bel po’ di penne per i bambini. Entriamo per fare una breve visita e gli scolari, senza che il maestro apra bocca, si alzano immediatamente in piedi e ci gridano un caloroso “bonjour”. Nel “civile” mondo occidentale, sicuramente, questo non sarebbe mai successo.
Il maestro spiega loro che i due bianchi hanno portato tante penne per la scuola e i bambini ci fanno un inaspettato applauso. Questo gesto, spontaneo e sincero, ci commuove e ci rammarichiamo di non aver potuto portare di piu’, pensando a quando poco ci vuole per vedere delle persone contente.
Arriviamo quindi a Bamako e ci sistemiamo ancora all’Hotel Mande’. Sara’ l’ultima notte maliana e gia’ un po’ di malinconia ci assale. L’indomani mattina iniziamo la visita di Bamako. E’ una grande citta’ di quasi 1,5 milioni di abitanti e come in tutte le grandi città africane il caos regna sovrano. Piu’ volte ci troviamo immobilizzati in giganteschi ingorghi di auto, moto, autobus strapieni di gente, camion, aggiungendo pure, in mezzo a tutto ciò, anche numerose persone che sbucano da ogni parte per attraversare la strada. Visitiamo il Museo della Donna, piccolo ma carino, dove sono esposti gli abiti delle donne delle varie etnie del Mali. Sono molto belli, tutti finemente decorati e lavorati.
Possiamo vedere il mercato del bestiame, con numerosi venditori di capre e buoi.
Facciamo poi una sosta al Point G, una collina dalla quale si vede un bel panorama della città, attraversata dal fiume Niger. C’è un po’ di foschia, ma la vista da quassù è bella lo stesso.
Al ritorno ci fermiamo a visitare il Museo Nazionale, dove possiamo vedere molti reperti archeologici, maschere tipiche, statue e i vari tipi di tessuti che si utilizzano in questo Paese.
Il museo dispone anche di un bel giardino, dove sono state costruite delle riproduzioni di alcuni dei piu’ bei edifici del Mali: c’è anche la copia della moschea di Djennè, fedelmente riprodotta.
Prima di pranzo approfittiamo del servizio di ceck-in pre-aeroporto, che Air France offre nel suo ufficio a Bamako. E’ molto comodo e veloce e permette di recarsi all’aeroporto senza piu’ i bagagli appresso, che saranno trasportati direttamente dal personale della compagnia aerea. Dopo pranzo ci dirigiamo al Grand Marchè: c’è veramente di tutto ed è affollatissimo.
Poi visitiamo la Grande Moschea: è piuttosto grande, con due alti minareti ed è una costruzione tutta nuova e forse per questo non ci entusiasma piu’ di tanto. Meglio, molto meglio, quelle che abbiamo potuto vedere durante il nostro tour, tutte in banco e con i travi sporgenti.
Tutt’attorno alla moschea ci sono moltissime bancarelle che vendono le cose piu’ svariate e ci sono pure i barbieri: semplicemete seduti per terra, sopra una stuoia, armati di forbici, pennelli, rasoi e piccoli specchi, esercitano la loro professione lungo la strada.
Di fronte alla Grande Moschea c’è pure il mercato dei feticci: qui si vendono ossa di animali, pelli, teste di scimmie essiccate, pesci secchi, corna di buoi e chi piu’ ne ha piu’ ne metta. Si tratta di un mercatino molto particolare ma fotografare è praticamente impossibile, perché i venditori qui non ne vogliono proprio sapere. Grazie al buon Sory, riusciamo pero’ a fare un paio di foto ricordo.
Possiamo vedere poi anche la chiesa cattolica con il suo grande campanile e quindi facciamo l’ultima visita prevista, quella al Mercato Rosa, cosi’ chiamato perché è collocato all’interno di un grande edificio tutto di colore rosa.
Prima di risalire in macchina direzione hotel ecco l’ultimo acquisto: alcune piccole calebas in tinta naturale. Poi ci facciamo fare una bella foto ricordo tutti assieme, con Sory e Lassy abbracciati a noi.
Il nostro tour è finito, le due settimane sono letteralmente volate via. Ritorniamo in hotel per la cena, l’ultima in terra maliana.
Piccole considerazioni finali: per prima cosa un ringraziamento a tutte le persone che ci hanno accompagnato e che sono state tutte gentilissime e disponibili ad esaudire ogni nostra richiesta, sempre ed in qualunque momento e di questo saremo loro sempre grati. Per cui, a Sory, Lassy, ai 3 dell’equipaggio della pinasse, alle guide ulteriori che abbiamo avuto in aggiunta a Sory sia a Timbuctu sia nei Paesi Dogon, va il nostro grande e sincero “merci”. Il viaggio alla lunga puo’ risultare un po’stancante, ma ne vale senz’altro la pena, perché si ha la possibilità di vedere tante cose bellissime e particolari. Alla fine di molte giornate arriviamo in albergo sudati, sporchi e impolverati, (soprattutto dai Dogon) ma felici per tutto cio’ che abbiamo potuto visitare ed ammirare.
Questo viaggio ci ha regalato tante bellissime emozioni e lo potremo definire senz’altro “un viaggio tra la gente” poiché i contatti con la popolazione locale sono stati, per fortuna, molto frequenti.
Per quanto riguarda il tempo, abbiamo sempre trovato delle bellissime giornate di sole e non ha mai piovuto. Ha sempre fatto molto caldo, reso piu’ difficile da sopportare causa una discreta umidità (stagione piovosa appena terminata).
Comunque, secondo noi, si tratta un buon periodo per visitare il Mali, anche perché la stagione turistica è appena all’inizio e di turisti se ne incontrano davvero pochissimi.
Una piccola curiosità: in qualsiasi villaggio visitato i bambini ci chiedevano di lasciar loro le bottiglie dell’acqua minerale vuote: questa richiesta ci ha molto sorpresi, ma Sory ci ha spiegato che per loro sono molto preziose, perché li utilizzano per prelevare l’acqua alle fonti o per potersi portare un po’ di zuppa per pranzo quando vanno a scuola, poiché quest’ultima puo’ essere anche a diversi chilometri di distanza dal loro villaggio.
Dopo cena incontriamo anche il titolare dell’agenzia locale che ha fornito l’organizzazione del tour, il Sig. Bakary Camara, che ha voluto conoscerci di persona per salutarci e ringraziarci e avere il nostro giudizio sull’ intera organizzazione. Spieghiamo che siamo rimasti soddisfatti di tutto, che tutto è andato a meraviglia e che siamo contentissimi di aver fatto questo tour con loro.
Lui ci ringrazia infinitamente e si vede che è contento e felice.
Ma è giunto il momento di partire. Percorriamo la strada verso l’aeroporto con poca voglia di parlare. Anche i nostri accompagnatori non parlano molto.
All’aeroporto salutiamo con commozione, una commozione reciproca, Sory e Lassy e tra abbracci e pacche sulle spalle gli occhi di tutti si fanno luccicanti.
Gli addii sono sempre brutti momenti, istanti che vorresti sempre cancellare, ma anche questi fanno parte di un viaggio, durante il quale conoscere gente di culture e tradizioni diverse e stare bene insieme è forse la cosa più bella. L’aereo dell’ Air France è ancora una volta puntuale. Saliamo la scaletta in silenzio e raggiungiamo i nostri posti. Fortunatamente siamo riusciti a farci assegnare i posti dell’uscita di sicurezza, decisamente piu’ comodi e con molto spazio per stendere le gambe.
Durante il decollo diamo, dal finestrino, un ultimo sguardo ed un ultimo saluto a questo meraviglioso Paese e ci sembra di udire ancora le voci dei bimbi che urlano “toubab, toubab”.
Quindi recliniamo lo schienale e ci lasciamo andare ad un sonno tranquillo, con negli occhi le tante immagini bellissime di questo nostro viaggio, mentre la mente è invasa da un dolce suono: quel flauto magico ha già ripreso a suonare.