Malesia total fai da te di o quasi

Un viaggio tra la Malesia peninsulare e il Borneo, in giro per giungle selvagge e isole paradisiache
Scritto da: benny1979
malesia total fai da te di o quasi
Partenza il: 13/09/2014
Ritorno il: 30/09/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Ascolta i podcast
 
Sarà perché lo ritengo la quintessenza dell’esotismo e della spiritualità, sarà per i prezzi relativamente abbordabili, sarà perché il livello di sicurezza è ottimo quasi ovunque, sarà anche per i racconti di Terzani, ma su di me l’estremo oriente ha sempre suscitato un fascino particolare. Dopo aver visitato in passato Thailandia e Cina, per quest’anno ho scelto la Malesia.

Prenotiamo il volo, come al solito, con alcuni mesi di anticipo e, con grande piacere, scopriamo che la compagnia aerea Turkish Airlines, che leggo sia in costante espansione, ha un volo Torino – Kuala Lumpur con scalo ad Istanbul, il che ci consente di risparmiare parecchio tra autostrade, benzina, parcheggio ed evitare cosi l’ aeroporto di Malpensa.

Districandomi fra guide cartacee, blog e siti internet vari, decido quindi di suddividere la vacanza in tre grandi tappe:

  • Kuala Lumpur e dintorni per i primi 3 giorni
  • il Borneo (Sabah in particolare) per l’ intera settimana successiva
  • le isole Perhentian per gli ultimi 4 giorni

Cerco pertanto i relativi voli interni (ne aggiungeremo poi altri in loco e, in tutto, saranno ben 10 le tratte aeree che affronteremo durante il viaggio!) e opto per la compagnia low cost locale AirAsia, che si rivelerà ottima (bagagli da stiva da pagarsi a parte e check-in da farsi via web on con le apposite macchinette che ci sono nei principali aeroporti).

Partiamo pertanto la mattina del 13 agosto e giungiamo ad Istanbul nel primo pomeriggio: lo scalo sarà piuttosto lungo, ben 9 ore, per cui ne approfittiamo per una breve toccata e fuga in città. Il centro è facilmente raggiungibile dall’aeroporto Atataurk tramite la linea della Metro. Avevo già avuto modo di visitare la metropoli Turca, che peraltro adoro, alcuni anni prima, ma non mi faccio scappare l’occasione di una breve sosta a Sultanahmet fra la Moschea Blu e Agya Sophia.

Ripartiamo in tarda serata, il pomeriggio successivo raggiungiamo finalmente il futuristico Kuala Lumpur International Airrport (KLIA). Dopo aver ritirato i bagagli acquistiamo il biglietto del KLIA Express, il treno che dall’aeroporto consente di raggiungere la KL Sentral e da qui, con un breve tragitto in taxi, giungiamo al Radius International Hotel, dove pernotteremo per 3 notti. Situato a Changkat Bukit Bintang, in pieno centro, la zona della nightlife cittadina e a pochi passi dalle principali attrattive della città, ha un ottimo rapporto qualità/prezzo circa 20 euro a testa per notte), con una discreta piscina e stanze pulite, personale accogliente. A pochissimi metri vi è Jalan Alor, la via del cibo più famosa della città che, al tramonto, pullula di bancarelle e piccoli ristorantini caratteristici e molto economici. E’ qui che ceniamo, prima di una birra veloce in uno dei numerosi pub di Bukit Bintang. Apro brevemente una parentesi per ricordare che la Malesia è un paese prevalentemente musulmano, per cui gli alcolici (che comunque si trovano abbastanza facilmente un pò ovunque) sono soggetti ad una forte tassazione e i prezzi tendono ad aumentare, anche di due o tre volte, di sera dopo il cosiddetto “happy hour”, sino a raggiungere e, a volte superare, quelli occidentali; in pratica vi costeranno di più un paio di pinte dopo cena della cena stessa in un piccolo ristorantino!

Dedichiamo l’intera giornata successiva alla visita vera e propria della città. Il primo impatto con la capitale malese è sicuramente positivo e, al tempo stesso, un pò spiazzante: con poco più di un milione e mezzo di abitanti, se paragonata ad altre megalopoli asiatiche (Pechino, Bangkok) la città ha forse meno siti di interesse, ma appare decisamente meno caotica, più vivibile e pulita. Decisamente multietnica, sono numerosissime le comunità straniere in città, soprattutto cinesi, indiane, thai, ma molti sono anche gli occidentali che qui lavorano.

Prima tappa le immancabili Petronas Towers, l’adiacente KLCC Park e il centro commerciale Suria, situato sotto le torri, la cui principale fonte di interesse è il grande acquario “a tubo” che permette ai visitatori di essere circondati dalla straordinaria fauna marina che il paese ospita, fra squali, razze e pesci colorati della barriera corallina. La zona del KLCC è ultra-moderna, con imponenti grattacieli, banche, uffici e hotel di lusso. Si cambia totalmente atmosfera al pomeriggio dove, armati di cartina e guida Lonely Planet, percorriamo i quartieri della Chinatown, Little India e Merdeka Square. Visitiamo interessantissimi templi seminascosti fra i palazzi (tra cui il coloratissimo Sri Mahamariamman Temple, hindu, e lo Sze Ya Temple, taoista), la bella moschea di Masjid Jamek e le splendide facciate degli edifici in stile moresco della grande piazza di Merdeka Square, la piazza dell’ indipendenza, originariamente un campo da cricket. Attraversiamo la famosa Petaling Street, via pedonale interamente dedicata allo shopping low-cost (abbigliamento, borse, scarpe, portafogli e orologi evidentemente “taroccati”), nonchè sede di numerose bancarelle di street-food. Il vicino Central Market può essere il paradiso per chi è a caccia di souvenirs di artigianato locale, ma noi rimanderemo l’ acquisto altrove e a prezzi migliori.

Il giorno dopo, ci facciamo chiamare un taxi dall’estremamente cortese receptionist del nostro albergo (la cortesia, quasi commovente, dei malesi sarà una costante di tutto il viaggio) e ci dirigiamo per una visita di mezza giornata alle Batu Caves. Situate a pochi Km a nord di KL, sono una serie di grotte calcaree che ospitano un importante santuario hindu dedicato al Dio Murugan, di cui una imponente statua è situata all’ingresso; interessanti sono i piccoli templi all’interno e sotto la volta si raccolgono numerosi pellegrini hindu in preghiera. Per raggiungerle è necessario scalare letteralmente 272 gradini, e stare attenti ai dispettosi macachi che qui vivono numerosi. Al pomeriggio, anche per combattere il caldo che ci accompagna, lo dedichiamo al relax in piscina, seguito da un aperitivo in uno dei pub di Bukit Bintang a pochi passi dal nostro albergo.

Inizia quindi la seconda e, a mio avviso, più interessante parte del viaggio: il Borneo. Dal KLIA2 (o LCCT, il terminal dei voli low-cost dell’ aeroporto di KL) un volo AirAsia ci porta a Kota Kinabalu, la capitale del Sabah, che, insieme al Sarawak, è uno dei due stati in cui la metà malese del Borneo è suddivisa (il resto fa parte del Kalimantan indonesiano e del sultanato del Brunei).

Anche se apparentemente offre meno attrattive rispetto, ad esempio, a KL, la città è meta obbligata per chi ha intenzione di visitare la regione, ed è il punto di partenza per tutte le escursioni nella zona. Chiunque sarà costretto, più o meno, a passarci un paio di giorni. Appena arrivati cerchiamo l’hotel in cui pernotteremo (D’Borneo Hotel, in pieno centro, più che discreto e dal personale, inutile a dirsi, estremamente cortese… accetteranno di tenerci i bagagli ingombranti durante tutto il soggiorno, anche per quei giorni in cui saremo lontani per le nostre escursioni, consentendoci di spostarci più comodamente con un semplice zaino in spalla). Capitolo escursioni: la stragrande maggioranza dei turisti che decidono di visitare questa zona tende a prenotare le escursioni prima di arrivare nel Borneo, direttamente dall’Italia contattando un tour operator locale. Se è vero che un fai-da-te totale nel Borneo è pressoché impossibile, a meno che si abbia parecchio tempo a disposizione, è altrettanto vero che si possono acquistare le escursioni direttamente in loco, magari confrontando le numerosissime agenzie che sorgono in città (in particolare l’ edificio del Wisma Sabah ne ospita decine); i prezzi (anche se non particolarmente economici, si può comunque contrattare un minimo) variano parecchio da una all’altra, cosi come i servizi offerti e l’affidabilità.

Dopo averne confrontate alcune, decidiamo di scegliere la Discoverytours, e si rivelerà un’ottima scelta, da cui prenotiamo due diverse escursioni.

Sono invece molto interessanti sia il mercato filippino (ove si possono acquistare ottimi oggetti di artigianato locale a prezzi stracciati, previa immancabile contrattazione) e l’adiacente e molto colorato mercato notturno (Pasar Malam) dove, dal tardo pomeriggio sino a notte inoltrata, decine di bancarelle offrono l’opportunità di provare tutti i piatti della gastronomia malese, pesce freschissimo cucinato al bbq in particolare, con pochi ringgit (per una cena con pesce al bbq, calamari, riso e bevande si spende fra i 6 e gli 8 euro).

Il giorno successivo partiamo dal nostro albergo per Kota Belud, piccolo paese da cui ci imbarcheremo per l’isola di Mantanani (in realtà sono tre isole, noi soggiorneremo su Besar, la maggiore), situata al largo della costa settentrionale del Sabah. L’isola è un autentico paradiso: spiaggia bianchissima e semideserta, orlata di palme da cocco, mare cristallino, abbastanza piccola da poterne fare quasi tutto il giro attorno a piedi. Veniamo accolti a PalmBeach dove pernottiamo in piccole capanne di legno, spartane e con la corrente elettrica disponibile solo di sera, ma abbastanza confortevoli e pulite. Pasti a buffet, tre escursioni di snorkelling (o diving) incluse nel prezzo (300 ringgit) nelle acque circostanti l’isola, dove la visibilità è perfetta e la barriera corallina veramente fantastica. Facciamo conoscenza con una coppia di ragazzi spagnoli appassionati di diving (hanno una scuola a Phuket) che ci mostrano le loro foto subacquee e un pò li invidiamo per doverci accontentare (si fa per dire) dello snorkelling. Di notte vediamo anche il mare “illuminarsi” con il semplice agitarsi di una mano nell’ acqua, fenomeno dovuto ad un particolare tipo di plancton bioluminescente. Oltre ad alcuni piccoli resort, qui ci vivono anche alcune persone, per lo più pescatori, e la mattina successiva facciamo l’ incontro con alcune mucche (si, avete letto bene!) intente a pascolare fra i detriti provenienti dalla costa che la marea, purtroppo, lascia sulla spiaggia! La prossima meta degli spagnoli sarà Mabul, la nostra la giungla attorno al fiume Kinabatangan.

Fra un’escursione e l’altra abbiamo un giorno libero, che decidiamo di dedicare al Tunku Abdul Rahman National Park, un parco nazionale marino composto da cinque isole che si trova proprio di fronte a Kota Kinabalu. Contrattiamo un passaggio andata e ritorno con una piccola barca a motore e decidiamo di fermarci alla piccola isola di Mamutik. Contrariamente a quanto letto in molti blog, pur essendo molto vicine alla città, il mare e le spiagge di queste isole sono decisamente puliti e si può fare un discreto snorkelling. Una gran quantità di pesci è visibile già sporgendosi semplicemente dal molo. Sono piuttosto affollate, essendo la meta prediletta dei turisti locali che vogliono passare una giornata di svago poco fuori città, ma dispongono anche di discreti servizi di ristorazione. Facciamo anche un incontro “molto ravvicinato” con un pacifico varano di due metri che improvvisamente sbuca fuori dalla vegetazione appena dietro la spiaggia e ci passa lentamente accanto facendosi immortalare prima di immergersi per un bagno rinfrescante in mare.

Cena al ristorante italiano “Toscani” (pizza più che discreta!), situato sul Waterfront Esplanade, e a letto presto: l’indomani ci attende di buon ora il volo per Sandakan, punto di partenza per l’escursione di tre giorni nel Borneo selvaggio. Già dal finestrino dell’aereo che sorvola la foresta e le piantagioni notiamo che il verde sarà il colore che ci accompagnerà intenso nei prossimi giorni. Appena sbarcati dal piccolo aeroporto, troviamo ad attenderci Selim (che però si fa chiamare Pongo, il nome scientifico dell’Orang Utan) che sarà la nostra guida nei prossimi giorni. Si dimostra subito molto disponibile e preparato, e, durante il viaggio verso il centro di riabilitazione per oranghi di Sepilok, ci spiega cosa faremo e che cosa vedremo nei prossimi giorni, quali accortezze dovremo tenere e un pò di storia/geografia/aspetti sociali dello stato del Sabah, del quale pare esserne molto orgoglioso.

Ci spiega che il Sepilok Orang-Utan Rehabilitation Centre è la principale struttura di questo tipo presente nel Borneo, sorta per preservare e aiutare queste creature in grave pericolo di estinzione (si trovano solamente qui e a Sumatra), soprattutto a causa del massiccio disboscamento che, ahimè, questa regione subisce per far posto alla coltivazione di palma da olio e banani, prima di essere pronti per essere liberati nuovamente nel loro habitat naturale. Attualmente il centro ospita nove esemplari (noi ne riusciamo a vedere quattro), per lo più giovani, che sono liberi di girovagare per la foresta circostante, e che vengono nutriti due volte al giorno su una piattaforma di legno, per la gioia dei visitatori e delle nostre macchine fotografiche. Accanto al centro ne sorge un altro, di recente inaugurazione, dedicato però alla riabilitazione del piccolo orso malese (conosciuto anche come orso del sole), anch’ esso in pericolo di estinzione a causa del bracconaggio (parti del corpo sono parecchio richieste nella medicina tradizionale cinese). Non farebbe parte della nostra escursione, ma chiediamo di poter visitare anche questo centro, che risulterà altrettanto interessante.

Due ore di auto su una strada un pò sconnessa ci portano a Bilit, dove sorge il nostro lodge, immerso nella foresta pluviale sulle rive del Kinabatangan, il grande fiume dalle acque fangose che attraversa la giungla. Durante la nostra permanenza qui sono previste tre escursioni in barca lungo il fiume, che ci permettono di avvistare parecchi esemplari della fauna locale, in particolare uccelli (martin pescatori coloratissimi, aquile pescatrici, aninghe, garzette, buceri, trogoni, pigliamosche, pitte, etc…), scimmie (due diverse specie di macachi con prole al seguito, le caratteristiche nasiche, presbiti), uno sfuggente coccodrillo, maiali selvatici, scoiattoli, etc., ma non riusciamo purtroppo a vedere i piccoli elefanti locali che, ci dicono, durante la stagione secca tendono a migrare più a nord lungo il corso del fiume. Con un trekking mattutino nella foresta raggiungiamo il lago Ox Bow, ma ancora più affascinante è il trekking notturno, dove armati di stivali, calze antisanguisuga e torcia elettrica ci immergiamo nel buio più totale della giungla, circondati solamente dal suono prodotto dagli animali e dall’umidità impressionante. Riusciamo ad immortalare da vicino i coloratissimi uccelli appollaiati sugli alberi, una vipera verde smeraldo, una specie di civetta delle palme e numerosi insetti “giganti”: veramente indimenticabile per chi, come me, è amante della natura più incontaminata, anche perchè, fortunatamente, siamo solo in sei (noi, una coppia di Genova in luna di miele e due ragazze americane), il che fa tutto “poco turistico” e “molto avventuroso”!

Al ritorno da questa escursione fantastica ci rimane ancora un giorno a Kota Kinabalu, e decidiamo di trascorrerlo nuovamente in una delle isole antistanti la città. Scegliamo, questa volta, Manukan, più grande e un pò più affollata, ma altrettanto carina per passare un giorno di relax al mare, pregustandoci già quella che sarà l’ultima tappa del nostro viaggio.

Volo di ritorno a Kuala Lumpur e da qui altro aereo in direzione Kota Bharu, dove abbiamo deciso di pernottare. Purtroppo, con il senno di poi, è stato un errore, anche perchè dall’aeroporto organizzano direttamente i trasporti per le isole. Il nostro hotel (il Crystal Lodge) è più che discreto, ma la città appare un pò trascurata e offre pochissimo, a parte il lungofiume e la bella Padang Merdeka (la piazza dell’ indipendenza) dove sorge anche la moschea. La Lonely Planet cita un affascinante mercato notturno (nient’ altro che bancarelle colme di cianfrusaglie) e ottimi posti per il cibo di strada, mentre noi fatichiamo a trovare un piatto di noodles appena decenti. Poco o nulla da fare dopo cena, ci accontentiamo di una partita della Liga spagnola in uno dei maxischermi dell’ unico pub che troviamo aperto. Tutto sommato trascurabile.

Il mattino successivo un taxi ci porta al molo di Kuala Besut, dove ci imbarchiamo per le isole Perhentian. Sono due isole ricoperte di foresta e circondate da spiagge paradisiache, noi ci fermiamo su Kecil, la più piccola, più adatta a viaggiatori zaino in spalla e un pò più “viva” e dalle sistemazioni più spartane ed economiche. La più grande, Besar, è invece più esclusiva, con sistemazioni di livello ma decisamente più care. Scendiamo a Coral Bay, dove alloggiamo nello Shari-la Island Resort, un bel resort con bungalow di legno, dall’ottimo rapporto qualità/prezzo e dal personale, ancora una volta, cordialissimo. L’isola ha due spiagge principali, la già citata Coral Bay, più tranquilla ma piena di conchiglie e pezzi di corallo, e, dal lato opposto, la famosa Long Beach, dalla sabbia soffice ma un pò più turistica, con innumerevoli ristorantini, locali, negozietti e economici chalets dove, di sera, si improvvisano feste sulla spiaggia attorno ai falò che ricordano un pò le famose feste del plenilunio thailandesi, anche se decisamente meno scatenate e affollate. Decisamente un ottimo posto per bersi un paio di birre dopo cena o fumarsi una shisha (narghilè). Le due spiagge principali sono collegate da un breve sentiero che attraversa la giungla dell’isola, facilmente percorribile in 10 minuti, sia di giorno che di notte (è sufficiente la luce di una torcia elettrica ma basta anche quella di un telefonino). In alternativa si può usufruire dei taxi d’ acqua che fanno la spola fra queste due spiagge e altre calette più isolate, che però tendono a raddoppiare i prezzi dopo il tramonto.

Dai beach-boys locali prenotiamo un’escursione di snorkelling di un giorno intero per 30 ringgit (meno di 8 euro) e ci portano in cinque diversi punti attorno a entrambe le isole. I fondali sono fantastici (soprattutto a shark point e attorno al faro) e i pesci che vediamo sono numerosissimi e dai colori più svariati (dai pesci pappagallo ai chirurgo, dalle donzelle, agli anthias, dai barracuda alle aguglie e ai pesci pagliaccio, chi è fortunato può avvistare anche timidi squali di barriera punte argentate). A tratti siamo letteralmente circondati da immensi banchi! A turtle point riusciamo a vedere anche alcune tartarughe che però non si lasciano avvicinare più di tanto e, dopo pranzo, ci fermiamo un pò su Romantic beach, una spiaggetta da cartolina con sabbia color talco orlata di palme.

Quattro giorni passano in fretta, purtroppo, ed è già ora di tornare a Kuala Lumpur, e da qui, in Italia.

Non ci resta che riguardare le numerose fotografie scattate in questa terra straordinaria, e sognare il prossimo viaggio.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche