Maldive: Mahibadhoo, le autentiche Maldive
La formazione è tutta al maschile visto che si tratta di una vacanza “di pesca”: Papà, figlio e amico per godersi una destinazione che spesso è riservata alle coppie.
La scelta di Mahibadhoo è prevalentemente legata alla buona impressione che fa sul web la guesthouse Liberty Guest house, gestita da maldiviani. Leggo che è un’isola di dimensioni abbastanza elevate e capitale dell’atollo Ari Sud, quindi sede di alcuni servizi quali tribunale, scuole superiori e polizia.
Si spera quindi di abbinare al relax anche qualche visita ad uno stato arcinoto ma che da poco ha svelato la sua autenticità.
Si parte quindi non senza qualche patema d’animo per un ingorgo in autostrada che fa alzare la pressione temendo di perdere il volo, poi ci si rilassa sulla sempre orrima compagnia Emirates.
Dopo uno scalo breve a Dubai si atterra a Malè, capitale delle Maldive. Purtroppo le barche che raggiungono le isole locali hanno orari abbastanza limitati, quindi avevamo scelto di rimanere per la prima notte a Hulhumale, l’isola che ospita l’aeroporto internazionale e che è collegata da poco più di un anno a Malè tramite un ponte costruito dai cinesi.
In principio questa soluzione ci sembrava una perdita di mezza giornata di vacanza, in realtà è stata molto interessante poichè ci ha permesso di iniziare a conoscere le vere Maldive. Hulhumalè è una zona di recente costruzione nata come ideale prolungamento dell’isola di Malè, che risulta completamente edificata. Qui trovano posto molte palazzine che ospitano prevalentemente lavoratori maldiviani e stranieri (India, Pakistan, Bangladesh) impiegati nella capitale. La parte sul mare è invece turistica . La spiaggia è già bellissima, benchè ci siano rigide limitazioni sull’abbigliamento in quanto paese Islamico. Alle donne in particolare si richiede come forma di rispetto di indossare almeno maglietta e shorts. Dopo qualche ora in spiaggia, esploriamo le stradine interne per qualche acquisto e un primo approccio ai costumi locali. Notiamo che i prezzi della verdura sono molto alti (abbastanza comprensibile), tanto che alcune persone sono costrette a lasciarle al negoziante dopo averle pesate e sentito il prezzo. Dopo una lauta cena in un ristorante indiano ci concediamo un the sulla riva del mare e ci fiondiamo a letto.
Il giorno successivo trasferimento al molo di Malè offerto (con mancia) dal personale dell’hotel e trasferimento a Hulhumale con mostoscafo pubblico della HMHI Travel. Il viaggio dura circa un’ora e quindici con due fermate in altre isole di Ari Sud. Il transfert lo avevamo prenotato tramite la guest house. Mare per fortuna poco mosso quindi esperienza piacevole.
All’arrivo veniamo accolti dal personale della guest house che ci carica i bagagli su una specie di triciclo elettrico e ci conduce al Mehel guest house, poichè per un overbooking ci avevano avvisato due giorni prima che sarebbe stato necessario per alcune notti dormire nell’hotel vicino, pur usufruendo dei pasti nella guesthouse principale. Anche qui al momento c’era un po’ di sconforto ma in realtà la sistemazione è risultata ottima e più immersa nel paese di Mahibadhoo che così abbiamo avuto forse modo di apprezzare di più.
Mahibadhoo infatti è un’isola a forma di losanga, con alla due estremità le uniche due siagge, la Liberty beach dove sorge la omonima guesthouse (ce ne sono tre-quattro in tutta l’isola) e la bikini beach al capo opposto, appena costriuta con una recinzione per permettere ai turisti di mettersi in costume senza urtare la sensibilità musulmana degli abitanti dell’isola. Da un capo all’altro ci si mettono circa 15 minuti a piedi. In mezzo si trova un caratteristico paesino con negozietti, scuola, ospedale, campo da calcio in cui si svolgono tutte le attività dei locali, scandite dal canto melodioso del muezzin. Bellissimo gironzolare per le stradine lastricate per vedere i bambini che vanno a scuola in uniforme tutti rigorosamente accompagnati dalle mamme velate o gli adolescenti che si trovano a fare due risate al tramonto sui loro scooter…ebbene sì, su un’isola piccola e pianeggiante ci sono moltissimi scooter (nuovi e non rumorosi) e due-tre auto, ovvero quelle della polizia, l’ambulanza e il camion dei pompieri. Non mancano i bar, che servono rigorosamente bevande analcoliche, e qualche ristorante. Noi però avevamo scelto di consumare i pasti alla guesthouse visto l’offerta a prezzi irrisori.
Purtroppo l’inquinamento è una costante delle isole maldiviane, poichè non esiste un servizio di raccolta rifiuti e la mentalità della gente deve ancora cambiare molto. Si fa qualche tentativo di ridurre l’uso della plastica mediante servizio di riempimento taniche di acqua potabile ma ritengo che gli sforzi debbano essere maggiori da parte di turisti e locali per dare un futuro a questo meraviglioso paese.
Una volta a cena, abbiamo conosciuto i ragazzi della guesthouse che ci hanno proposto una ricca selezione di escursioni. Per risparmiare loro cercano di muovere meno barche possibile e radunare i turisti in diverse escursioni, così può succedere che si parta con una barca unica per tre escursioni differenti, lasciando alcune persone sull’isola deserta, altre sul banco di sabbia, altri a fare l’immersione. Questo aspetto all’inizio può indispettire, ma in effetti si nota comunque la loro genuina ricerca di accontentare tutti senza disperdere troppe risorse: alla fine ci si diverte tutti comunque. Sono convinto che una tipologia di vacanza come questa vada vissuta con mente aperta e pronti a qualche piccolo cambio di programma senza farne un dramma altrimenti si rischia solo di rovinarsi l’esperienza. Purtroppo alcuni turisti poco informati erano convinti di trovarsi in un resort (pur pagando meno della metà) ed avevano richieste assurde e comportamenti anche offensivi con il personale…. Mah!
Armati di canne da pesca ci siamo fatti onore con alcune buone catture, misurandoci anche con i locali la sera al porto alla luce dei lampioni, dopo aver assaporato un succo di limone al bar locale. Assoluto must è stato il barbecue organizzato sulla spiaggia dopo l’uscita in barca a pescare, consumando prontamente i frutti delle nostre fatiche.
La settimana è corsa veloce fra escursioni e uscite di pesca, intervallate da passeggiate esplorative per sbirciare lo stile di vita locale. Si nota subito che la gente non è ancora abituata ai turisti, essendo l’isola aperta agli stranieri da pochi anni. La gente ti guarda con curiosità e diffidenza, dettata anche dai rigidi dettami della religione islamica. Ci sono centinaia di bambini, anche perchè sull’isola hanno sede le scuole principali. La sera hanno sede accanite partite a calcio sfruttando il clima leggermente più mite.
Giunto il giorno della partenza, abbiamo ripetuto il viaggio a ritroso, questa volta penalizzato da mare un po’ più mosso e motoscafo più affollato.
Ultima notte ancora a Hulhumale poichè visti i tempi stretti tra il trasferimento in barca e il volo non abbiamo voluto rischiare di rimanere a terra. Tappa obbligata al fantastico ristorante indiano della prima sera e ultime ore di relax in spiaggia in compagnia di tante famiglie locali tutte rigorosamente in camicia e pantaloni lunghi.
Insomma, un’esperienza sicuramente positiva che raccomando a tutti solo se si è in grado di barattare qualche piccola scomodità con la scoperta di luoghi stupendi e di un popolo orgoglioso il cui paese pur stupendo vive in equilibrio fra la minaccia dell’inquinamento e quella del rialzo del livello degli oceani.