Malesia e Cambogia: un sogno che si avvera

Tre settimane fai da te tra cultura, natura e mare
Scritto da: Elisa71
malesia e cambogia: un sogno che si avvera
Partenza il: 19/06/2013
Ritorno il: 09/07/2013
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
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Di nuovo in Asia anche quest’anno, per la terza volta consecutiva, anche se non l’avevo previsto. Il richiamo della Cambogia era forte e anche la Malesia mi affascinava da tempo. All’inizio pensavo di fare solo Cambogia; oltre ad Angkor mi attiravano le provincie orientali di Ratanakiri e Mondulkiri, a cui poi avrei potuto abbinare un’isola sulla costa meridionale. Ma poi, leggendo e documentandomi, mi sono resa conto che quelle zone forse non erano adatte per un viaggio con una bambina, seppure non più piccolina. Troppi problemi: il rischio malaria, i collegamenti difficili, le mine antiuomo… No, meglio evitare! Allora ho cominciato a prendere in considerazione la Malesia, a cui già diverse volte avevo pensato. Piano piano il viaggio ha cominciato a prendere forma e … io ad appassionarmi sempre di più! Avevo l’adrenalina a 1000: l’organizzazione è stata una parte molto importante ed entusiasmante di questa meravigliosa esperienza. E’ stato come avere un foglio bianco su cui scrivere; ogni giorno aggiungevo qualcosa di nuovo, modificavo, riscrivevo.

Alla fine il risultato è stato questo: 3 notti a Kuala Lumpur, 4 notti a Siem Reap, 1 notte ancora a Kuala Lumpur, 3 notti nel Taman Negara e infine 7 notti alle isole Perhentian. Durata totale del viaggio: 20 giorni. Sono riuscita ad infilarci anche una capatina ad Istanbul all’andata (che mio marito sognava da tempo di vedere) scegliendo il volo della Turkish Airlines con scalo di 11 ore in questa affascinante città . Questa scelta mi ha destato non poche preoccupazioni, prima della partenza, a causa dei disordini che c’erano stati in Piazza Taksim e che duravano ormai da qualche settimana, ma per fortuna era tutto tranquillissimo, per lo meno in zona Sultanahmet.

Istanbul è stata una piccola parentesi, ma comunque piacevole. Siamo stati alla Basilica Cisterna (bellissima!), alla Moschea Blu e al Grand Bazaar. La Basilica di Santa Sofia l’abbiamo vista solo da fuori perché era tardi. Poi, prima di tornare all’aeroporto, abbiamo attraversato il ponte Galata e abbiamo ammirato lo splendido paesaggio all’imbrunire, da un’altra prospettiva.

Kuala Lumpur non mi ha entusiasmato particolarmente. Comunque avevo letto molte recensioni a riguardo e quindi ero preparata al fatto che, rispetto ad altre città asiatiche, quali Bangkok e Singapore, K.L. non è niente di che. Per fortuna io in ogni luogo cerco sempre di trovare qualcosa di positivo e così è stato: mi sono piaciuti molto i quartieri etnici, per la loro atmosfera, quali Chinatown (soprattutto di sera, Jalan Petaling , con tutte le sue lanterne rosse) Little India e Brickfields; poi le Batu Caves, il mercato di Chow Kit (davvero molto caratteristico) e anche il caos di Bukit Bintang e Jalan Alor di sera (adoro i colori, gli odori e la confusione delle caratteristiche bancarelle asiatiche: mi mettono allegria!); e naturalmente le Petronas Towers, simbolo di Kuala Lumpur. Assolutamente deludenti invece i Lake Gardens (noi siamo stati a Orchid Garden e Hibiscus Garden).

Per il resto…abbiamo fatto un “assaggio” di tutto (giusto un’occhiata e via) senza però rimanerne particolarmente colpiti: Merdeka Square, Sultan Abdul Samad Building, National Textile Museum, Majid Jamek, Majid Negara, Majid India, Sri Maha Mariamman Temple, Menara Tower, Suria KLCC. Per chi ha bambini consiglio di passare qualche oretta al KLCC Park, dove c’è un parco giochi enorme ed anche una piscina per i più piccini. Consiglio anche una capatina al Berjaya Times Square: all’interno di questo centro commerciale ci sono le montagne russe! Comunque 4 notti sono decisamente troppe. Col senno di poi avremmo potuto fare una notte in meno a K.L. e una in più a Siem Reap. D’altronde è impossibile organizzare il viaggio perfetto; io ce l’ho messa tutta (non è facile dall’Italia, per quante informazioni si cercano di reperire, prevedere tra l’altro che cosa ci piacerà di più e cosa di meno) e comunque, a parte questo “piccolo” particolare il resto è stato tutto perfetto! Mi faccio i complimenti da sola! Quest’anno ho dovuto fare proprio tutto da sola. Mio marito non ha partecipato per niente alla fase organizzativa; non si è occupato nemmeno di programmare i vari spostamenti, cosa che di solito spetta a lui…niente, nemmeno questo!

A Kuala Lumpur abbiamo alloggiato all’Ancasa Hotel, a Chinatown, posizione che per noi si è rivelata perfetta. Ho trovato una buona offerta sul sito ufficiale e non me la sono lasciata sfuggire: 40 euro a notte con colazione. Niente da eccepire su questo hotel a 3 stelle, che secondo me potrebbe meritarne anche mezza in più: personale molto efficiente e disponibile, camere carine e confortevoli (noi avevamo prenotato una standard ma ci è stata assegnata una deluxe, al 14esimo piano, molto silenziosa e con una bella vista su Chinatown) colazione a buffet discreta, deposito bagagli gratuito (che abbiamo utilizzato durante il nostro soggiorno in Cambogia).

Cambogia

Altro capitolo. Quattro giorni sono davvero troppo pochi per poter dire di aver visto, conosciuto e capito un paese come la Cambogia. Il nostro è stato solo un assaggio… desideravo da tempo vedere le meraviglie di Angkor, anche se in realtà la Cambogia è molto più di questo…un assaggio che però mi è piaciuto molto, anche se è stato psicologicamente molto toccante. Come ha scritto l’autrice di un libro ho letto proprio durante il mio viaggio: “La Cambogia non è un souvenir: è una frustata all’anima. E fa male.” Ero già preparata a quello che avrei visto, ma…vederlo con i propri occhi è diverso. Tutti quei mutilati … e i bambini, con quegli occhioni tristi… Essendo mamma, i bambini sono quelli che mi hanno colpita di più. Avrei voluto poter fare qualcosa per loro, per ognuno di loro, non per uno soltanto e …mi sono sentita veramente impotente. Vederli vagare da soli, nelle aree dei templi, sentirli supplicare con quella vocina debole e sommessa, di comprare qualcosa da loro o di dare loro l’elemosina… per me era uno strazio ogni volta! Quello che mi ha fatto più pena è stato un bambino che trainava con uno spago una bottiglia di plastica con infilate 2 ruotine: era il suo camioncino o la sua macchinina giocattolo! Povero cucciolo! E pensare a tutti i giocattoli che i nostri figli hanno in garage, ammassati , con i quali non giocano più o non hanno mai giocato! Che ingiustizia! La loro sfortuna in fondo è quella di essere nati nel posto sbagliato. Ci ha chiesto un “bonbon” e noi, che tristezza, non ne avevamo più! Li avevamo appena finiti (non mi piace dare l’elemosina ai bambini, anche perché ho letto tante brutte cose a riguardo, e così preferisco dare loro una caramella o una gomma da masticare…credo possa essere un piccolo attimo di piacere per loro e…cavolo, non sarà mica quella che farà loro cariare i denti!). Il primo giorno, dopo il nostro arrivo, siamo andati al villaggio galleggiante di Kompong Phluk, sul lago Tonlé Sap, dopo un lungo tragitto in tuk tuk , attraverso paesini sperduti, e in barca. Un posto quasi surreale che mi ha emozionata molto, soprattutto quando siamo scesi a dare un’occhiata al villaggio. Sembra impossibile che ci siano persone che vivono in quel modo, in quel “nulla”. Sono rimasta davvero colpita. Le palafitte sono altissime, il che vuol dire che durante la piena, il livello dell’acqua cresce davvero moltissimo. A differenza di quello che temevo, di turisti non ce n’erano proprio; ne abbiamo incrociati solo alcuni, in barca, lungo il fiume. Sembrava davvero di essere in un’altra dimensione: il silenzio, i pescatori immersi fino al bacino, i bambini mezzi nudi, il nulla tutt’intorno…Quando siamo scesi al villaggio c’è stato un episodio che mi ha davvero turbata: prima di partire avevo deciso di portare in Cambogia un pò di regalini (giochini, borsette, braccialettini, fermagli per capelli, colori, pupazzetti e altre cose) da distribuire ai bambini… solo una piccola goccia nel mare, lo so, ma…sempre meglio di niente. Ero anche riuscita a coinvolgere la mia bambina, che mi aveva aiutata a sceglierli e a “confezionarli” e, soprattutto, ero riuscita a farli stare in valigia. Avevo pensato di portarli proprio lì , solo che… non avevo calcolato che a volte la povertà può fare brutti scherzi: non ho fatto in tempo ad estrarre la borsa con i regalini dallo zaino e a distribuire una o due cose che… sono spuntati una miriade di bambini dalle capanne e si sono avventati sul mio zaino… una scena bruttissima… mani che frugavano con avidità, altre che strattonavano lo zaino… a fatica sono riuscita a tenerlo stretto, ma …la borsa con i regalini è sparita in un batter d’occhio. Ero scioccata; è successo tutto in un attimo, tanto che non ho nemmeno avuto il tempo di rendermene conto. Ero molto dispiaciuta perché i bambini più forti e prepotenti hanno avuto troppo e alcuni, i più piccoli, soprattutto le bambine, niente. C’era una bambina che ci ha seguiti fino alla barca che sorrideva sempre e…bè lei non ha avuto proprio niente. Le ho dato una caramella… non avevo nient’altro. Mi ha fatto una gran pena. Mi sentivo in colpa. Comunque, nonostante questa triste parentesi trovo che il popolo cambogiano sia straordinario, sempre con il sorriso sulle labbra, nonostante le tragedie e le atrocità che ha dovuto subire in passato e nonostante la povertà; un popolo mite e gentile che ti tocca il cuore… a parte il nostro tuk tuk driver che secondo me ci ha fregati alla grande! Forse dovevamo sceglierne uno esterno anziché affidarci a quello della guesthouse in cui alloggiavamo, ma avendo già pochi giorni a disposizione abbiamo deciso di non sbatterci a cercarne un altro. Comunque i suoi prezzi erano, secondo me, un po’ troppo alti e…non c’è stato modo di contrattare! Il giro a Kbal Spean + Bantey Srey + Banteay Samre ci è costato ben 29 dollari!!! Un pò tantini per un tuk tuk secondo quanto avevo letto in internet. Mentre Angkor (parte del grande circuito) + Roluos ci è costato 23 dollari. Comunque…tutto assolutamente bellissimo, meraviglioso, unico! Noi non abbiamo fatto nè albe, nè tramonti perchè eravamo già troppo stanchi dai giorni intensissimi a Kuala Lumpur (abbiamo macinato chilometri e chilometri a piedi!) comunque ci alzavamo sempre alle 6 e uscivamo abbastanza presto per poi tornare a metà pomeriggio e concludere la giornata con un pò di relax in piscina (per accontentare la mia bimba che non aspettavo altro!) e al centro massaggi (per accontentare me!). Per soli 8 dollari mi facevano un fantastico massaggio all’olio, dalla testa ai piedi, della durata di un’ora! Mio marito, invece, per 6 dollari, faceva il massaggio khmer, molto meno rilassante ! Che meraviglia!

Per quanto riguarda i templi, quelli che mi sono piaciuti di più in assoluto sono: Bayon, Ta Prohm, Banteay Srey e Banteay Samre. Bello anche Kbal Spean, il fiume dei mille linga, e la sua cascata. Al ritorno siamo stati sorpresi da un acquazzone e i sentieri nella foresta si sono trasformati in rigagnoli d’acqua e fango…meno male che eravamo quasi arrivati al parcheggio perché camminare in quel pantano con le infradito era quasi impossibile! Comunuque in 4 giorni siamo riusciti a fare buona parte del piccolo e grande circuito, il gruppo Roluos , più qualche sito più lontano (Banteay Srey, Banteay Samre e Kbal Spean) oltre naturalmente al villaggio galleggiante di Kompong Phluk. I templi di Angkor, come previsto, erano affollatissimi (che fatica fare le foto!) mentre quelli un pò fuori…che pace, che meraviglia! Abbiamo fatto anche una capatina all’Old Market, e devo dire di averlo apprezzato molto, essendo un’amante dei mercati caratteristici, con i loro colori, i loro odori forti, le loro mosche e i loro cibi “strani”. Ho avuto anche il coraggio di assaggiare i grilli fritti (è stata dura, ma ce l’ho fatta!) e…non mi hanno fatto schifo, ma sicuramente non li rimangerei. Oltre ai grilli c’erano degli scarafaggi enormi, sempre fritti credo, ma…facevano davvero ribrezzo! Parlando di piatti tipici, mi è piaciuto molto, tra le altre cose, l’amok di pesce, speziato, ma dal sapore comunque delicato, a base di latte di cocco e citronella, e il lok lak di manzo, con una deliziosa salsina molto pepata.

Abbiamo alloggiato al Motherhome Inn a Siem Reap, una guesthouse semplice, ma molto carina, con piscina e centro massaggi, il cui personale è di una gentilezza straordinaria. Che cosa pretendere di più per 29 dollari a notte con colazione a buffet?

In Cambogia i giorni sono passati in fretta…troppo in fretta… Questo paese mi ha regalato grandi emozioni. Un giorno forse ci tornerò e magari riuscirò a spingermi fino alle provincie di Ratanakiri e Mondulkiri, per ora accantonate.

E’ la volta del Taman Negara. Il viaggio da Kuala Lumpur è stato piuttosto lungo: 3 ore di bus (con una sosta a Jerantut e una a Kuala Tembeling) più 3 ore di barca . L’alternativa era fare l’intero tragitto in bus, fino a Kuala Tahan, cosa che consiglio, dato che il tratto in barca è davvero molto lungo e dopo un po’ monotono e si ha l’impressione di non arrivare mai. Il Taman Negara è diventato molto turistico, proprio come mi era stato detto, è questo gli fa perdere buona parte del suo fascino, ma vale comunque la pena andarci. Un pò deludente il canopy walk (i ponti sospesi) in quanto bisogna fare la coda per accedervi e comunque, data la quantità di gente tutt’intorno, manca della giusta atmosfera. Non sono i singoli turisti (intendo coppie o famiglie) a rovinare l’atmosfera, bensì i gruppi , per lo più asiatici, rumorosi e maleducati. Non puoi andare a fare il trekking notturno in 20, chiacchierando e schiamazzando tutto il tempo! Che senso ha? Il “night jungle walk” è un’esperienza quasi spirituale, da fare in silenzio, ascoltando i rumori della natura e osservando attentamente con la torcia tutto ciò che ti circonda. Solo se fatto in questo modo ti emoziona, altrimenti perde tutta la sua magia. Noi, per fortuna, eravamo solo in 6 più la guida. La mia bambina era terrorizzata e piagnucolava perché voleva tornare indietro, ma alla fine è stata soddisfatta di questa esperienza. Abbiamo visto tarantole enormi, insetti giganteschi e anche i serpenti. Animali niente, ma questo si sapeva già. Non abbiamo visto nemmeno i tapiri, che spesso vengono avvistati al Mutiara (il nostro resort), solo scimmie e qualche cinghiale.

Anche la gita a Lata Berkoh ci è piaciuta molto. Siamo andati e tornati in barca perché il solo tragitto di andata a piedi sarebbe durato 7 ore; inoltre aveva piovuto tutta la notte quindi anziché guadare il fiume avremmo dovuto attraversarlo a nuoto. Non abbiamo fatto il bagno nella cascata (anche se in realtà non si tratta di una vera e propria cascata, ma di una serie di rapide) perché il fiume era troppo “grosso” e la corrente troppo forte , per via dell’abbondante pioggia notturna. Ci siamo appostati in una spiaggetta vicino alle rapide, con un tratto di fiume più tranquillo, dove mio marito ha pure fatto il bagno e…è stato molto piacevole e rilassante. Eravamo in mezzo alla foresta, in riva al fiume, in un posto incantevole tutto per noi! Avevo visto foto su internet con orde di turisti…direi che siamo stati molto fortunati! Unico inconveniente: nel tratto di foresta dalla barca alla cascata abbiamo fatto diversi brutti incontri… le sanguisughe! Non ci si poteva fermare un attimo a fare una foto che già erano saltate sulle scarpe, pronte a risalire fino alle gambe. Per fortuna avevo messo in pratica tutti i consigli letti su internet e sono riuscita, avendo i calzettoni lunghi e controllando di continuo, a non farmi mordere. Il trekking nel Taman Negara, comunque, è molto molto faticoso, in particolare il sentiero fino a Bukit Teresek: il caldo umido e soffocante, unito ai chilometri da percorrere, spesso in salita, ti uccide. Io che di solito non sudo ho sudato moltissimo! Abbiamo evitato la gita al villaggio degli Orang Asli perché ci sembrava davvero troppo turistica. Comunque, nonostante tutto, il Taman Negara è stata una bella esperienza.

Abbiamo alloggiato al Mutiara Taman Negara Resort, unica struttura all’interno del parco e unica struttura carina in zona. Un po’ caro, ma le alternative erano davvero indecenti! Era molto piacevole e rilassante la sera sentire i rumori della natura, anche dal ristorante all’aperto, durante la cena. Abbiamo fatto 3 notti/2 giorni e direi che è l’ideale per riuscire ad assaporare questa bella atmosfera.

Ultimo capitolo: le Isole Perhentian

Il viaggio dal Taman Negara è stato infinito: siamo partiti alle 8 di mattina da Kuala Tahan e siamo arrivati alle 5.30 del pomeriggio a Perhentian Besar, dopo 8 pesanti ore di minivan (con diverse soste) più mezz’ora di barca. Comunque all’arrivo siamo stati ripagati da tanta bellezza: che paradiso! Le Perhentian mi sono piaciute moltissimo. A differenza di quanto mi aspettavo (e di quanto mi era stato detto) non ho trovato tutta questa “bolgia” di turisti. O meglio: penso che si abbia una percezione diversa della quantità di turisti presente sull’isola a seconda della struttura in cui si alloggia. Per esempio al Tuna e anche al Pir, di turisti ce n’erano molti (anche diversi italiani) essendo strutture molto più grandi. Noi eravamo all’Abdul’s Chalets e…era un’oasi di pace ! Infatti, pur essendo la struttura al completo, essendo molto piccola (in fondo si tratta di pochi bungalows) la sensazione che si ha è comunque di tranquillità e quiete. Avevo letto che era sempre pieno di italiani; io invece, per fortuna, non ne ho trovati. Non voglio sembrare una che ha la puzza sotto il naso, ma troppi italiani, quando sono in ferie in capo al mondo, non mi piace perché…mi sembrerebbe di stare ancora in Italia! Oppure in un villaggio italiano all’estero, cosa che ho sempre odiato. La spiaggia non era mai affollata. L’atmosfera era molto familiare, “easy” e …quasi soffusa. C’erano diverse famiglie e i bambini girovagavano tranquilli e liberi dalla mattina alla sera. Io dalla veranda riuscivo a tenere d’occhio la mia piccola mentre giocava con la sabbia o faceva il bagno. Che meraviglia!

Abbiamo alloggiato per le prime 5 notti in un bungalow sea-view, sulla spiaggia, a pochi passi dal mare mentre nelle ultime 2 notti purtroppo abbiamo dovuto spostarci in un bungalow garden-view, in seconda fila, perché pur avendo prenotato a febbraio, era già troppo tardi! Il personale mancava forse un po’ di professionalità, ma rispecchiava la vera anima dell’isola, con i suoi tempi, i suoi costumi e le sue abitudini. L’impressione che mi ha dato il Tuna, invece, dove siamo andati spesso a cena, era quella di un resort a tutti gli effetti. E in un posto come le Perhentian preferisco di gran lunga una sistemazione meno turistica, più autentica e più a contatto con la realtà locale, seppure più spartana. Sono più che soddisfatta della mia scelta: dopo essermi guardata in giro sono convinta che non ci sia struttura migliore (almeno secondo i miei gusti e le mie priorità) dell’Abdul sull’isola. Certo, secondo me la camera non valeva i 215 RM a notte che ho pagato (e meno male che era una deluxe!) peraltro senza colazione: davvero spartana ed essenziale, senza una sedia né un gancio dove appoggiare i vestiti, il rubinetto del lavandino rotto che spandeva acqua per tutto il bagno, la luce della doccia che non funzionava, le pulizie solo su richiesta (in una settimana le ho richieste 2 volte), niente sapone né bagnoschiuma,…tutte cose che accetto tranquillamente se ho pagato 25-30 euro a notte, ma se ne ho pagati 52… diciamo che pretenderei qualcosina in più. Comunque alla fine, ti basta sederti sulla veranda, con quella magnifica vista sul mare e con quella pace e quella serenità che ti riempiono l’anima e… in un attimo ti dimentichi di tutti quei “problemini” se così li vogliamo chiamare e tutto il resto ti sembra… quasi superfluo! Ti basta il tuo bungalow, quel relax che solo pochi posti ti sanno regalare e … ti senti in paradiso!

Per quanto riguarda il cibo, abbiamo mangiato molto molto bene sia al Tuna che al Cocohut; all’Abdul invece abbiamo cenato una sola volta e non ci ha entusiasmato particolarmente. La colazione, invece, era molto buona. In generale la cucina malese ci è piaciuta molto… non tanto quella thai, ma comunque molto buona: una fusione di cucina cinese, indiana e locale. Buoni i noodles, le zuppe, il nasi lemak (riso cotto nel latte di cocco…basta evitare le acciughe con cui viene servito che a me non piacciono proprio!), il satay e il tandoori, il pollo al pepe nero, il rendang di manzo (uno stracotto di carne molto speziato) e ottimi i piatti a base di latte di cocco e citronella (carne o pesce). e Il bello di Perhentian Besar (a differenza di Kecil che è un po’ più “animata”) è che ci si rilassa veramente. La vita si svolge tutta sulla spiaggia, dalla mattina alla sera (c’è gente che rimane in spiaggia finchè fa buio); poi si va a cena in uno dei ristorantini sulla spiaggia. Infine una bibitina sulla veranda prima di andare a dormire. L’unica cosa che mi ha infastidita è stato il via vai di locali nel fine settimana (venerdì e sabato), peraltro molto rumorosi, che alloggiavano nei dintorni e che si appropriavano degli sdrai dell’Abdul, occupando parte della spiaggia e del mare antistante, rovinando quella magica atmosfera che regnava sulla spiaggia, prima del loro arrivo. Per il resto è stato tutto perfetto! Di fronte all’Abdul non c’è barriera corallina, ma era sufficiente spostarsi nel tratto di mare antistante il Tuna, a soli 2 minuti di cammino.

La spiaggia che mi è piaciuta di più in assoluto è stata Love Beach (Teluk Keke): davvero un incanto! Peccato per le montagne di rifiuti presenti ovunque: un vero scandalo! Poi, insieme ad una coppia di tedeschi, nostri vicini di bungalow, abbiamo fatto 2 uscite in barca: siamo stati a Turtle Beach (bella, ma quel giorno non il sole non voleva farsi vedere e inoltre c’erano le onde, quindi…non siamo riusciti a vederla al massimo del suo splendore ) Turtle Point, D’Lagoon, Rawa e Shark Point. Al Faro non ci siamo fermati perché quel giorno c’era troppa corrente (che sfortuna!). La barriera corallina delle Perhentian mi ha piacevolmente sorpresa: davvero bellissima, piena di vita e colori! Abbiamo visto un’infinità di pesci, grandi e piccoli, veri e propri giardini di coralli di svariate forme e colori, le tartarughe, gli squali pinna nera…Fantastico! A queste isole non manca proprio niente: oltre ad una splendida barriera corallina, spiagge bianchissime, acque limpide e cristalline, dai colori strepitosi (dall’azzurro al turchese al verde smeraldo) sempre calde, come piace a me (perfino la mattina presto!) palme, giungla… Unico lato negativo: il poco rispetto da parte di molti turisti asiatici per questo meraviglioso parco marino, ma anche e soprattutto da parte della popolazione locale. Quando arrivi devi pagare una tassa per l’ingresso nel parco marino, ma quei soldi vengono poi utilizzati per la salvaguardia del parco? Non credo proprio.

Lasciare le Perhentian è stata davvero dura! Una capatina a Kota Bharu, giusto per vedere il mercato centrale, molto caratteristico, e poi il lungo viaggio di ritorno.

Ed ora eccomi qui, di nuovo a casa, ma con l’anima e il cuore pieni di bellissimi ricordi, di magnifici paesaggi, di immagini, di volti e di sorrisi, di colori, di suoni, di odori e di sapori, e tante tante emozioni.

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Bayon

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Kompong Phluk

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Ta Phrom

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Pulau Perhentian Besar - Abdul's Chalets

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Pulau Perhentian Besar - Teluk Keke

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Old Market - Siem Reap

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Chinatown - Kuala Lumpur



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