Le Maldive dei maldiviani: Dhiffushi
Alle Maldive in guest house, su un’isola abitata, invece che in un dorato resort. Perché? Per scoprire cosa c’è oltre a spiagge da cartolina e mare turchese e anche per una fuga al caldo in un posto meraviglioso spendendo veramente poco.
Quanto poco? 650 euro il volo a/r (Alitalia-Etihad, da Malpensa via Abu Dabhi) e circa altri 600 euro a testa per pensione completa in guest house (in due camere, una singola e una doppia), trasferimento in barca veloce tra aeroporto e isola e viceversa, assicurazione sanitaria e parcheggio a Malpensa. Da notare che il trasferimento costa da solo circa 400 USD (in totale, a/r e da dividere), quindi in proporzione tantissimo, ma l’alternativa, che costa solo un paio di dollari, è il traghetto pubblico, in pratica l’autobus maldiviano, che “ferma” nelle varie isole. La speed boat ci mette 50 minuti per Dhiffushi, il ferry ci mette 3 ore e l’orario è limitatissimo. Quindi, vista la spesa totale comunque contenuta, ci siamo un po’ “viziate” con il transfer privato! Il prezzo è a barca, quindi se nello stesso transfer si è più numerosi, si deve chiedere che la quota a testa venga diminuita. A questo per me si sono aggiunti circa 150 dollari tra escursioni, souvenir e qualche snack e mancia. Dunque delle Maldive davvero poco costose, ma molto emozionanti ed intense.
Attenzione però, perché, anche se non è affatto un viaggio difficile o pericoloso (neanche per noi, che eravamo tre donne), comunque può non essere adatto proprio a tutti: si vive e ci si muove tra la gente del posto, un’isola abitata non è tutta una cartolina come un resort, e si tratta di un paese povero e anche musulmano, dove il turismo locale è avviato solo da pochissimi anni, dunque servono un po’ di inglese, un sano spirito di adattamento e una giusta apertura mentale verso una realtà lontana dalla nostra ben più di 11 ore di volo.
La nostra guest house è stata “Local Adventure at Dhiffushi”, trovata e prenotata su booking.com e scelta incrociando prezzo e recensioni. Non ci siamo pentite della scelta: struttura semplice ma pulita, acqua calda (cosa affatto scontata), un bel giardino/cortile e personale giovanissimo e gentile e disponibile in modo assoluto. Non è un albergo, il servizio è rustico, bisogna chiedere le cose (carta igienica, cambio asciugamani, tovaglioli, etc), il menù è limitato (ma tutto buono) e quindi non ci si deve aspettare buffet, primi, secondi, etc.
Cucina locale/indiana ma in un paese musulmano: noodles, riso, spezie, pesce, pollo, tanta verdura ma poca frutta e niente dolce. Mai dimenticare che alle Maldive non cresce niente a parte il cocco e tutto deve arrivare da fuori, quindi non sempre c’è tutto, soprattutto per quanto riguarda la frutta. Si mangia insieme agli altri ospiti sul tavolone comune, chiacchierando ed osservando. In una settimana noi abbiamo incrociato tedeschi, danesi, estoni, americani e cechi: un piccolo pezzo di mondo, tutto ad un tavolo di legno in un grazioso cortile maldiviano. Su booking.com avevo prenotato pernottamento e prima colazione e poi avevo chiesto via mail se era possibile avere la pensione completa e così è stato. Simpaticissimi compagni di soggiorno anche i due bei pappagalli (Princy, il chiacchierone, e Barry)! La guest house dista dalla spiaggia circa 700 metri e non ci è affatto dispiaciuto: abbiamo camminato un po’ ogni giorno e, attraversandolo più volte al giorno, abbiamo imparato a conoscere ed osservare il paesino. Si paga tutto in contanti, in dollari o in moneta locale. Il gestore stesso può cambiare i dollari in moneta locale, per le piccole spese nei minimarket.
L’atollo Dhiffushi alle Maldive
Dhiffushi, atollo di Malé Nord, ha circa 1.000 abitanti e, attualmente, cinque guest house, più altrettante in costruzione: sicuramente questa, come tutte le altre isole abitate e ormai lanciate in questo neonato turismo, cambierà molto nel giro di qualche anno. Il lato positivo è che gli toccherà pulire l’immondizia che è quasi ovunque: i gestori delle guest house sono disperati per questa atavica mancanza di cultura ecologica e di attenzione, con abitanti che da sempre qui sono stati abituati a fregarsene e a buttare rifiuti in mare, che vengono poi restituiti dalle correnti, insieme a quelli degli incivili sulle barche e sulle navi che solcano l’Oceano Indiano e a quelli delle altre isole, e che vengono semplicemente lasciati lì. Per noi è inconcepibile, soprattutto considerando la bellezza di mare e spiagge. Il boom turistico delle guest house imporrà certamente di cambiare registro se si vorrà che i turisti vengano sempre più numerosi e magari ritornino, oltre al fatto che l’unica spiaggia che ora viene tenuta pulita, che è magnifica, non basterà più quando i posti letto saranno raddoppiati. Certo, bisognerà anche che il governo centrale si organizzi per un servizio efficiente di raccolta dei rifiuti, perché è anche vero che una striscia di sabbia di 900 metri x 200, con più di mille persone sopra, poi da qualche parte i rifiuti raccolti li deve pure mettere da qualche parte. E il discorso vale ovviamente per tutte le isole.
I bambini sono stupendi, sorridenti e incuriositi, salutano in inglese e danno il cinque per strada (strada= sabbia corallina, niente asfalto e niente macchine, solo motorini, bici, un paio di golf cart e un camioncino, che serve tutti i cantieri aperti delle future guest house), sorridenti le ragazze (bellissime e tutte velate), molto meno donne adulte e uomini, e occhiatacce dagli anziani.
A Dhiffushi ci sono due moschee (la più grande per gli uomini, l’altra per le donne che preferiscano pregare lì invece che in casa), la scuola dell’obbligo fino a 16 anni (tutti in divisa), un asilo (i bambini sono veramente una marea), uno sgangherato campo da calcio (passione sportiva nazionale, insieme alla pallavolo), un piccolo ospedale, la farmacia, una sorta di municipio, un paio di bar, alcuni minimarket e qualche negozietto di souvenir. Non si vede ricchezza, ma neppure miseria: si intravede una vita semplice, dignitosa, dai ritmi lenti, ed inevitabilmente legata alla religione islamica. Neanche per un attimo, neppure uscendo dopo cena a passeggiare per le strade quasi tutte buie, abbiamo avuto paura o percepito un senso di mancanza di sicurezza. Per rispetto è necessario vestirsi in modo decente quando si gira per strada, mentre sulla spiaggia principale e su quella del tramonto si può stare in costume senza problemi (infatti le chiamano “bikini beach”). Uno stretto braccio di mare separa la spiaggia da Meeru, costosa e lussuosa isola-resort.
La prima notte a Dhiffushi, causa overbooking al Local Adventure, l’abbiamo passata in una guest house a due passi, “The Captains Residence”, e lì abbiamo conosciuto Rabey, il gestore, che è poi stato il nostro fedele, efficiente ed economico organizzatore di escursioni. Alla fine, a parte il giorno di arrivo e quello di partenza, ogni giornata ci ha visto solcare lagune e oceano e restare a bocca aperta per le meraviglie di un arcipelago stupendo, sempre accompagnate dalle spiegazioni della nostra guida, disponibile anche a cambiare gli itinerari in corso d’opera per accontentare al meglio noi e gli altri partecipanti.
Ogni escursione, che fosse ai banchi di sabbia, alla blue lagoon per snorkeling, l’avvistamento dei delfini al tramonto o l’uscita su un tradizionale dhoni di legno, ci è costata 20 dollari a testa, con deviazioni e aggiunte tutte incluse nel prezzo. Solo l’escursione alla “pic-nic island” (vicinissima a Thulusdhoo) è costata 25 USD, perché 5 vanno come “tassa” per i custodi dell’isola (che è stata comprata da degli indiani e diventerà un resort). Noi non volevamo fermarci a mangiare lì, quindi, insieme ad una coppia di italiani conosciuti in spiaggia, ci siamo fatti confezionare una gita su misura di mezza giornata, a cui Rabey ha aggiunto anche una sosta mozzafiato su un’isola artificiale tutta di sabbia bianca, in mezzo ad una laguna pazzesca, che diventerà un resort. Poi gli abbiamo chiesto anche qualche minuto di snorkeling e così altra sosta, in un punto bello e facilissimo a pochi minuti da Dhiffushi. Abbiamo solcato ogni giorno un mare dai colori e dalla trasparenza emozionanti, con le sue mille sfumature, dal bianco al blu cobalto, con infinite tonalità di turchese. Nella laguna di Dhiffushi e nelle varie escursioni abbiamo visto coralli, pesci colorati, razze, squaletti, delfini e una marea di granchi e granchietti di ogni tipo e dimensione.
Quando siamo arrivate, il 6 gennaio, il monsone era in pieno cambio, quindi vento, mare grosso, nuvoloni e qualche acquazzone. Comunque siamo sempre riuscite a stare in spiaggia e a fare escursioni, il tempo è andato via via migliorando e ci siamo rese conto che con qualche nuvola si sta anche meglio, perché il sole pieno è terribile e anche con il cielo coperto si prendono le migliori scottature, perché ci si arrostisce senza accorgersene. Creme solari da mettere di continuo e noi abbiamo usato 50 e 30.
Io ero già stata alle Maldive 5 anni fa, a Biyadhoo, un’isola resort molto semplice (3 stelle) che mi aveva incantato. Ora che ho provato quest’altro tipo di viaggio alle Maldive, però, devo ammettere che batte il resort 10-0 come esperienza ed emozioni: non una vacanza in un posto meraviglioso ma che potrebbe, in fondo, essere in qualsiasi punto di mondo, nel suo essere così chiuso e “finto”, ma un vero viaggio di scoperta, seppur non difficile, comunque di pieno relax e con tanto mare e spiagge, toccando con mano il paese in cui ci si trova e confrontandosi con una realtà che per noi è lontana quanto Marte. D’ora in avanti, quando sentirò qualcuno parlare delle Maldive o guarderò i poster nelle vetrine delle agenzie di viaggi, non potrò fare a meno di ripensare alle “mie” Maldive, a quel che sta dietro e attorno a quei resort, e anche a quanto poco ho speso per godermi una meravigliosa ed emozionante settimana di sabbia abbagliante, mare turchese, confronto e scoperta.
Grazie Dhiffushi: è stato bellissimo!