Magico Madagascar: Nosy Be e dintorni

Istruzioni per l'uso dedicate a chi ama il viaggio e la natura
Scritto da: etrusco60
magico madagascar: nosy be e dintorni
Partenza il: 10/10/2010
Ritorno il: 19/10/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Premesso che il nostro è stato un viaggio di nozze alla veneranda età di 50 anni ma con lo spirito dei diciottenni che, se Dio vuole, per ora ci sorregge…dato che convivevamo da numerosi anni, abbiamo deciso di indicare come regalo di nozze un viaggetto di 8 giorni a Nosy Be. Ci sembrava orribile mettere nelle partecipazioni il ns. Numero di c/c quindi abbiamo deciso di affidarci ad un’agenzia di viaggi che ha provveduto a fare da lista-nozze, e questa è l’unica ragione per la quale abbiamo alloggiato in un resort, cosa da noi sempre evitata come la peste probabilmente non più ripetibile in futuro. Dopo le indispensabili premesse veniamo al diario vero e proprio: Partenza da Milano Malpensa dopo 3 ore di auto da Montelupo Fiorentino, aeroporto triste e freddo e poco intuitivo nelle indicazioni, alle ore 21,00 in perfetto orario ci imbarchiamo a bordo del volo NEOS diretto a Nosy Be senza scalo, 9 ore di volo, che pizza! L’aereo è pulitissimo e dotato di schermi ben posizionati con GPS che indica la posizione di volo in tempo reale, le note dolenti sono l’aria condizionata che nei primi posti è da era glaciale e scendendo verso il retro pian piano aumenta di gradi fino al fornetto degli ultimi posti! Per fortuna eravamo a metà lato finestrino, ma i sedili con la seduta inclinata in avanti tendono a “scaricare” rendendo quasi impossibile dormire durante il volo notturno, Vabbè, fra un film e l’altro e l’immangiabile pasto arriviamo finalmente a destinazione. Il cielo è molto nuvoloso alle 7 del mattino ora locale (1 ora di differenza) e quando ci appare la pista è un tuffo al cuore! La pista sembra iniziare da sotto al mare ed è cortissima ma l’atterraggio è un piccolo capolavoro tanto da strappare il classico applauso spontaneo… Il clima è molto strano, 25 gradi ma con un tasso di umidità veramente molto alto che scopriremo più avanti essere la normalità soprattutto al mattino presto. Dopo una lunga fila per il visto (sorpresa: gratuito!) e le prime mance spudoratamente richieste dal personale “ufficiale” arrivano le nostre valigie scaricate a mano da un nugolo di operai senza un minimo di organizzazione sul lavoro (ma con una scrupolosità nel trattare i bagagli impeccabile) e, subito dopo ci viene richiesto di aprire le valigie “a meno che” non si lasci una mancia! ATTENZIONE: lasciare 5 euro, che a noi sembrano giusti, significa lasciare una piccola fortuna se si pensa che un buon stipendio del luogo è di circa 50/60 euro mensili! Veniamo quindi prelevati dai pulmini del villaggio Bravo Andilana Beach che ci porteranno dall’altra parte dell’isola in 30 minuti con l’unica strada asfaltata (si fa per dire) del posto. Nel frattempo spariscono le nubi e il sole splende mantenendo la temperatura di circa 25 gradi ma diminuendo di molto il tasso di umidità. La prima cosa che salta agli occhi è la vegetazione rigogliosa e completamente diversa dalla nostra, la seconda ma ben più palpabile, è la condizione di vita delle persone, praticamente non esistono abitazioni in muratura, si tratta di tanti piccoli villaggi, spalmati ai bordi dell’unica strada, con capanne fatte di legno, pezzi di plastica e lamiera con tetti di foglie di palma e banano, rialzate di 20/30 cm. Tipo palafitta per permettere all’acqua e al fango di scorrere sotto durante le piogge, non esistono bagni in “casa” né tantomeno fognature, niente energia elettrica né acqua corrente, la cucina è costituita da poche pentole sopra un fuoco di legna all’esterno delle capanne. Nonostante tutto abbiamo riscontrato, con il passare dei giorni, una inaspettata tranquillità di vita e forme di serenità che da noi non sono nemmeno pensabili, il popolo Malgascio è meraviglioso, fiero di sé e che sa accontentarsi dei doni della natura che questa terra mette a disposizione di tutti, tenendo conto che i francesi non hanno lasciato praticamente niente dietro di loro dopo la fine della colonizzazione, né a livello di strutture tantomeno a livello di aiuti… Arriviamo dunque al villaggio accolti dallo scontato cocktail di benvenuto e baci e abbracci degli animatori, vabbè era in preventivo…. Il villaggio è sontuoso, la piscina fa bella mostra di sé al centro della struttura che si snoda lungo le due più belle spiagge dell’isola, una “chic” con animazione e perenne colonna sonora di musica italiana (pessima scelta, almeno mettete musica del posto per fare atmosfera!)ma fortunatamente l’altra spiaggia “relax” con sdraio e ombrelloni di foglia di palma affogati tra le palme e completo silenzio….la nostra camera, dietro nostra richiesta in agenzia, si trova proprio lì con megavetrata sul mare meraviglioso. Le spiagge sono veramente stupende con maree pazzesche che scoprono fino a 300/400 metri di sabbia finissima e rocce vulcaniche che affiorano in un paesaggio da dipinto, a divisorio delle due spiagge si trova il promontorio del ristorantino intimo “Pily Pily” (Peperoncino in lingua Malgascia) che è fruibile tutti i giorni a pranzo compreso nell’all-inclusive, mentre la sera vengono fatte delle cenette fantastiche a pagamento (€29 a testa, ne vale la pena almeno una volta). All’interno del villaggio vengono organizzate le escursioni alle varie isolette o foreste circostanti, ma le stesse escursioni vengono proposte in viva voce anche dai “Beach Boys” sulla spiaggia accanto approfittando della bassa marea che le unisce naturalmente, ovviamente loro non possono varcare il limite del villaggio, ma li sentirete benissimo chiamare a gran voce… Consigliamo vivamente di effettuare le escursioni con i Beach Boys in quanto molto più vere e simpatiche di quelle “ufficiali”, le barche sono ottime e attrezzate bene, i giubbotti di salvataggio vengono regolarmente fatti indossare, a bordo di ogni imbarcazione c’è un telefono satellitare e i partecipanti non sono mai più di 8/10 per volta, inoltre si mangia benissimo e ci sono bevande e frutta a volontà, e soprattutto la spesa và dal 30 al 50% in meno! Ricordate di contrattare ferocemente il prezzo e soprattutto che la prima volta che vi avvicinate per prendere contatto con loro sarete assaliti da un’orda di ragazze che vendono oggetti di artigianato, profumi,souvenir di ogni tipo e propongono massaggi, treccine e similari…niente paura, sono persone gradevolissime e potete scherzare tranquillamente con loro e i loro prezzi sono i più convenienti dell’isola, basta contrattare a lungo ma in modo scherzoso e gradevole! La prima giornata scorre via tra un po’ di riposo, contrattazioni delle escursioni e cenetta intima al Pily Pily a base di crostacei e molluschi semplicemente meravigliosa… Il mattino dopo partiamo per l’unica escursione fatta con il villaggio: Nosy Fathy a 15 min. Di navigazione, una specie di isolotto da naufraghi con la particolarità della spiaggia fatta esclusivamente di corallo e conchiglie frantumati da secoli di onde e maree, uno spettacolo unico nel suo genere, al mattino presto con un po’ di nuvole in cielo e molto vento caldo la temperatura si mantiene comunque sui gradevolissimi 27 gradi circa, nell’isolotto vivono 2 aquile pescatrici e abbiamo avuto la fortuna di vederne una librarsi maestosa in cielo. Verso le 9 e mezza si abbassa la marea scoprendo un paesaggio alieno fatto di rocce vulcaniche nere e concrezioni che sembrano disegnate da ingegneri, piccole grotte perfettamente esplorabili appaiono sui lati della costa e, con un paio di infradito almeno, è possibile fare il periplo dell’isola in circa mezz’ora considerando le soste per foto e per esplorare gli innumerevoli micromondi fatti di paguri, conchiglie, orchidee, liane ecc… Si ritorna per l’ora di pranzo, considerati i 15 euro a testa per il giro, direi che ci possiamo stare, il primo approccio è stato estremamente positivo! Nel pomeriggio di relax in spiaggia, troviamo il tempo di passare dai beach boys a pagare la metà dell’escursione del giorno dopo dietro rilascio di regolare ricevuta con tanto di timbro e n. Di cellulare dell’operatore! Il mattino dopo alle 8 usciamo dalla sbarra del villaggio e veniamo subito accolti da un BB che ci porta in “ufficio” (la solita capanna di legno e foglie di palma) distante solo 150 metri da lì, saldiamo il conto e attendiamo il resto dei partecipanti. Appena tutti presenti montiamo in un pulmino Renault neanche poi così tanto vecchio come ci aspettavamo, per arrivare alla spiaggia di Madirokely da dove partono tutte le escursioni, il tragitto di circa 15/20 min. Serve soprattutto per capire meglio le condizioni di vita degli indigeni e per assimilare i numerosi villaggi dato che abbiamo l’intenzione di fare, nei prossimi giorni, un giro da soli per l’isola. Ci imbarchiamo quindi in otto persone destinazione Nosy Komba dove troveremo i mitici lemuri, tartarughe terrestri, camaleonti e serpenti boa, in seguito Nosy Tanikely paradiso per lo snorkeling e posto meraviglioso per bivaccare e mangiare. Mezz’ora circa di navigazione tranquilla costeggiando a lungo e finalmente arriviamo Nosy Komba, la più grande, dopo Nosy Be , di tutto l’arcipelago Malgascio. Attraversiamo a piedi tutto il villaggio che và dal porto fino all’ingresso della giungla vera e propria ammirando gli splendidi tessuti in vendita un po’ dappertutto e seguiti da uno stuolo di bambini bellissimi in cerca di caramelle, penne o matite che tutti i turisti, noi compresi, si premurano di portarsi dietro da casa propria. Qui incontriamo per la prima volta i lemuri allo stato libero, sono meravigliosi, basta avvicinare il palmo della mano con un pezzetto di banana, meglio se molto matura, e loro lo raccolgono direttamente mangiandolo avidamente, inoltre se ci mettiamo con le spalle rivolte all’albero e con la banana in palmo di mano all’altezza della spalla, i lemuri salgono sulle spalle e perfino sulla vostra testa accoccolandosi molto gradevolmente…meravigliosi, caldi e morbidi come gattini si fanno accarezzare voluttuosamente salvo non toccare la lunghissima coda, cosa (chissà perché) che li fa scappare a gambe levate. Da lì in poi i lemuri ci accompagneranno molto discretamente sempre in attesa di poter arraffare un pezzo di banana; poco più in là, passando per sentieri ai lati dei quali crescono spontanei ananas, cocchi, manghi, papaye e Jack fruit (una specie di mango gigantesco con la polpa zuccherina che odora curiosamente di…formaggio!), arriviamo ad una radura con diversi camaleonti che si fanno i fatti loro appesi ai rami nelle posizioni più strane e una guida che afferra con maestria un boa di circa un metro e mezzo offrendolo a chi di noi vuol fare una foto. Premesso che io ho il terrore per i rettili, mi sono buttato, in un attimo di follia, pensando: “se non lo faccio ora non lo faccio più” e mi sono fatto sistemare il boa sul collo reggendolo subito dietro la testa e, dall’altra parte, poco prima della fine della coda…sorpresa! Non è per niente viscido, anzi è vellutato e caldissimo, molto gradevole al tatto e calmissimo dato che, non essendo della taglia giusta per essere ingeriti, il rettile ha paura di noi e se ne stà buono buono. Giusto il tempo di farmi fotografare da mia moglie e glielo passo sulle spalle cercando di calmare la tachicardia fotografando a raffica… Chiudiamo il giro incontrando gigantesche e centenarie tartarughe e ancora lemuri e camaleonti fino a scendere al porto dove acquistiamo i nostri primi souvenir nei tantissimi negozietti ricavati dentro le onnipresenti capanne. Ripartiamo, sorseggiando un ottimo cocco, alla volta di Nosy Tanikely che si rivela un paradiso di sabbia bianca finissima con la barriera corallina a ridosso, circa 10/15 metri dal bagnasciuga, ci tuffiamo subito armati di maschera e pinne (si noleggiano in loco con €5) e ammiriamo gli splendidi fondali ricchi di corallo, anemoni, ricci giganteschi e innumerevoli pesciotti tropicali coloratissimi di tutte le forme e taglie, riesco anche ad incrociare un piccolo barracuda di circa un metro! Purtroppo non siamo riusciti a vedere le tartarughe marine che ci dicono molto spesso presenti sull’isola, peccato, una buona scusa per ritornare in futuro da queste parti! Ci accingiamo consumare un lauto pasto sulla spiaggia, accompagnati da decine di lemuri appollaiati sugli alberi sopra di noi nella speranza di avere qualche avanzo di cibo; gamberi, granchi, verdure, salse piccanti e frutta a volontà annaffiati dall’unica birra del posto distillata dal mais invece che dal luppolo, una vera bontà! Dopo pranzo siamo liberi di scegliere tra relax e ancora immersioni oppure un giro fino al faro al centro dell’isola, optiamo per il faro e percorrendo 200/300 gradoni di cemento in mezzo alla giungla (uff, che fatica!) arriviamo al faro che si rivela abbandonato da circa mezzo secolo ma comunque ricco di fascino, saliamo in cima e il paesaggio è mozzafiato, il mare color smeraldo punteggiato da piccoli scogli è veramente imperdibile, attenzione però alle transenne fatiscenti veramente pericolose. Poco più in là ci appostiamo accucciati in mezzo alla vegetazione per vedere le volpi volanti, dei pipistrelloni pelosi giganteschi color fulvo con un apertura alare di circa un metro e mezzo, una specie di Batman in miniatura, bellissime e, a quanto pare, considerate una prelibatezza culinaria tanto da rischiare la loro estinzione. Ancora mezz’ora di snorkeling e ripartiamo a malincuore da questo angolo di paradiso, veniamo subito avvertiti che il mare si stà ingrossando e quindi ci sarà un po’ da “ballare”, in realtà si tratta di onde non molto alte ma molto fitte tra di loro quindi l’unico sistema per non avere l’effetto montagne russe è quello di dare “tutta manetta” e volare letteralmente da un’onda all’altra! 20 minuti di adrenalina allo stato puro! Gli zaini sono tutti al sicuro dentro lo scafo mentre noi in costume ci becchiamo una doccia continua con effetto “secchiata”! In realtà non c’era quasi nessun pericolo e il tutto è stato divertentissimo oltretutto ripreso in video da Yves, un nostro coinquilino di barca francese in possesso di telecamera impermeabile che ha promesso il video su YouTube, non vedo l’ora di scaricarlo… Il giorno dopo decidiamo di prendere un mezzo a noleggio, subito fuori dalla sbarra del villaggio, e inoltrarci in giro per l’isola. Optiamo per uno scooter scartando il quad perché ci sembrava uno schiaffo morale alla povertà di questa gente e inoltre più pratico e maneggevole, con solo € 15 per tutta la giornata abbiamo preso possesso di un nuovissimo scooter 50cc con cambio a pedana e frizione automatica, corredato da caschi (non obbligatori) da bicicletta! Lo scooter si rivela molto potente e veloce e ci avventuriamo per l’unica strada asfaltata del posto con mia moglie da dietro che fa da navigatore del tipo: “buca a destra, sassi a sinistra, attento allo zebù che stà per attraversare” e così via, il viaggio è gradevolissimo e arriviamo in 15/20 minuti a Hellville la capitale. Più che una città è un agglomerato informe di capanne inframezzate da vecchissime costruzioni coloniali ad eccezione della zona del porto dove sono presenti fabbricati in cemento armato e alcune villette di ovvia proprietà europea. Da vedere il mercato centrale coperto, molto grande, praticamente una moltitudine di persone che contrattano il prezzo di frutta, spezie, carne e crostacei ammassati in banconi e talvolta in coperte gettate a terra in un delirio di profumi e odori di spezie e un’igiene molto sommaria, spesso inesistente. Acquistiamo una bottiglia di ottimo Rhum del posto, un bel po’ di spezie e due mazzetti di baccelli di vaniglia che dicono sia la migliore del mondo, a proposito, gli euro sono accettati e ben graditi ovunque tanto che il prezzo viene esposto sia in euro che in aryary (moneta locale €1=am2600 al momento che scrivo). Dopo una passeggiata nella via centrale di Helville (la solita strada asfaltata che unisce tutta l’isola)facciamo una capatina al porto che conserva ancora tracce di colonialismo, ci manca solo un bel veliero a tre o quattro alberi e siamo a posto. Inforchiamo di nuovo il nostro mezzo per tornare pian piano verso Andilana, fermandoci ad ogni spiaggia o caletta che intravediamo, sono tutte belle e romantiche ma alla fin fine le spiagge del villaggio sono le migliori e non solo perché ripulite continuamente, ultima sosta poco prima di Andilana dove troviamo una piccola foresta di mangrovie con miliardi di radici aeree che svettano dalla sabbia facendo da labirinto a granchi, paguri e tantissime altre forme di vita. Durante il tragitto abbiamo avuto modo di conoscere le realtà di vita indigena e soprattutto di constatare la percentuale di bambini che vivono nell’isola, circa il 45% della popolazione è costituita da bambini sotto i 12/13 anni con conseguenze sull’istruzione e sulle cure mediche facilmente immaginabili. C’è un medico ufficiale ogni 19.000 persone e non esiste nessun tipo di mutua, abbiamo però incontrato molto spesso strutture come scuole o presidi medici con un logo curioso: una paperella con un sole alle spalle, simbolo che fa capo ad un’organizzazione messa su da una signora napoletana che qua tutti chiamano “Manina” (in lingua malgascia: nostalgia di una persona). Si tratta di una persona che è venuta in vacanza all’inizio degli anni ’90 e si è talmente innamorata del posto e della popolazione che ha deciso di dedicare il resto della vita e tutti i suoi averi per aiutare questo popolo meraviglioso, tanto da costruire circa 2.500 scuole in tutto il Madagascar e altrettanti presidi medici, nonché scuole di agricoltura per insegnare a sfruttare i doni di questa terra, quindi se venite qua e portate medicinali, vestiti e qualunque altra cosa,la cosa migliore da fare è affidarli a questa organizzazione no profit evitando così speculazioni su ciò che lasciate, basta chiedere a chiunque di Manina e saprà dove indirizzarvi. Altra giornata altra escursione, questa volta tocca a Nosy Iranja, quello che definirò il posto più bello del mondo che io abbia mai visto! La traversata è lunghetta: circa 2 ore, però il panorama che si gusta è stupendo, l’isola è situata a sud di Nosy Be molto vicina alla “grande terra” ovvero il Madagascar, infatti la costeggiamo per un bel po’ ammirando stupende spiagge bianchissime lunghe chilometri e chilometri senza traccia di essere vivente tranne qualche capanna qua e là nelle alture interne, passiamo anche 4 o 5 isolotti niente male uno dei quali dicono sia di proprietà di un italiano. La vista dell’isola è da mozzafiato: un agglomerato di palme circondato da un alone di luce pura, il riflesso della sabbia bianco rosata inanellata da un mare verde smeraldo indescrivibile, in realtà si tratta di 2 isole unite tra di loro da una “strada” di sabbia lunga circa 2 Km e larga dai 5 ai 10 metri che sparisce all’arrivare dell’alta marea. L’effetto è impressionante, da una parte c’è l’oceano indiano, dall’altra lo stretto del Madagascar e le onde dei due mari si riuniscono in quest’istmo di sabbia luccicante, la luce è talmente abbagliante che gli occhiali da sole sono indispensabili, il mare prende un color azzurro/verde smeraldo così forte che i bianchissimi aironi, volando sopra, sembra che abbiano la pancia e le ali azzurre! La passeggiata tra le due isole è d’obbligo così come le inseparabili infradito tanto è calda la sabbia, l’effetto dell’alta marea che chiude la striscia mentre stiamo tornando indietro è quasi angosciante, una specie di Mont Saint Michel africano. Il pranzo viene consumato sotto un tetto naturale di palme di cocco, ai bordi di un villaggio indigeno ben squadrato e curato pur nella tipica povertà del luogo, anche qui imperano tessuti e oggetti di artigianato locale, peraltro quasi unica fonte di reddito dei locali. Abbiamo mangiato Cernia e Barracuda(buonissimo) alla brace, i soliti gamberoni e spiedini di carne di zebù, manzo locale caratteristico per la grossa gobba e le enormi corna, un po’ gommoso ma di gusto eccezionale. Quindi bagno meraviglioso nell’acqua caldissima e limpidissima e un po’ di relax sdraiati sulla sabbia, Attenzione! La protezione 50 è d’obbligo per noi europei anche per chi come me è scuro di carnato. Abbiamo trovato anche un mezz’oretta per giocare assieme ai bambini del luogo che sanno accontentarsi di una matita, un foglio di carta e l’immancabile “bon bon” chiesto a mani tese, Divorano voracemente anche pane, carne o qualsiasi altra cosa rimasta sulla tavola del nostro pranzo, sono dolcissimi e bellissimi. Sull’isola più piccola c’è anche un albergo molto “di nicchia” (se mi si permette il termine) dai prezzi, pare, proibitivi ma visto che 2/3 giorni da queste parti sarebbero il non plus ultra, c’è anche la possibilità di alloggiare presso il villaggio indigeno in capanne molto più raffinate dotate persino di letto! Ovviamente niente corrente elettrica o acqua corrente, solo un pozzo e una “toilette” privata all’esterno, le porte delle capanne sono persino dotate di serratura, cosa perfettamente inutile e quasi disconosciuta a Nosy Iranja, con un po’ di spirito d’avventura è quindi possibile passare un weekend di sogno. Il giorno seguente, purtroppo il penultimo, avevamo in programma l’ultima escursione da decidere tra la giungla di Lokobo con trasferimento in piroga tra alligatori e serpenti e l’arcipelago di Mitso molto più a nord-est tanto da cambiare addirittura fuso orario (solo per un soffio però), descritto da tutti come un paradiso selvaggio con la barriera corallina più bella di tutto l’oceano indiano. La scelta è ricaduta su Mitso anche perché abbiamo avuto delle dritte da altri turisti già stati a Lokobo che ci hanno raccontato la giungla come meravigliosa ma con un esercito di zanzare e pappataci tanto da oscurare spesso il cielo per alcuni minuti, brrrr….quasi meglio gli alligatori! Il fato ha voluto però che incappassimo tutti e due nella famigerata “Vendetta di Montezuma” ovvero un disturbo intestinale noiosissimo che colpisce spesso i viaggiatori dell’emisfero superiore quando scendono sotto l’equatore, così violento da farci desistere nell’ultima avventura che ahimé, ci hanno poi descritto come l’eden dello snorkeling! Ancora una buona ragione per tornare da queste parti! Fortunatamente previdenti, abbiamo usato i medicinali adatti e in poche ore eravamo già in grado di finire la nostra vacanza… Facendo di necessità virtù, abbiamo deciso di finire la giornata tra le bancarelle di Andilana subito fuori dal villaggio, in special modo in quelle sulla spiaggia adiacente. Una pratica molto diffusa fra gli indigeni di Nosy Be è il baratto con i turisti, ovviamente è un baratto fittizio, in quanto a fronte di una maglietta o un paio di scarpe o un rossetto, vengono proposti oggetti di poco valore come un mazzetto di vaniglia, una piccola piroga scolpita nel legno o un fermacapelli in corno di zebù, ma è un modo simpatico per poter aiutare queste persone senza fare l’effetto elemosina, il loro orgoglio è infatti molto forte (a ragion veduta), ma soprattutto è il miglior modo per dialogare ridendo e scherzando, non mancano per l’occasione foto con famiglie intere e bambini sorridenti. Nell’occasione abbiamo anche acquistato, per pochi euro, una tela dipinta a tempera con delle donne e bambini che camminano sulla spiaggia durante un tramonto, la tela è un 140 x 100 molto accurata nelle rifiniture e lo stile tipico è meraviglioso, colori caldi, figure stilizzate e chiaroscuri da fumetto, ne trovate di tutte le grandezze e varietà e vi assicuro che, una volta montati su una cornice, fanno un effettone dentro casa. Dopo aver ammirato ancora uno stupendo tramonto africano (il sole cala verso le 18,30) ci prepariamo per la “cena Malgascia” che l’albergo offre come saluto, praticamente gli ingredienti sono quasi gli stessi delle altre sere, ma i sapori sono più raffinati, speziati e “nuovi”: carpacci di cernia, barracuda, tonno e altri pesci non meglio definiti fanno da padrone incorniciati da verdure speziate e stufate, spiedini di zebù alla brace e perfino una specie di “hamburger” locale con salse speziate e piccanti, granchio gigante in salsa e megagamberoni al guazzetto, patate e manioca al forno, frutta tropicale a “go-go” (banane, papaya, mango, jack fruit, ananas e avocado), dolci fantastici affogati in creme alla vaniglia e rhum del posto…mmmm….potrei anche decidere di restare per sempre qui!!! Il mattino dopo di buon ora tutti sul pulmino e via all’aeroporto per la solita, ormai familiare, via principale che ci regala un’ultima vista d’insieme di questo paradiso africano. Il volo di ritorno è molto più bello dato che, volando di giorno, ci possiamo godere lo spettacolo delle savane del Kenya e del deserto Somalo/Egiziano anche se sorvolati molto in quota, scalo a Mombasa (Kenya) per un’ora di rifornimento e pulizia del velivolo e via (sig!) verso casa. Conclusione: viaggio stupendo e posto meraviglioso da rivisitare sicuramente, a gusto nostro il resort è perfettamente evitabile e, la prossima volta, non mancheremo di dedicare alcuni giorni alla “grande terra” specialmente le montagne d’Ambra e Diego Suarez, siti dei quali abbiamo sentito tessere lodi esagerate. Spero di esservi stato d’aiuto e non troppo prolisso, ma ci sono tante altre sfumature che avrei voluto descrivere, ma non stò cercando di scrivere un libro…buona vacanza a tutti!!!


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