Madrid me mata
Ho avuto la fortuna di vivere a Madrid e… HANNO PERFETTAMENTE RAGIONE! Madrid è una prostituta. Madrid si concede a tutti, si apre a chi vuole conoscerla senza alcun pudore rivelando anche agli sconosciuti le sue pieghe più nascoste.
Madrid non è una città. Madrid è una persona, anzi, un personaggio: un personaggio di un film sopra le righe, un film di Almodóvar, per esempio. Un personaggio reale e surreale, drammatico e grottesco, comico e melodrammatico, ma mai banale. Mai.
Sempre variegata, dinamica, magmatica, poliedrica, perché assume le sembianze di ognuna e di tutte le persone che la vivono le ventiquattro ore del giorno incessantemente e senza sosta, manifestando la loro capacità di privarsi del sonno.
Non abbiate paura monoglotti! A Madrid non esiste alcun problema di comunicazione: non può esistere se si ha di fronte gente che vuole conoscerti, sapere chi sei, da dove arrivi, se ti trovi bene… gente che vuol fare amicizia con te, avere un amico con cui prendere un “vaso de tinto” e scambiare due chiacchiere in una lingua inesistente, una lingua personale tra te e lui. Tu andrai a dormire felice per essere riuscito a conversare in spagnolo, lui andrà a dormire felice per essere riuscito a conversare in italiano.
Paradossale. Così e Madrid. Ma non ci si può aspettare altro da una città che poco più di vent’anni fa era sotto il giogo di un regime totalitario e che d’un tratto, dalla sera alla mattina si è ritrovata a galvanizzare l’attenzione della gioventù europea. C’è chi ha reagito rinchiudendosi nelle sicure trincee dell’ Opus Dei, potentissimo in Spagna, ma c’è chi è sceso per strada, per le vie di Malasaña, il quartiere bohemienne che ospitava gli studenti di allora e di oggi, e vomitando la gioia di vivere che per anni era stata repressa, ha creato uno stile di vita.
Che Almodóvar, deus ex machina della movida anni ’80 ha saputo rappresentare nei suoi primi film, quelli più genuini, con i sui compagni di merenda… Alaska per esempio, cantante, attrice, presentatrice in quegli anni di un programma per bambini post-moderni che estasiati ascoltavano senza capire l’oroscopo del sesso. Gli anni ottanta sono passati, Almodóvar ha vinto l’Oscar, e per le vie di Malasaña bazzica Manu Chao con i figli di quei ragazzi che rappresentarono la vera rivoluzione culturale di Madrid.
Ma la voglia di relazionarsi non è passata…
Non stupitevi allora se troverete orde di giovani che dalle sette del pomeriggio invadono le strade con i loro “botellones”: ritrovi di amici che, novelle massaie, portano da casa la busta della spesa con una bottiglia di rhum, una bottiglia di Coca Cola, ghiaccio, fettine di limone e bicchieri di plastica. Basta poco e la festa è pronta, col beneplacito di una polizia forse fin troppo tollerante. L’alcool è un elemento essenziale per uno spagnolo, “salir de copas” (uscire per bere) è l’equivalente del nostro “uscire”. Non c’ è ragazzo o ragazza cui non piaccia bere, anzi abituatevi alle loro strane mescolanze di vino e coca cola, o vino e acqua tonica, e non pensate che la sangria sia solo vino e frutta, per carità! “Quello che metti, trovi” mi fu detto una volta, rispondendo ad un mia domanda ingenua. E si beve tanto anche quando si va “de tapas”, gustosi stuzzichini nella preparazione dei quali ognuno fa lavorare la fantasia. Originariamente nate per “tapar” il bicchiere di vino dalle mosche e dalle gocce di grasso di jamón inevitabilmente dondolante (sigh!) sopra le vostre attonite teste, sono ormai il ritrovo del dopo lavoro–inizio serata–pranzo della domenica–aperitivo… Insomma un modo come un altro per uscire e popolare le strade. E non stupitevi se tra la calle de Cava Baja e la calle de Cava Alta, nel quartiere de La Latina, ex quartiere gitano ora di gran moda tra giovani trend, incontrate un gruppetto di sole donne sulla cinquantina, ossigenate ed ingioiellate che brindano con un bicchiere di vino rosso in una mano ed un calamaro fritto nell’altra.
Le convenzioni sociali lasciatele in Italia. Ora siete a Madrid, tornate a vivere! La notte vi aspetta, ma non fatevi trarre in inganno dal recepcionist del vostro albergo che vi dirotterà verso l’inflazionato Joy Eslava… Le mega discoteche saranno anche belle, senza dubbio da visitare, ma provate ad andare al “Sol”, in calle Jardines, tra Gran Via e Puerta del Sol (senza preoccuparvi dell’ orda di prostitute che invadono la calle Montera). Di sicuro non ci saranno turisti. E ascolterete la musica migliore che vi potrà capitare in città…
Se poi siete stanchi di ballare e si sono fatte per lo meno le cinque “de la madrugada” non posso non consigliarvi il mio locale preferito. Si tratta di un minuscolo bar in calle Ruiz, tra plaza dos de Mayo e calle Carranza. Da lontano vedrete un insegna di neon verde con scritto “La nacional”. Vi chiederete perché vi ho consigliato un bar di camionisti. Abbiate fede. Probabilmente la porta sarà chiusa e non si sentirà nessun rumore da dentro, ma non fidatevi delle apparenze e bussate. Insistete. D’un tratto vedrete una fessura nella tapparella e due occhi vispi scrutarvi… È Manolo, istrionico anfitrione del locale che in una mezz’ora vi avrà presentato tutti gli avventori, vi avrà fatto ammaliare dalle sue cameriere (sicuramente le più belle della capitale), vi avrà confidato su quale ragazza o su quale ragazzo avete fatto colpo… E così si andrà avanti fino alle otto della mattina. Non dimenticate di scambiare i vostri numeri di telefono e non meravigliatevi quando il giorno successivo riceverete una telefonata dai vostri “nuovi amici” per uscire insieme. La Spagna è anche questo. Posso continuare per ore (i miei amici non mi sopportano più) ma ormai avrete capito cosa ho da dirvi. Ogni parola aggiunta è superflua. Spero solo che riusciate a non guardare gli “indigeni” come animali strani ma che sappiate calarvi nell’anima della città e che sappiate viverla. E ne sarete uccisi.