Malesia Thruly Asia: viaggio di nozze giugno 2007
All’arrivo a Singapore mi prende un grande sconforto: la mia valigia è persa e al momento non è rintracciabile. Non è molto preoccupante ma il protrarsi per giorni di questa situazione mi convince a cambiare le mie abitudini per i prossimi viaggi: d’ora in poi i miei vestiti e quelli di mio marito saranno equamente suddivisi nelle due valigie! L’aria è molto calda, quasi appiccicosa. A prima vista Singapore ci piace subito, piccola, raccolta, con molti punti verdeggianti. Certo i grattacieli non mancano, sono ovunque, ma la bellezza di questa quasi isola è stata nel non soffocare la città rendendo ogni angolo fiorito. La mascotte di Singapore è l’orchidea e sembra incredibile che un fiore così pregiato e raro in Europa sia così banale e comune qui. In ogni dove si possono intravedere cespugli o alberi e in ogni hotel e negozio si trovano sempre vasi di fiori recisi. La varietà poi delle orchidee è ineguagliabile tant’è che nel cuore della città hanno creato un parco dedicato a questo amato fiore. Sarà la nostra prima gita, dopo un meritato riposo al Swissotel Merchant Court. Quest’ultimo è lussuoso anche se in realtà un po’ standard. Ho scoperto troppo tardi che possiede una piscina esterna con una vista mozzafiato su Singapore ed un utilissima lavanderia “fai da te” che mi sarà molto utile. Nel pomeriggio partiamo ritemprati verso il Botanic Garden la cui entrata è gratuita. All’interno di questo parco curato si trova il museo delle Orchidee il cui costo dell’entrata si aggira sui 5 dollari di Singapore. E’ un parco molto bello e animato, la popolazione locale viene qui a rilassarsi e ovunque si sentono bambini che corrono e ridono. In mezzo troneggia un piccolo lago artificiale sul quale è stata costruita una piattaforma ad uso teatrale e musicale. Vengono organizzati concerti e l’acustica ha fama di essere favolosa. Quando entriamo nel regno delle Orchidee rimaniamo senza fiato nello scoprire le migliaia di varietà, grandezze e colori che esistono. All’interno siamo guidati da un percorso che ci fa attraversare tutti i microclimi necessari allo sviluppo delle varietà. Ogni tanto incrociamo degli sposi che, fotografo al seguito, hanno scelto questo bellissimo panorama per il loro album fotografico. Usciamo entusiasti da questo paradiso.
Alla sera l’effetto del fuso orario ci fa optare per una breve cena e decidiamo di recarci nel posto più vicino all’hotel: di fronte si trova il complesso commerciale “The Central” il quale si affaccia sul animato quartiere Boat Quay. Optiamo per un ristorante cinese dall’aspetto molto invitante il “GRAINS” e siamo favolosamente ripagati dalle pietanze che ci portano. La prima cena è divina e ci dilettiamo con le bacchette cinesi. Dopo cena facciamo due passi nel centro commerciale e notiamo subito che la moda qui è molto bella e presente, incentrata per le donne prevalentemente su vestiti di mezza lunghezza. Vengo risucchiata dal vortice e mi ritrovo a provare, sotto l’occhio divertito di mio marito, decine e decine di vestiti in un negozio nel quale la commessa non si dà tregua finché non trova l’abito adatto per me. La giornata successiva prevede un giro nel quartiere cinese con visita al tempio principale Thian Hock Keng Temples e a quello indiano lo Sri Mariamman Temples che si trova nei pressi. Le vie di Singapore sono animate da svariate bancarelle e negozi nei quali vige l’ordine e la pulizia. E’ quasi impressionante ritrovarsi a comprare nel quartiere cinese: ogni acquisto viene accompagnato da regolare scontrino fiscale! Dopo solo un’ora di passeggiata siamo in grado di capire quale bancarella vende il DURIAN! Questo frutto, dalla forma ovoidale ricoperto di protuberanze irregolari, emana un’ odore sgradevole e molto forte che aleggia nell’aria. Questa fragranza è cosi pungente che il frutto incriminato è vietato negli hotel e negli aerei. Non siamo riusciti ad assaggiarlo direttamente ma abbiamo tentato con un sorbetto a base di Durian e personalmente non sono stata in grado di finirlo. Il quartiere cinese è molto carino e colorato e veniamo colpiti dai quadri disegnati su carta da riso che vediamo nelle vetrine. Nel mezzo di questo quartiere inaspettatamente si trova il tempio indiano. E’ rigorosamente vietato entrare con le scarpe anche se sono riposte all’interno di una borsa e sono stata ripresa malamente per questo fatto: non avendo ancora ricevuto la mia valigia avevo il terrore di perdere anche le uniche scarpe che avevo a disposizione e le avevo infilate nella mia borsa. Nel tempio si svolge una cerimonia religiosa della quale purtroppo non capiamo molto fuorché che si tratta sicuramente di purificazione visto gli innumerevoli secchi d’acqua che vengono buttati su delle statue. Il tutto accompagnato da rulli di tamburo degni di grandi batteristi. Poi ci rechiamo con curiosità al tempio cinese, molto più vistoso dell’altro. E’ un luogo di culto nel quale ogni persona può rivolgersi direttamente al Dio che le sembra più utile in quel momento, offrendogli cibo o doni vari. Assistiamo anche ad una scena particolare nella quale un’ uomo, vestito in giacca e cravatta, chiede consiglio agli Dei tramite l’ausilio di semplici bastoncini di legno. Ogni bastoncino è legato ad una risposta diversa e vengono sbattuti all’interno di un cilindro fino a che uno di loro non fuoriesce cadendo a terra. Siamo stati anche molto impressionati dagli Dei che accettano come offerte le sigarette; queste bruciano in posa ceneri sull’altare ma vengono anche infilate direttamente nella bocca della statua rendendo i contorni delle lebbra nere. I giorni successivi abbiamo scoperto molto sul Taoismo visitando la città malesiana di Malacca e l’aspetto più curioso è che qualche giorno dopo la morte di una persona cara, i parenti iniziano a bruciare tutto l’occorrente per rendere la vita del defunto in paradiso, più gradevole e per questo motivo in ogni negozio taoista si trovano televisioni, soldi, macchine, telefoni, tutto realizzato con carta. I fumi,ascendendo al cielo, porteranno queste comodità al defunto.
All’uscita del Tempio la fame ci stuzzica e abbiamo iniziato a cercare un ristorante. Abbiamo attraversato stradine molto folcloristiche costeggiate da case piccole e colorate. Finalmente abbiamo scelto un buffet indiano, dai sapori forti ma piacevoli. L’Annalakshmi ( 133, New Bridge Rd) ci ha sorpresi soprattutto quando abbiamo chiesto il conto e abbiamo scoperto che in quel luogo ognuno pagava quanto desiderava. Vedendo il nostro stupore ci hanno spiegato che sono di religione buddista e vogliono aiutare la gente. La sera approfittiamo del piacevole regalo di nozze offerto dai colleghi di Michele: una romantica cena sulla nave da crociera Imperial Cheng Ho. E’ una piccola crociera nella baia di Singapore su una tipica imbarcazione asiatica, con tanto di drago a prua. Salpiamo alle 18.30 e impieghiamo quasi tre ore per fare il giro dell’isola di Sentosa. La cena è accompagnata da musica dal vivo e la serata prende un tono molto gioioso quando i cinesi presenti iniziano a cantare in coro e a ballare. Per un popolo considerato introverso troviamo che sono molto “calienti”.
L’indomani la pioggia torrenziale ci sveglia ma non siamo molto preoccupati in quanto passeremo la stragrande parte della giornata in treno per recarci alla storica città di Malacca. Le sei ore in treno sono deludenti in quanto pensavamo di scorgere innumerevoli paesini mentre in realtà il paesaggio è composto quasi esclusivamente da migliaia di palme di cocco e dopo le prime ore diventa quasi monotono. Il momento saliente della giornata è stato la dogana tra Singapore e la Malesia. Improvvisamente dopo un ora di viaggio il treno si ferma ad una stazione e i viaggiatori devono scendere a fare dogana lasciando i propri bagagli sul treno. Il tutto è sorvegliato dalla polizia malesiana e si percepisce distintamente il nervosismo nell’aria. Abbiamo dedotto che l’ immigrazione è un problema serio tra i due paesi e la burocrazia è molto rigida. All’arrivo in stazione ci aspettava un simpatico ragazzo dal nome impronunciabile Borhanordin (detto più semplicemente BURN) il quale ci ha accompagnato a Malacca. Il ragazzo era molto chiacchierone e ci ha deliziato per quasi un ora con i suoi utili consigli. Grazie a lui abbiamo cambiato i soldi ad un tasso favorevole, abbiamo cenato in un locale di cucina tipica Baba Nonya molto carino e sempre grazie a lui ci siamo recati a visitare il mercatino notturno nel centro della città. Malacca è una città molto caratteristica, dalla storia travagliata da successive invasioni e il retaggio storico è ancora molto presente. Abbiamo avuto la prontezza di prenotare dall’Italia una guida italiana ed è stata un ottima scelta in quanto ci ha reso la visita più interessante. Stranamente dopo centinaia di anni la popolazione è ancora ben distinta tra cinesi, portoghesi e olandesi e abbiamo scoperto che tutt’ora i discendenti dei portoghesi e dei olandesi hanno degli aiuti statali in quanto fanno parte delle prime popolazioni insediate sul territorio. La sera abbiamo preso un trishaw (risciò a bicicletta) più per l’aspetto folcloristico che per altri motivi (la città è piccola pertanto facilmente percorribile a piedi) e il conducente, che ai nostri occhi era malesiano, in realtà era portoghese. La guida ci ha spiegato che avendo sussidi statali i portoghesi e olandesi si accontentano di lavori saltuari. Il mercato “del passeggio di jonker” che abbiamo visitato la sera è fonte di discordia tra la popolazione locale in quanto ritenuto svilente, tuttavia lo abbiamo trovato molto piacevole e le bancarelle erano stracolme di mercanzia varia. Abbiamo anche scoperto un negozietto di oggettistica voodù che ci ha deliziato per la sua straordinaria fantasia. Indubbiamente la giornata passata con la nostra guida Franceshco è stata molto ricca di informazioni che hanno reso il viaggio più completo, non solo a livello storico ma anche a livello culturale. Franceshco è protestante, è una delle 5 guide italiane dell’intera Malesia e ha imparato l’italiano a suon di ceffoni dal prete della sua chiesa. E’ una persona colta e moderna ma tuttavia varie volte mi ha stupito per il suo lato profondamente radicato (quasi ingenuo) sugli usi e costumi del suo paese. Probabilmente rappresenta perfettamente il cambiamento attuale della Malesia: un paese attratto dalla modernità, a tal punto da spingere all’estremo il turismo, in pieno conflitto con le usanze locali molto profonde. Siamo stati molto contenti di averlo conosciuto e senza dubbio è stata una scelta azzeccata.
La sera stessa con un viaggio in macchina di circa due ore siamo arrivati a Kuala Lumpur presso l’albergo Crowne Plaza Hotel che ci ha stupiti per il suo lusso. Ci si abitua rapidamente ad uno standard qualitativo elevato ma il Crowne Plaza ci ha stupiti ulteriormente. Presso l’hotel abbiamo cenato al buffet Planter’s e indubbiamente è il posto in cui abbiamo mangiato meglio di tutto il viaggio. La cucina in Malesia rappresenta degnamente la sua popolazione e le influenze sono diversificate: indiano, cinese e arabo. E’ una cucina piacevole, leggera, povera di dolci ma piena di spezie. Il riso è ovviamente molto presente, cucinato in vari modi, ma anche il pesce e la carne sono spesso riproposti; quest’ultima soprattutto sotto forma di spezzatino. Abbiamo mangiato bene, senza mai avere nessun problema (sia nei grandi hotel che nelle bettole sulle spiagge) e l’unica piccola delusione è stata la frutta quasi sempre poco gustosa e annacquata. Inoltre non abbiamo riscontrato una grande varietà di frutti. Il primo giorno Kuala Lumpur è stata molto deludente, avevamo ancora nella nostra mente le immagini di Singapore, e il contrasto è stato così forte da renderci quasi antipatica questa capitale. E’ indubbio che non c’è la stessa cura a livello architettonico e K.L. Ci è risultata un cantiere a cielo aperto senza un coordinamento tra i progetti. Abbiamo avuto la triste sensazione che Kuala stia rincorrendo la modernità occidentale senza però proteggere e mettere in avanti i propri beni culturali. L’attività principale di Kuala è lo shopping e da quel punto di vista le aspettative sono rispettate. Si trova di tutto e a tutti i prezzi, i centri commerciali sono innumerevoli e abbiamo approfittato anche noi del quartiere più famoso per lo shopping il “Golden Triangle”. Tra la moltitudine di acquisti fatti abbiamo avuto anche l’occasione di comprare dei foulard di Batik e sono quasi delle piccole opere d’arte. Il secondo giorno abbiamo cercato di scoprire meglio Kuala L. Tramite una gita organizzata. Fortunatamente la gita intensa di quel giorno ci ha fatto apprezzare un po’ di più Kuala senza tuttavia rendercela piacevole. Abbiamo visitato le grotte di Batu Caves, luogo di culto indiano ricavato all’interno di una grotta che si raggiunge solo dopo una salita di quasi 300 scalini. Un budda dorato gigantesco veglia all’esterno della grotta e le sue dimensioni sono impressionanti. Raggiungendo il centro della grotta principale si intravede a monte un’altra grotta, famosa per i templi ricavati nelle pareti verticali della roccia e per le decine di piccole scimmie che accolgono i turisti divertiti. Batu Caves è nota per gli spettacolari riti masochistici dei devoti e sono rimasta anch’io impressionata da qualche fedele scalzo che salendo e scendendo gli scalini si pestava volutamente i piedi. L’ altro luogo che ci ha colpiti è stato l’Independance Square, un parco immerso nel verde e nella tranquillità che commemora l’indipendenza della Malesia dal Regno Unito. Molto impressionante è il Palazzo del Sultano Abdul Samad, grandioso edificio moresco, il quale è adibito ad usi burocratici e pertanto non visitabile interiormente. I nostri due giorni a Kuala Lumpur si stanno esaurendo e ora ci aspettano 6 giorni di riposo sull’isola a forma di tartaruga “Pulau Tioman”. Per arrivarci prendiamo un piccolo quadrimotore che letteralmente mi terrorizza, non sono un’amante del volo e in quel piccolo aereo mi sento a disaggio ma per fortuna il volo dura solo un’ ora. Avvicinandoci all’isola Michele osserva che ogni piccolo isolotto che intravediamo a una nuvola personale sopra e questo ci fa presupporre che il tasso di umidità deve essere elevatissimo. Dall’oblò si scorge il colore turchese del mare e la folta vegetazione che ricopre gli altipiani dell’isola. Al nostro arrivo prendiamo atto che l’aeroporto è una baracca stretta tra i monti e il mare e ovviamente qui non esistono nastri trasportatori ma ognuno si riprende la propria valigia a mano. Ci rendiamo anche conto che sarebbe stato più comodo avere solo una piccola valigia e sembra veramente incomprensibile che il Tour Operator non abbia organizzato un sistema di deposito bagagli ingombranti a Kuala Lumpur. L’isola è così magnifica che sembra che la sua vegetazione sia stata disegnata da qualche pittore. Le colline dell’interno ostentano la foresta tropicale e il nostro albergo è incastonato tra questo panorama e il lungo mare. Il Berjaya Tioman Beach Resort ha le dimensioni di un piccolo villaggio e costeggia la baia di Batang fino all’isolotto di Rengis. Tutte le strutture sono costruite in legno e sono rialzate dal suolo al fine di circoscrivere i danni che i monsoni recano. Sembra paradossale ma ogni anno l’immenso e bellissimo campo da golf da 18 buche che gestisce l’hotel viene invaso dall’acqua e ad ogni inizio stagione devono sistemarlo. I primi giorni il tempo era nuvoloso e pertanto ne abbiamo approfittato per muovere i nostri primi passi sul green del golf. Michele rivela presto il suo talento mentre io combatto con le formiche rosse che inavvertitamente calpesto. Ogni lancio di pallina offre una sorpresa: un gruppo di varani impauriti che escono dal loro nascondiglio, qualche scimmia incuriosita che si avvicina ecc.
Il Berjaya è un resort molto tranquillo, nel quale è possibile ritemprarsi. Solo al calar del sole un complesso musicale anima la zona piscina ma durante la giornata nessuno viene a disturbare la quiete. Il lungo mare è attrezzato di ombrelloni e di sdraio adatti al riposo e la temperatura dell’acqua è invitante anche per una freddolosa come me. Aver portato le scarpe da mare è stata un’ottima idea in quanto il bagnasciuga è ricoperto da pezzettini di corallo morto dalle pungenti forme. Davanti al Berjaya la sabbia è molto grossolana e purtroppo durante il nostro soggiorno il sottosuolo era danneggiato da qualche pozza di catrame. Solo alla fine abbiamo scoperto che ciò è dovuto al fatto che sulla costa opposta, si trova il cuore dell’estrazione del petrolio della Malesia; nonostante la distanza non indifferente i flussi marini e le correnti trasportano residui fino sulle coste di Tioman. Abbiamo avuto modo di ammirare la bellezza di Tioman anche durante la gita che prevede il giro completo dell’isola. La mattina assieme ad una decina di persone siamo saliti sull’ imbarcazione di un giovane pescatore il quale ci ha portato nei punti più belli dell’isola. Le cascate di Waterfall non mi hanno lasciato un segno particolare a differenza dei fondali dell’isola del Corallo e di quella di Rengis. Fare snorkelling in quei posti è molto soddisfacente in quanto ospitano un’incredibile varietà di fauna e flora. Il pomeriggio abbiamo anche avuto l’occasione di rilassarci sulla bianchissima spiaggia di Juara Beach e sulla minuscola spiaggia dell’isola del Corallo.
L’ultimo giorno abbiamo deciso di aggregarci ad una giovane coppia italiana e ci siamo fatti traghettare fino a Salang. Dal nostro resort abbiamo impiegati solo mezz’ora per raggiungere questa località ma la mia schiena si ricorda ancora dei sobbalzi dell’imbarcazione del pescatore. La località è piccola ma certamente più animata del Berjaya e abbiamo trascorso qualche ora tra bagni di mare e passeggiate. Non consiglio di alloggiarci in quanto, nonostante l’animazione, è invaso dagli insetti e abbiamo incontrato più di una persona che si lamentava per l’assedio fastidioso e costante. Il nostro viaggi di nozze sta per finire e sono molto dispiaciuta al pensiero di lasciare questo piccolo paradiso. Fortunatamente l’ultima serata è stata rallegrata da un divertente gruppo di scimmie a caccia di qualche residuo alimentare. Dopo questo viaggio non sono in grado di affermare se la Malesia è “thruly asia” (come riportato su tutti i cartelloni pubblicitari) ma indubbiamente è un paese culturalmente intenso e ricco di sfumature.