Malesia di Miele
Pronti! Via! Domenica 6 settembre
Ore 7.00 am. Neanche il tempo di poggiare la testa sul cuscino che il suono della sveglia ci riporta alla realtà. Il giorno più bello è trascorso in un baleno, ed è già ora di partire; abbiamo solo il tempo di caricare i bagagli in macchina, fare una velocissima colazione e salutare la famiglia finalmente “allargata”. Peccato: per i commenti post nozze ci toccherà attendere il rientro.
Per il viaggio ci siamo affidati a KUONI e ci siamo trovati benissimo. Premesso che la Malesia è un viaggio organizzabile in pieno stile fai da te, alla fine abbiamo preferito affidarci ad un T.O. Solo per evitare di dover organizzare nozze e viaggio insieme. Va comunque detto che l’operatore prescelto è quello che garantisce, a nostro giudizio, la migliore copertura della meta.
Arriviamo a Fiumicino in perfetto orario, il tempo di lasciare l’auto presso uno dei tanti parking prenotabili online esterni all’aeroporto (il nostro offriva anche il ritiro dell’auto direttamente davanti al terminal senza pagare nessun fee aggiuntivo, cosa molto comoda in fase di partenza). Nonostante abbiano appena aperto il check-in c’è già una bella fila, così ci accodiamo diligentemente e cominciamo a guardarci intorno.
Il volo Malasya Airlines è schedulato in partenza alle 13,45 con arrivo a Kuala Lumpur 7,45. E’ la prima volta che affrontiamo un volo così lungo (circa 12 ore no stop), ma questa scelta ci consentirà di avere una giornata intera da spendere all’arrivo. Un consiglio per affrontare con comodità il volo. Dotatevi di una felpa o di un maglioncino, l’aria condizionata è terribilmente fredda, e dopo qualche ora si comincia a sentire “leggermente freddino” Subito dopo il decollo viene servita la cena (in Malesia sono le 8 di sera!). Il volo è comodo, la selezione di film a bordo è abbastanza recente, e le hostess passano frequentemente offrendo snack e bevande, oltre che un’abbondante colazione “malay” poco prima dell’arrivo. L’atterraggio è in perfetto orario presso il terminal per i voli internazionali, leggermente spostato rispetto al terminal principale, con il quale è collegato tramite una metropolitana leggera. Il tempo di mettere piede nel terminal principale che affrontiamo il primo momento thrilling del viaggio: qui sembrano prendere molto sul serio l’allarme influenza H1N1, ovunque mascherine e informazioni sulle elementari regole da seguire che, unite ad un aeroporto semi deserto, rendono la location un po’ spettrale. Per sdrammatizzare cominciamo a scherzarci su mentre sbrighiamo le formalità per ottenere il visto turistico e ne approfittiamo per cambiare i soldi (attenzione! non fatevi prendere dall’ansia come me: 700€ equivalgono a circa 3500 RM ovvero una mazzetta di soldi stile monopoli molto poco comoda da gestire). Siamo finalmente nel terminal, i bagagli sono stati già scaricati e messi a terra. La cosa che ci sorprende se confrontata con i nostri standard, ma qui risulta essere la normalità; ma ecco il secondo momento thrilling della giornata: c’è il bagaglio di Gina ma non il mio; menomale che ho una sacca con il cambio per un paio di giorni, penso tra me e me, ma ecco che l’addetto al volo, aprendosi in un ampio sorriso mi fa segno di aspettare, due minuti e la mia adorata valigia è già tra le mie mani. Però, efficienti questi malesi…
Usciti dal terminal troviamo già ad attenderci l’autista che ci porterà a KL a circa 50 minuti di strada da Sepang. Il tempo è nuvoloso, in settembre dal lato ovest cominciano ad arrivare i primi monsoni. Dopo un breve tragitto mentre entriamo trionfalmente nel traffico di KL cominciamo a scorgere l’imponenza delle “Petronas Towers”.
KL è ricca di alberghi di livello, noi abbiamo scelto il Traders Hotel perché è uno dei più recenti e con vista sul KL City Center, e sul piccolo parco posto davanti le Petronas. La camera situata al 13° piano ha una vista mozzafiato, e si affaccia direttamente sul parco e sulle torri. Il tempo di fare una rapida doccia e la stanchezza si fa sentire; forse è il caso di schiacciare un piccolo sonnellino.
Ci risvegliamo verso le 16,00. Da fuori ci giunge il canto del muezzin che richiama i fedeli alla preghiera serale: è ora di andare in esplorazione. Scesi nel parco siamo avvolti da un profumo pungente e penetrante fatto di erba bagnata e fiori, che misto al canto del muezzin, ci dona una sensazione d’inebriante esotismo. Con molta calma, affrontiamo l’afa e passo dopo passo giungiamo sotto le Petronas Towers che, illuminate a giorno, si ergono su di noi in tutta la loro imponenza arrampicandosi nel cielo fin oltre le nuvole. Lo spettacolo è notevole e non possiamo che apprezzare il contrasto tra l’aggraziata modernità delle torri e il richiamo a ritmi ancestrali del canto del muezzin. Ma ora lo stomaco reclama la sua parte ed entriamo nel KLCC alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare. Ceniamo con un ottimo sushi ed una freschissima birra Tiger. Il KLCC è colmo di negozi di grandi firme ed i prezzi sono perfettamente allineati agli standard europei, così decidiamo di non perderci tanto tempo ed usciamo a gironzolare nel parco, mischiandoci alla folla di malesi attenta ad osservare il gioco di luci colorate e spruzzi delle fontane nel parco. Verso le 10, dopo un ottimo tea, torniamo in albergo: domani si va a Malacca ed avremo modo di visitare nuovamente KL alla fine del nostro viaggio.
Martedì 8 settembre: sulle tracce degli olandesi.
Partiamo la mattina di buon orario alla volta di Malacca. La visita era stata già prenotata dall’Italia; il bus percorre l’autostrada che viaggia verso sud fino a Singapore, tagliando in due la vegetazione che cresce rigogliosa ai lati della strada. Malacca è una delle città storiche più importanti della Malesia; famosa per la “Piazza Rossa” o “Piazza degli olandesi” e per il suo forte che domina il mare davanti la città. Prima della fondazione di Singapore la città era uno dei porti più importanti del sud est asiatico. Il concetto di storico per i malesi è molto relativo se confrontato agli standard ai quali siamo abituati noi europei. In compenso la giornata scorre veloce tra una visita al cimitero cinese, il più grande al di fuori della Cina, un giro in battello a caccia di varani e una corsa in risciò. Da segnalare la visita al tempio di Cheng Hoon Teng Temple o “Tempio delle nuvole sempre verdi” dove possiamo osservare dei cinesi pregare con le bacchette d’incenso alte sulla testa. Scopriamo che l’offerta di tre bacchette è fatta da chiunque abbia un desiderio da esaudire; da novelli sposi non possiamo esimerci dal provare…speriamo bene… Dopo pranzo visitiamo una tipica casa Sino Malese di fine 1800 all’interno della quale le foto dei primi proprietari ci guardano accigliati mentre ci aggiriamo tra i loro averi. Al ritorno a KL ne approfittiamo per fare una passeggiata nei dintorni dell’albergo e per cenare ascoltando musica live nei pressi Jalan Sultan Ismail. Poi a nanna: domani si parte per il tour.
Mercoledì 9 settembre: si parte per il tour: Da KL alle Cameron Higlands
Preparando il viaggio abbiamo scelto un pacchetto di 4 giorni e 3 notti che ci porterà a zonzo per la penisola malese verso nord da KL fino all’Isola di Penang ai confini con la Thailandia. La giornata inizia con la visita al tempio Indiano di Batu Caves alla periferia di KL. Il tempio è posto all’interno di una spaccatura della montagna, dove trovare momentaneo ristoro all’afa soffocante. Caratteristica è soprattutto la presenza di una colonia di scimmiette che vivono in libertà, padrone incontrastate del tempio. Risaliti sul bus riprendiamo la strada verso le nord-est in direzione delle Cameron Highlands. Dal finestrino possiamo ammirare le dimensioni generose e i colori accesi della natura che ci circonda. Facciamo una rapida sosta presso una piccola cascata nella foresta e ci divertiamo ad andare a caccia di farfalle alcune delle quali presentano dimensioni e colori veramente impressionanti. Proseguendo il tour è prevista anche una sosta presso un villaggio abitato dagli “Urang Asli” o gente originaria. Questa popolazione, originaria degli altopiani malesi, vive dignitosamente, all’interno di baracche di legno in piena giungla. Per strada notiamo le file ordinate di bambini in attesa dello scuola bus, vestiti nelle loro divise british style. Le persone ci sembrano cordiali e sorridenti, ma la sensazione di essere i classici turisti occidentali impegnati a distribuire caramelle e matite s’insinua in noi e non ci abbandonerà fino alla risalita in bus. In compenso forse è proprio qui che Gina ha scattato una delle foto più belle dell’intero viaggio: dall’interno della loro capanna, due bambine di circa 2 e 4 anni ci guardano incuriosite con i loro occhi grandi e neri, mentre divertite danno “il cinque” a tutti quelli che passano davanti alla loro finestra. Salendo verso le Cameron ci accoglie il classico temporale tropicale, rapido, intenso e soprattutto carico di pioggia: siamo pur sempre ai tropici. Il sole si fa vedere all’arrivo alla piantagione di tea, dove sostiamo per degustare un ottimo tea malese accompagnato di cheese cake ai frutti di bosco. Non a caso le Cameron sono famose oltre che per il tea, anche per le coltivazioni di fragole. Ne approfittiamo per acquistare qualche confezione da regalare al nostro ritorno. Il sole fa capolino caldo tra le nuvole, mentre una leggera foschia si alza dalle piantagioni rendendo il paesaggio di un verde intenso e brillante; in lontananza si vedono le raccoglitrici curve sulle piante con i loro tipici copri capi in vimini dalla classica forma a cono. Prima dell’arrivo in albergo (http://www.cameronhighlandsresort.com/) ci fermiamo in paese per una breve passeggiata alla ricerca di un “posto dove cenare”. In realtà, viste le condizioni igieniche non proprio convincenti, optiamo per un’ottima cena in albergo dove gustiamo una succulenta bistecca australiana per 407 RM (circa 80€ in due). Se invece siete meno schizzinosi e più avventurosi di noi avrete di che divertirvi. Io ancora mi domando cosa sia quel sugo turchese chiuso in una busta di plastica trasparente da bere con la cannuccia…. Ah dimenticavo! Portatevi dietro qualcosa di caldo; sulle Highlands la temperatura è attorno ai 20 gradi e la differenza rispetto al clima di KL si fa sentire, soprattutto la sera.
Giovedì 10 settembre: da Cameron Highlands a Butik Merah
Come al solito partiamo di buon ora. La prima tappa è presso una “butterfly farm” all’interno della quale vivono decine di farfalle e d’insetti particolarissimi come “l’insetto foglia” e l’inquietante “insetto stecco”. Il viaggio poi procede in direzione Ipoh con sosta al “Sam Poh Tong Temple” e al “Perak Tong Cave Temple” quest’ultimo, soprattutto, mi ha impressionato per la cura con la quale è tenuto il piccolo giardino e per le simpatiche e tonde statue del Budda. Pranziamo a Ipoh dove facciamo una rapida visita agli edifici coloniali costruiti in epoca britannica ed alla Moschea di Ubudiah che si erige alta nel suo candore e splendente per le sue cupole dorate. Il viaggio termina a Butik Merah dove visitiamo un’isola sul lago all’interno della quale gli Orang Utan vivono in libertà (in questo casi siamo noi ad essere in gabbia) Il pernottamento è presso il Lake Town Resort Butik Merah (http://www.bukitmerahresort.com.my/) Le camere sono tutte in legno e si caratterizzano per avere una piccola veranda a pelo d’acqua, sulle quali ci godiamo il tramonto nel silenzio, interrotto solo dallo sciabordio del lago e dalle grida degli uccelli.
Venerdì 11 e Sabato 12: da Bukit Merah a Penang
La prima tappa è nella Pujang Valley, dove visitiamo dei templi, immersi nel verde, e risalenti ad un’antica società indo buddista che abitò queste zone intorno dal III al XII secolo d.c. Dei templi è rimasta solo la base a gradoni, attorno alla quale giriamo in processione tre volte come segno di buon auspicio. Di seguito proseguiamo verso l’isola di Penang ai confini con la Thailandia; l’isola è collegata alla terraferma da un lunghissimo ponte carrabile. Prima di pranzo visitiamo: il tempio birmano, bellissimo con il suo tetto a pagoda fatto di complicati intarsi in legno, il tempio thai del Budda sdraiato dove apprendiamo, con mio scarso successo, la figura yoga riferita al nostro anno cinese di nascita, ed infine i pochi e scarsi resti del forte inglese. Dopo pranzo, la guida ci porta a visitare un piccolo laboratorio di Batik, dove a uso e consumo di noi turisti, ci viene mostrata la tecnica con i quali vengono dipinte le stoffe. Mentre Gina è impegnata in uno sfrenato shopping etnico, io ne approfitto per bere un ottimo succo di frutta appena spremuto presso il baracchino accanto “l’atelier”. Il succo è buonissimo e rinfrescante, ma se siete schizzinosi, evitate di guardare il bancone popolato da una numerosa famiglia di formiche attratta dagli umori zuccherini della frutta tropilcale. Prima di arrivare in hotel (http://www.holidayinnpenang.com/) ne approfittiamo per un breve giro all’interno del parco botanico. L’albergo, forse il più brutto tra quelli visitati, è posto direttamente sulla famosa spiaggia di Batu Ferringhi ed è circondato da numerose mercatini che vendono paccottiglia ed imitazioni. Nelle guide avevamo sentito parlare dell’Oversea rinomato ristorante ittico. L’aspetto tuttavia non ci convince, acosì decidiamo di cenare al “The Ship” ristorate all’interno della ricostruzione di un galeone costruito interamente in legno. Gli interni sono il sogno di Eta Beta, visto l’odore di naftalina che appesta l’aria, ma la carne e buona. Da evitare l’oak soup o zuppa di coda (ma perché ho dimenticato il vocabolario in stanza…) e la zuppa thai (così abbondante di citronella da sembrare detersivo per piatti). A cena finita ci concediamo due passi tra le bancarelle alla ricerca di bacchette di legno e tovagliette da pranzo in bambù.
Il sabato mattina, inizia con un rapido, maestoso quanto copioso acquazzone goduto direttamente dalla veranda dell’albergo, appena spiovuto ci inerpichiamo alla volta del tempio di Kek Lok Si, posto su un’altura che domina Penang, all’interno del quale assistiamo, ipnotizzati dai canti e dal profumo di incenso, ad una tipica cerimonia buddista. Prima del transfer per l’aeroporto c’è giusto il tempo di visitare il Khoo Kongsi, una tipica casa cinese dagli interni molto elaborati, all’interno della quale andiamo alla ricerca di una “ben’augurale” moneta nascosta proprio all’ingresso. Come al solito, Gina è molto più rapida di me nella caccia…avrà antenati cinesi? Pranziamo nella coloratissima “little India”, tra odori di spezie e musica indiana pompata a tutto volume. Alle 14, in largo anticipo, siamo già in aeroporto in attesa del volo per KL schedulato alle 17,25, meno male che abbiamo i biglietti open. Atterriamo a Sepang attorno alle 15,30. Il giorno dopo partiremo per Redang, così per evitare l’ennesima alzataccia, abbiamo prenotato il pernottamento direttamente in aeroporto presso il lussuosissimo The Pan Pacific Hotel Airport (http://www.panpacific.com/KLairport/Overview.html) L’albergo, costruito accanto al circuito di formula 1 è fantastico, con una piccola e silenziosissima piscina immersa nel verde di un piccolo giardino di palme. Finalmente un po’ di relax. Cena rapida ed economica direttamente in albergo; ci concediamo anche un dessert di ben 3 portate, e poi a nanna presto.
Il volo da Sepang a Kuala Terengganu (Terengganu è lo stato a più elevata maggioranza islamica di tutta la Malesia, abitato da personaggi non propriamente loquaci) è schedulato per le 8,40 e dura poco meno di un’ora. Atterriamo a KT sotto una leggera pioggia che ci accompagna anche durante tutto il viaggio in traghetto fino all’Isola di Redang. L’impatto con l’isola non sembra dei migliori, i dintorni del resort ci sembrano spartani e trasandati, arrivati a destinazione la nostra camera non è ancora pronta, l’inglese del personale è incomprensibile e, ciliegina sulla torta, ci viene caldamente raccomandato, con grande preoccupazione di Gina, di non lasciar aperte le finestre della camera, vista la poco simpatica abitudine da parte delle scimmiette che vivono nei dintorni del resort, di penetrare nelle stanze lasciate incustodite. Mentre mestamente cominciamo a dubitare della nostra scelta, finalmente ci viene consegnata la nostra stanza.
Per il soggiorno abbiamo optato per lo “scicchettoso” Berjaya Beach Resort (http://www.berjayahotel.com/redang/index.asp) che nei depliant viene presentato come il resort più “in” dell’isola. La stanza è ampia e luminosa, leggermente in collina e soprattutto con un’incantevole vista mare. Noi abbiamo scelto una camera nella nuova ala più in collina per paura degli insetti (dalle generose dimensioni), che si diceva potessero penetrare negli chalet in legno, alcuni dei quali posti direttamente sulla spiaggia. In realtà gli chalet sono molto carini e con il senno di poi non sarebbe stata una cattiva idea quella trascorrere l’intera vacanza a pochi metri dal mare (a patto però di trovare posto). Nel frattempo però è spuntato il sole: è ora di indossare il costume. Tutti al mare…tutti al mare….
La spiaggia di sabbia finissima e bianca, è posta all’interno di una piccola baia circondata da palme, l’acqua è trasparente e pulitissima; se siete fortunati potrete avvistare a pochi metri dalla costa i famosi pesci pagliaccio, e se la stagione è giusta anche le tartarughe per le quali Redang è famosa. Unica nota dolente: la barriera corallina davanti al resort non è in buonissime condizioni, ma girovagando per l’isola si trovano punti di snorkeling migliori. Mentre io gioco con i pesci, Gina prende possesso di uno spazioso gazebo direttamente sulla spiaggia: “is coconut time….”
Siamo in pieno ramadan, mentre il cielo si colora, direttamente sulla spiaggia ci giunge l’invito alla preghiera del muezzin (il ragazzo della nostra squadra mista di beach volley ci lascia per andare ad assolvere i suoi doveri di buon mussulmano). Pian pian il cielo si scurisce e cullati dalle onde che s’infrangono placide sulla battigia e dal lento stormire delle palme da cocco, ci sentiamo sospesi in un altro tempo i cui ritmi sono scanditi solo dalla natura. Ma è ora di andare a pappa… Finora l’esperienza culinaria non ci ha soddisfatto molto, ma a Redang ci siamo ricreduti. Il B.B.R. Offre una cena (ma anche una colazione) a buffet variegata e abbondante con un’ampia selezione di piatti dolci e salati. Un solo consiglio: noi abbiamo optato per la classica mezza pensione convinti che si potesse andare in giro liberamente per l’isola alla ricerca di posti diversi. In realtà il villaggio al centro dell’isola, raggiungibile solo tramite un tragitto in barca, ci è stato sconsigliato, per mancanza di attrattiva, da chi vi aveva fatto visita, mentre il ristorante appena fuori il resort (che noi non abbiamo provato) offre cucina malese a prezzi modici. In fin dei conti non siamo assolutamente morti di fame: un’abbondante colazione, un piatto di frutta a pranzo (vi innamorerete del dragon fruit, della papaia e del mango locali), o in alternativa una visita ai due bar del resort, che praticano prezzi abbordabilissimi, vi consentiranno tranquillamente di soddisfare le vostre golosità.
Lunedì 14: alla ricerca di Nemo.
Dopo una sveglia mattiniera e una rapida colazione, siamo pronti per la gita in barca alla ricerca di Nemo. Il Diving Center del resort offre telo, maschera e tubo, oltre che all’immancabile giubbino di salvataggio. Canaglie quali siamo, abbiamo passato la giornata a prendere in giro i molti turisti giapponesi per l’abitudine di fare il bagno con la muta (l’acqua è caldissima) e con il giubbino di salvataggio che non mollano mai; neanche a terra! Nuotando sulla barriera corallina intravedo una sagoma affusolata che nuota a pochi metri da me; incuriosito mi avvicino a quello che si rivela essere un baby shark che però fugge via lasciandomi con un palmo di naso. La gita prevede tre diverse soste, di cui una nei pressi di turtle bay: peccato che settembre non sia tempo di deposizione delle uova. La scelta di Redang non è stata però casuale, poiché il lato est della penisola malese che si affaccia sul Mar della Cina, non è soggetto ai monsoni fino ai primi d’ottobre e consente di godere ancora di ottime giornate. Ritorno al resort, scorpacciata di frutta (we love dragon fruit) e siesta sotto il gazebo fino a sera.
Martedì 15: beautycare.
L’oriente è la culla dei massaggi, non possiamo quindi esimerci da provare per voi questa esperienza, così, un po’ per poter recensire i servizi dell’albergo “che buffoni ;-)”, un po’ per il meritato relax post nozze, decidiamo di prenotare la beauty farm del resort, situata in uno chalet circondato palme alla quale si accede superando un piccolo ponte di legno. Arriviamo direttamente dalla spiaggia, ci viene offerta una tisana depurativa e imposto di indossare il kimono d’ordinanza che su di me fa molto Kung Fu Panda. Imbarazzatissimi riceviamo un primo assaggio della meticolosità malese in fatto di benessere: il lavaggio dei piedi (ma io li avevo già lavati!!!). Il tempo di prendere posizione sul lettino e siamo già nel paese delle meraviglie. Io ho optato per un’ora e mezzo di massaggio “ayurvedico” mentre Gina si regala un’ora di “shiatsu”. Ok lo ammetto, sono il solito ingordo! Vi risparmio la descrizione della goduria provata ma le facce post trattamento, vi assicuro, sono tutte un programma.
Mercoledì 15: gita a Perenthian Island con naufragio.
Una volta scelta la parte orientale della Malesia quale meta balneare del nostro viaggio, il problema successivo che abbiamo dovuto affrontare è stato quello di scegliere l’isola. Il lato orientale offre, infatti, diverse destinazioni oltre Redang, come Tioman o Perenthian Island. Alla fine la scelta è caduta su Redang soprattutto per la possibilità di poter scegliere almeno tra due o tre strutture di livello. Perenthian, superiore dal punto di vista della bellezza sia in superficie che sotto il mare, rimane principalmente una meta da sub o comunque adatta a chi non va tanto per il sottile ed è indifferente a sistemazioni più spartane. La voglia di esplorare è forte, così, anche per spezzare la monotonia del resort, la mattina decidiamo di fare una capatina a Perenthian, percorrendo le poche miglia marine che le separano da Redang in circa un’ora di navigazione. Le isole sono bellissime. Vista dal mare, la natura rigogliosa ed esplosiva, lambisce le spiagge dell’isola, che ci colpisce per la compattezza del verde che si staglia su uno sfondo celeste che unisce mare e cielo. I fondali sono bellissimi ricchi di pesci e con una barriera corallina intatta. A pranzo ci accontentiamo di un localino del posto, e mettendo piede a terra ci accorgiamo che l’isola, proprio come immaginavamo, offre soltanto sistemazioni molto spartane; ideali soprattutto per chi ama il contatto con la natura total body. La mattina vola via tra un tuffo e una foto; i guai arrivano però nel pomeriggio. Partendo dal resort la mattina, notiamo che la barca utilizzata dal diving center per le escursioni e per le immersioni, manca di radio e di battello di salvataggio ed è guidata da “due pischelli” di vent’anni circa. Un conto è fare il giro dell’isola, un conto e farsi una ventina di miglia nautiche. Fatto sta che nel viaggio di ritorno, i “due pischelli” si fanno meno ridanciani e guardano continuamente in coda alla barca, fino a quando ci fermiamo in mezzo al mare. Poggiando il piede a terra sento un calore inusuale prevenire dal vano motore, il tempo di andare a poppa ed ecco che alzando il gavone fanno capolino delle “allegre fiammelle” che stavano consumando il motore della paranza. La paura dura pochi secondi, il tempo di una spruzzata di estintore, ma ora siamo fermi tra due isole e senza radio. E adesso? Sia beata la compagnia telefonica malese, c’è campo anche in mezzo al Mar della Cina. In attesa dei soccorsi ci mettiamo a prendere il sole, scherzandoci su, mentre una coppia di turisti giapponesi, imperturbabili, schiaccia il pisolino. Tempo un’ora ed arrivano i soccorsi, ma il ritorno è mesto per la mezza giornata saltata: peccato. Arrivati al B.B.R andiamo a chiedere spiegazioni al diving; in effetti non ci pare giusto pagare per la gita, anche perché con il senno di poi, qualche pericolo lo abbiamo corso. La gentile signorina ci offre un misero 20% di sconto. Niet diciamo noi. Il suo capo arriva ad un 50%. Quasi quasi accettiamo, anche perché contrattare nell’inglese di Redang non è proprio facilissimo. Ma ecco che, come per incanto, la giapponese della pennichella si desta, e da placida che era, diventa una degna discendente del sol levante. Il viaggio sarà gratis. Bhè fino a questo punto non ci siamo fatti mancare nulla.
Giovedì 16 Giornata di decompressione, domani si torna a KL.
Venerdì 17.
Veniamo svegliati dalle scimmiette che, per nulla infastidite dalla nostra presenza, passano da un balcone all’altro come tra i rami di una foresta. Dopo colazione ahi noi è giunto il tempo di preparare i bagagli. Alle 12 il traghetto ci porta a Terengganu. Alle 14 siamo in aeroporto, fortunatamente riusciamo ad anticipare il volo così nel tardo pomeriggio siano nuovamente al Traders Hotel. Doccetta e poi a cena. Visto che ci siamo proviamo la cucina del Traders: niente male, a parte la difficoltà di mantenere un minimo di serietà nel momento in cui ci viene presentata una bottiglia di Evian come se fosse un amarone DOC. Oggi a nanna presto, domani ci attende una giornata impegnativa.
Sabato 18: Little India, Market Central, Chinatown.
Anche oggi il tempo è clemente: sole e afa. Ci aspetta una “giornatina” niente male. Dopo un’abbondante colazione presso l’hotel, prendiamo al volo la navetta che attraversando il parco, ci porta direttamente al K.L.C.C. All’interno del quale è posta la fermata della metro. La prima meta della giornata è Little India. Scendiamo alla fermata di Masjid Jiamec, dove si trova una piccola e graziosa moschea e da lì risaliamo verso Little India. La scenografia, fatta di negozi e mercatini che vendono di sari e spezie, è sicuramente meno esotica rispetto a quella di Penang, ma non ci facciamo scoraggiare e ci tuffiamo anche noi tra le bancarelle mentre passo dopo passo risaliamo verso il distretto coloniale con la Merdeca Square, la grande piazza dove sventola la bandiera malese e si affacciano i principali edifici costruiti durante il periodo tardo coloniale. Per ora di pranzo facciamo il nostro trionfale ingresso presso il Market Central. Quest’ultimo ricavato presso il vecchio mercato ortofrutticolo di KL è oggi convertito in un piccolo centro commerciale ricco di negozi che dovrebbero vendere principalmente artigianato malese. In verità mischiato a quest’ultimo, ci sono sempre abbondanti dosi di paccottiglia cinese, in alcuni casi venduta come italiana (degni di nota, dei ciondoli di plastica, spacciati per originale “murano milanese??”) tuttavia qualcosa di carino si trova, e ne approfittiamo per fare incetta di bacchette, quadretti di legno e borse in vimini. Subito dopo pranzo ci avviciniamo verso quello che dovrebbe essere il piatto forte della giornata: Chinatown. Come tutte le Chinatown del globo anche quella malese non fa eccezione con la sua massa di negozietti dalle facciate sgargianti e la miriade di bancarelle che vendono falsi clamorosi di famose griffe e tecnologia contraffatta, alternati a ristoranti ed alberghetti di dubbia natura. Così ci avventuriamo nel mercato coperto affascinati dalla prospettiva di clamorosi affari mentre un originale e inimitabile acquazzone tropicale comincia a piovere grasse, grosse gocce. Sotto il fortunale, k-way alla mano, anche noi ammiriamo l’inimitabile capacità di adattamento della popolazione asiatica che, per nulla intimorita dal nubifragio, chiude le bancarelle, stende ampi teli di plastica, e ricominciare le trattative come se niente fosse incurante della pioggia. Impressionati dalla rapidità, storditi dal vociare, e francamente anche un po’ zuppi, decidiamo che è giunto il momento di fare ritorno in albergo, così, approfittando della schiarita, stando bene attenti a evitare rivoli e pozzanghere, torniamo alla base. La gran soiree prevede un evento mondano: cena al ristorante girevole posto sulla Menara Tower. Il tavolo è prenotabile via mail sul sito http://www.serimelayu.com/ con qualche giorno di anticipo. La cena, a buffet, onestamente non è nulla di sensazionale, ed il ristorante ed un’accozzaglia di stili buttati alla rinfusa, ma la sensazione di essere sospesi sulle nuvole ed il panorama cangiante valgono tutto il prezzo, neanche tanto salato, della cena.
Sabato 19: la grande delusione.
L’ultima giornata nei nostri programmi è da dedicarsi alla visita dei Lake Garden, della Moschea Nazionale, e del famoso Museo Islamico. La zona è facilmente raggiungibile con la metro (fermata KL Central). L’uscita è posta proprio davanti la grande moschea, dietro la quale si estende l’area dei Lake Garden con il giardino delle orchidee, quello delle farfalle e quello degli uccelli. Mentre già pregustiamo la mattinata di cultura e l’ottimo pranzo da gustarsi al ristorante islamico del museo, cominciamo a notare qualcosa di anomalo: i giardini sono per di più semi deserti, e nei pressi del museo non c’è il via vai tipico di un grande museo…vuoi vedere che… La legge di Murphy colpisce anche questa volta, il 19 settembre è il giorno di fine ramadan che in Malesia viene festeggiato con una festa nazionale, con annessa chiusura degli uffici pubblici. Peccato! Delusi facciamo ritorno alla stazione, l’idea e quella di provare la Monorail e di scendere sulla “Jalan Sultan Ismail” (fermata di Bukit Bintang). KL ha due diverse reti metropolitane oltre alla monorail; la cosa “divertente” è che il sistema dei trasporti non è integrato, quindi, scendendo dalla metro, ci mettiamo un po’ a capire che la MR si trova all’esterno della stazione centrale, ed è raggiungibile solo uscendo da KL Station e attraversando la strada.
Jalan Sultan Ismail è il centro commerciale all’aperto di KL, ricco di Shopping Center e di ristoranti etnici. Passiamo la metà giornata che ci resta entrando ed uscendo dai negozi ,un po’ delusi, ma comunque appagati dall’esperienza malese. L’unica nota negativa è il succo di frutta preso presso un ristorante che propone la tipica cucina di Hong Kong che, ricco di cetriolo, mi si riproporrà per tutta la serata ed oltre.
Domenica 20: Come Back
Dopo una nottata insonne causata dall’odioso succo a base di cetriolo, che sconsiglio vivamente, passiamo la giornata a girovagare per KL cercando di smaltire la mia acidità di stomaco. Avendo il volo in tarda serata, abbiamo chiesto prima di partire il “daily use” della camera in modo da poter fare una doccia prima di lasciare l’albergo. Il volo è previsto alle ore 23,45 locali con arrivo a Roma stimato per le 7,00 di mattina di lunedì 21. Il volo scorre via dormendo vista la stanchezza accumulata nei giorni precedenti. Torniamo a casa pienamente appagati da queste esperienza esotica, fatta di natura rigogliosa, culture diverse, e persone sempre pronti al sorriso “The truly asia: Malesia”