Madeira, un’isola verde in mezzo all’oceano

Un tour con base Funchal per visitare i giardini, percorrere alcune levadas e ammirare alcuni belvedere in mezzo ai picchi.
Scritto da: Ginger27
madeira, un'isola verde in mezzo all'oceano
Partenza il: 26/04/2019
Ritorno il: 01/05/2019
Viaggiatori: 3

I preparativi del viaggio

A fine gennaio ho voglia di mare e comincio a pensare a Porto Santo come un assaggio d’estate e di mare per il mio compleanno. Il compromesso con mio marito viene raggiunto spostando l’attenzione sulla meno sabbiosa isola di Madeira, perché ha più attrattive turistiche. Dopo un’accanita ricerca su internet, prenoto tramite Expedia sia il volo (Tap Portugal da Malpensa con scalo a Lisbona) che l’hotel a Funchal, non proprio centralissimo (sopra la zona di Santa Maria), ma dispone del parcheggio gratuito, un plus niente male per Funchal dove i parcheggi in strada sono difficili. Successivamente acquisto dal sito della Tap un bagaglio in stiva perché non incluso nella tariffa scontatissima di Expedia, mentre dalla prenotazione tramite questo sito aggiungo l’affitto di un’auto di medie dimensioni (Renault Clio da Alamo).

Venerdì 26 aprile 2019 – Partiamo da casa alle 7.45 e all’altezza di Vercelli ci accoglie un acquazzone. Il tempo è meno clemente di quanto mi aspettassi. Arriviamo al Planet Parking alle 9.45, in orario. Appena in aeroporto scopriamo che il volo per Lisbona è in ritardo di mezz’ora. Alla consegna del bagaglio, ci viene chiesto di consegnare tutte le valigie perché il volo è pieno. Il volo TAP 827 parte alle 14.30 con 2 ore e mezzo di ritardo: le spiegazioni che dà il comandante è che, a causa del maltempo, l’aereo in arrivo su Milano ha sorvolato molto tempo, prima di atterrare; questa attesa non preventivata ha consumato carburante e prima di ripartire è stato necessario fare rifornimento. In volo ci danno solo un tramezzino e una fetta di salame al cioccolato. Sedendo sulla destra vediamo Lisbona dall’alto e si distingue chiaramente la piazza di Pombal. Durante la discesa il comandante annuncia che l’aeroporto è pieno e che non atterreremo prima delle 17.10 (le 16.10 portoghesi). La coincidenza delle 16.05 (volo TAP 1687) per Funchal è persa e appena arriviamo in aeroporto troviamo 3 carte d’imbarco per il volo delle 19 e 3 voucher di 6€ l’uno da spendere nei ristoranti dell’aeroporto. Alle 18.30 ci imbarchiamo sul volo e i nostri posti sono sulla sinistra in ultima fila, la 24°. Quando decolliamo, i posti non offrono la visuale migliore. Poco dopo lasciamo la costa e si apre sotto di noi una strato di nuvole a pecorelle che diventa più compatto quando stiamo per atterrare. L’ingresso al terminal é decorato con azulejos, alcuni pannelli illustrano i panorami dell’isola e i nastri trasportatori dei bagagli sono decorati da bei vasi di fiori. Insperatamente recuperiamo tutte e 3 le valigie, nonostante il cambio di volo. Le procedure per ritirare l’auto sono abbastanza lunghe e mi viene spiegato tramite una plastica in cui sono riprodotti dei cerchi concentrici come misurare i danni sulla carrozzeria da trasmettere a loro via mail se preesistenti. Ci viene data una Fiat Punto, similare per loro alla Clio che avevo prenotato. Già sulla strada che conduce all’hotel, si rivelerà inadeguata alle strade sali e scendi di Madeira. Percorrendo la superstrada, ad un tratto si apre ai nostri occhi Funchal, con le sue casette illuminate adagiate sulla montagna che degrada fino all’oceano. Il fedele maps con la cartina offline di Madeira ci conduce senza errori all’hotel Arts In Hotel Conde Carvalhal verso le 22. Ci viene assegnata la stanza 103, ampia, con l’angolo cottura, stoviglie, bollitore, tostapane, shampoo e bagno schiuma Rituals fragranza ritual of happy budda (arancia dolce e cedro), accappatoi, acqua in regalo e piccola mousse al cioccolato come dolce di benvenuto. É ora di andare a dormire, dopo un volo che è durato ben il doppio delle 6 ore previste.

Sabato 27 aprile 2019 – Mi sveglio alle 6 ed è ancora buio (tramite internet scopro che l’alba oggi sarà alle 7.24 con 13 ore di luce). Quando comincia ad albeggiare, mi appare un panorama invidiabile: un bel giardino curato, alcune case di fronte (qualcuna anche molto bella), a destra in lontananza il campanile della cattedrale, di fronte il mare e il porto dove si vede attraccare quasi ogni giorno una nave da crociera. A piedi andiamo in cerca della Padaria Pastelaria Mariazinha, che sorge nella stessa via dell’hotel, ma ha circa 100 numeri civici in più. Ordiniamo caffè, cappuccini, caffè latte, croissant, 2 pasteis de nata, una fetta di dolce farcito alla crema, spendendo poco più di 8€ in tutto. Sempre a piedi dall’hotel in circa 15 minuti arriviamo al Mercados dos Lavradores, inaugurato il 24 novembre del 1940, che espone l’eccellenza dell’isola, fiori (tra cui la sterlizia, simbolo dell’isola), frutta tropicale, carne e pesce, oltre agli immancabili negozi di souvenir. All’ingresso le fioraie indossano il costume tipico dell’isola. Assaggiamo la maracuja incrociata con l’arancia (molto buona), con il pomodoro (buona), con il limone, alla vaniglia. Proviamo anche le banane rosse, quelle senza zucchero. Quando decidiamo di comprare un casco di bananine e 4 maracuja, la conta è davvero salata: soli 33€ (le banane costano 12€ al kilo, la frutta tropicale più di 18). Finiamo per pagare la degustazione e andiamo via: sicuramente ci siamo fatti un nemico, ma almeno non abbiamo buttato via i soldi. In auto andiamo al Jardim Botanico, dove entriamo dall’ingresso più in basso. Creato nel 1960 nella Quinta della famiglia Reid, stabilitasi sull’isola a metà ‘800 per creare un hotel, il giardino si estende su una superficie di oltre 35000 m2, ha più di 2000 piante provenienti da tutti i continenti, con alcune specie in via di estinzione. Di notevole impatto il giardino coreografico, dove con aiuole vengono rappresentati disegni geometrici, il nome del fondatore, la data di creazione del giardino e l’anno corrente. Molte bello anche se non appariscente è il geranio di Madeira (un fiore rosa a 5 petali su steli pelosi) che adorna anche l’ingresso alla grotta degli innamorati, che si trova nella parte alta del giardino, vicino a dove arriva la cabinovia. Riprendiamo l’auto, percorriamo la ER107-1 che sale rapidamente attraverso tornanti circondati da una vegetazione lussureggiante fino alla deviazione per Eira do Serrado: con un percorso a piedi di 10 minuti in mezzo a tante forstizie si arriva al miradouro Eira do Serrado da cui ammirare dall’alto di 1096 m Curral das Freiras, il paesino che sorge 700 m più in basso. Curral das Freiras (valle delle monache) si raggiunge dalla strada principale dopo 5 km; sembra di trovarsi dentro un cratere, ma in realtà le pareti scoscese sono frutto di erosione. Qui si nascosero le monache del convento di Santa Clara nel 1560 in fuga dall’invasione dei corsari. Verso le 14 arriviamo al Ristorante Sabores do Curral, che ha una terrazza e una veranda con vista sulla vallata. Ordiniamo le castagne da intingere nel miele di canna (una vera prelibatezza), zuppa di castagne (dentro ci sono castagne in pezzi, carne a spezzatino, fagioli – buona, ma non memorabile), polipo alla lagareiro (con cipolla, aglio, peperoni stufati e tanto olio – molto saporito) che viene servito con 2 contorni: io scelgo il mais fritto (sembra del semolino fritto) e delle patate stufate che arrivano con la buccia e decorano il bordo del piatto dove si trova il polipo. Alla fine siamo davvero sazi e soddisfatti e il pasteis de Curral (pasta filo esterna, ripieno di una crema alle castagne vale tutti i suoi 1,5€) diventa un takeaway. Con due bicchieri di vino spendiamo circa 70€ in tre. Sulla via del ritorno, un’altra deviazione ci porta al Pico dos Barcelos, un promontorio adibito a giardino con un bel panorama su Funchal e dei lampioni bassi a forma di fungo. Ritorniamo in hotel verso le 16.15 per ricaricare il cellulare. A piedi ci dirigiamo verso il Museu Quinta des Cruzes, ma arriviamo 20 minuti prima della chiusura e non ci fanno il biglietto. Giriamo un po’ per il giardino di quella che era stata la residenza di João Gonçalves Zarco, scopritore di Madeira e dell’arcipelago omonimo. Dopo la sua morte, nel 1471, la dimora ha subito diversi cambiamenti, il più importante nel ‘700 quando un’altra facoltosa famiglia, i Lomelino, la ristrutturò in modo radicale. Il Museo ospita mobili, ceramiche, quadri, arazzi ed altre suppellettili appartenuti all’aristocrazia dell’isola dal XV al XIX secolo che io non riuscirò a vedere visto che gli orari di apertura sono incompatibili con il mio programma. Girovagando tra i vicoli nei pressi del Museu, incontriamo molte persone del luogo vestite a festa per il matrimonio che si terrà nel pomeriggio. Ci accorgiamo anche che i negozi non turistici sono chiusi al sabato pomeriggio. Decidiamo di andare verso il Ritz, ricavato nel palazzo dove aveva soggiornato Sissi, riconoscibile per i bei azulejos esterni. Continuiamo verso il giardino Santa Caterina che costeggia l’avenida do infante e la zona residenziale dove sta sorgendo il lussuosissimo Savoy. La via è fiancheggiata da entrambi i lati da bellissimi alberi di jacaranda fioriti che danno alla strada un elegante tocco di blu. Nelle aiuole del Pestana Casino Park Hotel scorgo la statua di Sissi, anche se dalle scritte sul basamento, poco leggibili, non è facile intuirlo. Con un ultimo sforzo (le gambe cominciano a non rispondere più ai comandi) arriviamo al Reids, hotel 5 stelle con una terrazza sulla baia di Funchal dove viene offerto il tè; nella bacheca posta dinanzi all’ingresso leggiamo che il tè al pomeriggio costa 36€ e che l’hotel vanta un ristorante con una stella Michelin. Entrando, foto d’epoca alle pareti ci riportano indietro nel tempo: di qui è passata la storia perché persone come Churchill o Gregory Peck amavano soggiornare in questo hotel. Azzeccatissima a questo punto il nome della catena, la Belmond, che ha acquisito l’hotel. Sui tavolini il libro della catena dedica una pagina ad ogni hotel o treno (Belmond possiede l’attuale Orient Express) che ha nel mondo. Tornando indietro, fotografiamo la statua dedicata alla pace e alla libertà. All’altezza del Mercado, alcune viuzze strette e piene di locali ci fanno capire che siamo nella parte vecchia di Funchal e senza volerlo arriviamo in Rua Santa Maria. Percorrendo ripide salite raggiungiamo l’hotel. Siamo veramente stanchi e, dopo un tè preparato con il bollitore, andiamo a dormire.

Domenica 28 aprile 2019 – La sveglia è alle 6.40. Ci vestiamo per andare a fare colazione da Mariazinha, questa volta in auto per guadagnare tempo. A piedi andiamo verso la Cattedrale: la Sé dell’Assunzione di Maria Vergine, risale al XVI secolo ed è un gradevole miscuglio di stili: nel soffitto di legno di cedro riconosco uno stile moresco (simile al Palazzo de la Bahia visitato a Marrakech), l’altare è gotico e c’è un azulejos verso l’uscita dal retro. Gli addobbi floreali abbondano. Un caffè al Ritz mi permette di guardarne gli interni, abbastanza sobri, ma decorati da azulejos. Riprendiamo l’auto e, attraverso ripide salite, arriviamo a Monte, la parte alta di Funchal, dove non riesco a vedere i carrihos, i caratteristici slittini di vimini guidati da due conducenti in camicia bianca e cappello in paglia. Vicino all’arrivo della funivia, c’è l’ingresso al giardino Monte Palace, appartenente alla Fundacao Berardo, dove entriamo verso le 11. Sorge dentro la Quinta Palace e ospita 100.000 tipi di piante tra cui azalee, felci, le immancabili sterlizie. Mentre i fiori la fanno da padroni nel Jardim Botanico, a Monte Palace sono le piante a essere protagoniste. Il giardino si sviluppa seguendo l’inclinazione del terreno e l’acqua scorre sfruttando le pendenze e si trasforma in zampilli e cascate. Ed ecco che la visita diventa anche un vaggio sensoriale fatto con gli occhi e l’udito: il gorgoglio dell’acqua accompagna tutta la visita, come i profumi dei fiori sono stati i compagni durante la visita di ieri al giardino botanico. Sui sentieri perimetrali alcuni azulejos raccontano la storia del Portogallo, un museo su 3 piani contiene sculture dello Zimbawe (ai primi due piani) e gemme e minerali al piano più basso. Passeggiando si scorgono installazioni ispirate al mondo giapponese: pagode, tempietti, budda, guerrieri e un insieme di piastrelle smaltate che raccontano l’avventura dei portoghesi in Giappone. Di fronte all’edificio centrale dove ci sono cascate d’acqua, sculture e un mega vaso con decori in stile egizio, si trova il bel bronzo che ritrae una ragazza che sta saltando la corda. Per visitare il giardino sono necessarie almeno due ore, tenendo conto che dopo averlo percorso in discesa, bisogna riattraversarlo in salita, a meno di non prendere la navetta elettrica. La prossima tappa è il ristorante Casa de Abrigo do Poiso, sul col de Poiso (1400m) dove arriviamo verso le 14. Il locale si trova in un ambiente tipicamente montano. Nonostante non sia vicino alla città è abbastanza frequentato. Ordino una zuppa di legumi, il pesce bandiera (che qui chiamano espanada) con maracuja e banana (il dolce del pesce si abbina a quello della banana, contrastato dal maracuja in un abbinamento niente male). Chiudo con un ottimo budino al maracuja. Specialità del locale sono gli spiedini, serviti appesi a un supporto infilato nel foro al centro di ogni tavolo. Il bacalau di mio marito viene servito dentro un coccio rovesciato. Spendiamo circa 80 € in tre. Dopo pranzo, lungo una strada disseminata da cespugli di ginestra, raggiungiamo in auto Pico do Arieiro, il punto più alto dell’isola con i suoi 1810 m. Molto frequentato dai turisti, è riconoscibile perché in cima è posizionato un radar che sembra un’enorme pallina da golf. La stranezza del posto sta nel fatto che le nuvole sono più in basso di dove siamo noi e con un po’ di attenzione la vista spazia fino alla Ponta de Sao Lourenco che in questo momento è libera da nuvole. Dalla destra parte il sentiero molto panoramico PR 1 che porta a Pico Ruivo: ne percorriamo solo una piccola parte (circa mezz’ora tra andata e ritorno) salendo e scendendo scalini in pietra fino ad arrivare al Miradouro do Juncal, dove la sensazione di essere sul tetto dell’isola è ancora più accentuato. Riprendiamo l’auto per scendere fino agli 800 m di Ribeiro Frio, da cui parte il sentiero PR 11, la Levada de Serra do Faial (Levadas, è il nome dato ai piccoli acquedotti nell’arcipelago di Madeira, che formano una vasta rete di irrigazione, costruita nei secoli scorsi) o Vereda dos Balcoes che conduce al Miradouro dos Balcoes. Il sentiero pianeggiante costeggia la Levada per la maggior parte del tragitto. È sufficiente un’ora per raggiungere Balcoes (870 m) e tornare indietro. Dal Miradouro si ammirano i picchi più alti, incluso, guardando verso sinistra, Pico do Arieiro. La sorpresa del posto sono i fringuelli di Madeira, graziosi uccellini dalle piume azzurre che non disdegnano il cibo che gli viene dato dai turisti e, per niente timidi, si appoggiano per andare a beccare il mangime direttamente dal palmo. Dopo un tè serale, usciamo per un sopralluogo al ristorante scelto per domani sera. Il luogo non è distante da dove sta sorgendo il Savoy e la passeggiata diventa impegnativa dopo una giornata trascorsa in movimento, soprattutto perché avenida do infante è in salita arrivando dal centro. All’inbrunire la posizione elevata della via permette di vedere da una posizione privilegiata le luci di Funchal che si stanno accendendo: è davvero un panorama eccezionale. Ritorniamo in hotel ancora più stanchi di ieri sera.

Lunedì 29 aprile 2019 – Sveglia presto e colazione da Mariazinha. La prima visita della giornata è a Câmara de Lobos, un villaggio di pescatori che si sta trasformando in una località turistica: proprio dinanzi alla discesa a mare delle barche stanno costruendo palazzine a due piani. La zona attorno al paese è invece completamente ricoperta di bananeti. Proseguiamo per raggiungere l’affollatissimo Capo Girao, una scogliera di 508 m a strapiombo sul mare che si ammira da una terrazza di vetro, tabù per chi soffre di vertigini. La parte di costa visibile dalla terrazza è quella di Funchal che al mattino è controsole. Decidiamo di ritornarci al pomeriggio, al rientro dal giro previsto, per ammirare il panorama sotto un’altra luce. Tagliando dall’interno attraverso il tunnel dell’Encumeda lungo 3,1km ci fermiamo in un supermercato di Sao Vicente dove compriamo le bananine a un prezzo abbordabile e dei barattoli di miele di Madeira, ricavato dagli alberi di laurissilva, alberi di lauro di cui è ricca l’isola, dichiarati patrimonio Unesco. Purtroppo, scavallando la montagna, il bel tempo di cui abbiamo goduto in questi giorni diventa solo un ricordo e veniamo inghiottiti dalle nuvole basse. Arriveremo a Porto Moniz senza vedere un raggio di sole, attraversando una serie di tunnel che sostituiscono la estrada antiga, che seguiva il profilo della costa. Adesso in molti punti questa strada è chiusa a causa di frane. Il paesaggio di Porto Moniz sferzato dal vento e ingrigito dalle nuvole non mi entusiasma. I massi vulcanici uniti da colate di cemento per realizzare sentieri di collegamento tolgono molto del fascino ai luoghi che madre natura ha modellato attraverso la lava solidificata. La temperatura non proprio gradevole, il mare agitato e il vento forte ci fanno desistere dall’immergerci nelle piscine, dandoci l’impressione di vivere una giornata di fine estate. Facciamo un pranzo veloce nel piccolo Snack bar Ilhéu Mole di Porto Moniz: si tratta di un locale molto semplice dove ordiniamo una buona zuppa di legumi e un’empanada: ognuno di noi sceglie un ripieno differente, di carne, pollo (entrambe le carni sono speziate) e di formaggio. I prezzi sono più che popolari e in 3 spendiamo poco più di 15€. Al pomeriggio ritorniamo al centro dell’isola e di nuovo assistiamo alla metamorfosi meteorologica di Madeira: mentre saliamo di altitudine e i cespugli di ginestra punteggiano i campi, le nuvole si diradano e ricompare il sole, proprio dove il comune di Porto Moniz confina con quello di Fonte. Ci impieghiamo un po’ a capire che Rabacal è in fondo alla strada sbarrata all’altezza di Camara de Carga e così il sentiero PR 6, levada delle 25 fonti che per un pezzo è in comune con il PR 6.1, levada do Risco, si allunga in discesa di circa 4 km all’andata: impieghiamo circa 45 min a percorrerli e raggiungere Rabacal. Siccome la Levada do Risco è più corta dell’altro sentiero, optiamo per il PR 6.1 che, dopo un pezzo in discesa, prosegue in pianura a fianco della Levada. Lo spettacolo che ci attende è di puro stupore per il regalo che la natura ci offre: una cascata fragorosa con doppio salto, mentre le rocce confinanti piene di muschio nebulizzano l’acqua che scende. Più mi avvicino, più le gocce diventano frequenti, ma non mi importa di bagnarmi, ciò che conta è avere raggiunto questa meraviglia. Ritornati a Rabacal, optiamo per il pulmino che per soli 3€ ci riporta in quota fino al parcheggio, niente in confronto alla fatica che avremmo fatto a risalire a piedi. Ritorniamo a Capo Girao e il sole adesso illumina l’altra parte di costa, ma anche al pomeriggio la visibilità non è ottimale, a causa di una strana foschia su Funchal, creata forse dal fumo di un incendio. Rientriamo verso le 18.30, ci rinfreschiamo e andiamo a cena al Casal de Penha, che sorge in una via interna dei grandi hotel. Il locale è pieno e riescono a servirci al secondo turno, verso le 20.45. L’attesa verrà ampiamente ricompensata. Aspettando i piatti, assaggiamo il bolo do caco con burro fuso, aglio e prezzemolo (caldo e stuzzicante è una golosità tipica di Madeira che bisogna assolutamente non perdere). Ordino dei gamberi con avocado (accoppiata insolita che unisce il dolce del pesce con quello del frutto), salmone allo champagne, servito con funghi e, credo, cipolla o verza resa croccante e insaporita dal gusto acre dello champagne, un abbinamento sofisticato per i palati più raffinati. I contorni sono scelti dallo chef: patate anche rosse arrosto, mais fritto, verdure bollite. Le porzioni sono più che abbondanti e alla fine siamo tutti sazi. Però quando arriva la carta dei dolci, il primo della lista è il budino al maracuja che voglio ordinare per confrontarlo con quello di ieri. Mio marito lo giudica migliore dell’altro perché ha la giusta consistenza mentre quello della Casa de Abrigo do Poiso, secondo lui, era troppo compatto. In ogni caso il budino è buonissimo. Ci offrono un bicchierino di Madeira e il conto non è per niente salato. Spendiamo solo 70€ in 3 senza vino e torniamo in hotel più che soddisfatti.

Martedì 30 aprile 2019 – Dopo colazione, verso le 8.30 ci avviamo a piedi verso il Museo dell’Istituto del vino, ricamo e dell’artigianato di Madeira (IVBAM), ma l’orario di apertura non è alle 9, ma alle 10. Andiamo allora al Mercado dos Lavradores, in cerca di souvenir. Compro due piastrelle di azulejos, una maglietta nera con una sterlizia ricamata, una tovaglia quadrata. In un’altra bancarella compro un magnetino di azulejos. Ritorniamo in hotel per prendere l’auto per seguire l’itinerario del giorno. La prima sosta è a Camacha, paesino a 700 m in cui si trova il museo del vimini, nel palazzo Café Relogio, aperto nel 1896. Qui sono esposti dai piccoli oggetti in vimini come ceste, cornucopie, specchi bordati di vimini, fino ad arrivare a sedie e divani da esterni, esposti al piano di sotto. Al piano -2 c’è il laboratorio dove alcuni operai separano la materia prima in listelli sottili mentre altri sono intenti ad intrecciarla. L’industria di vimini nasce a Madeira nel 1850. Il materiale si ricava da alberi che crescono in terreni ricchi di acqua. Ogni pianta può produrre da 2 a 5 kg di vimini. Dopo il taglio, il vimini deve essere sbucciato, asciugato, bollito per conferirgli elasticità e facilità nel maneggiarlo. Dopo una breve visita e un caffè nello stesso bar, ci dirigiamo verso Caniçal, in direzione della Ponta de Sao Lourenco. La zona è molto affollata e il parcheggio è pieno: siamo costretti a tornare indietro per trovare un posto lungo la strada. Percorriamo solo mezz’ora del sentiero PR8 (l’intero sentiero è lungo 8 km a/r con tempo di percorrenza di 2,5 h). Il vento la fa da padrone e nei punti molto esposti è difficile contrastarlo. Nonostante questo, gli scorci che vediamo sono molto pittoreschi e, guardando con attenzione, scorgiamo nella roccia al livello del mare anche un arco naturale. Verso le 13 siamo di nuovo in auto e prima di dirigersi a Machico, ci fermiamo sulla discesa per fare una foto al faro di Caniçal con a fianco un resort di deliziose villette di recente costruzione. Sicuramente chi decide di soggiornare qui deve amare la voce del vento. Il ristorante Lily’s sorge sulla parte alta di Machico. Arredato in stile moderno, ha una sala dalle ampie vetrate con vista sull’oceano e sulla valle dove sorge Machico. Ordiniamo il bolo do caco (anche in questo caso arriva caldo e invitante), una buona zuppa di pesce con pezzi di pesce, una cozza gigante e tanto pomodoro (gustosa), involtini di espada (pesce bandiera) in una salsa di patate con sopra dei gamberetti (anche questo saporito). Rinunciamo al dolce perché siamo già abbastanza sazi. Con 3 zuppe, 3 secondi, 2 bicchieri di vino, 1 bolo do caco spendiamo 63€. Anche questa volta la scelta è azzeccata. Al pomeriggio ci dirigiamo a nord, a Santana. Come già accaduto ieri, ad un certo punto il cielo diventa nuvoloso. Parcheggiamo l’auto e andiamo in cerca delle case dal tetto di paglia, chiamate Casas do colmo. Anziché andare al parco tematico, seguiamo le indicazioni per le case tipiche e troviamo un parco con molti fiori dove sono sparse queste case, ognuna con una funzione diversa: una fornisce informazioni turistiche, un’altra vende prodotti artigianali, un’altra ancora dolci (e qui non passiamo indenni: compriamo i biscotti e le caramelle al maracuja), un’altra vende bulbi, anche di giglio peruviano, e sementi: questa è la più bella per la quantità di fiori che la adornano sia dentro che fuori. Proseguendo in auto, seguiamo la direzione verso Pico Ruivo (1862 m), raggiungibile anche da questo lato, oltre che da Pico do Arieiro: la strada sale parecchio e siamo di nuovo sopra le nuvole. La strada asfaltata finisce ad Achada do Teixeira (1592 m) dove si trova il parcheggio per le auto; da qui comincia il sentiero PR 1.2 (lungo 5,6 km a/r). Noi ne percorriamo un piccolo pezzo, poi con una deviazione verso sinistra ci accorgiamo di non essere molto distanti in linea d’aria da Pico do Arieiro, riconoscibile dal radar a forma di palla da golf. Ridiscesi, ci fermiamo al Continente di Santana, dove compro dei mignon di vino Madeira da regalare, oltre alla papaia che qui ha dei prezzi abbordabili (circa 4€ al kg). Dopo avere fatto rifornimento (la benzina ha prezzi fissi e la 95 costa 1508€ al litro), si rientra alla base verso le 18.30. Aspettiamo il tramonto dal giardino dell’hotel: il sole tramonta in fretta dietro la collina di Funchal, mentre diamo un’occhiata alle foto del giorno.

Mercoledì 1° maggio 2019 – Ci svegliamo verso le 6.45 e facciamo colazione alle 7.30. Verso le 8.45 usciamo a piedi per l’ultima passeggiata a Funchal. Percorrendo una ripida discesa, arriviamo nei pressi dell’hotel Porto Santa Maria, che si trova proprio a fianco del forte di São Tiago, al momento in restauro perché stanno allestendo il museo archeologico di Madeira. Proseguiamo un po’ in salita e raggiungiamo una piazza dove c’è la chiesa di Santa Maria Maggiore, distrutta dall’alluvione del 9 ottobre 1803. Verso le 9.45 rientriamo in hotel per prendere i bagagli e fare il check out. Sulla strada per l’aeroporto si trova l’uscita per Garajau, dove si trova la statua di Cristo Rei, simile a quella di Almada, sull’altra sponda del Tago rispetto a Lisbona. Una cabinovia conduce i turisti alla spiaggia di ciottoli sottostante, a strapiombo, come tutto a Madeira. Alle 11 restituiamo l’auto incolume (e a Madeira è insolito, ma l’autista è stato molto bravo a padroneggiare le stradine dell’isola che tra pendenze e tornanti impossibili avrebbe messo in crisi chiunque, me compresa) dopo avere percorso circa 440 km. All’ingresso dell’aeroporto un negozio di fiori espone le eccellenze dell’isola: sterlizie (10 per 7,5 €), proteia real (i fiori a forma di carciofo), proteia cordifolia (i fiori che sembrano dei puntaspilli). Nel chiosco accanto, mio marito scova dei bei souvenir a prezzi abbordabili: compriamo dei magneti, un sottopentola e un sottobicchiere che hanno come soggetto le case tipiche di Santana, una pallina di Natale decorata con le sterlizie. Sulla destra si trova un bar chiamato Saudade; non a caso si trova lato partenze, perché Saudade è l’emozione che sto provando io in questo momento a dovere lasciare Madeira. Dando uno sguardo al tabellone delle partenze capisco perché gli italiani scarseggiano nell’isola: nessuna compagnia aerea ha un volo diretto dall’Italia, sono invece tantissimi gli inglesi (con un volo British da Londra), i francesi (con volo da Parigi), i tedeschi (con volo da Francoforte). Altri voli sono da Praga, Amsterdam, Tallin. Il volo TAP 1692 da Funchal a Lisbona è in orario e parte alle 13.25 con molte oscillazioni e vuoti d’aria (ho avuto più paura di quando sono atterrata, ricordando che la pista di Funchal è considerata tra le più difficili per i piloti). Purtroppo siamo seduti a destra e non riusciamo a vedere Madeira dall’alto, perché appena decollato l’aereo prende il largo. Si vedono solo delle isole disabitate. Durante il volo ci servono quello che sembra la ingera etiope con uova e tonno (che mangio solo per fame), dei cracker e un cioccolatino. Il formaggino va a mio marito. Il posto sulla destra permette invece di vedere bene il Cristo di Almada, il ponte sul fiume Tago, la piazza di Pombal, il Campo Pequeno, insomma lo stesso panorama visto all’andata. Atterriamo in perfetto orario. Anche il volo TAP 824 per Milano Malpensa parte in orario alle 15.55 da un gate vicino a quello dove siamo arrivati. Seduti a sinistra non riusciamo a vedere nulla di interessante dal finestrino. Anche questa volta non scampiamo alla ingera etiope, ma cambia il gusto, adesso è con pollo e maionese, stessi cracker e cioccolatino. Atterriamo alle 19.25, con 10 minuti in anticipo rispetto al previsto.



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